Eppure dopo Jurassic Park - The Game ci sarà il trionfo di The Walking Dead e la Telltale ripartirà in quinta (anche troppo velocemente, ahimè, ma quella è un'altra storia). Diversi elementi molto interessanti si possono notare già all'uscita, avendone voglia, ma dopo dieci anni la sorpresa è doppia, perché nella sua ricerca kamikaze, il lavoro dei quattro game designer sui loro episodi (Joe Pinney, Mark Darin, John Drake e J. D. Straw) mi sembra persino più equilibrato dei titoli della gloria post-Walking Dead. Certo, bisogna distinguere tra le intenzioni e i risultati, con i relativi ostacoli che li hanno tenuti lontani, ma siamo qui per questo.
A colpo d'occhio si può dire che i Telltale azzardino qui un'imitazione dell'Heavy Rain della Quantic Dream di David Cage, acclamata esclusiva PS3 di due anni prima: senz'alcun dubbio provengono da lì i Quick Time Event legati alle scene d'azione o a movimenti specifici, cioè la pressione temporizzata di tasti durante una sequenza che procede senza il controllo diretto dei personaggi, un'interazione minimalista che ha le sue radici nell'immortale Dragon's Lair del 1983 targato Don Bluth. Rispetto al modello Quantic Dream, questi QTE sono tuttavia più lineari, perché nella stragrande maggioranza dei casi non superarli comporta una morte granguignolesca e un antiquato game over stile "ritenta, sarai più fortunato". Il taglio Cage, specialmente nelle sue evoluzioni fino al maturo ultimo Detroit: Become Human, prevede la possibilità di lasciar proseguire il "film interattivo", adattandosi ai fallimenti dell'utente.
I Telltale non possono permettersi queste diramazioni costose, ma dove il budget ristretto fa danni è soprattutto nella tecnologia che controlla i QTE e forse in un testing insufficiente: la rilevazione dei tasti premuti non è a prova di bomba e sulle macchine dell'epoca risente di malaugurati stuttering, così il sistema di premi interni (medaglie d'oro, argento, bronzo) risulta più irritante che sanamente punitivo dal punto di vista della sfida. Peccato, perché alcune scene in QTE sono molto ben coreografate. Al di là del risultato zoppicante, va però sottolineato come nel caso dei Telltale si parli di imitazione non poi tanto gratuita, visto che il team si è distinto sin dall'epoca dei suoi primi classici punta & clicca per una ricerca visiva di stampo cinematografico. Non è così innaturale che provino a confrontarsi con chi, purtroppo, è riuscito ad arrivare dove loro hanno sempre voluto.
Il resto dell'interazione, tuttavia, non mi è sembrato così "alla Cage" dieci anni fa, e continua a trasmettermi un suo perché. La suspense delle "scelte morali terribili" non è ancora alla base delle esperienze Telltale, così come accadrà dopo The Walking Dead (l'unico vero bivio etico che la ricordi riguarda Nima, sul finale), quindi si procede giocando in modo relativamente più tradizionale o costruendo su intuizioni maturate durante Back to the Future e poco prima in Sam & Max: The Devil's Playhouse.
Si cerca la varietà, per esempio con dialoghi a scelta multipla per creare una comunicazione (nell'episodio 1 improvvisando in spagnolo con Nima, nel secondo emettendo suoni che controllano il movimento di un branco di dinosauri). O ancora con una divagazione da puzzle game puro (nell'episodio 2 il riordino dei vagoni sull'otto volante) o con un enigma tipico dell'avventura grafica (la riattivazione dell'ascensore nel quarto atto). In mezzo ci sono idee suggestive, come la richiesta di pura pazienza nell'attendere che gli occhi si abituino all'oscurità (c'era in Fate of Atlantis, ricordate?) o, di nuovo nell'episodio 4, la ricostruzione di un percorso con elementi di una mappa da individuare nella realtà. Ci sono inoltre quei dialoghi dinamici già sperimentati, dove ci si chiede di selezionare cosa dire in scene che nel frattempo procedono per conto loro, come durante la fuga nei tunnel all'inizio del terzo atto.
A cementare però tutto con un certo carisma c'è un'idea di fondo: ci si muove controllando scene e movimenti di macchina, non personaggi. Sarà anche il più grande schiaffo agli avventurieri di lungo corso, pescherà pure dall'esperienza dei loro secondari CSI, ma a questo non si è spinto nemmeno David Cage, né si rispingeranno gli stessi Telltale. Non si attraversa il gioco per location, si attraversa per scene: i personaggi sono stazionari all'interno delle inquadrature, il mouse o il joypad spostano la camera, e i protagonisti si muovono per eseguire un'azione solo una volta selezionati gli hotspot, ritornando poi eventualmente in posizione. Quando si prevede un'azione di concerto tra loro, l'interfaccia ci dà accesso a un vero e proprio storyboard, da cui selezionare l'inquadratura relativa a un determinato personaggio. È l'incontro-scontro tra la logica dell'avventura grafica, che ci impone di ricostuire una sequenza di azioni, e quella del montaggio cinematografico, che costruisce una logica narrativa incastrando immagini in un determinato ordine. Abbiate pazienza: per me è affascinante.
Acquistano quindi un'importanza indistinguibile dai designer i "registi" dei quattro episodi, rispettivamente i coreografi Daniel Herrera, Marco Brezzo, Andrew Langley e Nick Herman, con l'ultimo che nel finale azzarda una scena rivelatrice e geniale: mentre siamo inseguiti da un dinosauro, ci viene restituita l'interfaccia per una manciata di interminabili secondi, ma non c'è alcun hotspot con cui interagire! Negare la possibilità di agire per trasmettere il dramma di un'impotenza: qui c'è qualcosa di grosso che cova, ma per ora è seppellito da tanta ingenuità.
Con la sceneggiatura infatti, alla quale ha contribuito Ed Kuehnel che già aveva dato una mano ai Telltale per i CSI, i Telltale collidono per la prima volta con la necessità di un dramma avventuroso, non proprio realistico ma almeno verosimile, senza sostegno caricaturale. Ci erano andati vicini con alcuni momenti delle ultime serie, ma Jurassic Park non ammette alibi umoristici o surreali... Avendo una licenza solo per i film e non per i romanzi, i Telltale fanno il possibile per incunearsi nel mito, letteralmente, perché le vicende seguono a distanza quelle del primo lungometraggio di Spielberg, nelle stesse ore, però con personaggi quasi tutti nuovi (il veterinario Harding c'era), per esempio fantasticando sul destino degli embrioni trafugati da Nedry. Il team ha studiato la saga così com'è fino al 2011: c'è un elemento ecologico-sociale nel personaggio di Nima, c'è un legame/conflitto tra padre e figli, c'è la dimensione militaresca con i mercenari che appaiono dall'episodio 2 in stile Mondo perduto, c'è la hybris della scienza nel personaggio ambiguo della dottoressa Sorkin, c'è la gioventù che incarna il nerdismo dinosaurico.
Come però è accaduto già dal secondo film, il disco della saga si è incantato su un'autocitazione perenne, con ogni pellicola che, più che aumentare il respiro del racconto, offre solo un altro giro in un parco a tema audiovisivo. In definitiva, non penso che Jurassic Park - The Game sia molto più sterile rispetto alla maggior parte delle tappe cinematografiche, certamente non di più dei nuovi film con Chris Pratt e Bryce Dallas-Howard. Alla fine rimane del gioco più l'inventiva spiccia di singole sequenze, specialmente quelle action, con bei momenti, come quello al Visitor's Centre, quando i personaggi abbandonano la logorrea per salvarsi la pelle. Se non altro, non impelagandosi nel riproporre volti visti e stravisti nelle pellicole e nascondendosi all'ombra del primo lungometraggio, i Telltale s'incastrano nella continuity in modo più umile e rilassato rispetto a Back to the Future.
Dieci anni dopo, nel 2021, a oltre tre dallo smantellamento dei Telltale, Jurassic Park - The Game rimane un esperimento spiazzante, dove un team indie indebitato che non ha più nulla da perdere guarda a modelli che produttivamente non può raggiungere, facendo a pezzi la propria "comfort zone". Su questa zattera che nel 2011 sembra alla deriva, qualcuno ha però caricato qualche ragionamento felice. A sorpresa, i naufraghi sulla zattera stanno infatti per gridare "Terra!", segno che la rotta non è del tutto sbagliata.
La grafica di Jurassic Park - The Game è stata abbondantemente offuscata dal lancio di pomodori e verdure. Non che la sua inadeguatezza in alcuni aspetti non fosse prevedibile, specie dopo i CSI, ma il paragone di cui sopra con Heavy Rain, portato in vita da un raffinato performance capture (i Telltale devono accontentarsi del vecchio motion-capture), non ha fatto altro che peggiorarne l'accoglienza. D'altronde, se devo praticamente vedere un film, comincio a concentrarmi ancora di più su sincronizzazione labiale, movimenti del viso, elasticità delle giunture umane, livello di dettaglio, qualità delle texture e carico poligonale. Aspetti su cui, inutile girarci intorno, il motore dei Telltale è qui carente. I difetti visti in Jurassic Park non sono però più di quelli visti in Back to the Future e Tales of Monkey Island, anche se in quei casi erano meglio nascosti dallo stile cartoon, qui emotivamente impraticabile e giustamente evitato dai direttori artistici David Bogan e Leif Estes. C'è qualche effetto di rifrazione accettabile, ma sono le scene notturne o in cupi interni a venire in aiuto delle magagne, clamorose quando la luce aumenta.
Il punto nodale è che gettarsi a corpo morto nell'imitazione del live-action scardina i paraocchi istintivi che il giocatore di avventure grafiche è abituato a indossare. Personaggi umani così, inquadrati con il classico stile teatrino su sfondi magari in 2D o prerenderizzati, sarebbero ampiamente tollerati dalla nicchia in cui l'avventuriero si trova nel 2011. I Telltale con questo gioco provano sul serio a uscire da quella nicchia, non rendendosi conto di perdere l'airbag che la stessa garantisce. Entri nell'arena, crolla il paternalismo campanilista, e la grafica all'improvviso viene avvertita non semplicemente "poco all'altezza", ma come un'insostenibile ciofeca. Pesa l'assenza di rifinitura: tasti che non si abbassano quando premuti, pistole che sparano solo con un effetto sonoro. Questo proprio quando la regia e le animazioni non sono paragonabili a niente che i Telltale abbiano fatto fino ad ora. Ci sono sequenze organizzate con un montaggio perfetto, e il riciclaggio di ambienti e animazioni (dirette da Jessica Lozano) non è mai stato così basso o meglio gestito. I dinosauri poi funzionano discretamente. Un lavoro paradossalmente massiccio, sepolto sotto una sfida persa in partenza.
Il sound design, sempre affidato alla Bay Area Sound, è funzionale, riproponendo gli effetti sonori del film, così come solo funzionali sono le musiche del buon Jared Emerson-Johnson, anche voce del viscido Miles. Purtroppo Jared, come avevo avuto modo di notare, risalta meno nell'ambito del nuovo stile più cinematografico dei Telltale, fatto di accompagnamenti e lontano dall'amabile protagonismo debordante dei suoi bei pezzi in loop più all'antica, composti per le vecchie stagioni di Sam & Max. Olretutto c'è qualche inciampo anche su questo fronte, perché alcuni brani sono proposti troppe volte, e nella scena dell'elicottero dell'episodio 2 il mix ha qualcosa che non va, con una colonna sonora invadente che copre le voci. Ci si consola con una citazione dello Squalo e con il doveroso tema di John Williams. Non male il doppiaggio inglese: la voce di Billy, Jason Marsden, l'avevamo già ascoltata per Ludo in Gladius, però Nika Futterman, pur espressiva, perde ogni tanto l'accento ispanico di Nima. Jess è doppiata da Heather Hudson, ben più anziana del suo personaggio.
Revisione: 11/2021
Jurassic Park - The Game esce in digitale nel novembre 2011 contemporaneamente per Windows e Mac (su Steam), Xbox 360, Playstation 3, ma non è al momento più acquistabile dopo la chiusura dei Telltale nel 2018. Il reparto tecnico è l'unico in cui è impossibile trovare attenuanti. L'engine legge in tempo reale ogni inquadratura dall'hard disk, quindi se nel 2011 non si è fatto un bel defrag dopo aver installato i 2.5Gb del gioco, bisogna prepararsi a scatti sensibili, fastidiosi quando compromettono la sincronizzazione labiale, deleteri quando impediscono con il lag di mantenere il ritmo nei QTE. La fluidità, non essendo JP un'avventura grafica, è prioritaria. All'uscita il titolo non la garantisce. Grave, imbarazzante. Persino nel 2021, su una configurazione monstre rispetto alla consigliata dell'epoca (1.8Ghz, 2Gb RAM, 256Mb RAM video), rimane qualche importuno singhiozzo (un hard disk SSD è un grande aiuto). Come consolazione, il bug che rendeva intermittente il cursore del mouse sembra invece non presentarsi più.
Su PS3 e Xbox 360 non c'è peraltro modo di sperare in performance scalabili, e le proteste nel 2011 fioccano. Il codice su Windows e Mac supporta solo il pad dell'Xbox 360, quindi con pad non compatibili si è dirottati su WASD più mouse (non è più un problema nel 2021, quando la maggior parte dei joypad lo sono, ma nel 2011 è un limite). Per spostare i salvataggi da un computer all'altro non basta copiare i file "autosave.*": lo sblocco dei quattro episodi viene effettuato nel registro di Windows. Su un altro computer vi toccherà quindi smanettare su quest'ultimo per riottenere tutti i vostri progressi. I dati relativi alle vostre performance nei QTE sono visualizzati nel menu di gioco tramite medaglie (bronzo, argento, oro), ma nella versione per Steam erano presenti anche degli achievement. Come per Back to the Future, il titolo viene venduto con doppiaggio inglese e tedesco, più sottotitoli in inglese-tedesco-francese: si possono comunque ottenere sottotitoli amatoriali in italiano del team Crybiolab per le versioni Windows e Mac, realizzati con notevole cura, comprensivi di localizzazione in grafica di ogni cartello!
Regia: Daniel Herrera (1-The Intruder), Marco Brezzo (2-The Cavalry), Andrew Langley (3-The Depths), Nick Herman (4-The Survivors)
Testi e game design: Joe Pinney (1-The Intruder), Mark Darin (2-The Cavalry), John Drake (3-The Depths), J.D. Straw (4-The Survivors)
Collaborazione ai testi: Ed Kuehnel (2-The Cavalry, 3-The Depths)
Executive producers: Dan Connors, Kevin Bruner, Kevin Boyle
Direzione artistica: David Bogan, Leif Estes
Ideazione grafica: Phroilan Gardener, Jesse Maccabe, Gray Rogers
Modelli dei personaggi: Jason Findley
Modelli degli ambienti: Kim Lyons, Mai Nguyen (sup.), Jonathon Banks, Erik Ose
Animazioni: Jessica Lozano (sup.), Jed Heuer, Armando Lluch, Tim Reardon, Jeff Sarre, Simon Tan, Chris Waltner
Grafica e animazioni aggiuntive: Nathan Goldman, Katie Williamson, DQ Entertainment, Original Force, Shadows in Darkness, Supergenius, Pendulum e Mixamo (motion capture)
Tecnici grafici: Mike Perretta (sup.), Bryan Eby, Nora Magyar, Jonathan Sgro, Smith Roberts
Programmazione: Andrew Langley, Carl Muckenhoupt, Keenan Patterson (sup.), James A. I. Dzierva, John "Seg" Seggerson
Coreografi supervisori: Daniel Herrera, Dennis Lenart, Nick Herman
Design interfaccia: Nat Dart, Crystal Langley, Jake Rodkin
Telltale Tool: Kevin Bruner, Jonathan Sgro, Graham McDermott, Carlo Morgantini, Randy Tudor, Ben Ingram, Bruce Wilcox, Dushan Leska, Jeff Brill
Musiche: Jared Emerson-Johnson, con il tema di John Williams
Sound design: Jared Emerson-Johnson, Julian Kwasneski, Bill Storkson, Lazar Levine
Direzione del doppiaggio: Julian Kwasneski
Voci principali: Jon Curry (Gerry), Heather Hudson (Jess), Nika Futterman (Nima), Jared Emerson-Johnson (Miles), Susan Cash (Laura), James Horan (Barney, assistente di Laura), Jason Marsden (Billy), Carlos Carrasco (Oscar), Ari Ruben (D-Caf)
Supervisione del testing: Erik O'Keady, Trent Burg, John Douglas Joy
Mansioni aggiuntive: Trent Burg, Andy Hartzell, William Wheeler (design), Dave Grossman, Andrew Langley (testi), Randy Tudor (programmazione), Bryan Cohen, Zeke Garcia, Casey Hages, Calvin Huang (coreografia)
iOS (2011-2012)
Nonostante la versione iOS fosse stata realizzata in contemporanea con le altre, approdò su iPhone e iPad2 sull'Apple Store episodicamente, una puntata al mese a partire dal novembre 2011. Come le altre incarnazioni, dalla fine del 2018 non è più disponibile. L'interfaccia era quella a controllo diretto con stick virtuale, con i QTE gestiti ovviamente via touchscreen: stando ad alcune recensioni dell'epoca, la performance era agghiacciante e non stento a crederlo.
Edizioni retail Xbox 360 e Windows
I Telltale pubblicarono a loro spese una versione fisica del gioco per Xbox 360 solo su territorio nordamericano. Firmarono anche un accordo con l'europea Kalypso Games per una pubblicazione retail in Inghilterra e Germania su Windows e Xbox 360: vide la luce in effetti solo su Windows. In Francia si occupò della distribuzione la Micro Application. Non avrei alcun motivo di segnalarvi queste edizioni, se non per il fatto che, contenendo in ogni caso anche l'inglese, oggi sono un modo per recuperare legalmente il titolo nel mercato dell'usato.
Vi ricordo che per avere una panoramica sulle copertine e sui materiali delle confezioni, la vostra meta dev'essere Mobygames. Le copertine mostrate in questa pagina non hanno valore esaustivo, ma indicativo e affettivo, provenendo dalla mia collezione personale.
Windows Dvd-Rom (I ed. inglese Kalypso)
Non ricordo se l'ordinai dal defunto Play.com o dall'Amazon inglese, ma ricordo che l'acquisto avvenne all'inizio del 2012. Nonostante i Telltale avessero creato una loro versione Deluxe, come successe per Back to the Future, essendo piuttosto perplesso da questi loro esperimenti preferii risparmiare. Questa è la citata edizione inglese della Kalypso, tutto sommato non male: il case è contenuto in un elegante slipcase di cartone, e all'interno trova posto, oltre al manuale, una piccola mappa dell'Isla Nublar. Per la cronaca, la Deluxe dei Telltale si presentava come un pacco della InGen indirizzato a un futuro impiegato: conteneva una lettera del nostro datore di lavoro John Hammond, una toppa col logo del parco, un badge per lo staff temporaneo, la riproduzione di una brochure del parco realmente realizzata per il film (con qualche ritocco e una mappa), una massiccia "Field Guide" con informazioni sul parco e sull'InGen, e naturalmente il dvd-case col gioco, con copertina ad hoc e il disco ibrido per Windows e Mac.