Micartu! Non avevo mai giocato a Jurassic Park con questa traduzione amatoriale, e non ricordavo affatto che una presenza simpatica di Oldgamesitalia avesse dato il suo contributo. Michele ci ha lasciato nel maggio 2020, ed è stato un piacere e un onore per me ricordarlo usufruendo di uno dei suoi generosi lavori gratuiti nel mondo delle traduzioni amatoriali (i nuovi screen nella scheda sono in italiano). Gli piaceva Lucasdelirium, in particolare aveva apprezzato il mio vecchissimo articolo sull'immagine dei monitor CRT: discutendone con lui mi ero ripromesso anni fa di rimetterci mano per aggiornarlo e migliorarlo. Spero di trovare il tempo.
Sempre proseguendo sul piano umano, uno dei designer di Jurassic Park - The Game fu Mark Darin, che come mi ha ricordato Stefano Zanca, a causa dei problemi legati a difficili condizioni di salute, combinati a difficoltà economiche dopo la chiusura dei Telltale (vergognosamente senza liquidazioni, lo ricordo), ha annunciato di voler abbandonare il mondo dei videogiochi. È un peccato: se vi venisse il desiderio di fargli sapere che i suoi lavori qualcosa per voi hanno contato, posso offrire la mia biografia di cui sopra per aiutarvi a ricordare qualcosa. ;-)
Sono state settimane frenetiche per quell'evento annunciato e confermato dello Psychonauts 2 di Tim Schafer e della sua Double Fine. Il team ha continuato a lavorarci, sganciando due patch molto ben accette: nella prima è stato aggiunto un gadget, l'Otto-Vista, che permette di evidenziare nelle aree i collezionabili non raccolti, utilissimo per i completisti e per assicurarsi di aver esplorato tutto, con spunte alle sottoaree dei livelli dove abbiamo raccolto ogni cosa, onde non girare troppo a vuoto. È stata inoltre data la possibilità di rivisitare all'infinito le arene psichiche nel "post game state", in modo da recuperare degli achievement ottenibili solo combattendo con determinati nemici. Una patch successiva di qualche giorno fa sembra essere poi riuscita a eliminare gli scatti causati dagli shader compilati al volo, una piaga più o meno pesante della versione Windows (personalmente, come scrissi, ne ho sofferto poco). Ora mancano le versioni Mac e Linux, le edizioni fisiche per i backer, la pubblicazione della seconda tranche della colonna sonora e il documentario dei 2 Player Productions.
Il titolo è stato nel frattempo nominato a cinque Game Awards (la cerimonia di consegna sarà il 9 dicembre): gioco dell'anno, miglior action-adventure, migliore storia, migliore direzione artistica, migliore game direction. Per me ha possibilità concrete in zona storia e direzione artistica, anche se trovo deludente l'assenza di nomination per Peter McConnell e la sua spettacolare colonna sonora, che continuo a ritenere la summa di tutti i suoi stili frequentati negli anni. Mah. Le nuove avventure di Raz si sono comunque già aggiudicate un Golden Joystick per il miglior gioco Xbox del 2021. Fangamer festeggia la saga con nuovo merchandising, buttando nel mucchio anche il libro celebrativo dei 20 anni della Double Fine a cura di Indie By Design. Io sto ancora aspettando la mia copia, partita all'inizio di ottobre da un pianeta chiamato Inghilterra, inghiottita da un buco nero tra la galassia DHL e la costellazione Dogana intorno al 15 ottobre: il ground control DHL assicura al qui presente major Tom che ne uscirà, forse raccolta dal me stesso bambino, alla Interstellar. Consiglio: secondo me, se vi interessa e ancora non l'avete comprato, Fangamer è una fonte migliore. Lo so, è in Nord America. Accettate il paradosso.
Non è la prima volta che cito il bellissimo blog The Genesis Temple di Damiano Gerli (che saluto). In un'assai interessante intervista il fondatore del famoso distributore italiano Leader, John Holder, conferma un'ipotesi che avevamo sempre elaborato sulla mancata localizzazione italiana del Loom di Brian Moriarty. Fu in effetti schiacciata nel passaggio della distribuzione dei prodotti Lucasfilm Games dalla Leader alla CTO: la Leader iniziò a lavorare sulla traduzione tra la fine del 1989 e i primi del 1990 (quindi quando il gioco non era ancora chiuso), ma persero ogni contatto con la Lucas, per poi scoprire che li avevano mollati. La CTO iniziò la sua distribuzione da The Secret of Monkey Island e quindi tanti saluti al Bobbin italiano. Io stesso nel 1990 comprai Loom per Amiga, per posta dalla Pergioco di Milano, e confermo che si trattava, come mi avevano correttamente avvisato, dell'edizione inglese in tutto e per tutto. Importazione parallela.
Porca miseria, che fatica questo mese! Vi lascio adesso a ponderare su quello che avete letto o dovete ancora leggere. Prima di chiudere, un avviso importante: David Fox ci ha fatto notare che circolava un suo account Instagram fake, e la stessa cosa accadde qualche tempo fa per un fantomatico account Facebook di Ron Gilbert (non ne ha mai avuto uno, è solo su Twitter). Quando vi imbattete in questi profili, cercate di monitorarli prima di concedere amicizie. Ci sono tanti furbacchioni (e tanti loro bot) in giro.
È probabile che pubblichi la scheda della remaster della Season Two di Sam & Max prima dell'aggiornamento vero e proprio. Magari passate a dare un'occhiata alla pagina delle avventure grafiche per vedere se è comparsa intorno a metà dicembre.
Ciao e un abbraccio a tutti,
Dom
Vi siete attrezzati con abiti sufficientemente caldi per la stagione fredda, onde evitare raffreddori che potrebbero essere scambiati per qualcos'altro? Incrociando tutto l'incrociabile, ci tuffiamo ancora una volta nel mondo dell'ora solare, dove è bello corroborarsi con qualche seria nerdata lucasiana o giù di lì. E sono qui per voi! Abbiamo un compleanno da festeggiare.
Mi domando se tra di voi ci sia ancora qualcuno che non conosce il glorioso programma ScummVM, l'utility multipiattaforma che permette di avviare tutte le versioni delle storiche avventure LucasArts ma non solo, senza problemi di compatibilità con i sistemi operativi odierni. Orbene, il 9 ottobre ScummVM ha compiuto 20 anni! L'evento è così speciale che ho pensato bene di dedicare a questo software un articolo di celebrazione e anche analisi, "ScummVM: 20 anni di passione concreta": un'occasione anche per chiarire qualche aspetto che, mi rendo conto leggendo in giro, è rimasto ancora poco chiaro.
A parte l'approfondimento, segnalo che il ventennale è stato celebrato anche con l'ultima versione di ScummVM, una gloriosa 2.5.0. Mi pare addirittura epocale l'estensione alla stragrande maggioranza dei punta & clicca realizzati con l'Adventure Game Studio: con l'engine avviato dal programmatore inglese Chris Jones è stata generata una sterminata galassia di titoli amatoriali e anche indie (basti pensare che la Wadjet Eye Games ha costruito la sua meritata gloria su quell'ambiente di sviluppo). La cosa ci tocca da vicino, perché il Maniac Mansion Deluxe del 2005, l'immaginaria "versione VGA" di Maniac creata da un gruppo di fan proprio con l'AGS, era diventata ardua da avviare sui Windows moderni: ora funziona perfettamente, avvalendosi di tutte le opzioni di resa grafica di ScummVM. Una vera pacchia, che peraltro trasforma il gioco da "Windows-only" a titolo multipiattaforma Windows-Mac-Linux-AmigaOS etc. E in generale questo vale per tutte le avventure in AGS! I curatori di ScummVM hanno fatto davvero un regalo enorme a tutti gli appassionati di avventure che non vogliano dipendere da Windows.
Tornando al mondo Lucasfilm Games / LucasArts, nella versione 2.5.0 ci sono grandi e piccole novità anche per noi, a parte una nutrita dose di bugfix e rifiniture che non elenco. Evidenzio tra le cose più importanti:
Per brevità non approfondisco le altre aggiunte non lucasiane di questa versione 2.5.0, una vera pietra miliare per ScummVM: elenco giusto per dovere il supporto all'italiano cyberpunk Nightlong: Union City Conspiracy (1998) dei Trecision, all'epico Little Big Adventure (1994) di Frédérick Raynal, e a The Journeyman Project 2: Buried in Time (1995) dei Presto Studios. Tanta roba, come si suol dire.
La Lucasfilm / Disney ha rimandato il quinto Indiana Jones con Harrison Ford ancora una volta, spingendolo al giugno 2023! Non si capisce quanto la decisione sia stata dovuta ai tre mesi di rallentamento nelle riprese tra giugno e settembre, dovuti a un infortunio di uno scriteriato Harrison settantanovenne, e quanto invece dipenda da una dilazione più razionale delle uscite: il mercato cinematografico stenta a ripartire per le ragioni che sappiamo, e la vecchia tabella di marcia fitta della Disney, tra Marvel Studios, Pixar e il resto, non si adatta più molto bene ai tempi prolungati di sfruttamento in sala per i grandi lungometraggi. Persino le corazzate Marvel sono slittate, però dai due ai cinque mesi, non di undici come Indy. È dolceamaro scriverlo, ma credo che Lucasfilm e Disney stiano cercando di non mettere troppo nei guai un progetto rischioso, insistendo sull'uscita estiva (nodale negli USA) per farlo "respirare" al meglio, almeno evitando l'autoconcorrenza. Mi consolo sapendo che questo quarto slittamento (dal 2019!) è diverso dagli altri, perché le riprese sono in corso e il film di James Mangold finalmente esiste: chiedetelo ai cosplayer italiani che hanno coinvolto Ford in foto leggendarie durante le riprese in Sicilia, durate per tutto il mese di ottobre (ora il set si è spostato in Marocco). Sono ammirato dal cosplayer di Henry Jones Sr.
I am on record as saying that I don't understand my job but I love it and it's all because of fans like these. If it weren't for them, I wouldn't HAVE a job!#indianajones pic.twitter.com/JFXeenl8nj
— Mark Raats (@mark_raats) October 10, 2021
C'è anche chi ha voluto vedere in rubate foto di scena con Antonio Banderas e Ford una citazione di una situazione di Indiana Jones and the Fate of Atlantis: per me il nesso è vago, ma non approfondisco e non vi passo link, perché di questo film stanno trapelando davvero troppi scatti spoiler, putroppo inevitabili a causa dei tanti suggestivi esterni in giro per il mondo. Normalmente ho un'ampia tolleranza per gli spoiler, quindi se il mio segnale d'allarme si è attivato vuol dire proprio che si sta perdendo il controllo della situazione. Anche per questo rimando ogni considerazione su quello che si dice in giro sulla storia e sul futuro della saga: ho le mie idee su come interpretare le voci e le immagini che circolano, ma conteniamoci.
Cosa comporta tutto ciò per l'annunciato nuovo videogioco di Indy slegato narrativamente dal film, realizzato dai MachineGames e pubblicato dalla Bethesda? Dopo il teaser di gennaio, in estate gli sviluppatori hanno detto di essere ancora in alto mare, ergo dubito che giocheremo prima della fine del 2022, parlando ottimisticamente: a quel punto mi sembrerebbe più probabile uno spostamento drastico al 2023, per far sì che film e gioco sostengano vicendevolmente il marchio.
Avevo in programma di dedicare una buona parte del 2022 di Lucasdelirium a Indy, ora credo che rivedrò anch'io la mia tabella di marcia, ma c'è almeno un titolo che vorrei comunque coprire sul sito nei prossimi mesi (a prescindere dai 30 anni dell'immarcescibile Indiana Jones and the Fate of Atlantis). Mi organizzerò.
Si avvicina il trentennale di Monkey Island 2: LeChuck's Revenge: non conosciamo un compleanno ufficiale della seconda avventura di Guybrush cucinata da Ron Gilbert, ma penso possa fare testo almeno il periodo che appare digitando CTRL+V nella versione DOS inglese, cioè novembre 1991. Ricordo sempre che all'epoca non esistevano date d'uscita univoche: si passava dagli scaffali, non da Steam! Anzi, per noi avventurieri italiani l'anno di Monkey 2 sarebbe a conti fatti il 1992, però è meglio essere storicamente accurati.
Due gli omaggi alla saga pubblicati nell'ultimo mese. Dovreste conoscere da anni il fan tedesco Laserschwert, che vi ho citato spesso, perché è un grafico che ha dedicato il suo tempo libero a creare spettacolari poster stampabili delle copertine storiche delle avventure LucasArts e non: ha pubblicato nuove versioni di qualità ancora più alta della cover del primo Monkey realizzata da Steve Purcell. Anche il nostrano Daniele Spadoni è voluto tornare su Monkey Island, proponendo il fangame The Secret of Monkey Island Recoded, rivisitazione a modo suo delle vicende che ben conosciamo: una sorta di "what if" che porta Guybrush e i personaggi classici in direzioni impreviste.
L'anno scorso celebrai i 30 anni di The Secret of Monkey Island con un articolo pieno di vostri ricordi (più il mio!). Sulle prime avevo pensato di riproporre qualcosa del genere per Monkey 2, però non ero del tutto convinto: le iniziative speciali diventano meno speciali se riproposte a stretto giro, senza contare che onestamente raggiungemmo i venticinque partecipanti per il rotto della cuffia, e che probabilmente i contributi sarebbero stati troppo simili a quelli precedenti. Ho deciso quindi di intraprendere un'altra strada, che pare stia dando i suoi frutti. Incrocio le dita, non voglio rovinarvi la piccola sorpresa, ma se tutto va come deve andare riuscirò per lo meno a proporvi qualcosa di realmente fresco (come immaginate, parlando di LeChuck's Revenge è dura!).
Vi ho già spiegato nella scheda di Psychonauts 2 che per me la colonna sonora di Peter McConnell è probabilmente il suo capolavoro, la summa del suo percorso artistico, condiviso da quasi trent'anni con Tim Schafer e nello specifico con la Double Fine negli ultimi quindici. Anche se molti brani del gioco sono stati già rippati e piazzati su YouTube, Peter ha iniziato a rimontare le tracce per un ascolto come si deve, e la prima tranche è appena stata pubblicata (se siete backer, avrete già avuto un link per scaricare il "Vol.1"). Facciamo spazio sugli smartphone!
Ricordo che la colonna sonora di McConnell non è l'unico extra multimediale che ci aspetta sulla seconda avventura di Raz: i 2 Player Productions stanno ultimando il montaggio del documentario vero e proprio sulla lavorazione: non corrisponderà agli aggiornamenti video per i backer del progetto, pubblicati nel corso degli anni. A quanto ho capito, sarà una vera e propria esperienza a sé stante con materiale inedito, sullo stile della Double Fine Adventure. Sono curiosissimo.
Manca poco, manca poco. La Skunkape Games ha sganciato nell'ultimo mese questo screenshot e quest'altro dalla remaster della Sam & Max Season Two, anche nota come Sam & Max Beyond Time and Space, originariamente pubblicata dai vecchi Telltale tra il 2007 e il 2008. Diciamo che ho... buoni motivi per credere (ma non ne sono sicuro al 100%) che la pubblicazione avverrà entro la fine dell'anno, come avvenne nel 2020 per Sam & Max Save the World, anche perché i quattro entusiastici gatti della Skunkape non possono permettersi di trascinare la lavorazione troppo, prima di superare gli esigui budget a disposizione. Speriamo l'annuncio arrivi a breve, perché i personaggi di Purcell sono usciti un po' azzoppati dal volenteroso ma limitato exploit in VR di Sam & Max This Time It's Virtual, e i dialoghi della Season Two hanno il potere di farti ridere anche se sei giù di morale.
E qui si chiude il giro di news di ottobre. Spero davvero di festeggiare degnamente Monkey Island 2 il mese prossimo: non mancate!
Ciao,
Dom
La cosa più bella della prima discesa di temperature è la possibilità di riaccendere il forno senza soccombere, magari lasciando a chi ne ha la capacità il compito di preparare pizze e affini. Si è capito che non sono un tipo da aria condizionata, vero? Respirando via via sempre di più, mi sono aperto nell'ultimo mese come si deve a Psychonauts 2... ed è arrivato il momento di dedicargli il pezzo forte di questo aggiornamento settembrino!
Perdonate l'attesa di un mese: la mia scheda di Psychonauts 2 della Double Fine di Tim Schafer è finalmente pronta. Mi sono preso tutto il tempo per analizzare, il più possibile approfonditamente, un'esperienza che mi ha reso fiero in quanto lucasdelirante, fan della saga, sostenitore della prima ora (con la patch di traduzione del primo capitolo, do you remember?) e sostenitore dell'ultima ora, in quanto backer del progetto. Non voglio qui scrivere molto altro se non che Psychonauts 2 è un'opera massiccia di una dolcezza e di una finezza pari soltanto alla sua ambizione produttiva, nei limiti indie cresciuti nell'ultimo periodo, grazie all'entrata della Double Fine nella famiglia Microsoft.
Non sono riuscito a trattenermi e ho anche creato un articolo separato dalla scheda, "Meno male che c'è Raz": da troppi liquidata come "prodotto per famiglie" o "per bambini", la saga di Psychonauts ha toccato tanti di quei temi da farmi sentire obbligato a fare un passo indietro dal suo aspetto ludico, lanciandomi in una riflessione sulle emozioni e le riflessioni che ci ha regalato.
È questo l'ultimo atto della serie? Schafer ha rotto il ghiaccio con i sequel dei suoi universi, tanto che in una recente intervista non ha avuto più paura di dichiarare: "Credo che ci siano altre storie in quel mondo, storie che un giorno racconteremo". È una promessa che vogliamo prendere alla lettera, senza fretta: se la lenta crescita di Raz accompagnerà la nostra, negli ultimi sedici anni così più veloce della sua, sarà un piacere e un onore ricontrollarlo anche con molti più capelli bianchi sulle nostre zucche. Nel frattempo Tim ci dice che, dopo i remaster delle sue avventure lucasiane, la riproposta del punta & clicca con Broken Age e questo sequel, nel suo personale futuro prossimo ci sono idee originali, perché non ci sarebbe momento migliore per approfittarne, con un finanziamento a prescindere degli Xbox Game Studios per il Game Pass. Personalmente, lasciando Tim libero di inventare, nel frattempo non disprezzerei uno Stacking 2 da Lee Petty!
E per quanto riguarda una remaster del primo Psychonauts? Teoricamente fattibile, praticamente un po' meno, sempre stando a Tim: "Chissà, ora abbiamo molte più risorse e un giorno potremmo farlo, ma sarebbe un sacco di lavoro, perché molte cose non sono state archiviate correttamente. Tante scene andrebbero rifatte da zero. Forse un giorno. Credo che l'originale si regga ancora da molti punti di vista, specialmente la grafica in-engine, perché molto del suo stile viene dalle forme dei personaggi e da tutto il resto, è un po' sempreverde."
Negli ultimi giorni ha fatto sognare diversi avventurieri di lungo corso una voce riguardante un'avventura narrativa di Star Wars affidata dalla Lucasfilm Games alla Quantic Dream di David Cage: la prospettiva, non confermata, di avere l'autore di Heavy Rain, Beyond e Detroit (nonché di The Nomad Soul, chi se lo ricorda?) al lavoro su Star Wars significa avvicinarsi, almeno un po', al miraggio di un'avventura grafica nella galassia lontana lontana, durante l'esistenza della Lucasfilm Games / LucasArts mai concretizzata. Certo, i lavori di Cage sono film interattivi (significativamente modificati dalle scelte del giocatore, va detto), non si basano sugli enigmi vecchio stile, ma di certo sono esperienze di solito gradite a chi predilige l'aspetto narrativo dei videogiochi: uno dei motivi primari che ci fece appassionare alla tradizione lucasiana.
Ma come mai nell'epoca d'oro non è mai esistita un'avventura punta & clicca SCUMM di Star Wars? Fino ai primi anni Novanta sarebbe stato impossibile, perché alla LucasArts non si poteva paradossalmente usare il marchio, dato in licenza ad altre case di videogiochi. Quando la situazione si sbloccò, in effetti nella seconda metà degli anni Novanta ci fu un tentativo mai andato in porto, poco noto: The New Emperor. Citando dalla mia cronologia, l'avventura di Hal Barwood doveva ambientarsi dopo la fine del Ritorno dello Jedi, vedendo come protagonista C-3PO, inviato in qualità di spia a investigare sulla possibile esistenza di un nuovo Imperatore. Il progetto avrebbe usato attori veri nei ruoli principali, combinati con la computer grafica tramite bluescreen. Con le avventure grafiche in fase calante e Grim Fandango che aveva sforato tempi di lavorazione e budget, l'allora presidente Jack Sorensen nel 1998 non se la sentì di avallare un'altra produzione di questo tipo. L'accoglienza fredda in termini di vendite a Grim gli diede tristemente ragione.
In parallelo a questo vociferato progetto, sono stati invece ufficialmente rivelati nel frattempo il remake del titanico gdr Star Wars: Knights of the Old Republic (che a un'avventura grafica si avvicina molto, lo dico da sempre) e, in tono decisamente minore, l'action competitivo per mobile Star Wars: Hunters. La macchina non si ferma mai.
Il 10 settembre ha visto la luce su Steam la versione PC di Sam & Max: This Time It's Virtual, il ritorno in VR dei Sam & Max di Steve Purcell, da me qui sul sito già coperto in estate nella sua versione stand-alone per Oculus Quest. Ora, che il gioco avesse dei difetti e fosse più volenteroso che trionfale, non c'erano dubbi. La cosa che mi ha stupefatto e che mi ha immalinconito parecchio è la media recensioni addirittura "per lo più negative" su Steam. Perché non è campata in aria. Incredibilmente, pare che il gioco abbia problemi gravissimi a funzionare col visore Valve Index, ai limiti dell'impubblicabilità. Sinceramente non capisco come si sia deciso di distribuire il titolo e "macchiarlo" in questo modo, quando sono ormai soltanto tre i principali visori VR sul mercato: Oculus Quest 2, Valve Index e HTC Vive. Possibile che non si riesca a blindare un titolo "VR-only" su uno dei tre, per giunta quello proprietario della stessa (imprescindibile) piattaforma di distribuzione?
Sono allibito: penso che la Happy Giant e il suo publisher Big Sugar Games abbiano molto da farsi perdonare, in primis con una patch seria che finora non è stata ancora pubblicata. Si tratta di essere all'altezza della fiducia riposta da collaboratori di rilievo a una piccola realtà, fiducia che pur nei limiti di budget è stata gestita con trasporto (Jared Emerson-Johnson ha appena pubblicato la sua colonna sonora completa su Bandcamp). Che peccato, diamine.
Su una nota più allegra, la Skunkape Games ha fatto intendere che procedono i lavori sulla remaster della Sam & Max Season Two dei Telltale buonanima, condividendo un video "rubato" sulla nuova versione di alcune delle tracce musicali. Intrigante: visti i risultati di Sam & Max Save the World, la curiosità sale.
Per un lucasdelirante doc Mark Ferrari, mago della pixel art in epoca Loom e The Secret of Monkey Island, non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Di recente qualcuno ha scoperto che la sua celebre illustrazione di copertina per Loom è stata piratescamente usata per un proteggi-schermo di una compagnia di Hong Kong! Una spudoratezza che mi ricorda alcune violazioni di copyright che si incontrano a volte nei nomi degli esercizi nei paesini italiani. Se non altro, è una violazione vintage e non banale.
Parlando di cose più serie, Gaetano Crisafulli mi ha segnalato una app Living Words (disponibile per iOS e Android), remake di Seize the Day, una sorta di organizer / agenda / calendario impreziosito da dodici dei più spettacolari paesaggi naturali creati da Mark, con la tecnica del palette-cycling: in altre parole, le animazioni non sono una sequenza di fotogrammi, ma sono ottenute modificando gli indici dei colori a 8bit in determinate zone dell'immagine. Una tecnica di cui Ferrari divenne maestro, scoperta per caso proprio lavorando su Monkey 1 (come ho raccontato nella scheda). Qui ne vedete uno stupefacente esempio in movimento.
Anche se siamo su Lucasdelirium, un sito dedicato all'eredità Lucasfilm Games / LucasArts, casa americana, perciò legata ai mondi Commodore prima e DOS/Windows dopo, mi sento comunque in dovere di ricordare qui Clive Sinclair, deceduto il 16 settembre a 81 anni. Pioniere dell'informatica a basso costo, rivale e quindi sprone di Jack Tramiel alla Commodore, dal 1979 propose in Europa home computer leggendari, tra cui il Re penso si possa considerare senza troppe remore l'iconico 8bit ZX Spectrum (1982). È stato un fenomeno di costume nella patria Inghilterra, discretamente diffuso anche nel resto dell'Europa, Italia inclusa, dove fece breccia soprattutto in una fascia d'età leggermente superiore alla mia (vado per i 45, i nerd quasi cinquantenni italici qualche giorno fa hanno versato più di una lacrima, ne sono certo).
Con la sua grafica "monocromatica a zone" e i suoi riconoscibilissimi colori, lo ZX sarà stato anche indubbiamente meno performante del C64, contrasto che animava le console war all'epoca, però penso che nemmeno i commodoriani più accesi siano in grado oggi, quarant'anni dopo, di negare il carisma della macchina e la sua importanza nell'ambito di quel processo che evitò la morte del videogioco, subito dopo il crack del 1983 e poco prima della rinascita col NES nella seconda metà degli Ottanta. Non a caso il mondo Spectrum, come quelli C64 e Amiga, è da anni rivitalizzato da una scena del retrodeveloping molto attiva (come confermano i nuovi numeri del nostrano Zzap!): terminata l'ossessione per i confronti tecnici, rimane il carattere. Ha avuto nel 2015 la sua brava versione "mini" detta Vega ed è stato letteralmente al centro di un reboot, in versione potenziata, con lo ZX Spectrum Next.
Se poi pensate che il processore originale Zilog Z80 non vi abbia mai nemmeno sfiorato, sappiate che una sua variante targata Sharp ha mosso il Gameboy e il Gameboy Color. E che uno dei due processori del Commodore 128 era proprio lui: sacrilegio! :-D
Bene, fine della corsa per questo mese. Ora tornate a giocare a Psychonauts 2! :-)
Ciao,
Dom
Siete ancora in ferie? O siete appena tornati e per farvele espiare vi hanno chiesto del lavoro extra a motore freddo? In un caso o nell'altro, ben ritrovati su Lucasdelirium, in un giro di news che per me rappresenta solo un "attimo" di pausa da una full immersion fortunatamente piacevole, in compagnia di un certo psiconauta di dieci anni di nome Razputin Aquato... e cominciamo proprio da lui e dalla sua banda.
Come vi avevo anticipato, non troverete su Lucasdelirium questo mese la scheda dell'atteso Psychonauts 2 della Double Fine di Tim Schafer. Il gioco è uscito il 25 agosto e non mi sono dato briga di richiedere copie stampa, né di sacrificare agognate ferie a una maratona. Dopo quasi 16 anni lontano da Raz (interrotti solo dalla semirimpatriata di Rhombus of Ruin), non ho proprio nessuna fretta di attraversare a razzo il lavoro di Tim e dei suoi, né di elaborare riflessioni non ponderate a sufficienza. Me lo voglio proprio godere. Le mie prime impressioni dopo poche ore di gioco sono comunque in linea con l'entusiasmo della critica e degli utenti: è un viaggio nel Paese delle Meraviglie dal quale sarà triste uscire (non riesco a giocare perché passo del tempo a guardare gli ambienti, i colori e le animazioni, cullato da una colonna sonora... fantastica).
Se siete come me backer del progetto su Fig, dovreste aver visto due video privati a noi dedicati: nel primo Tim ci ringrazia specificamente, sottolineando come non dobbiamo considerarci secondari alla riuscita del gioco, nonostante l'intervento della Microsoft due anni fa e un apporto economico del crowdfunding che è stato solo una fetta minima del budget totale. Schafer aggiunge poi che l'era delle raccolte fondi per la Double Fine è terminata, adesso che, entrata nella famiglia Xbox Game Studios, è finanziata a prescindere: forse anche per questo, come felice sorpresa extra, tutti i backer hanno ricevuto un mese di Game Pass gratuito.
Il secondo video è proprio una sequenza animata legata alla storia di Psychonauts 2: ha come protagonista Ford Cruller, pochi minuti dopo averci salutato nella scena finale del primo Psychonauts. Non dico altro, pena spoiler.
Negli ultimi giorni la Double Fine ha comunque pubblicato tonnellate di altri video pubblici che approfondiscono aspetti del gameplay e della vicenda di Psychonauts 2 (gli stagisti colleghi di Raz, i poteri,i gadget, i nemici, i collezionabili, gli upgrade e un estratto di sei minuti delle musiche del buon Peter McConnell).
Un piatto ricco, suggellato da un backstage dedicato all'aspetto più emotivo della chiusura dei lavori (comprensivo di brindisi in presenza e spero "in sicurezza"!) e dalla condivisione di un bellissimo cortometraggio animato riepilogativo realizzato da Michael Firman.
Tanta roba che vi risulterà forse ridondante se avete già il gioco installato, ma che potrebbe scaldarvi se non avete troppa fretta di cominciarlo, anche per attendere magari le solite patch per qualche ultimo piccolo problema, su cui la Double Fine sta già lavorando.
Vi do appuntamento al mese prossimo per condividere con voi le mie idee ed emozioni.
Avrete probabilmente già letto dell'Amiga 500 Mini, nuova fatica dell'inglese Retrogames, in arrivo alla fine di marzo del 2022 per 130 euro, in tempo per celebrare i 35 anni di quella che fu una rivoluzione: sulla scia del loro The C64 Mini, è la riproduzione in scala del più celebre modello del 16 bit Commodore, con 25 titoli già installati e corredato di un mouse che riproduce l'originale, più un joypad che richiama quello della sfortunata successiva console Amiga CD32 (all'epoca però giocavamo essenzialmente tramite joystick, a onor del vero). Su IGN trovate un'elegante disamina dei primi 12 titoli annunciati tra quei 25. Avrei sinceramente preferito una riproduzione in scala 1:1 come il bel The C64 che hanno sfornato un paio di anni fa. Avendo posseduto l'originale Amiga 500 nei primi anni Novanta, mi rendo conto tuttavia che l'ingombro sarebbe considerevole, però sul serio mi sfugge il senso di ricreare un computer con una tastiera solo simulata e non funzionante. Mi è sempre parsa un'aberrazione, non posso farci nulla.
Hanno già rassicurato sul fatto che in futuro proporranno un modello a grandezza naturale, però sull'Amiga ci sarebbe da fare un discorso diverso da quello fatto per C64, Vic20, NES e compagnia. L'Amiga come sistema completo è tuttora usato da una nicchia di appassionati, e da diversi mesi in rete c'è chi per esempio sta trasformando il Raspberry Pi 400 in Amiga, ottenendo a basso costo macchine con un sistema operativo moderno, senza impelagarsi in soluzioni hardware ancora più costose.
Mi è venuto da pensare che, se Retrogames ragionasse su quest'aspetto, si potrebbe proporre, al posto di quella portaerei del 500, uno dei modelli successivi della linea, con form factor più compatti ed eleganti, come l'Amiga 600 o meglio ancora come l'Amiga 1200, per non perdere il tastierino numerico. Gli smanettoni potrebbero installare sistemi completi su hardware discreti, dando ancora più nuova linfa a quest'operazione, visto e considerando che la scena del retrodeveloping sta cominciando a ingranare anche su Amiga. L'Amiga 500 Mini è comunque compatibile coi giochi AGA per il 1200, perché alla fine sempre di emulazione si tratta, perciò l'estetica in questo caso non si trascina nessun hardware particolare: a questo punto si potrebbe ragionare fuori dagli schemi, coniugando nostalgia con una riproposta più di carisma e meditata...
Rimanendo per un attimo in territorio amighista, segnalo che il servizio streaming Antstream prosegue la sua partnership con la Disney/Lucasfilm: nell'ultimo mese sono saltate fuori sul servizio le versioni Amiga di Indiana Jones and the Fate of Atlantis, Maniac Mansion, Zak McKracken e Loom (oltre alla versione NES di Maniac e al platform Indiana Jones' Greatest Adventures per SNES). Queste avventure raggiungono quindi gli amigheschi The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2 che vi ho segnalato il mese scorso.
Non c'entra nulla, ma per la cronaca Indy 4 è anche sbloccabile per Windows sul servizio Prime Gaming fino al 2 settembre.
Il mese scorso vi ho parlato di Sam & Max: This Time It's Virtual, nuovo gioco in VR dedicato ai personaggi creati nel 1987 da Steve Purcell e realizzato dalla Happy Giant di Mike Levine, un altro dei tanti ex della fu-LucasArts. Dopo la prima incarnazione per Oculus Quest (1 e 2), il titolo si avvicina al mondo PC tramite SteamVR: sulla pagina dello store ne è stato da poco pubblicato un demo, in previsione dell'uscita nei primi di settembre. L'ho provato e posso confermare almeno due cose: anche se l'edizione Windows supporterà ufficialmente solo HTC Vive e Valve Index, il mio Oculus Quest 2 in modalità Oculus Link ha funzionato perfettamente, quindi nessun problema da quel punto di vista. Cosa più importante, almeno nell'unico interno visitabile nell'assaggio, cioè l'ufficio di Sam & Max, appare fortunatamente un'illuminazione più sofisticata, con ombre e fonti di luce non necessariamente diffusa. Ho avuto anche l'impressione - ma la nitidezza con la quale vivo l'Oculus non mi consente di coglierlo solo dal demo - che le texture siano in effetti migliorate di qualità, rispetto alla versione Oculus Quest stand-alone. Per ora non modifico la scheda, mi riservo di provare la versione PC quando uscirà in qualche modo, oppure di confrontare con attenzione un longplay Oculus Quest con un altro di provenienza Windows.
Fa piacere che ci sia qualche timido passo avanti, perché prevedibilmente almeno dagli avventurieri questo esperimento è stato accolto con molte perplessità: il titolo è stato praticamente stroncato da Adventuregamers. Curioso che evidenzino gli stessi difetti che ho notato io. Sono stato però più tollerante di loro forse perché non ho mai nemmeno pensato di provare a vivere l'esperienza come un'effettiva profonda avventura grafica (tanto che ho inserito la scheda nella sezione "Altri generi"). È un'occasione per passare di nuovo qualche ora con nuovo materiale di Sam & Max. In cuor mio forse già davo per scontato che le vette dei fu-Telltale fossero difficilmente scalabili.
A proposito, la remaster della Sam & Max Season One, cioè il Sam & Max Save the World della Skunkape Games (costola dei Telltale), è da poco sbarcata in digitale pure su Xbox One/X/S: non storcete il naso, perché vi ricordo che l'interfaccia opzionale a controllo diretto via joypad è ottima. Con più tenerezza che orgoglio, vi segnalo inoltre che nei titoli di coda di questa versione, così come in tutte le altre edizioni una volta aggiornato il programma alla v.1.08, il sottoscritto Diduz è tra i "ringraziati speciali" della Skunkape. Come sapete, ho dato alla squadra una mano nel restauro delle vecchie traduzioni italiane. E sì, se siete curiosi, naturalmente la Skunkape è al lavoro tuttora sulla remaster della Sam & Max Season Two: immagino che l'assenza di pubblicità sulla cosa si debba al non voler intralciare il marketing di This Time It's Virtual (gli sviluppatori sono diversi, ma a quanto pare Purcell ha chiesto loro di coordinarsi, onde non portare il cane e il coniglio a farsi concorrenza da soli!).
Invitando come al solito i pochi che non lo hanno mai giocato a recuperare Grim Fandango, magari nella buona Remastered della Double Fine, vi segnalo che sono affiorati online nuovi documenti di lavorazione del titolo che consacrò sul serio Tim Schafer ad autore. Si tratta di un malloppo di 60 pagine organizzato dal direttore del doppiaggio e responsabile del casting Darragh O'Farrell, per trovare gli attori giusti tramite le varie agenzie. Pochi i bozzetti, ci sono le descrizioni dei personaggi principali, ma soprattutto le descrizioni delle voci ideali che dovrebbero avere. Si tocca ancora più con mano il legame delle avventure di Manny Calavera con il cinema noir. Nelle associazioni Manny ha "la parlata di Humphrey Bogart, ma non è una parodia o un'imitazione. Alec Baldwin. Magari con accento latino". Mercedes è "Ingrid Bergman in Casablanca, ma con accento spagnolo", Celso un "David Niven" latino, Bruno "George Burns, se fumasse il doppio", Don Copal è l' "Ed Asner di Lou Grant", Salvador Limones è "Raul Julia", Hector LeMans è il "Sydney Greenstreet di Casablanca con la voce di Boris Karloff del Grich animato degli anni Sessanta", Velasco il Robert Shaw dello Squalo, Nick Virago è "alla Tom Cruise", Membrillo echeggia Max Von Sydow, Calabaza è Frank Sinatra, il Fiorista è Dennis Hopper in Apocalypse Now (!?!), il Capo Bogen naturalmente è il Claude Rains di Casablanca. Chepito il Walter Houston di Il tesoro della Sierra Madre.
Christopher Sacchi, che so di per certo è passato da queste parti e se non ricordo male conobbi anche di persona alla Milan Games Week del 2017, è codesigner e programmatore dell'avventura grafica punta & clicca cartoon Near-Mage, dello sviluppatore rumeno Stuck In Attic, già autori dell'apprezzato Gibbous - A Cthulhu Adventure, che condividerà con la nuova storia lo stesso mondo. Al di là del look fumettistico con animazioni realizzate a mano in HD, già di per sé piacevole, questo progetto sembra più ambizioso del precedente sul piano della progettazione, allargando le dinamiche dell'avventura grafica a una gestione quasi ruolistica dei poteri della protagonista, dando un margine di libertà al giocatore (ci sono precedenti illustri in questo senso, e il dibattito sull'evoluzione del genere è sempre vivo).
Chris, anche sviluppatore in proprio in altre occasioni, aveva già collaborato a Gibbous per la traduzione italiana. Vuoi per le premesse, vuoi perché gli autori si sono fatti conoscere appunto col precedente Gibbous, gustato da chi ama lo stile alla The Curse of Monkey Island, la raccolta fondi sta procedendo in modo trionfale, a pochi giorni dal termine: sono stati raggiunti quasi tutti gli stretch goal! Se volete farci un pensierino...
Grazie a Matteo Bini per aver attirato la mia attenzione su questo lavoro!
Conoscete George Alistair Sanger detto "The Fat Man"? È stato uno dei più noti compositori di colonne sonore per videogiochi: tra i suoi innumerevoli lavori vanno ricordati Wing Commander (con musica interattiva, oltre un anno prima dell'iMUSE di Monkey Island 2!), Ultima Underworld, The 7th Guest, fino ad arrivare a lavori secondari nei giorni nostri. Ha incrociato il mondo lucasiano alcune volte, adattando Čajkovskij per Loom, poi contribuendo a svariate colonne sonore per le avventure grafiche rivolte ai bambini della Humongous Entertainment di Ron Gilbert. George ha accettato di raccontarsi per Arcade Attack Retro Gaming Network: data la levatura del personaggio, evidenzio qualche concetto del monologo, basato su domande preparate dal pubblico.
Il leggendario fansite americano Mixnmojo ha approfondito un aspetto squisitamente goliardico della vita alla LucasArts nei tempi d'oro. Ero a conoscenza di una trasmissione demenziale locale organizzata negli anni Novanta da Dave Grossman, Dan Connors, Jesse Clark e Mark Cartwright, sullo stile del Saturday Night Live. Non ne sapevo molto, se non che fu il viatico che concesse a Connors, poco dopo la fondazione dei fu-Telltale, di coinvolgere nel 2005 Grossman nella nuova azienda. Ma in cosa consisteva esattamente "Fiction by Louie", com'era nata? Mixnmojo l'ha raccontato in lungo articolo. Riassumo, perché per quanto sia una bizzarria totale, ci aiuta a capire come i giochi che abbiamo amato nascessero da una spontanea atmosfera di creatività e amicizia, davvero speciale.
Prima di chiudere questo giro di news, volevo segnalarvi che Rob McGregor, romanziere specializzato in novelization per la Lucasfilm, ha iniziato a leggere online il libro mai pubblicato che gli era stato chiesto di scrivere come adattamento del zoppicante Indiana Jones e il bastone dei re, nel 2009. Confesso che non mi sono fiondato ad ascoltare...
Al mese prossimo, Lucasdeliranti!
Ciao,
Dom
Ultimo aggiornamento prima delle agognatissime ferie, quest'anno più significative anche sul piano simbolico: sono due anni che con la mia metà non mettiamo piede in un albergo, sarà una sensazione straniante... ma necessaria. Uno stacco mi servirà anche per ricaricare le batterie in previsione della più grande uscita di questo 2021, preceduta tuttavia da un titolo che purtroppo giocheranno in pochi ma che non avrei mai e poi mai potuto ignorare...
Prima di cominciare, un doveroso errata corrige: come mi ha fatto giustamente notare Dario Scarpa, nelle scorse news avevo clamorosamente cannato la percentuale che l'Epic Games Store mantiene e quella che lascia allo sviluppatore/publisher. Le cifre corrette sono 12% e 88%. Avevo già corretto giorni fa il testo, però ci tengo a ribadirlo qui.
Immagino che se siete curiosi vi fionderete a leggere la mia scheda nuova di zecca dedicata a Sam & Max: This Time It's Virtual, ritorno dei nostri amati eroi pelosi creati da Steve Purcell, per ora solo in VR sull'Oculus Quest, ma prossimamente anche su SteamVR e all'inizio del 2022 su PSVR. Un piccolo evento che si è ammantato di una legittimazione inaspettata proprio l'altro ieri, quando la Biennale ha fatto sapere di averlo inserito fuori concorso nella sezione Venice VR Expanded del 78° Festival di Venezia. Mai come questa volta vi inviterei tuttavia a non considerare la scheda senza prima leggere quello che ho da raccontarvi.
Sì, se su Lucasdelirium c'è la scheda di This Time It's Virtual, vuol dire che mi sono attrezzato per la VR. Non ve l'ho raccontato prima, ma ho acquistato un Oculus Quest 2 a maggio, e da allora, aspettando Sam & Max, ho cercato di abituare il mio corpo all'esperienza. Non ve l'avevo rivelato perché fino all'ultimo non ero affatto sicuro che io e la VR saremmo andati d'accordo... e dopo due mesi devo ammettere che il mio scetticismo aveva purtroppo una ragion d'essere. Era da tempo che l'espansione della VR mi incuriosiva, e alla fine l'uscita del titolo con Sam & Max è stata la molla definitiva che mi ha spinto ad azzardare questo passo.
"Azzardare" è la parola chiave. Non considerando molto significative le rare esperienze di pochi minuti vissute in un paio di fiere, non potevo escludere che la mia chinetosi, solitamente espressa via mal di testa, mi avrebbe risparmiato. La realtà (scusate il gioco di parole) si è rivelata diversa, ma non migliore. Per quanto riguarda la chinetosi in sé, posso dire che il problema è rientrato, dopo la prima drammatica sessione di 15 minuti per settare il sistema: al momento sbatacchiare la testa e lo sguardo a destra e a manca sembrava la cosa più naturale del mondo. Quando poi mi sono sfilato il visore son stati dolori: testa che ha girato a elica per oltre due ore! Poco male, sapevo che poteva succedere e avevo pronto il piano B: sessioni giornaliere brevissime, da seduto, con movimenti leggeri, da 5 minuti fino ad arrivare a 30. Col passare delle settimane, il giramento di testa è rientrato, di solito rimane molto leggero per una decina di minuti dopo una sessione di mezz'ora, ma è poca cosa, tranne in un caso che spiego più in basso. Ripensandoci è l'uovo di Colombo ma non è così scontato per un neofita: quanto prima capisci che devi sciogliere il corpo e lo sguardo come nella realtà, tanto prima i fastidi da chinetosi si riducono, perché non opponi più resistenza. Ora riesco a fare piccole scalate, a sfidare qualche vertigine, ad affrontare più movimenti rapidi: lo spostamento tramite stick analogico tuttavia mi rimane proibitivo. Come regola generale, mi par di capire che genera malessere ogni azione nella realtà virtuale che non posso accompagnare effettivamente col corpo. Dev'essere diffuso, tanto che la maggior parte dei titoli VR offre come alternativa per lo spostamento il comodo teletrasporto (meno elegante e immersivo, certo, ma una benedizione per le teste e gli stomaci di tutto il mondo).
Una cosa che nessuna recensione è in grado di trasmettere a sufficienza, e cerco di farlo io qui, è che la realtà virtuale attuale è un'esperienza che risente molto più di altre della vostra adattabilità o compatibilità fisica ad essa. In parole povere, prendete me: sono astigmatico, ho una blefarite cronica, ho la faccia un po' storta. Con gli occhiali e i miei bei monitor Full HD o 1440p IPS, queste cose (quasi) le dimentico. La VR non perdona, colpisce duro, me le ricorda con minuziosa crudeltà. Colpisce ancora più duro se, per ragioni di cautela economica, ripiegate come me sull'Oculus Quest 2, che avrà anche il miglior bilanciamento tra prezzo e prestazioni, come si dice in giro, ma lo ottiene risparmiando sull'adattabilità fisica di cui sopra: ha solo tre posizioni fisse per la regolazione della distanza interpupillare, ha un cinturino megarozzo e ha delle lenti che, per risultare pienamente nitide, avrebbero bisogno che incollaste le vostre cornee alla loro superficie. Indossando io gli occhiali quando leggo, guardo immagini o gioco, questo mi è impossibile, a meno di non seguire i consigli degli entusiasti che suggeriscono l'acquisto di lenti graduate per il visore o di lenti a contatto per gli occhi. Starei pure giocando: spese mediche per giocare? Non riesco ad accettarlo.
La calzabilità dell'Oculus Quest 2 è per me, dopo due mesi, ancora un enigma da decifrare: sarà anche una delle soluzioni più leggere sul mercato, ma pesa comunque mezzo chilo (!!!), e usando il cinturino approssimativo in dotazione pesa sul naso tendendo a scivolare (ergo a perdere ancora di più il fuoco!) e sforza i muscoli del collo, cosa che potrebbe dare problemi se si soffrisse di cervicale, immagino. Ho acquistato una guaina di gomma che distribuisce il peso sulla testa in modo più omogeneo. Risultato: collo alleggerito, meno peso sul naso, immagine stabile, ma faccia più schiacciata e - mistero - un giramento di testa prolungato anche per 24 ore, che invece il cinturino senza ausili, per quanto più scomodo sul momento, non mi dà. Per la serie: scegli di che morte vuoi morire. Ipotizzo che il visore, giocoforza un po' storto per adattarsi come dicevo alla mia faccia, se calzato in modo avvolgente, eserciti pressioni infide sulla calotta cranica.
La tragicomica descrizione che avete letto suona forse fin troppo lagnosa, in realtà scrivo più che altro dispiaciuto. Per le ragioni illustrate, che mi hanno tra l'altro portato a perdere ore per assimilare su YouTube mille dritte, ogni mia sessione non deve né può andare oltre la mezz'ora giornaliera. Rigorosamente. Un giorno Sam & Max mi hanno preso tanto da farmi malauguratamente sforare verso l'ora piena e l'ho pagata cara, in termini di mal di testa e difficoltà ad addormentarmi (posso giocare solo di mattina o nel pomeriggio, non oltre). Ne valeva la pena?
Per come la vedo io, la VR attuale ha ancora molta strada da fare, mi pare a metà del guado, suppongo che la tecnologia potrebbe portarla lì in poco tempo. Non sono un esperto, prendete quello che dico cum grano salis. L'apparecchio dovrebbe essere MOLTO più leggero e compatto, quasi uguale a semplici occhiali. Le lenti dovrebbero essere adattabili in modo minuzioso e millimetrico a ogni difetto di vista. In un mondo poi ideale, ci dovrebbe essere qualche modo per poter muovere le gambe sul posto e accompagnare meglio i movimenti virtuali con quelli fisici. Tenete presente che questa mia insofferenza non ha la pretesa, come dicevo prima, di essere oggettiva: non penso che chi si esalti per la VR menta. Al momento è sufficiente avere 10/10 e un viso simmetrico per demolire gran parte dei dubbi che ho espresso. Se poi non soffrite mal di mare, d'auto o d'aria, ancora meglio. Vale la pena "soffrire" per affrontare la VR moderna che, secondo persino molti sostenitori della prima ora, nell'ultimo periodo sarebbe in stallo, dopo che l'exploit di Half-Life Alyx nel 2020 non ha generato epigoni all'altezza? Ritengo che non sia una forzatura almeno farci un giro: se ricordo bene le sensazioni provate da bambino davanti all'arte del videogioco che ci sbocciava davanti, accanto al "Sembra un film!" c'era anche il "Sembra di essere lì".
Nel caso siate tra gli avventurieri meno ortodossi, che magari si stanno preparando con curiosità a Broken Sword 6: Parzival's Stone VR dei Revolution, al ritorno di Ken e Roberta Williams (questo con VR opzionale) o siano affascinati da Myst VR, posso darvi un solo consiglio, se la VR si avvicina al vostro orizzonte. Provatela! Provatela sul serio. Non calcolate il primo impatto, a metà strada tra euforia e malessere. Saltate anche il secondo, tutto euforia. È dal terzo giro in poi che cominciate a poterne valutare davvero i pro e i contro sul vostro corpo e sulla vostra vista. So cosa state pensando: è difficilissimo provare la VR in questo modo. D'altronde addirittura l'Oculus Quest 2 richiede un account Facebook, in quest'ossessione per la tracciabilità e il monitoraggio costante che sta disintegrando la poesia e il valore del prestito. Un servizio di noleggio per la VR, non solo per gli eventi ma anche per i privati, sarebbe il benvenuto.
Ciò detto, ho cercato di esaminare il lavoro dell'Happy Giant su Sam & Max: This Time It's Virtual nel modo più obiettivo possibile. Avendo inoltre acquistato un cavo USB ad alta velocità, ho rigiocato in modalità Oculus Rift via Steam VR, quindi come si deve, il simpatico Psychonauts in the Rhombus of Ruin: ho aggiornato qui e lì quella scheda, apprezzando una volta di più la finezza della Double Fine, da me sottovalutata senza l'adeguato hardware due anni fa.
Update veloce su Psychonauts 2, letteralmente dietro l'angolo, visto che l'uscita è prevista come sappiamo il 25 agosto su Windows, Xbox Series X/S, Xbox One liscia/X, PS4 liscia/Pro e in retrocompatibilità anche sulla PS5. L'attesissimo platform-adventure della Double Fine e Tim Schafer sarà disponibile al Day 1 sul Game Pass Microsoft, mentre le versioni Mac e Linux arriveranno più avanti. È stato pubblicato un nuovo fiammante story trailer, mentre la stampa ne ha potuto giocare una porzione, pubblicando interessanti impressioni. Vi segnalo innanzitutto l'anteprima italiana di The Games Machine, che contiene inoltre un chiaro prospetto delle modalità di rendering sulle diverse piattaforme. Sempre in Italia, alimentano bene l'entusiasmo pure l'articolo di IGN e la sua intervista alla system designer Lauren Scott e all'art director Lysette Tyre-Montgomery. Ci sarebbe anche questa nuova intervista a Tim per Kinda Funny Games, ma non la riassumo perché grossomodo condensa tutti i concetti che vi ho riportato in questi mesi.
Ci siamo, ci siamo davvero. Non siete emozionati? Io parecchio.
Vi segnalo che fino al 2 agosto c'è la possibilità, se siete utenti di Amazon Prime, di sbloccare gratis tramite app Prime Gaming la The Secret of Monkey Island Special Edition, il remake del 2009 dell'immarcescibile The Secret of Monkey Island. Già che ci siete, al margine, come ho fatto io potreste mettere le mani pure sull'action RAD di Lee Petty, così, en passant. Gaetano Crisafulli poi mi ha fatto notare che (vedo da due anni) esiste su Bandcamp una colonna sonora midi remixata del primo Monkey, a offerta libera.
Settimane fa qualcuno su Reddit ha notato che c'è un sofisticato omaggio a Monkey Island in uno degli ultimi contenuti del multiplayer Sea of Thieves della Rare, edito dalla Microsoft. Il giocatore può arrivare sul relitto della "Headless Monkey", di proprietà nientepopodimeno della Kate Capsize di Monkey Island 2!!! Leggendo i diari lì presenti, si viene a sapere che Kate ha venduto la sua nave per recuperare il relitto della Mad Monkey che Guybrush cercava nella storica avventura, ribattezzandola "Headless", "Senza testa", proprio perché Threepwood ne aveva rimosso la polena. Lo scopo di Kate sarebbe stato quello di vendicarsi del nostro eroe che, come ricorderete, l'aveva vergognosamente incastrata in LeChuck's Revenge: pare che sia purtroppo deceduta nel tentativo, finanziato dal governatore Phatt. I designer Rare che hanno concepito quest'omaggio così articolato, accompagnato dal familiare tema di sottofondo, hanno anche usato la mappa delle isole disegnata dal fan Paco Vink quasi 20 anni or sono (con suo vivo apprezzamento)!
Naturalmente non è pensabile che a questi livelli una citazione del genere non sia stata autorizzata dalla Lucasfilm/Disney (e pagata): non commettete l'ingenuità, come altri utenti fanno nei commenti, di pensare che sia la prima volta in cui la Lucasfilm/Disney riconosce l'esistenza di Monkey Island. Come vi ho più volte ripetuto, sanno benissimo di averlo: l'anno scorso l'esplorazione del codice sorgente e le edizioni da collezione della saga l'hanno più che dimostrato. Non solo sanno di poterci fare soldi, ma li fanno anche. Semmai è la prima volta che affiora un effettivo nuovo contenuto ufficiale in un contesto interattivo... ed è una bella cosa, se non ci si fa rodere il fegato a leggervi annunci imminenti di qualcos'altro (deliberatamente non scrivo di cosa).
Non esistono solo i fan stranieri, naturalmente. Qui in Italia il fumettista Paride Prete ha iniziato a trasporre in fumetto il terzo The Curse of Monkey Island, mentre Daniele Spadoni è tornato alla carica con The Secret of Monkey Island Recoded, un fangame punta & clicca che riproporrà la storia di Monkey 1 ma in modo alternativo, rivisitata, promettendo anche di portare in vita la boutade del "Disco 22" (la ricordate?). L'uscita è prevista per il trentennale di Monkey Island 2: LeChuck's Revenge, in autunno.
Il simpatico David Fox, creatore di Zak McKracken and the Alien Mindbenders, ha partecipato online all'italiana Insert Coin Development Convention. Il video è diviso in due parti: nella prima David ha riproposto con qualche aggiornamento la sua conferenza sui primi anni della Lucasfilm Games (da me più volte citata e riassunta negli anni), mentre nella seconda, dal timecode 1:15:00, ha risposto alle domande degli utenti. Sintetizzo qui alcune delle sue risposte da quella sezione: sono interessanti, delicate come lui è (anche di persona, ormai posso confermarlo) e soprattutto contengono una conferma che vi farà di certo emozionare.
Il molto competente podcast italiano Archeologia Videoludica condotto da Simone Pizzi è arrivato al termine della sua esperienza, che confluirà nel fratello Archeologia Informatica dalla prossima stagione. Simone, Carlo Santagostino e Carmine Puccio Console hanno deciso di chiudere il sipario parlando di Habitat, l'incredibile esperienza multiplayer online su C64 che la Lucasfilm Games concepì negli anni Ottanta: mai giunto in Italia, fermatosi di fatto alla beta, concepito da Randy Farmer e Chip Morningstar (con grafica di Gary Winnick), è un titolo nodale ma misconosciuto, di recente rilanciato con NeoHabitat. In puntata si dicono tante cose che io non avrei mai potuto raccontarvi con una tale precisione: dedicatevi un'ora del vostro tempo, perché sono approfondimenti complementari a quello che potete trovare qui sul sito. E ricordate che, quando Ron Gilbert ebbe bisogno di aiuto per creare la sintassi del linguaggio SCUMM, si rivolse proprio a Morningstar...
Credo che ormai sappiate tutti dell'ultima follia di Gabe Newell e della Valve, lo Steam Deck, un PC portatile in tre configurazioni, "consolizzato" ma legato alla propria libreria di Steam, con SteamOS (una distro proprietaria basata su Arch Linux, con compatibilità Windows), ma la possibilità di disinstallarlo e di personalizzare la macchina come più aggrada agli smanettoni. Ricordo vagamente che nei decenni sono stati fatti diversi tentativi di "chiudere" il PC in qualcosa di più identificabile: non ho la competenza per prevedere l'esito di questo nuovo esperimento, però se si affermasse significherebbe mettere in mano una sterminata quantità di titoli a chi per principio non accetta di usare un computer per giocare (io per ora non saprei esattamente cosa farmene). Mica male. Oltretutto, consentirebbe sul piano tecnico agli sviluppatori di poter tarare i giochi almeno su una configurazione hardware precisa, con il chimerico orizzonte di una vera ottimizzazione che le console, specialmente nelle passate generazioni, erano in grado di offrire.
Ho uno sguardo abbastanza distaccato sulla questione: non sono mai stato uno della fazione "PC è master race", perché le mie radici videoludiche sono nelle macchine chiuse come l'Atari 2600 o il Commodore 64 (e anche le espansioni dell'Amiga non erano gettonate dall'utente medio). Più che una macchina, il PC mi è sempre apparso un... concetto, tanto che da anni su Lucasdelirium, quando parlo delle versioni "PC", preferisco usare una terminologia legata ai sistemi operativi: DOS, Windows, Linux.
In ogni caso ho il radar acceso sullo Steam Deck: aprirebbe al mobile gaming e al mondo semi-console un oceano di giochi indie e avventure grafiche che non si sono potuti permettere il passaggio su console o Switch, ma naturalmente questo vantaggio sarebbe avvertibile solo con una diffusione massiccia. La distribuzione dei preordini comincerà a Natale.
Okay, poche ore ad agosto, non vedo l'ora di riposarmi. Vi anticipo che il prossimo aggiornamento NON coprirà Psychonauts 2, perché andrò online poco dopo la sua pubblicazione e non ho certo né il tempo né la voglia di fare mostruose maratone e rovinarmi il gioco con la fretta. Probabilmente scorporerò eccezionalmente le classiche news dalla scheda del gioco da pubblicare un paio di settimane dopo, in un aggiornamento speciale, se non addirittura a fine settembre. In dovuto relax per rendere onore al mitico Raz.
Ciao,
Dom
State, non senza una qualche fatica psicologica, pianificando un po' di ferie "normali", intorno ai richiami del vaccino? Allora non vi farà male una piccola pausa di respiro con un aggiornamento accaldato di Lucasdelirium. Sono mesi caldi non solo sul fronte climatico, ma anche su quello delle uscite: ci aspettano due grandi ritorni di personaggi che qui sul sito abbiamo amato e continuiamo ad amare. Godiamoci questa quiete prima della tempesta. Prima di iniziare, vi ricordo che oggi 29 giugno gli amici dei Mangia Avventure hanno incontrato su Twitch il buon vecchio Noah Falstein: l'intervista era moderata e tradotta, quindi (com'è già successo per Al Lowe) potete seguire ugualmente anche se non masticate la lingua. Recuperate subito!
Finalmente, dopo oltre cinque anni di attesa, abbiamo una data d'uscita per Psychonauts 2 della Double Fine di Tim Schafer: il platform-adventure sarà tra noi il 25 agosto, e la data è stata annunciata con un nuovo bellissimo trailer e un doveroso aggiornamento scritto per i backer del progetto su Fig. Riepilogo quanto sappiamo, vi aggiungo qualche mia considerazione.
Schafer ha presentato anche una sezione apposita dell'Xbox Showcase dedicata al gioco, approfondendo un po' la premessa narrativa, in una direzione che ormai a questo punto rasenta lo spoiler, a mio avviso. Le cose fondamentali le deducete dal trailer. Se vi fidate del sottoscritto, giusto mi piace evidenziare il fattore esplorazione della zona selvaggia che circonda il quartier generale degli Psiconauti, location principale della vicenda.
Tim ad ogni modo, oltre ad aver ribadito il sostegno della Double Fine alla sponsorizzazione della produzione indie con una nuova edizione virtuale del Day of the Devs, ha concesso una bella intervista al canale di SpawnOnMe, bella perché meno ironica del solito, più serena ed emotiva, con temi importanti trattati. Seleziono, riassumo o traduco.
Si fa attendere un po' più del previsto il ritorno di Sam & Max in realtà virtuale con Sam & Max: This Time It's Virtual della Happy Giant: comincerà la sua corsa prima su Oculus Quest (1 e 2), disponibile su Oculus Store dall'8 luglio. A seguire, in data imprecisata, sbarcherà in versione Windows su Steam, con grafica migliorata. Ancora più avanti, a inizio 2022, sarà la volta del Playstation VR. Ricordo che finora il capo-progetto Mike Levine non ha confermato una versione del gioco slegata dalla VR, dichiarandola "in forse", però noto che la pagina di Steam non presenta alcun avviso riguardante l'obbligo di un sistema VR come HTC Vive, Valve Index o Rift/Quest: potrebbe non significare nulla, in fondo è una pagina provvisoria, ma da sostenitore della diffusione universale del verbo samemaxiano incrocio le dita.
Uno youtuber specializzato in VR, Nathie, ha eseguito una divertente prova su strada dei primi 20 minuti: fa un certo effetto vedere una persona così giovane, in un mondo così diverso dal gaming duro e puro, rapportarsi con una tale allegria a personaggi che leghiamo a un tempo passato. Mi trasmette gioia, perché mi fa rendere conto di quanto originali e sempre attuali possano risultare Sam & Max a chi non li conosca, è bello non darlo per scontato come siamo abituati a fare. Uno degli scopi della Happy Giant, di Steve Purcell e di Mike Stemmle (sceneggiatore e codesigner dell'esperienza) era proprio quello di aprire il marchio a un pubblico diverso. L'unico dubbio è che quest'apertura si giochi il pubblico antico che non si voglia piegare alla VR. Vedremo.
Per torturare ulteriormente gli scettici, è stato annunciato un evento epocale: Steve Purcell in persona doppia un personaggio del gioco, Duncan B. Dills, misterioso proprietario dell'Aquabears Funtime Park, il parco di divertimenti dismesso che avrà un'importanza fondamentale nel nostro addestamento e nella storia che vivremo al fianco del cane e del lagomorfo. Non è la prima volta che Purcell si diverte a recitare: alla Pixar in Brave doppiò il Corvo, mentre nel suo stesso Toy Story: Tutto un altro mondo diede la voce all'avvoltoio, il villain della vicenda.
Se poi volete un altro assaggio di This Time It's Virtual, questa sequenza ci mostra come affronteremo una sorta di escape room, con la quale Sam & Max vogliono calarci nella loro giornata tipo, fatta di situazioni assurde. Se dopo quasi trent'anni non lo si fosse capito!
Dobbiamo davvero tanto a Jared Emerson-Johnson & Julian Kwasneski, responsabili della Bay Area Sound, continuatori dell'eccelsa tradizione audio della LucasArts. Il fansite Mixnmojo è tornato a intervistarli, in occasione del loro nuovo doppio impegno su Sam & Max, per This Time It's Virtual e per la remastered della Season One dei fu-Telltale, ad opera della Skunkape. Seleziono, traduco, riassumo.
Come nota al margine, vi segnalo poi che Emerson-Johnson ha le mani in pasta nell'audio di un paio di giochi della prima "stagione" di uscite per la folle "console con manovella" Play Date: DemonQuest 85 e Sasquatchers, quest'ultimo opera del redivivo Chuck Jordan. Immagino poi, per quello che abbiamo appena letto, che la Bay Area Sound non si sia tirata indietro dal sound design di Forrest Byrnes, spin-off di Firewatch sul ranger-mascotte che s'intravedeva nel titolo originale, tra i cui autori c'era Nels Anderson, dietro appunto al qui presente giochino. Il legame è abbastanza naturale, visto che Firewatch fu finanziato dalla Panic, che ha creato la Play Date, però l'iniziativa non ha mancato di coinvolgere personalità del calibro di Lucas Pope, che dopo il suo indimenticabile Return of the Obra Dinn ha una certa dimestichezza con la grafica a 1-bit! Per capirci, questa Play Date è una fantasy console stile Pico-8... divenuta però realtà!
Tempo fa conclusi il mio articolo riguardante le riviste sui videogiochi chiedendomi se la sparuta sopravvivenza di alcune di esse non fosse da cercare anche nel ricordo, nel mantenere viva la fiamma del passato. Essendo tra gli oltre 200 iscritti all'associazione Airons di Vigevano, ho ricevuto da poco la mia copia del nuovo corso (o ricorso) di Zzap!, come vi raccontai riportato in vita su "abbonamento" tri-quadrimestrale da parte della redazione storica, capitanata da Paolo Besser. In apparenza il relativo successo di quest'operazione dovrebbe confermare il trionfo della nostalgia: una sequenza di voci di corridoio, recensioni, redazionali (e persino la posta!), orgogliosamente retrò, dedicata a macchine antiche come il Commodore 64, l'Amiga o lo Spectrum.
Forse però il discorso non è così semplice, e il concetto di rivista cartacea potrebbe trovare una sua dimensione molto solida, a sorpresa: il resuscitato Zzap! infatti non è un magazine di retrogaming in senso stretto, perché segue i titoli nuovi realizzati per le piattaforme storiche, cioè la scena del "retrodeveloping" sempre più attiva. In altre parole, collega il passato al presente, cosa che di per sé mi affascina. Ora, questo non basterebbe a renderlo necessario, perché non mancano ovviamente in rete occasioni per saggiare queste nuove produzioni, ma la cosa entusiasmante è che la riapparizione della rivista (anche in terra inglese) completa il fenomeno, perché condivide con quelle macchine le radici di quell'immaginario. Quella generazione di videogiochi si accompagnava per noi tutti alle colorate riviste videoludiche: ora che sono tornate, allora sì il cerchio è completo. E ci si spinge oltre, verso una missione di divertito retcon pure per le macchine allora sfortunate come la linea 264 della Commodore (C-16, Plus/4), o dando spazio alle "conversioni impossibili" come Super Mario Bros o Another World per il C64, o ancora recensendo recuperi di principio, come la tarda conversione non ufficiale di Metal Gear per Amiga. Ricomparendo, Zzap! rivendica come la sua presenza, proprio a livello culturale, legittimi definitivamente un fenomeno meno retrogrado di quanto possa apparire a un occhio distratto: la presa di coscienza della storia del videogioco e degli strumenti che gli hanno dato vita, opponendosi a un eterno presente di hype commerciale... e senza snobismi, perché parte della redazione segue su The Games Machine anche la scena attuale.
Come la quasi contemporanea apparizione di un più amatoriale (ma in netto miglioramento tra il n.1 e il n.2) Passione Amiga conferma, siamo appena all'inizio di questo fenomeno. Mi viene da pensare che l'idea di rivista informatica cartacea potrebbe davvero non soccombere mai, ma sopravvivere con più cognizione di causa e identità, un po' come accade al concetto di scatolato, sparito dalla distribuzione di massa, ma divenuto un bene per intenditori e persino un business con un suo perché commerciale. Ora, se soltanto la redazione del nostrano Retromagazine, attiva da anni con notevole competenza, trasformasse opzionalmente i suoi pdf in stampe reali... io davvero non riesco a leggere in pdf gli impaginati classici, mannaggia!
Volevo scriverne già il mese scorso, ma non avevo avuto il tempo di provare la nuova piattaforma Antstream: si tratta di un'app che dà la possibilità di giocare in streaming a titoli storici e meno storici di molte piattaforme del passato a 8 e 16 bit, attraverso un client da installare su Windows, Mac, Linux, Android. Se ci si iscrive adesso, si ottiene in regalo l'abbonamento di un anno, ma tra poco il servizio diventerà a pagamento (in alternativa gratuito ma finanziato dalla pubblicità). Ho già adocchiato parecchie cose che mi sarebbe piaciuto provare seriamente, la sfida vera ora sarebbe trovare il tempo per esplorarle come si deve...
Naturalmente mi sembra che soffra delle classiche magagne di questi servizi, che risentono della congestione della rete e del server: da quel che ho avuto modo di vedere, il sistema giustamente privilegia la trasmissione dell'input dei comandi per limitare il lag, a sfavore di immagine (che a volte presenta irregolarità di decompressione o una risoluzione molto bassa) e suono (può capitare che salti leggermente o sia distorto). Tuttavia dopo un'oretta di prove tutto mi è sembrato abbastanza stabile e accettabile.
Perché ve ne parlo? Perché la Lucasfilm Games ha concesso in licenza alcuni titoli, con tanto di aggiornamento del copyright nelle schermate d'introduzione. La cosa sorprendente è che Antstream si è aggiudicato le versioni Amiga di The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge, confezionate immagino con ScummVM o su hard disk virtuali tramite emulazione del computer (non c'è disk-swapping, non rivivrete quegli incubi, tranquilli!).
A memoria questa è la prima occasione in cui quelle versioni tornano disponibili legalmente, seppur solo in inglese. Con il porting Amiga di Monkey 2 la LucasArts gettò davvero il cuore oltre l'ostacolo, vista la difficoltà della conversione: si diede il massimo, però i compromessi specialmente sul fronte audio furono inevitabili. È tuttavia l'incarnazione di Monkey 1 per la macchina Commodore ad avere un valore apprezzabile anche da chi non sia un fedelissimo della macchina, con quel sonoro curato da Chris Huelsbeck, un vero innamoramento per molti di noi all'epoca. Naturalmente, penso sia superfluo dire che l'esperienza migliore non è questa, ma quella offline che si vivrebbe usando file immagini dei dischetti ed emulatori come WinUae e FS-Uae. Non va sottovalutato inoltre che gli emulatori offline consentono di attivare una simulazione di monitor a tubo catodico CRT, che addolcisce le asperità più antipatiche delle vecchie grafiche sui LED attuali. Per chi però sia solo curioso, Antstream può essere una buona chance per affrontare la cosa pigramente... e in modo legittimo. Il salvataggio di stato è automatico, ogni volta che si richiama il menu per uscire da una partita, oppure manuale.
Per la cronaca, gli altri titoli Lucasfilm Games su Antstream sono quelli arcade dedicati alla trilogia storica di Star Wars, per NES e SNES, come Star Wars (1987) o Super Star Wars: Return of the Jedi (1994).
Al margine dello scontro tra Epic Games e Apple, qualche tempo fa sono state pubblicate le cifre sborsate dall'Epic Games Store per rendere disponibili gratuitamente alcuni giochi, settimanalmente. Se state leggendo questo, con ogni probabilità avrete come me approfittato in questi mesi di alcuni regali, accumulando altri titoli da installare e giocare entro il 2042. Bene, quando si è diffusa la lista, sono andato subito a vedere quanto avesse ricevuto Ron Gilbert per l'omaggio di Thimbleweed Park nel febbraio 2019: 85.000 dollari per coprire una stima delle vendite mancate. La cifra in sé dice poco, ma può essere interessante paragonarla a quella sganciata per titoli indie di diverso genere, per "pesare" in qualche modo un punta & clicca blasonato nel mercato attuale. Ebbene, avventure narrative come Oxenfree o Stories Untold sono state sbloccate per 200.000 e 300.000 dollari, giusto l'italiano Last Day of June degli Ovosonico e Fez (già attempato all'epoca) si sono accontentati di 75.000. Un indie action come Enter the Gungeon ha ottenuto ben 700.000 dollari!
Insomma, si conferma come un punta & clicca retrò puro (o quasi) giochi nelle retrovie, persino nell'arena indipendente attuale. Ciò detto, quegli 85.000 non devono aver fatto male a nessuno: ora sappiamo da dove arrivassero i 10.000 dollari di investimento sul piccolo spin-off Delores, che Ron ci ha regalato l'anno scorso. A questo punto immagino che parte del resto possa essere stato investito nella preproduzione del gioco misterioso su cui Gilbert sta lavorando da tempo a porte chiuse. Ho trovato comunque ironico che, a fronte di una gran differenza di esborso da parte di Epic (800.000 dollari contro gli 85.000 di TP), Inside dei Playdead abbia portato all'EGS grossomodo lo stesso numero di nuovi account.
Se poi state pensando che 85.000 dollari siano una cifra in fondo alta, sbiancate facendo questo calcolo: se il 1.973.778 di utenti che hanno sbloccato gratis Thimbleweed Park l'avesse pagato, il gioco avrebbe fruttato 39.475.000 dollari, al costo di 20 per copia. Gilbert, per le regole dell'EPS favorevoli agli sviluppatori, ne avrebbe ricevuto l'88%: 34.738.000! Passate le vertigini? [ERRATA CORRIGE: Nella prima versione di questa frase, mi ero fatalmente confuso, sbagliando le percentuali che l'Epic Game Store mantiene, visto che uno dei suoi fiori all'occhiello è proprio il mantenere solo il 12% del prezzo pagato dall'utente, lasciando il resto al publisher/sviluppatore. Scusate! Grazie a Dario Scarpa per avermi segnalato l'errore].
The Genesis Temple è un bellissimo sito italiano che si occupa di approfondimenti storici su realtà videoludiche nostrane e non, in italiano e in inglese: segnalo i due bellissimi reportage sulla Dynabyte e Simulmondo. Di recente però Damiano ha pubblicato la prima parte di un'intervista a Larry Ahern: co-autore dell'amatissimo The Curse of Monkey Island, grafico e animatore sopraffino su Day of the Tentacle, è stata una presenza fondamentale alla LucasArts. Leggendo l'intervista, ho implementato alcune informazioni sulla sua formazione e sulla sua entrata alla Lucasfilm Games nella scheda, il resto lo riassumo o traduco, suggerendo comunque a Damiano di The Genesis Temple, se può, di tradurre tutto il pezzo sul suo sito, perché merita!
Fine dell'aggiornamento di giugno! Cosa bolle in pentola per luglio?
Qualcosa di intuibile... ;-)
Ciao,
Dom
Volenterosamente ci spingiamo fuori di casa per intercettare un po' di sole e magari rinnovare il guardaroba primaverile, mentre ci godiamo il tardivo svegliarsi di un titolo in lavorazione, certo non atteso con trepidazione e affetto soltanto dal sottoscritto...
All'improvviso, dopo una campagna su Fig negli anni piuttosto (troppo) in sordina, il sinceramente atteso Psychonauts 2 della Double Fine sembra a un passo dalla meta, dopo oltre cinque anni di lavorazione. Per un errore di qualcuno, è stato persino possibile nella seconda metà di maggio avviare il download del gioco (sui 27Gb) nel Game Pass Microsoft, ma pare che il file fosse inservibile. Logico che sia così, perché da quel che la Double Fine dichiara sui social, si è in fase di bugtesting e rifiniture finali, però il master non è stato ancora chiuso. Che la produzione sia giunta praticamente al termine sembra confermato comunque dal fatto che il gioco ha ricevuto la classificazione "Teen" dall'ESRB, ergo qualcuno ha potuto completarlo e valutarne i contenuti. Qualche fan è arrivato addirittura a ipotizzare che la Microsoft stia progettando un'uscita a sorpresa senza un annuncio preliminare, nei giorni dell'E3 (12-15 giugno). Personalmente credo che siamo vicini, ma non così vicini: nell'annuncio dell'accordo promozionale con Game Informer tramite videoapprofondimenti si parlava di uscita nel "giro di mesi". Non giugno quindi (sarebbe un mese solo), ma ottimisticamente considero luglio plausibile. Gli approfondimenti di Game Informer e i nuovi bellissimi screenshot sono stati preceduti dallo sbarco su Game Pass del primo Psychonauts e da un videoaggiornamento per i backer introdotto come sempre da Tim Schafer. Un video tra i migliori, per la forza emotiva e per almeno due notizie che faranno battere il cuore dei veri lucasdeliranti. Vado a riassumere.
Ma non è finita qui! Game Informer ha svelato un nuovo potere di Raz, la connessione psichica, la possibilità di muoversi con grandi spostamenti in un livello, collegando tra loro concetti che fluttuano in fumetti nell'aria. A grandi linee è una specie di rampino, tipico nei platform, ma naturalmente la connessione di due concetti avrà ripercussioni anche sui puzzle, per il pensiero che si viene a creare nella mente che Razputin sta attraversando. Il video è una buona scusa per entusiasmarsi davanti alla direzione artistica del gioco!
Game Informer ha inoltre pubblicato un'intervista semiseria a Tim e un'altra intervista più seria a Lee Petty, focalizzata sulla Double Fine in generale e altri argomenti. Tra una gag ultrasonica e l'altra del primo video, Tim rivela che, per venire incontro ai giocatori che non hanno potuto giocare lo spin-off / prequel in VR Psychonauts in the Rhombus of Ruin, verrà realizzato un filmato che lo riassume.
Per quanto riguarda Petty, spiega come gradisca la flessibilità alla Double Fine, oscillando tra il lavoro di capo-progetto e quello suo canonico di grafico, anche per brevi periodi, su ciascun gioco. Interessante il discorso sulla longevità: per ragioni di tempo preferisce i giochi corti, perché di lunghi sulle 40-60 ore giocoforza riesce a viverne al massimo due all'anno, e con il cinema che in media propone film di due ore, non c'è motivo per cui un gioco debba essere lungo per forza. Contestualizza però l'idea della longevità come valore assoluto, facendola risalire al rilancio del videogioco nella seconda metà degli anni Ottanta da parte della Nintendo, in canali che lo vendevano come giocattolo. Dal punto di vista dei più piccoli e dei genitori che compravano loro quei prodotti, la durata garantita dall'investimento era fondamentale. Ciò detto, sia lui sia gli intervistatori giustamente avanzano un dubbio più contemporaneo: è vero che un film si accontenta di due ore per lasciare qualcosa, però la gente si sta abituando col binge watching delle serie a esperienze assai più lunghe... davvero la longevità è prescindibile? Forse meno che mai in questi anni...
Sottile anche il discorso di Lee sul "crunch time", il massacro dei collaboratori fino alle ore piccole: andrebbe capito se in un determinato contesto lavorativo è occasionale (e volontario), magari in chiusura di un progetto, oppure se è sistematico ed endemico, dato per scontato in ogni fase della lavorazione, perché il vero problema è lì.
Incredibilmente obiettivo e condivisibile il suo giudizio sulla Double Fine. La varietà delle sue produzioni è il più grande pregio dell'azienda, in grado di intercettare gli utenti che lo considerano un valore, ma allo stesso tempo è forse il suo limite commerciale e tecnico: le case che producono sempre lo stesso tipo di gioco fidelizzano gli appassionati di un genere preciso, e hanno il tempo di raffinare la formula fin nei minimi dettagli.
Anche Heather Alexandra, community manager della Double Fine, sta realizzando video appositi su Psychonauts 2 in queste settimane. In uno di questi si è parlato delle opzioni di accessibilità del gioco. In Psychonauts 2 si potrà: migliorare la leggibilità dei sottotitoli o visualizzarli più grandi, attivare la localizzazione di tutti i cartelli, disattivare il danno da caduta (che quindi viene introdotto, nel primo mancava!), ridurre quasi a zero la difficoltà degli scontri per godersi di più la storia, attivare l'invincibilità di Raz (ma senza cassare le animazioni delle lotte), ridurre fino a eliminare le oscillazioni della camera per chi soffre di chinetosi, attivare filtri per la compensazione di specifici tipi di daltonismo, disattivare i movimenti di macchina che suggeriscono la direzione da seguire.
Non solo: premendo tre volte di seguito il tasto per il salto si potrà attivare in automatico la bolla del pensiero che permette di planare (ricordate?), dando anche la possibilità, sempre opzionale, di atterrare direttamente sulla stessa bolla del pensiero, senza doverla richiamare di nuovo alla sua esplosione. Il lock-on sui nemici e il richiamo dei menu dei poteri di Raz sono gestibili tenendo premuti i tasti appositi, oppure attivandoli e disattivandoli con più pressioni dei tasti scelti (totalmente configurabili!).
Da notare che, per le tematiche trattate, Psychonauts 2 si apre con un disclaimer che spiega come il gioco affronti il tema delle patologie mentali, con umorismo ma con empatìa, indirizzando chi senta di soffrirne a un sito internet di sostegno psicologico (mi domando se questo consiglio verrà localizzato in toto con punti di riferimento nostrani). Heather sta inoltre gestendo su Twitch un longplay settimanale del primo capitolo, in compagnia di tutto il team storico.
Non ha alcun legame con Psychonauts, ma Heather si è occupata anche di discutere con ciascun capo-progetto dei loro prototipi dell'Amnesia Fortnight, cioè Get Out of Detention, The Hideous, Armored Slug e The Way Down. Quattro occasioni per approfondirne meglio le dinamiche, solo intraviste nel documentario del mese scorso, come vi ho raccontato nelle precedenti news.
Sul suo blog Ron Gilbert ha commemorato la recentemente scomparsa Judith Lucero. Non so quanti di voi condividano la mia tendenza a ricordare i nomi degli autori di ciò che ci piace: sin da ragazzino memorizzo senz'alcuno sforzo credits di film, videogiochi o fumetti. Non mi siedo lì ossessivamente a mandarli a memoria, mi viene spontaneo ricordare quei nomi: forse è anche per quella ragione che il mio modo di essere fan è sempre focalizzato più sugli autori di qualcosa, che su quel qualcosa. Ammirazione? Immedesimazione? Spiace però che, nonostante questa connessione spontanea che a volte creiamo, qualche colonna non venga riconosciuta a dovere, pur avendone sempre avuto in testa il ruolo.
Come spiega Gilbert nel suo post, Judith Lucero fu una delle più solerti tester alla Lucasfilm Games / LucasArts, ogni tanto andando oltre la sua funzione di scova-bug, ma svolgendo funzione da playtester, per esempio fornendo feedback come quello mostrato da Ron, relativo a una versione incompleta di Monkey Island 2 ("troppo facile" e "troppo breve"!). Gilbert spiega quanto abbia imparato confrontandosi con chi "gioca di mestiere", e come l'apporto di queste persone sia indispensabile per solidificare un gioco. Per me rimarrà sempre la capo-tester di The Secret of Monkey Island, insieme a Kirk Roulston.
Judith Lucero non rimase perennemente nel reparto testing: nel 1993 entrò da programmatrice SCUMM nel team del mitico Day of the Tentacle, poi continuò a occuparsi del codice di vari titoli LucasArts, nel reparto localizzazione. In altre parole, è assai probabile che anche qualche versione italiana alla quale siamo tanto affezionati sia passata per le sue mani! Tra il 1999 e il 2001 lavorò per la Strategic Simulations e la Ubisoft, sempre sulle versioni internazionali dei loro titoli. Dopo Myst III sembra che abbia svolto lavoro da freelance come "documentation specialist".
Un saluto a Judith, che dopo Martin Cameron è un'altra colonna poco celebrata della Lucasfilm Games che ci lascia.
Mentre si attende a giugno l'uscita di Sam & Max: This Time It's Virtual su Oculus Quest, nell'ultimo mese è affiorato a sorpresa un pezzo del materiale promozionale mai mostrato per Sam & Max Freelance Police, la cui cancellazione nel 2004 per quel che mi riguarda segnò l'inizio della fine della LucasArts. Pare che sia stato il programmatore Randy Tudor a passare a Mixnmojo questa breve clip, nella quale Mike Stemmle sembra sproloquiare di ego e superego, prima di essere picchiato a sangue da Max, con Sam che rimira distaccato la scena. Uno sketch a tecnica mista davvero simpatico. Mi chiedo quanti preziosi asset di quel gioco-miraggio alberghino ancora sugli hard disk di chi ci lavorò. Il mio sogno è che un giorno, per miracolo, si riesca persino a giocare una porzione di quello che fu completato alla vigilia della ferale decisione...
Douglas Reilly, presidente del dipartimento licenze Lucasfilm Games, mesi fa dichiarò che nel corso dell'anno, a parte Star Wars, si sarebbero dedicati a promuovere qualche altro titolo del passato della gloriosa Lucasfilm Games (quella vera) / LucasArts. Sono talmente focalizzato sui punta & clicca, da aver pregiudizialmente tralasciato che, tra Star Wars e le avventure grafiche, ci sono stati anche titoli di altro genere, tra action, platform e puzzle game, ad aver caratterizzato in sordina l'attività della casa. Non dovrebbe quindi stupirci che a fine giugno venga pubblicato un bundle comprendente Zombies Ate My Neighbors (1993, pubblicato dalla Konami per Megadrive e SNES) e il suo pseudo-sequel Ghoul Patrol (1994, JVC, per SNES). In realtà il secondo era un progetto impantanato di Kalani Streicher, poi rimodellato al volo come sequel spurio di Zombies. Si trattava di action spensierati e divertenti, di stile cartoon, con gameplay solitario o in co-op, sulla falsariga di The Chaos Engine e similari, ma con un tono prettamente umoristico-parodistico. Creatore della serie fu Mike Ebert, grafico di tante avventure leggendarie della LucasArts: per l'occasione sarà presente di persona in un backstage tra gli extra di questa riedizione. A parte lui, se guardate i credits di Zombies Ate My Neighbors potreste riconoscere altri buoni vecchi "soliti sospetti". ;-).
Autore del porting per Windows e Switch è Dotemu, un piccolo editore indie un tempo proprietario anche di una piattaforma di digital-delivery ora chiusa. Non penso che i due titoli siano stati riprogrammati, sarei pronto a scommettere su un'emulazione "nascosta" di SNES/Megadrive. Per i collezionisti di edizioni fisiche, Limited Run Games non si è fatta mancare l'occasione di metterne in cantiere una dedicata al bundle.
A questo punto mi è venuto in mente che ci sarebbero altri titoli di questo tipo, che negli anni avevo adocchiato e mi avevano attirato anche più di questi. Per esempio nel 1997 Ebert, nel frattempo distaccatosi con la sua Big Ape Productions, realizzò per la LucasArts Herc's Adventures su Playstation e Saturn: impostazione arcade simile a Zombies, ma grafica cartoon a mano libera spettacolare, stile Curse of Monkey Island e sequenze di Outlaws (a proposito, prima o poi ci starebbe qui su Lucasdelirium una scheda dell'FPS spaghetti western lucasiano...). Per non parlare dell'oggetto volante non identificato Big Sky Trooper di Hal Barwood per SNES: lo provai anni fa e m'incuriosì moltissimo.
Mi dichiaro pronto a queste riscoperte, senza prendere però impegni inderogabili, dato che il focus del sito rimangono le produzioni più prettamente narrative.
Questa non è una vera novità, ma credo di non aver mai concentrato qui su Lucasdelirium una meritata attenzione sul lavoro di un fan tedesco della LucasArts, un grafico di gran talento autore negli anni di eccellenti poster ricavati dalle copertine dei classici lucasiani. Scaricare e stampare i suoi lavori può sostituire acquisti costosi di stampe celebrative, e da sempre il nostro "Spada Laser" (al secolo Jan Bing) mostra le sue capacità con Photoshop solo a uso degli appassionati, spingendosi di recente pure verso esperimenti con algoritmi di upscaling ESRGAN (ricordate questo stupefacente video che già vi segnalai?). La sua ultima fatica è un recupero ragionato delle giuste cromie nella copertina-poster di Monkey Island 2, considerata forse a ragione uno dei capolavori di Steve Purcell. A proposito di quella bellissima immagine, lo sapevate che a fare da modella per le pose di Guybrush e LeChuck fu Collette Michaud, futura consorte di Steve, nonché capo-animatore di Fate of Atlantis e co-designer di Hit the Road?
Come ho segnalato su Facebook, la resurrezione della rivista Zzap!, nella sua incarnazione italiana firmata in parte dallo staff originale come Paolo Besser e Davide Corrado, è ormai realtà. L' "abbonamento" per 3-4 numeri l'anno è indiretto: ci si iscrive per 35 euro all'associazione "Airons di Vigevano" (una boutade di Bovabyte che prende vita!) e si riceve la rivista come parte di quest'iscrizione. È di fatto un crowdfunding sognatore, un po' sperimentale, che comunque è riuscito a raggiungere il minimo di 200 tesserati per dare concretezza all'idea, col primo numero del nuovo corso in arrivo a giugno nelle nostre cassette delle lettere. Come spiegai nel mio articolo sulle riviste videoludiche, non ho vissuto realmente l'epoca di Zzap!, se non... tangenzialmente, ma ho respirato quell'aria e mi fa piacere tornare a farlo. Soprattutto, è curioso quello che sta accadendo: il retrodeveloping, lo sviluppo di giochi nuovi per le macchine antiche o eterne che dir si voglia, è divenuto una scena molto attiva, complice la riproposta delle macchine di quell'epoca in facsimili come The C64. Zzap! quindi non sarà una rivista di retrogaming in senso stretto, o per lo meno lo è a metà, recensendo i titoli di nuova concezione e pubblicazione. Parafrasando quello che scrissi a chiusura dell'articolo, serve a ricordare il tempo che fu... ma non solo, lo estende all'oggi. Se volete un assaggio gratuito del "seminuovo corso", ricordo che il numero 0 della ripartenza di Zzap! è disponibile in pdf gratuitamente (è di sole 18 pagine, ma la rivista reale sarà di 48). La pubblicazione di un tempo, dedicata ai computer 8bit, iniziò la sua corsa nel maggio 1986, fermandosi a fine 1992, sopravvivendo un altro anno come inserto di The Games Machine: non è la prima volta che risorge, perché nel 2002 fu realizzato solo in PDF gratuitamente il numero 85. La numerazione di Zzap! riprende oggi dal n.86.
La creatività italiana nel settore non si ferma qui, perché un'iniziativa simile, seppur con una testata tutta nuova, è Passione Amiga: avendo conservato un ricordo entusiasmante di un diamante dell'epoca dei 16bit, mi sono abbonato per un anno anche a questa, per quattro numeri. Attendo il primo, sono curioso, non so bene cosa aspettarmi perché qui non ci sono trascorsi editoriali storici da recuperare. Vedremo. L'Amiga poi è stato al centro di una mia miniserie di articoli di confronto col mondo PC, scritti anni or sono per Oldgamesitalia: vado ancora assai fiero della mia sfaticata divulgativa Amiga vs. PC: La sfida dei colori (anche se or ora mi sovviene un ritocco che devo ricordarmi di apportare, proprio riguardante i porting LucasArts). Se la scena del C64 non è mai stata così attiva, quella Amiga potrebbe presto guadagnare terreno, specialmente se Retrogames arriverà a produrre questa roba qui. Si parla sempre comunque di emulazione "mascherata", quindi al di là del volano di marketing per il mercato della nostalgia e del retrodeveloping, gli ottimi emulatori in circolazione per Windows sono a livello di funzionalità del tutto equivalenti a queste "macchine", se non più flessibili.
Gli amici di Calavera Café hanno postato la pagina di una vecchia recensione italiana di The Secret of Monkey Island, pubblicata su Computer+Videogiochi nel giugno 1991. Siccome il pezzo contiene qualche critica che col senno di poi appare assurda, contribuisce a costruire un quadro più completo di come il gioco fu realmente accolto all'uscita: per molti fu innamoramento a prima vista, vero, ma per una discreta parte di critica legata alle avventure più tradizionali le innovazioni di Ron Gilbert erano difetti, causa di eccessiva semplicità. Tenete presente inoltre che l'uscita qualche mese prima di Loom, assai più immediato, aveva già esacerbato quegli stessi animi, mettendoli in guardia contro gli esperimenti della Lucasfilm Games. Non è un delirio eretico, tanto che lo stesso Ron ha raccontato di avere appeso nello studio una recensione inglese che giudicò il titolo con un 7, e lo stesso doppio livello di difficoltà di Monkey Island 2 fu umilmente pensato per venire incontro proprio a quelle lamentele, senza negare la personale lotta di Ron alla frustrazione nella concezione classica delle avventure. Vicoli ciechi, morti improvvise, indizi inesistenti erano parte integrante del gameplay di un adventure game in quel periodo.
Sono trascorsi letteralmente 30 anni, non me la sentirei di tacciare d'incompetenza l'autore di quel pezzo (il Dizionario dei Videogiochi offre l'articolo in alta risoluzione qui a pagina 38). Tra l'altro, quel testo è un aggiornamento sulla versione italiana per Amiga del gioco, perché Monkey 1 originale per DOS era stato già coperto da Computer+Videogiochi a gennaio (recensione firmata "P.G.", immagino Paul Glancey, pagine 58-60, voto 94!). Siano stramaledetti i voti, gli asterischi, le stelline e le faccine: se rileggete le recensioni di The Games Machine e K, le altre riviste avevano dato al "difetto" un valore inferiore o trascurabile, ma non avevano mancato di notare le semplificazioni di design. Con la sua trasparenza di gameplay e il rispetto per il giocatore, Ron (con Moriarty e il suo Loom, più estremo) aveva avviato una rivoluzione sottile, stava avvicinando alle avventure grafiche persone che temevano il genere proprio per le sue caratteristiche più hardcore, di cui comunque la maggior parte dei giornalisti all'epoca tennero conto, osservando il nuovo corso lucasiano.
Lo dico da pubblicista, cosa che mi sono ritrovato a essere forse mio malgrado: cogliere una svolta storica, specie quando come in questo caso non è urlata, è assai difficile al momento, molto più facile col senno di poi. Così com'è più facile che, sempre col senno di poi, chi pensava di difendere una forma mentis corretta suoni oggi ridicolo e superato. Dovremmo tutti scrivere come Anton Ego in Ratatouille ci suggerisce, ci proviamo anche, ma individuare e difendere il nuovo è una sfida durissima. A dirla tutta poi il pezzo di C&VG non è privo di sottigliezze: apprezza per esempio che il porting Amiga avesse una cura grafica migliore rispetto alle precedenti conversioni (vero), e nota persino che l'audio era curato da Chris Huelsbeck (e Rudolf Stember, che per la cronaca usarono eccome il loro formato di moduli TFMX).
Riguardo alla critica sulla traduzione agghiacciante... è eccessiva, ma ha un perché. Siamo tutti affezionati all'edizione CTO, però specialmente nella prima versione italiana non mancavano nel migliore dei casi libertà discutibili ("sissy" tradotto addirittura con "cagasotto" invece di "fifone", poi usato nelle revisioni successive), nel peggiore veri enigmi letterari, a memoria ricordo un incredibile "E anch'io ho una piccola PUNTA anche per te". Non è però una traduzione così tremenda: il livello dell'inglese originale di Monkey è molto alto, sofisticato, legato a modi dire e giochi di parole. Poteva andare molto peggio. Non era poi affatto scontato che un gioco con così tanti testi venisse pubblicato nel nostro paese interamente localizzato, con una distribuzione relativamente capillare, anche nelle città "sfigate" (scrivo da barese). Ci fu qualcosa di pionieristico anche in quello che fece la CTO, in fondo, ma rimane valido il contesto storico: negli anni in cui giocare in inglese alle avventure era piuttosto naturale, la severità del recensore di fronte alla proposta era comprensibile. Tra parentesi, il recensore in questione ha poi intrapreso una carriera nella localizzazione del software.
Avete notato quante considerazioni interessanti possono scaturire da una mezza stroncatura? I grandi classici col tempo si ammantano di un'aura di intoccabilità, di sacralità vera e propria, qualsiasi tentativo di osservarne oggettivamente qualche aspetto suona come blasfemo, si tende a proteggerne la perfezione come si proteggono i ricordi della propria infanzia o adolescenza. Dal punto di vista critico, tuttavia, affrontare l'impatto di qualcosa del genere, prenderla sul serio e non liquidarla immediatamente, è alla fine MOLTO salutare: a conti fatti, dopo i ragionamenti che vi ho presentato, The Secret of Monkey Island non ne esce indebolito, anzi. Ne viene rafforzato in modo assai meno scontato. E resiste all'impatto. Dopo 30 anni! In caso contrario, non sarebbe un "capolavoro".
E siamo alla fine per questo mese! Cosa ci aspetterà nell'immediato futuro? Il buon Psychonauts 2 giungerà davvero a sorpresa?
Io intanto mi riposo... forse. Chi voglio prendere in giro? ;-)
Ciao,
Dom
Ciao! Nella frustrazione di una primavera che ci elude, quando vorremmo soltanto dedicarci all'addestramento gioioso del nostro cane, il mondo lucasiano mi ha fatto sgobbare non poco nell'ultimo mese. Immaginavo che la penuria di marzo sarebbe stata compensata da un (lucas)delirio imminente, e non mi ero sbagliato. Prima di iniziare, due piccole ma significative novità riguardanti il sito.
Noterete che, dopo un periodo di riflessione e sperimentazione, ho scelto il colore bianco per il grassetto: non ho soltanto modificato il foglio di stile, ho ripulito tutte le pagine (!) dai grassetti in eccesso, un viziaccio che mi aveva colto da tre-quattro anni a questa parte. Anche se ora sul vostro monitor il grassetto non risultasse abbastanza evidente, non sarà una gran perdita.
Quando si parla di manifestazioni di affetto per quello che faccio, non posso non citare l'eroe del mese: Danilo "Festuceto" Giardino, il quale ha deciso di sua sponte di compilare un elenco di refusi che ha trovato sul sito, per migliorare l'esperienza che mi dice d'aver apprezzato molto. Anche se non me l'avesse detto, l'avrei intuito dal lavoraccio che ha fatto, improbo a meno di non amare sul serio i contenuti. Le sue correzioni sono state implementate, e lo ringrazio perché ha concentrato la mia attenzione non solo sui refusi, ma pure su errori di ortografia e accenti che mi trascinavo da troppo tempo. Grazie!
Si parte!
Caso unico e raro, Hector: Badge of Carnage fu una miniserie episodica punta & clicca pubblicata dai fu-Telltale ma realizzata dai nordirlandesi Straandlooper. Avvenne 10 anni or sono. Come spesso faccio quando cade una ricorrenza, l'ho riattraversata e ne ho rivisto la scheda (essenzialmente nella sezione "design/sceneggiatura"). Regge oggi come reggeva allora, rifacendosi a un gameplay ultraclassico, persino anacronistico per i Telltale nel 2011, quando vide la luce. Rimane però allo stesso tempo su questo sito forse l'unico esempio di punta & clicca del tutto politicamente scorretto e sotto la cintura: visti i tempi in cui viviamo, questo aspetto oggi non è meno stimolante della sua riproposta del gameplay tradizionale.
Fino a qualche settimana fa non ci credevo nemmeno io: l'uscita del quinto film di Indiana Jones nel 2019, annunciata nel 2016, era già slittata tre volte, passando persino per un cambio di regia (da Steven Spielberg, rimasto come producer, a James Mangold). Ora pare che il debutto nel luglio 2022 sarà rispettato, perché sono stati annunciati i nomi degli attori per i personaggi legati alla nuova storia. Una prova tangibile dell'esistenza di un copione approvato da tutte le parti in causa (Harrison Ford e Disney/Lucasfilm). Non sappiamo ancora quale sia la trama cucinata dallo stesso Mangold insieme agli sceneggiatori Jez & John-Henry Butterworth (che hanno scritto con lui Les Mans '66), però i nomi "freschi" coinvolti in quella che sarà l'ultima avventura per un Indiana Jones negli anni Sessanta sono di rilievo: la premiatissima Phoebe Waller-Bridge come "coprotagonista femminile", Madds Mikkelsen e Thomas Kretschmann. Si gira quest'estate, perciò per allora sapremo finalmente qualcosa di più del "miracolo" che Mangold sta riuscendo a far avverare, varando una nave che proprio non ne voleva sapere di salpare.
James non si è voluto sbottonare (né può, immagino), però di recente ha detto che il suo approccio a questi franchise storici e molto amati, come ha fatto con l'apprezzato Logan, è evitare le "minestre riscaldate" e puntare all'essenza emotiva di fondo del marchio, più che all'imitazione di una struttura narrativa che sentirà sempre il peso dei paragoni. Sulla carta, un approccio MOLTO interessante. Nella pratica, bisognerà capire cosa la Disney gli imporrà di fare, al di là delle buone intenzioni. Soprattutto, non coinvolgi un'attrice anche autrice come la Waller-Bridge, carismatica e vincitrice del Golden Globe con la serie Fleabag, se non hai in mente di usarla ancora. Indy avrà un'erede?
Di sicuro, se le riprese partono sul serio in estate, a questo punto è facile immaginare che l'annunciato nuovo gioco di Indiana Jones (slegato dalla trama del film e ambientato nel periodo "classico" del personaggio) potrebbe vedere la luce a ridosso dell'estate 2022, poco prima o poco dopo lo sbarco in sala di Indiana Jones 5, per ragioni di marketing. Anche lì, speriamo che la Machine Games e la Bethesda sappiano cosa stanno facendo.
Incrociamo le dita, perché stavolta ci siamo.
A sorpresa, i documentaristi 2 Player Productions hanno partorito un lungometraggio di quasi due ore sull'Amnesia Fortnight svoltasi alla Double Fine nell'autunno 2019. Per chi non lo ricordasse, l'Amnesia Fortnight è uno stop di due settimane in cui Tim Schafer lascia i collaboratori liberi dagli impegni attuali, concentrandoli sullo sviluppo di quattro prototipi. Questi prototipi, come anche il nuovo documentario conferma, sono presentati da chi ne abbia voglia ai colleghi, che votano i preferiti: i loro voti sono incrociati con quelli di Tim e così si parte. Rispetto alle passate Amnesia Fortnight, come utenti non abbiamo avuto voce in capitolo e siamo stati messi di fronte al fatto compiuto, né per ora ci è stata data la possibilità di provare i risultati: diciamo che questo giro è stato una via di mezzo tra le porte chiusissime delle prime Amnesia (da cui scaturirono Stacking e Costume Quest) e la grande apertura degli anni più recenti (vedi le edizioni del 2012, 2014 e 2017, via via meno sostenute dagli utenti, a onor del vero). Devo dire che un documentario unico, per quanto molto più utile a sintetizzare rapidamente quella decina di frenetici giorni, mi è sembrato emotivamente più freddo e schematico delle puntate singole giornaliere confezionate per le passate edizioni (e per un'altra indimenticabile occasione). Detto questo, chissà se ormai, passata la novità della cosa, le avrei viste tutte: confesso che all'ultimo giro le guardai in parte e giocai direttamente i prototipi. Sintetizzo quali siano stati i quattro potenziali giochi sviluppati.
C'è un fattore che rende questa Amnesia Fortnight ben diversa dalle altre. La Microsoft ora possiede la Double Fine e ha bisogno di contenuti per il Game Pass, ergo ci sono fortissime possibilità che questi progetti diventino titoli veri e propri in quel contesto. Sul finale del documentario un cartello "More Info Soon" alimenta la mia sensazione: si potrebbe riferire alla semplice possibilità di darci accesso ai prototipi, però... nel frattempo, il librone celebrativo 20 Double Fine Years sta per andare in stampa e le spedizioni inizieranno da agosto. La mia copia è già prenotata! :-)
Annuncio a sorpresa dello sviluppatore indie Night School Studio, autore di Oxenfree, Afterparty e della app basata su Mr.Robot, pubblicata all'epoca dai Telltale buonanima: arriva Oxenfree II: Lost Signals, presentato con un teaser trailer. Come ricorderete seguo questo gruppo, perché il suo cofondatore e sceneggiatore Adam Hines era stato piuttosto attivo su diversi titoli Telltale e aveva poi creato il piccolo studio per perseguire quel taglio di avventura narrativa.
Oxenfree II, in uscita per Windows e Switch entro la fine dell'anno, si ambienta cinque anni dopo le vicende del primo titolo, seguendo una nuova protagonista, l'esperta di scienze ambientali Riley, che torna a casa per investigare sui caratteristici misteriosi segnali radio, se ricordate un elemento interattivo intrigante del primo capitolo. Non si sa se le scelte effettuate nel capitolo precedente potranno essere importate nel nuovo, visto che Oxenfree offriva più finali, ma il cambio di cast mi fa pensare che la questione sia secondaria.
Scorgo un risvolto un po' triste in questo annuncio altrimenti positivo, vista la qualità del primo capitolo. Il ritorno a un marchio riconoscibile mi fa intuire che i problemi di cui pur soffriva l'interessante Afterparty abbiano portato a scarse vendite di quest'ultimo: lo deduco anche dal fatto che tuttora Afterparty è rimasto privo di localizzazioni e aggiornamenti, che invece i Night School Studio si erano impegnati a sostenere per Oxenfree. Dati i limiti di Afterparty, non mi stupisce che non sia riuscito a fare breccia nel cuore di molti utenti (e l'iniziale esclusiva Epic Games Store non avrà aiutato), però peccato. Considerando tuttavia quanto il mercato possa essere difficile e cattivo, il fatto stesso che i Night School Studio abbiano resistito è una buona nuova: Oxenfree II è finanziato e pubblicato dalla MWM Interactive, quindi lo studio ha pagato l'inciampo con la rinuncia all'autogestione...
Devo ringraziare di cuore per i complimenti che ho ricevuto dopo la live con I Mangia Avventure dedicata alla storia della Lucasfilm Games / LucasArts: la trovate su YouTube divisa in prima e seconda parte. La prima è lo streaming effettivo della diretta, la seconda è stata registrata da me e da Michele (che saluto) il giorno dopo, senza purtroppo la partecipazione di Federico: durante la diretta c'è stato un problema di rete, ma non potevamo lasciare il discorso appeso, quindi abbiamo chiuso in questo modo a stretto giro. Ci tenevo, per non perdere lo slancio. È stata una bella esperienza, ne ho approfittato per "esplodere" un po', alleggerendomi l'animo dal lungo periodo di compressione emotiva che stiamo vivendo da più di un anno a questa parte.
Qualcuno, molto affettuosamente, mi ha chiesto se abbia in mente di ripetere e di propormi ancora dal punto di vista audiovisivo in futuro, anche autonomamente. Il discorso per me è complesso: ho la netta sensazione che il livello di organizzazione necessario ruberebbe risorse al rafforzamento e alla creazione di contenuti per il sito, il mio impegno primario, senza contare che già la mia giornata è un incastro epico di attività a volte sul filo del rasoio. Soprattutto, sembra una battuta ma non lo è, devo riservarmi del tempo proprio per giocare!
Ho la convinzione poi che la fruizione di un testo anche lungo sia comunque meno impegnativa di quella di un lungo video o di un lungo podcast: credo che un utente possa giostrarselo meglio nell'ambito della giornata e del suo tempo libero. A volte ci sta, ma se inaugurassi questa mia presenza alternativa sul web, ho paura che finirebbe per vampirizzare la quantità dei contenuti: comunicherei in modo di certo più simpatico e umano, però comunicherei e informerei meno. È una decisione che non posso prendere alla leggera.
Ciò detto, ricordo che la diretta dei Mangia Avventure non è stata la prima occasione in cui ho parlato in rete: ho partecipato due volte al podcast Calavera Café, nelle puntate "Chiedeteci di Loom" (titolo suggerito da me!) e "Il caro e vecchio Thimbleweed Park" (dove sproloquiai anche in parte su Broken Age). Di recente inoltre sono stato ospite di Atariteca per lo "Speciale meteore: The Dig".
Ho già dato su Facebook gli annunci riguardanti il terminato folle doppiaggio amatoriale italiano per Thimbleweed Park, nonché del completamento della traduzione del bellissimo Sam & Max: The Devil's Playhouse. Due note più recenti a riguardo: gli intrepidi doppiatori hanno promesso che alcune battute saranno nuovamente registrate per migliorie, mentre gli autori della patch per la terza stagione di Sam & Max m'informano di qualche bug nella versione Mac.
Daniele Spadoni, dopo svariati giochi / fanart dedicati ad altri miti degli anni Ottanta e Novanta, è tornato sul suo amato Zak, questa volta realizzando un'esperienza arcade dal titolo Zak McKracken and the Invasion of the Alien Mindbenders: interessante che, pur rippando la grafica dalla versione FM-Towns dell'avventura, abbia deciso di ricolorare in 256 colori il design dei personaggi della versione EGA Enhanced. In effetti, il look dei personaggi su FM-Towns era di gran lunga meno simpatico...
Gaetano Crisafulli e Jack Gaino mi hanno segnalato quasi contemporaneamente questa interessante comparazione di screenshot tra le versioni EGA (16 colori) e VGA (256 colori) di Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure, Loom e prossimamente The Secret of Monkey Island. Un lavoro molto intrigante e approfondito, perché non solo il suo autore SuperRune ha programmato la pagina per consentirci di trasformare l'EGA in VGA al passaggio del mouse, ma si è anche dedicato a un'analisi rigorosa... e non del tutto osannante. La sua teoria è che i grafici impiegarono del tempo per capire come usare nel modo migliore la palette estesa, a volte perdendo per strada la logica cromatico-compositiva dell'immagine originale, nell'euforia di aumentare i colori, per principio d'innovazione. È vero, ricordo che lo stesso Steve Purcell ammise che all'arrivo della VGA, abituati com'erano a ragionare sui 16 colori EGA, sceglievano pigramente la strada dei gradienti per giustificare i 256. Larry Ahern ritiene che Day of the Tentacle sia stata la prima avventura grafica lucasiana a godere di una vera direzione artistica in VGA, cioè di una bussola da seguire per la scelta dei cromatismi e del tratto (infatti DOTT, se ci pensate, non esagera mai con i colori sullo schermo, né si appoggia troppo ai gradienti). Attendiamo la disamina di SuperRune su Monkey 1, che per lui è il primo vero passo verso una VGA più meditata.
Una postilla: la risoluzione EGA e VGA (almeno della VGA come la usava la LucasArts) non è 320x240 come viene scritto, bensì 320x200 a pixel rettangolari e alti. Il 320x240 a pixel quadrati su PC vide la luce qualche anno più tardi, dopo che il programmatore Michael Abrash erudì i coder di tutto il mondo sul cosiddetto Mode-X della VGA, un modo per sbloccare tutte le potenzialità della scheda, tra cui appunto risoluzioni più varie. Nessuna avventura Lucas per DOS ha mai usufruito del Mode-X (peccato, aggiungerei, visto che avrebbe permesso pure scrolling fluido e maggiore velocità su macchine più lente nella CPU).
In una lunga intervista con Mixnmojo il fondatore della Happy Giant Mike Levine è tornato a parlare dell'imminente ritorno ai videogiochi di Sam & Max con Sam & Max This Time It's Virtual in Virtual Reality. Contestualmente, sono state comunicate le prime concrete informazioni sulla strategia d'uscita e le date: versione Oculus Quest (1 & 2) a giugno per 30$, versione PC su piattaforme SteamVR e Viveport Infinity entro la fine dell'anno, versione PSVR per l'inizio del 2022. Nel corso dell'intervista la certezza di una versione "piatta" non legata alla realtà virtuale non sembra affatto scontata. Mike dice: "Ne stiamo ancora discutendo. Abbiamo visto altri sviluppatori compromettere le loro esperienze in VR per renderla opzionale nei loro giochi, per piattaforme non VR, non vogliamo trattenerci su ciò che possiamo fare con la VR. Stiamo meditando su altre idee per consentire alla gente di sostenere comunque il gioco." Levine torna su questo concetto più avanti nell'intervista, sull'idea che debba essere "sostenuto" anche da chi non ha accesso alla VR (o non se la sentirebbe di affrontarla per ora, come il sottoscritto).
Amo alla follia i personaggi di Steve Purcell, ma questo sostegno "teorico" mi convincerebbe più in un crowdfunding, non a cose fatte. In linea di principio sono d'accordo con lui quando dice che sfruttare per bene la VR senza compromessi è importante, però intravedo una tardiva preoccupazione per vendite inferiori alle aspettative. Immaginavo che avessero tenuto in conto un rischio del genere, se queste erano le loro rispettabilissime intenzioni dall'inizio. Spero che continuino a meditare sulla cosa, indipendentemente dal fatto che decida o meno di lanciarmi nella VR, che un po' m'incuriosisce. Isolo, traduco o riassumo alcuni concetti che hanno attirato la mia attenzione nella ricca intervista.
La Skunkape Games, composta da ex-Telltale, continua la promozione di Sam & Max Save the World, remaster della vecchia Sam & Max Season One, questa volta con una mossa che farà sicuramente piacere ai collezionisti (oltre a giustificare un anno di lavoro trascorso sul recupero di quel piccolo classico). Dal 30 aprile per quattro settimane si possono infatti prenotare le versioni scatolate per Windows e Switch, a un prezzo piuttosto sostanzioso ma immagino accessibile a questo tipo di utenza appassionata. Da notare che i gadget scelti sono una riproposta di quelli che già i Telltale nel 2007 realizzarono in tiratura limitata (e che infatti io comprai): buffi oggetti legati a sei casi su cui indagano Sam e Max nella stagione. La stampa nello scatolo è la riproduzione di un poster che Steve Purcell dipinse all'epoca, così come è anche firmata da lui la copertina, idem come sopra ristampa di quella per il dvd che i Telltale inviavano su richiesta. Sul dvd-rom ci saranno la remastered edition e la stagione originale (non sono ancora riuscito a capire in quale incarnazione). Come preziosa conferma delle remaster delle successive stagioni, Limited Run Games sta preparando inoltre uno slipcase per contenerle.
Il fondatore della Skunkape (nonché dei Telltale) Dan Connors e il designer Jake Rodkin sono stati ospiti del podcast Retronauts, per parlare del gioco originale del 2007 e della nuova edizione. Dan e il tecnico grafico Jonathan Sgro hanno anche partecipato alla diretta di Limited Run Games per pubblicizzare le edizioni speciali. Estrapolo, riassumo, traduco.
Grazie al fansite Mixnmojo, sono visionabili documenti di produzione di The Curse of Monkey Island di Jonathan Ackley e Larry Ahern. Si tratta di una documentazione approntata dal direttore del doppiaggio Darragh O'Farrell, inviata a un'agenzia di casting per la ricerca dei doppiatori dei personaggi.
L'elemento più simpatico è la descrizione di tutti i personaggi: Elaine per esempio è indicativamente descritta come un incrocio tra Emma Thompson, Carrie Fisher e Kirstie Alley! Guybrush invece a pagina 10 è inquadrato come segue:
Il nostro eroe, inetto ma amabile. Ventenne, una via di mezzo tra un mozzo e un vero pirata. Deve ancora una volta mettere alla prova il suo carattere affrontando ostacoli più grandi di lui, e in pratica correggere l'enorme errore di aver inavvertitamente attivato la maledizione dell'anello. La voce dovrebbe suonare simpatica e ingenua, ma non tanto patetica o irritante da non poterla ascoltare per 40 ore filate. Un ragazzo americano medio travolto da un'epica di cappa & spada. Ricorda il Michael J. Fox degli ultimi episodi di "Casa Keaton" (ma Guybrush non ha l'astuzia del Marty McFly di "Ritorno al futuro") o il Judge Reinhold di "Per favore ammazzatemi mia moglie".
Il documento è intrigante per curiosare dietro le quinte: conferma per esempio che le sequenze erano realizzate come primissima cosa nel piano di produzione, tanto che i testi mostrati, da usare come base dei provini, sono al 90% fedeli a quelli recitati nelle cutscene definitive. Qui e lì vengono pescati abbozzi di dialoghi in-game, per il casting di personaggi che non comparivano nelle sequenze cartoon d'intermezzo. Le immagini nel plico sembrano fotocopiate malamente, ma nascondono un tesoro inaspettato: sono quasi certo che i tre bozzetti con la Voodoo Lady, Stan, Re André e Cruff sono ad opera di Steve Purcell. Il tratto sembra proprio il suo: una bella scoperta, perché finora sapevamo di per certo che solo Kenny il venditore di limonate era graficamente ideato da lui. Evidentemente i suoi suggerimenti visivi andarono oltre.
Molti dimenticano che la prima avventura grafica della Lucasfilm Games poi LucasArts è stata Labyrinth, basata sull'omonimo film del 1986 di Jim Henson, prodotto da George Lucas e interpretato da David Bowie e Jennifer Connelly. Gamesradar ha raggiunto David Fox, che di quel gioco fu designer e capoprogetto, per rimandare la mente a 35 anni or sono e ricordare come nacque. Riassumo e/o traduco.
Prima di chiudere, mi è venuto in mente che da diversi mesi non sappiamo nulla del seguito di The Wolf Among Us, affidato dalla neo-Telltale (alias LCG Entertainment) al gruppo di ex-Telltale AdHoc Studio. Avevamo visto un teaser di The Wolf Among Us 2 nel dicembre del 2019, poi la pandemia deve aver rallentato i piani. Secondo me procede, dietro le quinte: a febbraio il team cercava professionisti per mansioni che mi suggeriscono un avvio reale della produzione. Bisogna aver fede e pazienza! Nel frattempo l'LCG ha rilanciato Tales of Monkey Island su iOS, con tanto di retweet della Lucasfilm Games.
Ciao,
Dom
Salve a tutti, con la primavera che dà i primi segni di vita, invidiamo tutti chi può darsi al giardinaggio al sole e senza mascherine. Il mese è stato piuttosto povero di novità videoludiche e lucasiane (ma ho la sensazione che siamo in una fase di quiete prima della tempesta), quindi ho deciso di dedicarmi a un'esplorazione completamente nuova e forse tardiva...
L'iniziativa Project Deluge, che ha portato alla luce centinaia di demo promozionali e prototipi di giochi pubblicati e non (tra cui il demo disk di Gladius!), mi ha fatto venire in mente che non mi ero mai effettivamente dedicato ad analizzare i demo storici delle avventure grafiche LucasFilm Games / LucasArts: la stragrande maggioranza di questi dimostrativi è liberamente scaricabile dal sito dell'interprete ScummVM, quindi mi sono rimboccato le maniche e ho steso un piccolo viaggio. Vi lascio alla lettura (spero stimolante e interessante) del nuovo articolo "Gli assaggi delle avventure LucasArts: viaggio nei demo dei classici". Sono sicuro che il viaggio non terminerà qui e andrà integrato con gli altri demo non coperti dal sito di ScummVM, ma come punto di partenza penso che sia più che sufficiente.
Quando un paio di mesi fa ho discusso della possibilità di un Monkey Island 3 di Ron Gilbert, argomento che avevo sempre cercato di evitare o trattare con le pinze in passato, me ne sono pentito praticamente dopo una mezz'ora, tanto che ho pateticamente cercato di addolcire le mie deboli profezie espresse su FB, compensandole qui su Lucasdelirium con un tardivo scetticismo, rielaborandole. Per questa ragione ho preso due recentissimi commenti dello stesso Gilbert a questo thread sul suo blog come la punizione che un po' merito. Ricapitolando quanto scrissi a gennaio, avevo ritenuto molto sospetti alcuni strani discorsi di Ron negli ultimi mesi, in particolare la rivelazione, con nonchalance estrema, della trama a grandi linee che aveva in mente per il suo Monkey 3, dopo che per quasi vent'anni era stata un misterioso Santo Graal per i fan (per approfondire, rimando ai miei articoli sul Monkey Island 3a e sui segreti di Monkey Island). Quella rivelazione e il rilancio della "Lucasfilm Games" con promessa di più titoli legati al loro passato, mi avevano fatto pensare come non mai che Ron potesse aver sbloccato la situazione, accettando di realizzare quel fantomatico titolo su licenza, capitolando. Mi sa di no. In risposta a un utente che lo sprona a realizzare ugualmente il suo Monkey 3, facendo un po' il furbo e aggirando il copyright Lucasfilm con trama e personaggi che vi ammicchino, Gilbert ha risposto:
Non è questione di finire in tribunale. Chi pagherebbe per il gioco? Non potrei fare un crowdfunding perché me lo chiuderebbero. Non sono abbastanza ricco da finanziarmelo da solo. Avrei difficoltà a trovare gente brava disposta a lavorare su un gioco "illegale". È una cosa molto complessa... quindi mi concentro su altri giochi. [...] Per non dire che dovrebbe essere distribuito sul "dark web", perché Steam e gli altri store non lo accetterebbero mai. Fidatevi, ho pensato a tutte queste cose prima.
Volendo adottare la soluzione del classico disperato rifiuto psicologico, potremmo dire che queste sono frasi di risposta sulla fattibilità di un'altra (triste) strategia, cioè quella di un seguito "mascherato" per evitare l'uso di marchi altrui. Però ammettiamolo: non sono cose che scriverebbe uno che ha fatto già un accordo o che sta lavorando sul titolo in questione. Anzi, dice di "concentrarsi su altri giochi". Constato che l'ipotesi della licenza, come quella chiesta dai Telltale per Tales of Monkey Island, continua a non rientrare nell'orizzonte né di Ron né dei fan: capisco il suo punto di vista di principio, ma è un peccato, perché rimango dell'idea che sia la strada più realistica da percorrere, invece di attendere disperatamente i diritti veri e propri del marchio, che la Disney cederà in una dimensione alternativa (forse). Mi sento già abbastanza in colpa per avervi fatto illudere, cosa che mi ero ripromesso di non fare mai, quindi ora mi rifaccio al mio io più rigoroso (che avrei dovuto continuare ad ascoltare) e vi dico: non aspettatevi che la prossima avventura grafica di Ron Gilbert sia un Monkey Island. Fatevi un favore. Siamo ancora in tempo per razionalizzare la cosa e non arrivare al paradosso di essere delusi dall'annuncio di una nuova avventura grafica di Ron Gilbert (che ne stia preparando una è fuori di dubbio). Perché rovinarsi una festa così sarebbe davvero un paradosso masochistico, e se penso di avervi contributo mi mangio le mani. Lucasdelirium è sempre stato per unire passato, presente e futuro in un unico flusso storico, piedi nel passato, curiosità per il presente e sguardo verso il futuro, cercherò di ricordarmene e di non cedere facilmente ad altre tentazioni. Siamo in un'impasse, continuando a parlarne diventiamo come Bill Murray in Ricomincio da capo. "Too much drama", per dirla con Ron.
Ringrazio Andrea per la segnalazione!
L'Happy Giant di Mike Levine ha pubblicato tre nuovi screenshot di Sam & Max: This Time It's Virtual, ritorno del duetto creato da Steve Purcell in un nuovo gioco pensato appositamente per la realtà virtuale: nei prossimi giorni saranno rivelate piattaforme d'uscita e prezzo, perché la lavorazione sul titolo sta per chiudersi. Il dettaglio grafico mi sembra un po' aumentato e l'illuminazione mi appare meno piatta, anche se continuo a nutrire dubbi sulla resa di Sam, ahimè. In una sinergia che Purcell sta coordinando molto bene, il Boss Fight Studio sta per commercializzare un nuovo set di action figure.
In questo tripudio di Sam & Max, nel mio piccolo mi sono dato a quello che spero sia l'ultimo atto della manutenzione della Sam & Max Season One dei fu-Telltale. Come ricorderete, ho dato una mano alla Skunkape Games per un'ultima revisione della traduzione italiana nella remaster Sam & Max Save the World, uscita a dicembre: ho deciso di creare sei pacchetti per la vecchia versione, con l'aggiornamento finale della traduzione, per mettere in pari vecchio e nuovo. La scelta di crearli per l'edizione Steam (che non si vende più ma è data in omaggio a chi compra la remaster) è stata obbligata: la versione su Good Old Games della Sam & Max Season One non solo sembra refrattaria a ogni patch, ma è sempre stata zoppicante di suo. A malincuore, perché sarei altrimenti a favore sempre del DRM-Free, devo consigliare a chi voglia comprare oggi la prima stagione di Sam & Max, rimasterizzata e comprensiva degli originali, di puntare su Steam. Se però gli originali non vi interessano più di tanto e alla fine sapete che giocherete solo con la remaster, GOG rimane naturalmente l'approdo che vi consiglio.
Prima di chiudere, volevo segnalare che la versione Switch dello scoppiettante Tales from the Borderlands è stata pubblicata qualche giorno fa in digitale, con tanto di launch trailer che però non cita i Telltale in alcuna maniera. Lo capisco anche, visto che il titolo ormai è al 100% della 2K Games e quei Telltale non esistono più, però mi ha fatto ugualmente un certo effetto.
Ciao,
Dom
Trascorso il periodo delle frappe carnevalesche, vissuto come possiamo nel lockdown mentale (che è più subdolo di quello effettivo), giungo con un aggiornamento non troppo vasto: come il protagonista dell'avventura che celebriamo oggi, la qualità conta più della quantità, mai come a questo giro. E le dimensioni non contano! :-D
Confesso che per la celebrazione di questo mese ero un po' teso: 10 anni fa avevo amato alla follia Stacking, avventura grafica "alternativa" della Double Fine di Tim Schafer, opera prima del grafico Lee Petty. Rigiocandolo ora, avrei provato le stesse sensazioni? Avrei notato più difetti? L'avrei ridimensionato? Manco per idea, continuo ad adorarlo visceralmente, come potrete notare leggendo la scheda rivisitata: ho riscritto le sezioni dedicate a grafica e sonoro, ho cambiato tutti gli screenshot (approfittando della mia prima run su PC e non su console), però non ho rinunciato a tutti i ragionamenti che avevo articolato nel vecchio pezzo, riorganizzandoli. Complemento perfetto di quello che scrivo sono i commenti dello stesso Lee Petty per il decennale, raccolti in un podcast presentato da Heather Alexander, community manager della DF. Vi riassumo qualche concetto e considerazione del buon Lee. Buon compleanno Charlie!
Ogni appassionato doc di Monkey Island sa che verso la fine degli anni Novanta fu messo in cantiere dall'Industrial Light & Magic un film di animazione tratto dalla saga di Ron Gilbert: nel Monkey Island Special Edition Bundle pubblicato nel 2011, contenente la The Secret of Monkey Island - Special Edition e la Monkey Island 2 - Special Edition, tra gli extra furono incluse svariate concept art di preproduzione, oltre a una sinossi più o meno definitiva di quella che sarebbe stata la trama. Fu la prima volta che la Lucasfilm ammise ufficialmente l'esistenza di quel progetto. Finora però nessuno si era posto la domanda che si è invece posto Polygon in un articolo, cioè: ma perché in effetti il film non andò in porto? Riassumo il loro lungo interessante pezzo per punti. Ci sono risvolti tragicomici.
Segnalo molto volentieri la recensione di Alessandro Taliente dedicata a Vader Immortal: A Star Wars Series, action-adventure in VR dall'ILMXLAB della Lucasfilm, la costola dedicata alle esperienze in realtà virtuale. Da appassionato di Guerre Stellari, Alessandro si fa trasportare in una galassia lontana lontana e allo stesso tempo mi consente di introdurre il mio articolo successivo, un ulteriore approfondimento dell'imminente Sam & Max This Time It's Virtual della Happy Giant, ritorno di Sam & Max in VR (quella vera, non quella comica vista in Hit the Road!). Nonostante la VR continui a lasciare perplessi i miei risparmi e il mio terrore della chinetosi, ultimamente ho toccato con mano quanti esperimenti ci siano nel settore non solo in ambito ludico, ma anche puramente narrativo: per lavoro per esempio ho parlato di questo "corto" Disney. Mi sale la curiosità, abbraccerò il Lato Oscuro?
A proposito dei giochi dedicati a Star Wars, ad aprile è previsto un remaster dell'FPS strategico Republic Commando per PS4 e Switch. Uscito nel 2005 per Windows e Xbox, fu realizzato dall'allora divisione interna della LucasArts, e vi parteciparono diverse nostre conoscenze che poi sarebbero passati ai Telltale di lì a poco, come David Bogan, Mike Stemmle, Ryan Kaufman e Greg Land. Executive producer era Daron Stinnett, capo-progetto del mio amato Dark Forces e dell'fps spaghetti-western Outlaws.
Il tecnico grafico Mike Levine, nonostante abbia collaborato a diversi titoli storici alla LucasArts, non è spesso tirato in ballo nei ricordi. Ora che con la sua Happy Giant sta lavorando sul ritorno in VR di Sam & Max con Sam & Max This Time It's Virtual, in collaborazione con gente del calibro di Mike Stemmle e Peter Chan, la musica è diversa. Mike è stato intervistato nel podcast di Skarred Ghost, riepilogando quello che sappiamo sul gioco che uscirà quest'anno, ma anche rimembrando i tempi andati. Seleziono, riassumo e/o traduco, dopo un nuovo video di gameplay.
A proposito del nostro buon Ron Gilbert, pare che la sua nuova avventura, tuttora misteriosa, stia per entrare in produzione: sul sito della Terrible Toybox sono apparsi tre annunci di lavoro, per un animatore 2D, un grafico degli ambienti e un programmatore del gameplay. Si fa riferimento a un' "avventura grafica punta & clicca in 2D illustrata" e a uno stile "dipinto a mano" (tempo fa cercava un grafico esperto in pixel-art: qualcosa è cambiato?). Si parla anche di un impegno di una decina di mesi a partire quasi da subito, il che è coerente con l'uscita ideale del prossimo titolo, se ricordate collocata da Ron mesi nel 2022. Tra parentesi, un paio di mesi fa ho notato che Jennifer Sandercock, coprogrammatrice, producer e anche codialoghista di Thimbleweed Park, è diventata cittadina americana (è australiana), si è trasferita a Seattle (dove vive anche Ron), sta producendo "un gioco" e di recente per lavoro dice di essere andata "in Germania" (una delle patrie degli adventure game, nonostante negli ultimi tempi le produzioni a medio budget stiano soffrendo anche lì). Se c'è qualche editore/finanziatore tedesco, forse è questo il motivo per cui per la nuova avventura non è stato avviato un Kickstarter.
Tales from the Borderlands, opera non troppo osannata dei fu-Telltale ma non per questo da dimenticare, è tornata acquistabile su Steam, Playstation 4 e Xbox One (in modalità compatibilità su Series X e PS5), con in più una nuova versione Switch in arrivo a fine marzo in digitale. La serie, che ricordo ha sottotitoli in italiano ufficiali, non viene rimessa in circolazione dalla LCG Entertainment / Athlon Games, nuova proprietaria dei marchi Telltale: è invece stata rilevata dalla 2K Games, l'editore della serie ammiraglia di fps-gdr Borderlands realizzati dai Gearbox. Sperando in uno sbarco DRM-Free su GOG, è comunque una buona notizia: il tono grottesco demenziale copriva in realtà una sceneggiatura sci-fi più profonda del previsto, di rara intelligenza e con un crescendo da manuale. Uno dei lavori migliori dei Telltale, meno celebrato di The Walking Dead.
Ricapitolando, per evitare confusioni, attualmente quanti giochi della defunta Telltale sono tornati disponibili, tramite quali nuovi proprietari? Ecco un elenco schematico diviso per publisher.
Paolo Besser, una delle più antiche e gloriose firme del giornalismo videoludico in Italia, tuttora collaboratore di The Games Machine, si è lanciato col suo sempiterno complice Davide Corrado in una follia nostalgica, che sono sicuro toccherà il cuore di molti di voi: rilanciare Zzap!, forse una delle più famose e storiche riviste di videogiochi. Con la complicità di Danilo Dellafrana e Nicola Morocutti, hanno partorito un numero zero di 16 pagine, scaricabile gratuitamente in pdf e stampato in pochi esemplari (non disponibili). Lo staff copre con entusiasmo tutte le nuove produzioni legate alle vecchie macchine come Commodore 64 e Amiga: se vi sembra una forzatura, sappiate che negli ultimi tempi questo "retrodeveloping" sta letteralmente esplodendo, con sorprese dove non ve le aspettereste. In futuro sperano di organizzarsi con una stampa vera e propria, uscendo a cadenza relativamente libera, trimestrale o quadrimestrale. Naturalmente hanno tutti i permessi legali per l'uso del marchio (ricordo che la rivista nacque in Inghilterra col nome di Zzap!64 nel 1985, un anno prima della partenza della sua controparte italiana): è un progetto convinto. Dal momento che periodicamente continuo a ricevere apprezzamenti per il mio pezzo sulle riviste di videogiochi, immagino che l'iniziativa possa interessarvi.
Fine dell'aggiornamento per questo mese, alla prossima gente! :-)
Ciao,
Dom
Salve a tutti! Prima di cominciare, vorrei esibirmi in un lancio pubblicitario (spero non scontato come quello di Loom presentato da Cobb in Monkey Island): dal 28 gennaio è acquistabile in libreria Brico Bear: Missione Blackout!, edito da Becco Giallo, un libro per bambini sui 6 anni, dove una semplice ma simpatica storia s'intreccia con giochi da affrontare a matita. Questo lavoro è stato un raggio di sole nel brutto anno passato: ho contribuito ai testi e all'ideazione della vicenda, ma il grosso dell'impresa è stata portata a termine dalla mia compagna Elisa, che ne ha realizzato tutta la tenera grafica. Se avete figli o nipoti "in target" e vi va di dare all'orso aggiustatutto Brico Bear una possibilità per ripararvi l'umore con un sorriso, ne saremmo contenti. Grazie per l'ascolto. :-)
Okay, ora iniziamo sul serio!
La mia nuova run sull'action-rpg DeathSpank di Ron Gilbert, comprendente anche il secondo atto Thongs of Virtue, mi ha sottratto più tempo del previsto, così mi trovo a celebrarne i primi 10 anni con qualche mese di ritardo, tramite una scheda riscritta corredata di freschi e più esplicativi screenshot. Di tutti i lavori del nostro, DeathSpank è stato sempre quello che mi ha convinto di meno, però mi sono impegnato questa volta a coprirlo meglio, approfondendo la storia del suo genere di appartenenza, per contestualizzarlo con più precisione. E alla fine, ammettiamolo, mi sono sempre divertito.
Non ci poteva essere momento migliore per recuperare quest'esperimento che Gilbert diresse alla canadese Hothead Games, perché il fan Wolfgare ha completato la traduzione amatoriale in italiano della miriade di testi, dieci anni fa mai localizzati. Wolfgare si è spinto fino al terzo capitolo The Baconing, che tuttavia non copro nella mia scheda perché realizzato al volo dalla Hothead fuori dal progetto originale.
La metà di gennaio è stata vivificata da un entusiasmo vintage fuori controllo per la "rinascita" della Lucasfilm Games, un marchio glorioso per noi appassionati del punta & clicca, ma non solo: fucina di sperimentazione e creatività senza pari, anche col suo secondo nome di LucasArts Entertainment Company acquisito nel corso del 1991, lo sviluppatore e publisher seppe dire la sua non solo con lo SCUMM inaugurato da Maniac Mansion, ma anche con svariati eccellenti titoli dedicati ai marchi cinematografici storici della casa madre, Star Wars e Indiana Jones. Ma questa Lucasfilm Games non c'entra nulla con quell'altra.
L'11 gennaio non è stata annunciata una realtà nuova, è stato "semplicemente" rilanciato con una strategia di marketing differente l'ufficio licenze che la Disney aveva mantenuto aperto quando chiuse la LucasArts nella primavera del 2013. Il team capitanato da Douglas Reilly è stato il referente, negli ultimi sette anni, di tutti gli accordi videoludici della Lucasfilm per l'uso dei suoi marchi nei videogiochi, dai nuovi titoli come Star Wars Jedi Fallen Order targati Electronic Arts alle licenze concesse alla Sony/Double Fine per i remaster di Grim Fandango, Day of the Tentacle e Full Throttle, passando per la Collector's Edition dei Monkey targata Limited Run Games.
Anche le pubblicazioni del vecchio catalogo su Steam e Good Old Games passano da loro: è vero che la Disney acquista tutto quello che può senza pensare, ma i suoi capi sono pure coscienti di non poter gestire la marea di divisioni. Delegano. Se guardate su Mobygames la scheda di Douglas Reilly, notate che è stato "Direttore del Franchise Management" proprio dal 2013, trasformandosi nell'analogo "VP, Lucasfilm Games" dal 2017. Insomma, la Lucasfilm Games non è neonata, non è uno sviluppatore e non è nemmeno un editore.
Come ho scritto su Facebook, l'annuncio per questa ragione mi aveva lasciato perplesso, né ero rimasto esaltato dal trailer qui embeddato, costruito solo su titoli di Star Wars e per giunta recenti. Tuttavia, nei giorni successivi, qualcosa mi ha spinto a non liquidare troppo in fretta la mossa pubblicitaria di questo "ufficio licenze glorificato", trovandomi inoltre suggestionato dalla notizia della morte di Kelly Flock, uno dei manager dell'epoca d'oro, colui che ottenne da Steve Purcell la licenza per realizzare Sam & Max Hit the Road. Da queste riflessioni arrivano le virgolette intorno a "semplicemente" di poc'anzi. Già 24 ore dopo è giunto un annuncio più interessante e inaspettato.
A bruciapelo, è stato rivelato che la Lucasfilm Games ha assegnato all'editore Bethesda la realizzazione di un nuovo videogioco dedicato a Indiana Jones, sviluppato dai Machinegames già dietro ai nuovi Wolfenstein. Come spiega Reilly in quest'intervista, "storia e concept fantastici", ancora top secret, nascono dall'executive producer Todd Howard (Fallout 3, Fallout 4, Oblivion) che si occuperà per la Bethesda di supervisionare e indirizzare il lavoro dei Machinegames. Per me quest'annuncio è una buona notizia.
Sono cosciente della scarsa popolarità della Bethesda (per la monetizzazione e altro), così come comprendo che Howard per molti è più sinonimo di quantità che di effettiva profondità. Il punto è che difficilmente questi soggetti potranno mai partorire qualcosa di peggio di Indiana Jones e il bastone dei re del 2009, un imbarazzante avanzo dopo il quale per dieci anni siamo rimasti a secco di un Indy interattivo, trattato come il fratello scemo di Star Wars, marchio invece sempre spremuto come un limone. Nel peggiore dei casi, potremmo trovarci davanti a qualcosa di divertente ma un po' vuoto, alla Indiana Jones e la tomba dell'imperatore (2003), comunque l'ultimo titolo decente dedicato al dr. Jones (l'ultimo affascinante e all'altezza del canone per me rimane La macchina infernale, del 1999!).
Mi si potrebbe giustamente obiettare che sperare nella "decenza" non è proprio segno di grande ottimismo: lo so, ma è purtroppo come stiamo messi quando si parla dell'Indy videoludico. Mi fa piacere in generale che il progetto esista, anche perché conferma una rinnovata attenzione al personaggio e rende più probabile l'effettivo inizio questa primavera delle riprese di Indiana Jones 5: si può a questo punto prevedere che il gioco sia pubblicato nella stessa finestra del film, estate 2022.
È troppo presto per saperlo, ma mi parrebbe strano che la Machinegames proponga per un gioco su Indy, per quanto sicuramente con una preponderante componente action, la visuale in prima persona dei suoi precedenti FPS: allo stesso tempo, penso anche che potrebbe risultare un approccio spiazzante e originale, se ben eseguito (oltre a ovviare strategicamente al problema delle fattezze del protagonista, a un punto di svolta con il tempo di Harrison Ford ormai al tramonto). Il teaser qui embeddato suggerisce già diverse cose sull'ambientazione (italiana?) dell'opera, ma per queste indagini vi rimando all'eccellente video-analisi del sig. Ojo su Oldgamesitalia.
Normalmente mi guardo bene dal farmi cogliere da una fatale tentazione: sventolare sotto il naso dei fan disperati la possibilità di un terzo Monkey Island di Ron Gilbert, questione che indirettamente ho toccato anche parlando del fantomatico segreto di Monkey Island. Quando tuttavia la Lucasfilm Games, subito dopo il gioco di Indy, ha annunciato un futuro titolo narrativo open-world su Star Wars, pubblicato da Ubisoft e sviluppato da Ubisoft Massive, una sospetta frase del suddetto Douglas Reilly nell'ambito di tale annuncio mi ha attivato il radar e mi ha spinto a scrivere su Facebook uno di quei post criminali in cui non pensavo di cadere. Lo ripropongo qui riveduto e corretto, dopo avervi presentato la particolare frase di Reilly.
Ci saranno cose nuove che non vi aspettavate da noi, e che ora cominceremo a fare. Continueremo nel corso del prossimo anno ad annunciare progetti che sono più rappresentativi dell'eredità della Lucasfilm Games della quale stiamo ora cercando d'essere all'altezza.
Ah. Star Wars l'abbiamo coperto, Indiana Jones pure... cosa rimane? Come ricorderete se avete seguito negli ultimi mesi le news qui su Lucasdelirium, Ron Gilbert si sta comportando stranamente. Prima ci ha spiazzato ridimensionando la sua volontà di possedere il marchio di Monkey Island, sostenendo che per lui in fondo conta più avere la libertà di farci davvero quel che vuole. Quest'inedita serena considerazione già mi stupì, ma sono rimasto di sasso quando il mese dopo ha con nonchalance rivelato la premessa per il suo Monkey Island 3 mai fatto, dopo che per secoli l'aveva trattata come il più grande segreto del mondo, aggiungendo che la modificherebbe un po' perché già in parte toccata da altri Monkey Island non suoi. Spulciatevi i due link all'inizio di questa news per le fonti e gli approfondimenti.
Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che qualcosa stia bollendo in pentola, che Ron abbia capitolato e abbia deciso di fare davvero un nuovo Monkey Island su licenza "con la Disney", avendo ottenuto l'ok per quello che aveva in mente dagli interlocutori giusti: il team dell'ufficio licenze è sempre lo stesso, ma si sta strategicamente proponendo in modo più orgoglioso e consapevole. Sappiamo di per certo che Gilbert sta lavorando a porte chiuse su un nuovo punta & clicca che ancora non annuncia, dopo aver rodato una nuova versione dell'engine di Thimbleweed Park con Delores. Non sono indizi che portano inequivocabilmente a Monkey Island, sono sensazioni suscitate da curiose coincidenze. Ora che la frittata però l'ho fatta, lasciatemi compensare il sogno con qualche considerazione più pragmatica.
Cosa remerebbe invece contro questa possibilità? I titoli annunciati finora dalla pseudo-Lucasfilm Games sono tripla A, dubito non solo che un Monkey tripla-A verrebbe mai avvallato per ragioni economiche, ma sono pure certo che in quel caso Ron si tirerebbe fuori. Ergo, se questa cosa dietro le quinte sta succedendo sul serio, la Lucasfilm Games dovrebbe avvallare un progetto indie, il che sarebbe un bel segnale, finora però mai lanciato per altri titoli (giusto i prodotti di Star Wars per il mobile potrebbero viaggiare su simili budget ristretti).
A proposito di Ron, che ogni tanto ricorda di essere alacremente al lavoro sul misterioso nuovo titolo: chi lo sta finanziando? Per Thimbleweed Park ci fu una campagna Kickstarter, Delores era un investimento nell'engine di 10.000 dollari, di tasca sua per un paio di mesi, ma ora siamo andati oltre quelle tempistiche: c'è un publisher esterno? E se sì, cosa ha spinto il designer a rinunciare a parte della sua amata indipendenza? Se sta investendo sempre i suoi risparmi, escluderei che il gioco sia un Monkey, perché dovrebbe non solo pagare lo sviluppo, ma anche la licenza! Non è un sadomasochista.
Mi sono poi chiesto: perché tanti giocatori attendono il "Monkey Island 3 mai fatto" di Ron Gilbert? Sì, lo so, mi risponderete parlando del segreto da svelare e del finale di Monkey 2 da spiegare. Sicuri, in cuor vostro, che sia solo quella la ragione? Dopo aver letto le emozioni degli utenti nella celebrazione dei 30 anni di Monkey 1, non ne sono tanto certo. Cosa si vuole che davvero significhi questo fantomatico videogioco? Non sarà che in questo sogno si nasconde per molti la possibilità concreta di riconnettersi con la propria infanzia o adolescenza? La scommessa su una Madeleine proustiana che attraverso i pixel cancelli il tempo che è passato e non tornerà mai più? Perché, insomma, un Monkey Island 3 ci sarebbe, è The Curse of Monkey Island. Di Monkey ci sarebbe pure un quarto e un (eccellente, più legittimato che mai da un mese a questa parte) quinto capitolo. Tutti però forse macchiati di un peccato originale: l'evoluzione, la crescita e l'invecchiamento della saga in parallelo ai nostri. Chissà... forse è lì il boccone difficile da mandar giù, al di là di pregi e difetti in sé di questi titoli.
Posso dirvi per certo solo perché a me piacerebbe giocarlo: sarebbe troppo interessante vedere cosa ne verrebbe fuori e spulciarlo, analizzare il gioco e le reazioni che susciterebbe. Epocale, appassionante. Ecco, per me si tratterebbe di questo: curiosità elettrizzante per il fenomeno che sarebbe, non necessità narrativa. Monkey Island 2 per me finisce, il finale non è sospeso più dei finali di altri giochi di Ron: ama quelle chiusure ambigue, ultimamente poi sempre di più. Interpretare fa parte dell'esperienza che mi propone, lo spiegone no. Anzi, io rimango certo che se facesse un altro Monkey spiegherebbe quel segreto e ne aprirebbe altri due o tre. La mazzata inoltre che Monkey Island 2 avrebbe dalla spiegazione del suo finale, così fondamentale nel mito per 30 anni, necessiterebbe davvero di un prosieguo che lo superi in ambizione, persino addirittura... migliore! Anni fa Gilbert disse: "Non dovrei essere all'altezza di Monkey Island, dovrei essere all'altezza della nostalgia di Monkey Island. Nessuno può." Appunto.
Mi sono arreso anch'io alla speculazione, però non mi sentirei onesto verso la mia forma mentis se non chiudessi con un appello, sempre valido: se vogliamo davvero onorare la memoria della fu-LucasArts, dedichiamo alle novità e alle nuove proposte lo stesso entusiasmo che dedichiamo alla tradizione. Ci piacevano le loro cose anche perché crearono da zero mondi bellissimi. E davanti a un'altra delusione di un mancato Monkey 3 sarebbe paradossale non entusiasmarsi per una nuova avventura grafica di Ron Gilbert, fino a dieci anni fa una chimera totale, prima di Thimbleweed Park: se i videogiochi non sono per noi solo nostalgia, dovremmo sempre ricordare che il bicchiere non è mai stato così tanto mezzo pieno come negli ultimi anni. A prescindere dal benedetto "Monkey Island 3a".
Tre realtà di fandom lucasiano (o paralucasiano) hanno tagliato traguardi nell'ultimo mese.
Avete visto il nuovo sito della Double Fine? Coloratissimo, elegante. Hanno persino recuperato le strip originali di Bagel, Scott e Tasha. Mancano i vecchi giochini demenziali in Flash: c'erano un paio di buffe mini-avventure grafiche con protagonista lo stesso Tim Schafer, spero che si riesca a tradurle in HTML5 o preservarle in qualche maniera.
A proposito di Tim, ha un fan illustre in Duncan Jones, regista di Moon e Source Code: il figlio di David Bowie, nel lockdown, si è sbizzarrito in una sceneggiatura-omaggio ambientata nell'universo di Full Throttle! Non l'ho letta, ma scaricatela subito, non si sa mai: autore illustre o meno, la Disney-Lucasfilm potrebbe colpire. Certo, con il gran movimento che c'è intorno a Disney+ ora allargato a Star per i più grandicelli, fossi stato in Jones non avrei reso pubblico il lavoro ma avrei provato a dargli vita sul serio. La pubblicazione del copione sulla rete lo brucia in automatico. Ma magari è meglio così. Quale livello di narrazione potrebbe aggiungere un film a una delle storie lucasiane meglio raccontate e già ultra-cinematografica?
Sono affiorate online due animazioni dal prossimo gioco in vr Sam & Max: This Time It's Virtual: una gif di un Max danzante che richiama il Pennywise kinghiano e un suo loop di passeggiata. Guardando il materiale diffuso di questo progetto, io però non ho mai avuto dubbi sulla resa di Max, mi preoccupa assai più la rigidità che mi continua a trasmettere Sam.
Afterparty del Night School Studio sta per avere edizioni limitate fisiche da Limited Run Games, solo per PS4 e Switch in preordine fino al 28 febbraio, più altri gadget come una spilla e un bel vinile con la particolare colonna sonora di SCNTFC. Sempre in zona Night School Studio, è ripartito il progetto di una serie tv tratta dal loro Oxenfree, però senza più il coinvolgimento della Skybound, come si era detto in primo momento.
Fine del primo aggiornamento del 2021! Il mese prossimo ho in mente un'altra felice celebrazione, non mancate. :-)
Ciao,
Dom