Tasha infatti infonde in Costume Quest la sua passione per la saga di jrpg nintendiani Mother, in particolare per il suo secondo atto del 1994 pubblicato su SNES (il primo a essere distribuito in Occidente), noto come EarthBound. Lì dove però la monumentale saga scritta da Shigesato Itoi era sì un'epica avventura interpretata da ragazzini, ma ambiziosa per i messaggi e la sua dimensione metaforica, Tasha tara decisamente l'atmosfera sullo spirito dell'infanzia e su un tono più spensierato alla Goonies, in una rielaborazione culturale squisitamente americana, che mette al centro di tutto Halloween: è la festa nella sua accezione più nostalgica, nella quale gli stessi sviluppatori infondono il ricordo di quella divertente evasione notturna, al punto da condividere con i giocatori nei titoli di coda le polaroid che li raffigurano da piccoli, travestiti artigianalmente per la ricorrenza. C'è una perfetta aderenza tra tema e design, non si può negare: Halloween è Carnevale, è simulazione, è role-playing ante litteram (che parte poi da un'identità reale definita, quindi a maggior ragione il jrpg con personaggi imposti è adattissimo alla bisogna). In Costume Quest le arti magiche e i poteri speciali di un jrpg sono spudoratamente raccontati come proiezioni fantastiche dei bambini, nella metafora dei costumi, non complessa, fiabesca, diretta. Il design, costruito da Tasha insieme al producer Gabe Miller (poi Cinquepalmi) e agli animatori David Gardner ed Elliot Roberts, è assai indovinato nell'ideazione generale, perché la festa stessa prevede rituali ripetitivi che si sposano col grind e col collezionismo ossessivo del genere: si va di casa in casa, si raccoglie il maggior numero di dolcetti, si cercano le figurine adorabilmente disgustose "Dolcetti da brivido".
Schafer stesso accetta di dare una mano nella scrittura dei testi, dividendoli con Roberts, cosicché lo humor dei dialoghi è vivace e potrebbe ricordare Psychonauts, se non fosse che le avventure di Raz hanno sì invece quell'ambizione più alta che Costume Quest non vuole avere: è un gioco per famiglie in senso letterale, è concepito per essere giocato e condiviso da genitori e figli a cavallo di Halloween. Le minacce dei mostri di Repugia sono leggere, sorridenti come tutto il resto e com'è sorridente la minaccia innocua di Halloween.
Continuo a pensare tuttavia che il livello di difficoltà tarato verso il basso sia un difetto del gioco: non concettualmente, visto appunto che l'esperienza è indirizzata anche ai bambini, quanto perché ci sarebbe nel design potenzialmente molto più di quello che all'atto pratico serve per giocare e vincere, quindi si avverte sempre la sensazione di un bilanciamento poco accorto. I problemi non sono l'energia che si ricarica in automatico tra uno scontro e l'altro, né l'assenza dei "random encounters" (non ortodossa per il genere ma dal sottoscritto ben accolta!), né i quick time event elementari per gli attacchi, né i modificatori (i "francobolli da battaglia") che donano perk e non si esauriscono mai: il problema pesante è la strategia dominante troppo facilmente identificabile e conveniente. A parte gli scontri con i boss, che richiedono un minimo di ragionamento e magari l'uso ragionato di qualche carta, gli scontri normali possono essere risolti a occhi chiusi, mantenendo nel party un costume con poteri di medicazione, e badando ad eliminare prima il nemico che abbia analoghi poteri. Per paradosso il lavoro del team si autodanneggia, perché è facilissimo finire prima ancora di trovare gli sfiziosi costumi del Vampiro e dell'Occhio: se non ci fossero gli achievement a spronarci, si potrebbe anche dimenticare per esempio di usare tutti i poteri speciali di ogni costume (poteri che si ricaricano col tempo). Prevale l'istinto sulla pianificazione, il gusto sulla necessità.
È un peccato, perché l'assenza di classi da sviluppare per ogni elemento del terzetto/quartetto viene compensata dalla naturale meccanica dei costumi, pure non potenziabili: i bambini protagonisti sono pochi, ma i loro travestimenti sono di più e assicurano varietà spassosa e coreografica (non strategica purtroppo, per il problema che vi ho illustrato). Costume Quest guadagna terreno dove invece premia l'esplorazione, per trovare dolcetti o pezzi di costume nascosti: le aree, per ragioni di budget e collocazione commerciale, sono enormenente più ristrette di quanto il genere comandi, avvicinandosi più agli hub di un'avventura grafica punta & clicca. Il risvolto positivo di questa medaglia è che le location e gli abitanti che le popolano possono essere relativamente più caratterizzati, anche se il team al lavoro sul gioco è una frazione infinitesimale di quello Square. IL DLC Grubbins on Ice (Mastichini sul ghiaccio), incluso nel gioco originale su PC, evidenzia ulteriormente questo vantaggio: l'area è ancora più ristretta, così Tasha, Gabe e Elliott hanno potenziato storia, dialoghi, scene ed enigmi, e persino gli scontri coi boss sembrano più ragionati, e l'idea dei nemici che nel DLC diventano complici o amici è molto simpatica. Di contro, inizia una cosiddetta "dissonanza ludonarrativa" quando si piega una trama diversa alla meccanica del bussare di casa in casa, forzatura che piagherà Costume Quest 2. Apprezzabile che il costume dell'astronauta, quando indossato dal personaggio in testa, consenta di spostarsi velocemente pattinando, ma questo costringe i più impazienti a non cambiarlo mai, a meno che non vogliano sopportare gli scambi continui dei travestimenti.
Nonostante le sue imperfezioni, Costume Quest è stato uno dei più grandi successi della Double Fine, e tuttora rimane uno dei loro franchise più amati: la scommessa di Tim del puntare su piccole produzioni pagò in pieno, consentendo pure di proporre un contenuto "stagionale" per il quale nessun publisher avrebbe investito cifre ingenti. Col senno di poi, è bello notare come la personalizzazione maschile/femminile e la sua inclusività razziale fossero già nel sincero DNA poetico della casa, molto prima che qualcuno potesse lamentarsi di tendenza alla "social justice". Col passare degli anni e dei saldi, il gioco ha aumentato il suo bacino di fandom, tanto da generare il primo sequel nella storia della Double Fine e a esondare in una graphic novel di Zac Gorman, sulla stessa linea addirittura di una serie animata su Amazon Prime Video dei Frederator Studios. Credo tuttavia che l'indubbio irresistibile charme dell'originale incarnazione in videogioco rimanga comunque più elegante e caldo: è la vera ragione per cui Costume Quest si è fatto e si fa ancora amare.
Il look di Costume Quest è stato ideato da Nathan "Bagel" Stapley, ex-LucasArts, autore in questi anni di tanto artwork presente in Psychonauts, nonché di una sua strip sul sito della Double Fine, hobby che diverte anche Tasha. Bagel in futuro imposterà lo stile di Broken Age, la cui tecnica bidimensionale ben definita si adatterà meglio tuttavia al suo tocco. La sintesi grafica estrema qui infatti mi sembra soffra molto nei primi piani, dove il rendering in cel shading manca di dettaglio e rilievo. L'applicazione di effetti di luce espressionisti e diffrazioni arricchisce tuttavia la tecnica di base, regalando un allestimento che dimostra di essere semplice per una deliberata scelta artistica e non solo per necessità. I dubbi svaniscono comunque sui totali e campi lunghi, dove la modellazione dei personaggi non soffre affatto e anzi affascina con la sua dolcezza divertita: personalmente sono un fan sfegatato dei bambini quando indossano il costume da cartoccio di patatine fritte! Supervisore della grafica e dell'elegante animazione è Tyler Hurd, che fu come Stapley nodale nella lavorazione di Psychonauts. Chris Schultz (animazioni e modelli) e Mark Hamer (texture) sono due vecchie conoscenze risalenti alla lavorazione di Grim Fandango. Il gioco su PS3 e Xbox 360 gira in HD 1280x720, una scelta in difesa: un Full HD in 1920x1080 su PS3 e Xbox 360 nel periodo lo garantiscono anche i Telltale ed è presente, in discreta scioltezza, anche nel DeathSpank di Ron Gilbert. Nessun limite, com'è ovvio, per le successive edizioni Windows, Mac e Linux.
Schafer mette al servizio di Tasha l'immarcescibile Peter McConnell: sapendo che uno dei numi tutelari di McConnell è Danny Elfman e che lo stesso Peter ha musicato atmosfere simili in Grim Fandango e Psychonauts, si teme il già sentito, ma il veterano compositore riesce a intrigare ugualmente. Il tema è uno dei più begli omaggi al Bernard Hermann di Psyco che abbia sentito in un videogioco, e se questo non fosse sufficiente per farvi sorridere, non vi deluderanno i momenti epici delle battaglie (è il jprg in chiave mcconnelliana!) e i raptus di lunare divertimento. McConnell ha anche la fortuna di ritrovarsi in un gioco che in pieno 2010, per ragioni di budget, deve necessariamente rinunciare a ogni forma di doppiaggio, ponendo le sue partiture sulla ribalta senza l'intromissione dei dialoghi. Se non ci si impunta per principio, è l'occasione per godersi l'accompagnamento come accadeva ai vecchi tempi delle avventure lucasiane degli anni Novanta: fatevi cullare per esempio da questa trentina di secondi ipnotici mentre ciondolate per il quartiere di Auburn Pines. Solido il sound-design curato da Emily Ridgway, che si era occupata del molto più stratificato e complesso Brütal Legend. Attenti a una citazione musicale di Psychonauts, nella mall.
Revisione: 10/2020
Schafer impone per rapidità ed economia l'uso dello stesso engine messo a punto per Brütal Legend, il BUDDHA, e non per nulla il gioco sulle prime è uscito a fine ottobre 2010 solo per PS3 e Xbox 360, come quest'ultimo. Sviluppato per titoli molto più elaborati, il motore fa risaltare la cura di un prodotto "piccolo" come Costume Quest e rimarrà l'asse portante delle produzioni 3D della Double Fine fino al 2016, pur soffrendo a volte su console nella mera performance (vedasi il discorso di cui sopra sull'assenza del Full HD). Praticamente perfetta la mappatura dei controlli sul DualShock della PS3, versione da me provata all'epoca. Una sola volta mi capitò che il salvataggio automatico mi si compromettesse in seguito a un quit forzato al sistema operativo tramite tasto PS. Il mio consiglio, onde evitare brutte sorprese, rimane quello di uscire dal gioco alla vecchia maniera, cioè spegnendo la console intera dopo che il salvataggio è stato effettuato. È stato fortunatamente pubblicato un aggiornamento che inserisce, nel DLC Grubbins on Ice ma anche nel gioco originale, delle cabine telefoniche dalle quali salvare la partita a piacimento (tramite una simpatica gag). L'update ha fornito anche la possibilità di mettere in pausa le sequenze, consentendo ai meno veloci nella lettura di cogliere tutti i dialoghi nel balloon.
Direzione del progetto e soggetto: Tasha Sounart [Harris]
Design: David Gardner, Tasha Sounart [Harris], Gabe Cinquepalmi [Miller], Elliot Roberts
Testi: Tim Schafer, Elliot Roberts
Produzione: Gabe Cinquepalmi [Miller] per la Double Fine, Evan Icenbice per la THQ
Direttore artistico e capo-grafico: Tyler Hurd
Ideazione grafica: Nathan Stapley
Modelli e animazioni personaggi: David Gardner, Tyler Hurd, Chris Schultz, Ruel Pascual
Modellazione ambienti: Rhandy Cruz, Kjeld Pedersen
Texture dei materiali: Mark Hamer
Grafica interfaccia: Joe Kowalski
Grafica tecnica: Lydia Choy
Programmazione: Henry Goffin (sup.), Anna Kipnis, Dave Dixon, Bert Chang, Jon Stone
Motore: Pete Demoreville, Paul Du Bois
Musiche: Peter McConnell
Sound design: Emily Ridgway
Testing alla Double Fine: Steven Peck (sup.), Shawn Goff, Jordan Romaidis
Mansioni aggiuntive: Lance Burton, Kee Chi, Chris Jurney, Joshua Rovan, Tara Teich (programmazione), Scott Campbell, Razmig Mavlian, Ruel Pascual (ideazione grafica), Raymond Crook, Luke Nalker, Christine Phelan, David Russell (modelli e animazioni)
DLC Grubbins on Ice
Capo-progetto: Tasha Sounart [Harris]
Design: Tasha Sounart [Harris], Gabe Cinquepalmi [Miller]
Testi: Gabe Cinquepalmi [Miller], Elliott Roberts
Grafica dei personaggi, modelli e animazioni: David Gardner, Tyler Hurd, Elliott Roberts
Grafica tecnica: Lydia Choy, Panya Inversin
Programmazione: Anna Kipnis (sup.), Henry Goffin, Dave Dixon
Windows (2011)
Produzione: Greg Rice
Programmazione grafica: David Farrell
Programmazione: Paul DuBois (Double Fine), Chris Larkin, Carel Boers (Other Ocean Software), Cathryn Mataga, Tom Proudfoot (Junglevision Software)
Grafica interfaccia: Joe Kowalski
Testing: Sculpin QA
Grazie al finanziamento della Dracogen di Steven Dengler, la Double Fine ha potuto aggiudicarsi i diritti di alcuni porting PC di propri titoli pubblicati precedentemente da terzi solo su console. Costume Quest ha visto la luce solo in digitale su Steam nell'ottobre 2011, in tempo per l'Halloween successivo alla pubblicazione originale. I requisiti hardware sono XP, CPU Dual Core 2Ghz, 1GB RAM e 512Mb di RAM video. Solo molto più avanti, nel giugno 2014, il gioco è arrivato DRM-free anche su Good Old Games (ma senza achievement). Preservate le localizzazioni dei testi, compresa l'italiana. Il DLC Grubbins on Ice è già incluso. Nel 2020, Costume Quest rimane compatibile con i moderni sistemi e Windows, tuttavia si accetta con difficoltà il frame rate ancorato ai 30fps delle versioni originali console: lo sblocco promesso non è mai arrivato. Dal 2024 è possibile tuttavia raggiungere i 60fps esternamente tramite tool Lossless Scaling: avviatelo con la generazione di frame LSFG 2.3 x2, poi avviate il gioco, regolate la risoluzione su quella nativa del vostro monitor, premete ALT+INVIO per visualizzarlo in finestra, poi CTRL+ALT+S per portarlo a tutto schermo con LS, che si occuperà di generare i fotogrammi intermedi. Con o senza LS, con schede e monitor dotati di adaptive sync, vi consiglio di disattivare il vsync dalle opzioni (e al massimo di attivare quello di LS). Il controllo opzionale via tastiera è funzionale, ma bisogna necessariamente metter mano al mouse per alcuni menu: suggerisco di ripiegare sul joypad, perché garantisce un più fluido cambio di direzione nel movimento.
Mac e Linux (2013)
Nel maggio 2013 Costume Quest è arrivato in digitale su Steam anche per Mac e Linux, con i seguenti requisiti hardware: OSX 10.6.8, Core Duo, 2Gb RAM e 256Mb VRAM per Macintosh e Ubuntu 12.04, CPU Dual Core 1.8Ghz, 1Gb RAM e 256Mb VRAM per Linux. Preservata la localizzazione italiana, il DLC Grubbins on Ice è incluso. Non avendo mai provato queste incarnazioni, non so dire se soffrano dello stesso problema del blocco sui 30fps, ma lo darei purtroppo per scontato.
iOS (2013)
Per la natura leggera e accattivante del gioco, una versione mobile per iOS era un'idea potenzialmente lucrativa, e il porting è arrivato infatti nell'ottobre 2013, richiedendo l'iOS 6.1. È ancora in vendita sull'Apple Store. Qualche lamentela per i quick time event, che sul touch screen sembra non siano particolarmente reattivi. Anche su iOS il gioco è in italiano.
Edizione retail tedesca (2014)
In uno scambio commerciale tra la Nordic Games (erede della THQ) e la Double Fine, quest'ultima ha riacquistato in toto i diritti sul gioco, mentre la Nordic, oltre a percepire la cifra non rivelata, ha ottenuto di poter ripubblicare in retail i titoli Double Fine prodotti in origine dalla THQ. Questo dvd-case multiformato è uscito in Inghilterra, Germania e Austria nell'aprile 2014.
Android (2015)
Nel marzo 2015 Costume Quest era approdato anche su Android con un porting modellato ovviamente su quello iOS, ma - com'è accaduto praticamente a tutti i titoli Double Fine per Android - è stato recentemente rimosso dal Play Store senza comunicazioni ufficiali. Probabilmente è necessario un adeguamento del codice ritenuto non conveniente.