Su quest'isola sono sempre le dieci:
30 anni con The Secret of Monkey Island
Un ricordo collettivo
Chiusa secondo Ron Gilbert il 2 settembre del 1990, arrivata sugli scaffali americani più o meno a metà di quell'ottobre, la versione originale EGA di The Secret of Monkey Island non ha caratterizzato solo la vita del suo autore, ma in misura minore anche la nostra. Da questa consapevolezza è nata la voglia di coinvolgere i lettori del sito nell'articolo che ora vi trovate davanti, scritto a decine di mani: una combinazione di ricordi legati alle prime avventure di Guybrush Threepwood, dentro ma soprattutto fuori dal gioco.
Persone: fratelli, amici, genitori, compagni di scuola con cui si scoprì quel mondo. Macchine: PC antidiluviani (16 colori ma anche peggio), il glorioso Commodore Amiga. Epoche: un modo di concepire i videogiochi molto diverso, parecchio più ingenuo.
Un articolo-esperimento che alla fine ha convinto 24 lettori, tra cui alcuni affezionati appassionati di vecchia data che mi ha fatto davvero piacere risentire e rileggere. Il venticinquesimo ricordo è quello mio (Diduz), inserito in ordine alfabetico per nome, in mezzo a voi in questo abbraccio collettivo: ho rispettato anch'io il limite delle 900 battute che avevo imposto a voi, e ho scritto il mio contributo prima di leggere i vostri, per non esserne influenzato. Ringrazio il lettore Gabo per la sua geniale ispirazione metaforica, che ha dato involontariamente origine al titolo. Auguri, The Secret of Monkey Island!!!
ADELMO MASSIMILIANO FATTORUSSO
Classe '78, a 10 anni (forse) ero da uno "smistatore" di giochi Amiga, mi mostrò The Secret of Monkey Island. Tornai con 6 floppy (2 con tale Another World). Per me giocare a Monkey era seguire passo passo la soluzione di TGM, ma il problema era il Maestro di Spada... non capivo (ero giovine) come associare le frasi differenti che "sparava" l'infame. Non sapevo che si potesse SALVARE, rifacevo tutto sempre dall'inizio per fermarmi lì. Mio zio Andrea si applicò per cercare con me il Segreto... ero a telefono con un amico quando lo sentii urlare: "Corri, l'ho battutaaaa!"... Ma il problema rimaneva, dovevi spegnere e andare a dormire... Allora ci organizzammo un fine settimana, per finirlo nella stessa giornata, seguendo la soluzione. Avendo giocato così Monkey tante volte, perché non sapevo salvare, l'ho vissuto di più... sono stato sull'isola di Mêlée per molto tempo, ed era meravigliosa!
ALESSANDRO BASSETTO
Volevo rielaborare i miei ricordi con una premessa: il mio imprinting con Monkey Island fu con il secondo episodio, nella mia esperienza da bambino che vedeva il fratello maggiore giocare ho ricordi di un gioco dark, oscuro e misterioso. Ai miei occhi, quel Monkey Island mi apparve come una finestra su un qualcosa altrimenti inaccessibile. Il primo Monkey lo recuperai a posteriori (piratato da una amico - comunque li ho riacquistati tutti!), e dopo aver acquistato il terzo, credo fosse il '98. L'impatto iniziale fu un po' freddino, forse perché non ritrovavo l'imprinting dark e la versione a mia disposizione era quella EGA a 16 colori. Mi ricordo che appena avviato c'era un mio amico accanto a me che mi disse "Ma che fai? Andiamo a giocare a Fifa!". Lo giocai perché ormai affezionato alla saga, lo ricordo con affetto ma reputo il secondo come la migliore evoluzione della serie.
ALESSANDRO CROCI
Ho 35 anni. Nel 1981 mio padre ha aperto una società di formazione informatica e quando sono nato io, nel 1985, ero già sommerso da tanti computer. Ricordo perfettamente i momenti trascorsi sulle sue ginocchia ad installare su DOS le "decine" di floppy disk per far partire Monkey Island. Per me è stato amore a prima vista! Da quel giorno non sarei più riuscito a fare a meno di un punta e clicca. Negli anni seguenti abbiamo giocato insieme a praticamente tutte le avventure della LucasArts, è stato bello passare quei momenti con lui. Non dimenticherò mai il giorno che mi portò le scatole di "The Curse of Monkey Island" e l'anno successivo di "Grim Fandango", ero felicissimo!
ALESSANDRO SILVESTRI
Tutte le noci di cocco del mondo non riuscirebbero a guarire i miei problemi di memoria e dunque il compito che ho davanti è piuttosto arduo. Potevo avere 7 anni quando una compagna di classe mi mostrò The Secret of Monkey Island. Sono gli anni delle scuole elementari, quando abitavamo ancora nella casa in cui sono nato. Non credo tuttavia che siano i ricordi confusi e inevitabilmente edulcorati di quel periodo a rivestire di un significato particolare quello che per me rappresenta TSMI. È l’atmosfera sospesa tra la leggerezza di un pollo di gomma con una carrucola in mezzo e il sogno della più epica delle avventure che riesce, ben 25 anni più tardi, a risvegliare l’esigenza di perdermi tra le strade di Mêlée Island™️. Credo sia quel formidabile senso di meraviglia celebrato da poeti, filosofi e scienziati; così potente da far passare in secondo piano la rivelazione di qualsiasi segreto.
ANTONIO
Doveva essere il settembre od ottobre del '92, una mattina tiepida e serena, quando mio fratello maggiore si presentò con un paio di dischetti copiati da un amico. Li installai su un Olivetti 286 con schermo b&n e scheda VGA. Precedentemente avevo avuto solo il C64 (e Pong), che ancora reputavo superiore a livello di gioco al 286. Monkey mi fece ricredere. Non sapevo niente del gioco e poco sulle avventure grafiche. Appena caricato, capii che era diverso. Interagire con i personaggi ed i luoghi ti dava una sensazione di divertimento ed avventura mai provata. Imparai insieme a mio fratello lentamente come procedere. Ricordo ancora il tempo passato serenamente davanti al gioco e la felicità di quando sbloccavi gli enigmi e si aprivano nuovi scenari. Lo finimmo dopo mesi, senza le soluzioni allora difficili da trovare. Altri tempi, luoghi simili, nostalgia di cose e persone di allora.
CARLO DI FENZIO
Nato nel '93, credo avessi 7/8 anni la prima volta che ho visto The Secret of Monkey Island: papà (appassionato di tutte le avventure LucasArts) ci giocava nella "stanzetta", ricavata in un angolo della casa: tecnico informatico, accatastava lì il lavoro. Dopo cena lo seguivo, mi sedevo vicino a lui e vedevo un gioco che ai miei occhi non aveva senso, ma era "colorato". Avrò finito Monkey a ridosso dei 12 anni, ovviamente con l'aiuto di papà, che già conosceva tutto. Da qualche parte a casa dei miei dev'esserci ancora una guida di Monkey, comprata da mio padre per collezione, l'avrò consumata a furia di leggerla. Papà ci ha lasciato quando avevo 17 anni, per un brutto male, e ogni volta che gioco (l'ultima run durante la quarantena), il primo ricordo va a lui, alle sere passate a guardarlo giocare, a quelle dove lui ha guardato me, alla soddisfazione di superare un enigma o alle risate.
DANIELE MOGLIA
Prima di averlo (in versione EGA...) rivivo ancora la mia incredulità alle parole di un amico "Questo gioco è meglio di ZAK, qui i personaggi parlano e puoi scegliere cosa fargli dire" - "Ma non ci credo che parlano!" - "Parlano nel senso che vedi solo le scritte, non è che senti la voce, non è mica possibile!" E mentre giocavo, ricordo una delle prime volte in cui mi sono avvicinato al concetto di "Volere è potere", quando ho sconfitto il maestro della spada dopo estenuanti e ripetuti tentativi. Ma non è durata... con Stan mi sono arreso, mi sono fatto scrivere su un foglio da un amico le frasi da dirgli per accaparrarmi la nave con 5000 pezzi da otto... da solo non ci riuscivo :-)
DARIO DI MARTINO
La mia vocazione alla pirateria (ancora attuale) inizia da quella bellissima doppia icona dell'eseguibile sul Workbench dell'Amiga, con la scimmia che apre il barile.
Le luci scintillanti su Mêlée.
Le musiche evocative.
Tante cose, spesso geniali, che a 6 anni spiazzano.
Il quesito sulla data di impiccagione dei pirati.
Un pollo di gomma... con una carrucola in mezzo?
Il disco 22.
I cani del Governatore che stanno solo dormendo.
I cannibali vegetariani.
La storia dell'equipaggio di scimmie che salpò verso l'Isola, che in realtà si rivela (quasi) priva di scimmie.
Un fantasma che esplode a contatto con una certa birra... “di quale radice?”
Un finale che non rivela alcun segreto, però insegna a non pagare mai più di 79000 Lire per un gioco, invitandoti perfino a spegnere il computer e andare a dormire...
Ma poi il gioco come fa a sapere che adesso è veramente ora di andare a letto?
DAVIDE MONTECCHI
1992. Ho 11 anni e i genitori del mio amico Francesco hanno appena aperto l'ala sinistra della sua casa, fino a quel momento abbandonata. Quella parte dell'edificio, che ci incuriosiva e spaventava, diventa di lì a poco la "stanza del computer": Monkey Island l'ho conosciuto lì, tra l'odore di chiuso, l'umidità e le cicale che ronzavano incessanti, durante un'estate infinita e caldissima, languida e sognante... Non so quanto tempo restiamo immersi, io e Francesco, nella notte eterna di Mêlée Island. Quante estati abbiamo impiegato per capire come entrare nella casa del Governatore? E quanti anni per raggiungere finalmente Monkey Island? Ora i ricordi si sommano nella mia mente, e si confondono, come anni luce che passano in un istante. Sicuramente non ho più avuto amici, né estati, come quelle che avevo quanto avevo 11 anni. Ma come dicevano in quel film ..."Gesù, ma chi li ha?"
DIDUZ
Il genere non sarà multiplayer, ma per me The Secret of Monkey Island è una sequenza di connessioni con gli altri, una fantasia condivisa che esonda nel reale. Ricordo nel '91 quando, ospite in casa altrui, discussi con urgenza con un amico al telefono (fisso) come incontrare il Maestro della Spada: "Devo seguire il negoziante!" Anni dopo, ricordo lo stupore di mia madre quando mi sentì pronunciare con serietà: "Bisogna dare più banane alla scimmia". Destinatario del consiglio era un collega di mio padre, ossessionato dai punta & clicca. In altra città, altro contesto, altra vita, bastò citare Monkey Island per ricreare la comune appartenenza, mentre un sorriso si stampava sul mio interlocutore: "Guybrush Threepwood!" Nel Duemila non poteva essere che The Secret of Monkey Island a suggerire il logo del sito: da trent'anni vaghiamo tutti sulla mappa di Mêlée. Ogni tanto ci si incontra.
FORTUNATO
Era qualcosa compresa tra il 1994 e 1996 (tardi, maledettamente tardi, era già abbondantemente uscito il 2). Ricordo quattro floppy da 720, ricordo me che lanciavo il gioco da Dos sul vecchio 286. Ricordo il mio stupore davanti quegli scenari pixellosi e quanto ero rapito dai dialoghi. Ricordo le gare ad insulti nei corridoi di scuola con un mio amico. Ricordo un pomeriggio a casa di mio cugino a sfogliare tutti gli ultimi numeri di un noto mensile dell’epoca alla ricerca delle soluzioni per la sezione a bordo della nave fantasma. E ricordo l’esultanza per il finale. Oggi se ripenso alla mia infanzia Monkey Island è uno dei ricordi più belli. Pura poesia.
GABO
Da bambino pensavo che da grande, quando sarei stato ricco, mi sarei fatto costruire una Mêlée Island a grandezza naturale, avrei assoldato degli attori che imparassero a memoria le battute del primo atto di Monkey Island e avrei ripercorso le orme di Guybrush dal dialogo con la vedetta alle tre prove e all’assoldamento della ciurma fino alla partenza della nave. Sono passati quasi trent’anni, non sono diventato ricco ma il mio desiderio di visitare quei posti immaginati c’è sempre. E quando ogni tot anni rigioco a tutta la saga, pur apprezzando anche i capitoli successivi, niente mi fa sentire a “casa” come camminare di notte per i vicoli e i sentieri di Mêlée, che trovo uno dei luoghi più reali della storia dei videogiochi. Forse è un modo per tornare bambino o forse, come dice Guybrush guardando l’orologio, “sembra che siano sempre le dieci su quest’isola”.
GABRIELE "ELWOOD" BROWN
Cosa si può dire di MI che in 30 (!) anni ormai già non sappiano tutti? Per quel che mi riguarda l'immersione nel mondo di Guybrush cominciò alla tenera età di sette anni, quando il computer e l'informatica erano un altro intero mondo da scoprire. "The Secret" è stato l'ultimo episodio giocato in ordine di tempo, ormai in età da liceale, più smaliziato ma sempre desideroso di tuffarsi in un mondo insieme fumettoso, letterario, intelligente e avvolgente (complice la scoperta di tutte le diverse versioni e le grafiche migliorate). Guybrush e le sue avventure sono una passione, un ricordo, un'esperienza... un momento di aggregazione comune grazie al quale siamo diventati amici con tanti altri appassionati sparsi per l'Italia (e non solo!). Scrivo ad istinto e non ho mega citazioni da virgolettare, perciò concludo con un piccolo/grande GRAZIE, Monkey Island :)
GIACOMO
"Se questo è due… Questo cos'è?". Quante volte da piccoli io e mio fratello ci siamo divertiti a beffare i nostri genitori utilizzando la parola d'ordine con cui si ottengono i numeri vincenti per l'allibratore di Phatt Island! Tutto ebbe inizio nel buio della stanza di mio fratello, seduto sulle sue gambe, davanti al PC. Ero piccolo, ma l'emozione di quando, insieme a lui, vidi per la prima volta Guybrush attraversare l'arco di pietra e dirigersi verso la vedetta di Mêlée Island è uno dei miei ricordi più forti. Con il tempo, il ricordo si è evoluto in passione: dai poster di Monkey Island appesi nella mia cameretta da ragazzo, alle confezioni originali dei giochi esposte in bella mostra in sala, adesso che convivo con la mia compagna. Monkey Island per me rappresenta proprio questo: la spensieratezza che si ha da bambini e la serenità del tempo passato insieme al mio fratellone.
GIULIO MARTINI
Negli occhi di un bambino pirata balenavano lampi! Temi musicali che ti catturano per sempre, un cielo stellato da sogno sopra al mare notturno, una bettola popolata dalla peggior feccia: cherosene e colorante rosso n.2, una foresta magica in cui ancora oggi mi perdo volentieri col pensiero, i duelli di spada e gli insulti grazie ai quali ho imparato a rispondere in maniera arguta, isole con acque cristalline, una testa di scimmia e una a tre teste, uno spaventoso nemico fantasma e il mistero della sacerdotessa vudù, la cleptomania che ti entra dentro per restarci, come si acquista un'aut... ehm una nave, l'incongruenza di alcuni elementi che si insinuano nella mente e che apprezzi davvero solo da grande, la spensieratezza, l'ingenuità e la determinazione di Guybrush, il fascino irresistibile e incredibilmente moderno di Elaine... Negli occhi di un pirata adulto i lampi balenano ancora!
G. E. SARETTO (Zomantic)
Ho conosciuto la Plunder di Curse prima della Mêlée di Secret: era il '98, frequentavo le medie. Folgorato dal buffo pirata Guybrush e dal suo mondo di enigmi, negli anni successivi dedicai parecchie ore alla ricerca del primo episodio. Era introvabile. Revenge circolava ancora nell'edizione economica della CTO; Secret, invece, pareva un tesoro leggendario, agognato durante ripetute perquisizioni di scaffali e cesti di occasioni nei negozi d'informatica. Anche quando—per vie meno lecite—riuscii finalmente a ottenerne una copia, avviare Secret mi parve un'altra avventura: arcani comandi DOS, misteriose simulazioni di schede audio, e una ruota di pirati da stampare e montare su cartoncino. Così, ogni volta che esploro nuovi lidi e comincio nuove imprese, il mio pensiero torna a quell'isola blu, alle sue prove da superare, alla determinazione sempre giovane di quel pirata candido e imberbe.
JACK GAINO
Monkey Island uscì un mese dopo la mia nascita. Mio padre, grande appassionato Lucas, mi mise di fronte al nostro vecchio Amstrad 8088 quando ancora non sapevo leggere, ma di certo non fu abbastanza per scoraggiarmi. Ci volle un po' prima che capissi che "Monkey Island" non era il nome del protagonista, e finalmente smisi di chiedere: "papà, ma perché Monkey non può andare in quelle case sullo sfondo?" Ventisei anni dopo, rientrato in Italia per festeggiare il mio matrimonio, arrivai a casa di mio padre e trovai un cartello familiare sopra il portone: "Scumm BAR :)". A mia sorpresa, i parenti avevano trasformato il salone nel mitico locale, con tanto di pirata di cartone appeso al lampadario. Io e mia moglie, a cui tempo prima avevo fatto scoprire e amare il gioco, apprezzammo moltissimo. L'intera serie ha profondamente segnato la mia vita. Non vedo l'ora di passare il testimone.
LIVIO CHERUBINI
Non ricordo esattamente mese e anno, credo fosse il '91 e avevo 7 anni. Venne a casa un mio caro amico e fece l'installazione. Al termine lanciai il gioco e mi apparve la schermata anti-pirateria. Ricordo persino che inserii come anno il 1717 per superare il blocco ed iniziai a giocare. La versione era la VGA con inventario a testo. Ricordo che rimasi assolutamente meravigliato dalle animazioni! Mi piacevano da impazzire! Avevo dato per scontato che dovevo essere sempre io a far muovere Guybrush e quando invece vedevo che alcune parti andavano avanti da sole ne ero davvero sbalordito! Mi chiedevo "ma come fa a muoversi da solo?" "Non dovrei essere sempre io a farlo muovere?" La scena che più di tutte mi colpì (ne rimasi entusiasta e molto divertito) fu quella di Guybrush e Fester Shinetop dentro la Villa Del Governatore quando Guy tenta di rubare l'idolo e lo sceriffo cerca di fermarlo!
LUCA FERRARIO
Ho un ricordo ancora molto vivido di Monkey Island, l'acquistai da Alex Computer in offerta a 39.000£ nel 1992 (ricordo ancora la pagina su TGM). Era estate, avevo appena terminato Monkey Island 2 e rimasi folgorato da quel gioco, per cui corsi ad acquistare il primo! Non avendoli giocati in sequenza, Monkey1 lo trovai un po' "depotenziato" a livello di grafica. I ricordi più vividi che ho di quel gioco sono: i duelli ad insulti (ovviamente), il momento in cui eri sott'acqua e cercavi in tutti i modi di raggiungere un oggetto per tagliare la corda (che soluzione bastarda) e l'enigma della scimmia che non riuscivo a passare (andai persino in officina da mio zio per usare il fax e scrivere a TGM per sapere come fare!). Ad oggi rimane ancora l'atmosfera, che è qualcosa di inarrivabile! Difficile descriverlo a parole! Ah, ovviamente anche la colonna sonora rigorosamente in PC-SPEAKER!
MARCELLO RUSSO
Il ricordo più forte di MI è legato alla sua musica che rientra senza dubbio nell'indelebile colonna sonora dei miei 20 anni, quando rincasavo di sera e trovavo la sorellina impadronitasi del computer intenta a manovrare Guybrush sotto lo sguardo curioso di mio fratello e quello pacioso di mio padre, mentre la mamma preparava la cena. Nei miei ricordi non c'è più stato un quadro familiare così armonioso. Ancora oggi, quando la sigla parte e i titoli iniziali scorrono su Mêlée Island, per me è come accarezzarsi l'anima o inondarsi di Prozac. Pardon, di Grog ovviamente.
MIK
The Secret of Monkey Island rappresenta il mio primo vero gioco impegnato, non un arcade, ma un'avventura che per il me di allora veniva dai romanzi di narrativa e film come I Goonies. 7 anni, primo pc. I miei si erano convinti ad acquistarne uno ma non se ne intendevano e ne portarono a casa uno monocromatico. Un cugino mi portò i primi giochi, tra cui Monkey Island. Lo giocai così per la prima volta, in gradazioni di giallo e nero, il PC Speaker ed una traduzione senza vocali accentate (mi feci perdonare negli anni...). Fu subito amore. Lo stesso cugino si impietosì e mi portò un 8086 EGA 64 colori, il mio finì ad ospitare un gestionale. Nella sfavillante modalità EGA e caricamenti di parecchi secondi lo giocai a più riprese. Lo finii una sera ed alla scritta “Spegni il computer e vai a dormire”, con una certa soddisfazione, potei solo ubbidire. Lo sviluppatore ci aveva visto lungo.
PAOLO MUSANO
Quand’ero adolescente odiavo il liceo. Per fortuna avevo degli antidoti: i libri (non quelli di scuola), i film in VHS e i videogame. La svolta ci fu quando sul mio amatissimo Amiga 500 cominciai a giocare a Monkey Island. Guybrush Threepwood mi aprì un mondo, quello delle avventure grafiche. Era come abitare un romanzo, scrivendolo in tempo reale con le proprie scelte. E anche con il senso dell’umorismo. I duelli pirateschi, infatti, in Monkey li vincono quelli che hanno il repertorio più ricco di insulti. Questo e altri colpi di genio mi fecero amare immediatamente Ron Gilbert, Tim Schafer e Dave Grossman. Da quando giocai a Monkey 1 & 2 e li finii nella versione floppy da 3½, tribolando per gli enigmi quasi impossibili e perché i dischi a volte si bloccavano, sono passati molti anni. Ma Guybrush Threepwood continua a essere il pirata più temibile e più romantico.
RICCARDO BATTILANI
Mi chiamo Riccardo, e sono un lucasdelirante da quando avevo sei anni, nel lontano 1998, quando la LucasArts era ancora nella sua epoca d'oro. Monkey Island fu il primo videogioco a cui abbia mai giocato, regalatomi da mio padre nella versione CD-ROM. Come dice l'adagio, il primo amore non si scorda mai. Ancora oggi quando sono di umore nostalgico, la memoria mi porta indietro, nei pomeriggi d'estate passati di fronte allo schermo (con tubo catodico!) a giocare e rigiocare tutta la serie di Monkey Island, al punto che la conoscevo a memoria, battuta per battuta, easter egg per easter egg. Per un periodo, mi cimentai anche a "decostruire" il gioco, usando un compilatore di SCUMM, come a cercare le rotelle che lo rendono un capolavoro di tale magnitudine. E la sera, tutti sul MIForum a scambiarsi teorie, battute, ed esperienze.
La passione per i pirati non mi ha mai abbandonato.
STEFANO ZANCA
La domenica mattina citofono ad Enrico verso le 10.30. Mi apre e salgo al terzo piano; entro e saluto i suoi genitori e poi mi dirigo verso la sua cameretta. Oggi niente compiti, e infatti sul monitor della Commodore è tutto già caricato: il nero e il blu, per me rimarranno sempre quelli i colori di Monkey Island (a quell'età rigorosamente letto così come è scritto). "Non sei mica andato avanti?" chiedo ad Enrico. "No no, sto ancora lì dai barboncini", mi risponde sorridendo . "Ah, bene!", dico mentre mi siedo. Tra buoni amici ci si aspetta e quindi si riprendeva assieme questo strano viaggio tra isole misteriose e luoghi pittoreschi, in cui le sagome e i pixel erano le pennellate della nostra fantasia. E anche se insieme non lo abbiamo mai finito, Monkey Island mi farà tornare sempre tra le solari domeniche mattina dei vicoli notturni dei Caraibi.
SUPERPANTA
Il segreto di Monkey Island. E la mente va ai ricordi più remoti, almeno quelli a cui posso arrivare. Perché si parla davvero di qualcosa di remoto, avendo iniziato a giocare alle avventure grafiche Lucasarts a 3-4 anni. All'epoca non aspettavo altro che mio padre tornasse dall'ufficio per poter giocare insieme a quei giochi pieni di enigmi bizzarri. E a quel punto si partiva con i floppy disk e le due rotelle stampate su carta, per capire in quale anno fosse stato impiccato quel famoso pirata in Nebraska, per potersi finalmente tuffare in quel bellissimo universo. E lì iniziavi a sognare, al pari di un bel film, di essere tu il pirata ingenuotto protagonista dell'avventura. E ancora oggi, a 31 anni (non tanti più del gioco), quando sento il bisogno di viaggiare a occhi aperti come quando ero bambino basta lanciare Secret, solo per rendermi conto che niente è cambiato da quei tempi.