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31-12-2022
Siamo giunti al termine di un anno pazzesco. Per noi tutti per le ragioni che sappiamo: il fulmine a ciel (quasi) sereno di Return to Monkey Island. Le ultime due settimane hanno significato tanto però per me, visto che ho portato a termine e condiviso una piccola grande folle impresa, mia segreta occupazione a tempo perso per due anni. Vi scrivo da una pausa pugliese, nel profumo della focaccia bianca.
Vorrei dedicare questo aggiornamento alla memoria di Archer Maclean (1962-2022), programmatore e game designer inglese che ha contribuito a fare la storia del Commodore 64: sono sempre stato una schiappa senza pazienza con i picchiaduro, ma il sonoro digitalizzato di International Karate+ già suscitava la mia ammirazione all'epoca, a maggior ragione ora che conosco il C64 un po' di più...
Return to Monkey Island, pochi premi ma successo costante
Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman è uscito a bocca asciutta dai Game Awards, dove dopotutto era nominato solo per l' "accessibilità": nel caso specifico, pur ben implementata per un pubblico vasto, si è rivelata un boomerang, limitando l'apprezzamento degli avventurieri di lungo corso. Quel trofeo per la cronaca è andato a God of War Ragnarök. In materia di riconoscimenti, mi ha però colpito di più l'esito dell'usuale premiazione di fine anno di The Games Machine, perché la storica rivista italiana invece aveva coperto il gioco di nomination, oltre ad apprezzarlo moltissimo in sede di recensione, sostenendolo con doppia copertina variant: "migliore avventura dinamica" (ha vinto Pentiment degli Obsidian), "miglior gioco PC" (andato al folle italiano Vampire Survivors), "migliore narrazione" (ancora Pentiment), "gioco dell'anno" (ha tagliato il traguardo Elden Ring di Fromsoftware). Al di là del trasporto nostalgico, sembra ci sia stato un processo di sguardo oggettivo che, al momento di chiudere le fila della valutazione nel contesto dei videogiochi attuali, non se l'è sentita di assecondare fino in fondo l'affettuoso entusiasmo di pancia.
Sono diversi gli elementi, peraltro segnalati nella mia scheda, che rendono comprensibile questo risultato. D'altro canto però continuo a credere che Return, in virtù del modo in cui incarna in modo personale quello che Monkey Island ha significato per la maggior parte degli appassionati e per il suo autore, sia un UFO che non rivedremo passare a breve termine sui nostri schermi. Anzi, forse non rivivremo MAI PIÚ una cosa del genere. Vedrò sempre del coraggio nel modo in cui Ron ha affrontato con autoironia il "guaio" che per vent'anni aveva combinato, alimentando il mito di questo fantomatico gioco. Io imposto tutto Lucasdelirium in questa maniera, però davvero credo che il contesto in questa circostanza contasse quanto il testo e ne completasse la valutazione, contaminandolo consapevolmente. Non sarà stato il gioco dell'anno, ma una sfrontata incarnazione dell'esperienza di un trentennio per me sì. Certo, è una categoria che per ora nei premi ufficiali manca. :-P
È curioso comunque che le percentuali tra recensioni positive e negative su Steam continuino a mantenere lo stesso rapporto, a mano a mano che aumentano: i giudizi positivi sono sempre sul 93-94%, su oltre 6500 pareri.
Nell'attesa che Limited Run Games presenti la versione scatolata per chiudere definitivamente il sipario, Ron nel frattempo ha pubblicato sul suo blog una prima versione della puzzle chart, lo schema degli enigmi, abbozzato da lui e Dave nell'ormai lontano agosto 2020. Su Mastondon invece ha pubblicato un piccolo sfogo nel quale penso sia facile immedesimarsi.
Sono molto esaurito. A mano a mano che Return to Monkey Island si avvicinava alla fine, ero pieno d'idee per un'apparentemente infinita lista di progetti che volevo fare dopo. Non appena il gioco e l'attività stampa sono terminati, ero ancora più rinvigorito. Poi sono andato in vacanza per una settimana e mi sono reso conto di quanto fossi esaurito. Il crollo non è avvenuto finché non mi sono fermato del tutto.
Quelli di Return to Monkey Island sono stati i due anni più intensi della mia carriera. La tensione di realizzare un seguito per un gioco amato da così tante persone e lo stress di mantenerlo segreto all'inizio sono stati divertenti, ma hanno lasciato un segno su di me. Io difficilmente vado in esaurimento. Mi piace fare giochi e il fatto che ora come ora non ci riesca peggiora le cose.
Sto trovando difficoltà a fare le cose che mi piacciono, giocare, leggere, guardare film... il massimo che riesco a fare è guardare fisso davanti a me come [SPOILER] Guybrush alla fine di Return. Sto lentamente realizzando che va bene così. È ciò di cui ho bisogno ora.
Cosa ci aspetta nel 2023
Non potrà mai esserci nulla all'altezza di Return to Monkey Island? Chissà, ma lo spettacolo deve continuare e non vogliamo perderci nulla, vero? Il 2023 ci porterà diverse cose, passiamo in rassegna almeno quelle annunciate.
- Non sappiamo quando arriverà, ma la Skunkape Games ha da poche ore confermato la remaster di Sam & Max The Devil's Playhouse, forse il capolavoro avventuriero dei fu-Telltale e per quanto mi riguarda una delle avventure grafiche più personali e originali mai realizzate. "2023", generico, quindi il team si sta prendendo più tempo dopo le remaster di Sam & Max Save the World e Sam & Max Beyond Time and Space. Varrà la pena aspettare.
Here's a little tease of what we've been working on, to start your new year off right... pic.twitter.com/QeTltLgvoJ
— Skunkape (@skunkape) December 31, 2022
- Il ritorno di Indiana Jones al cinema con La ruota del destino il 30 giugno è per me l'evento dell'anno, ma non avrà ripercussioni dirette in ambito videoludico. Stando a quanto ha detto il producer Todd Howard, il gioco Bethesda / Machine Games annunciato un secolo fa procede ma non si può ancora mostrare, ergo dubito che uscirà nel corso del 2023. Dalle sue parole s'intuisce che sarà difficilmente incasellabile in un genere unico (bene) e che si tratta di un vecchio progetto che aveva già prospettato alla fu-LucasArts nel 2009, una "lettera d'amore" al personaggio. Aspetteremo, però ciò non toglie che qui sul sito durante l'anno ho in mente di recuperare qualche Indy videoludico che non ho mai approfondito a sufficienza. Nel frattempo, sembra che George Lucas abbia apprezzato il film di Indy 5 a tal punto da aver concesso che fosse inserito nei credits come executive producer (che non è stato affatto, è una cosa simbolica). Vi lascio a riflettere sul teaser trailer, mentre vi ricordo che da settimane il regista James Mangold e il producer storico Frank Marshall stanno cercando di smentire la voce secondo cui Indiana nel film sarebbe sostituito dal personaggio di Phoebe Waller-Bridge, Helena. Fanno quello che possono, ma l'insistenza di un ossessivo YouTuber ha trasformato in verità comprovata una voce plurismentita da fonti assai più affidabili di lui. Ci sarebbe una qualche amara considerazione da ricavarne sul funzionamento della rete, ma non ho voglia di farlo.
- Dopo vari rinvii, i Dramatic Labs di Kevin Bruner, cofondatore della prima incarnazione dei Telltale, dovrebbero debuttare ufficialmente ad aprile 2023 con Star Trek Resurgence. Doveva essere pubblicato l'anno scorso, ma qualche perplessità sulla resa grafica nei primi video di gameplay deve averli portati a posticipare, per migliorare il titolo. A dirla tutta, ho scoperto che in realtà un gioco al quale i Dramatic Labs hanno partecipato c'è già ed è New Tales from the Borderlands, realizzato con l'aiuto del loro sottoengine Beanie per le avventure narrative, e da loro supervisionato in sceneggiatura e design, nonostante la produzione vera e propria sia stata coperta dai Gearbox. Coprirò, recupererò per tempo: Tales from the Bordelands mi lasciò un bel ricordo.
- A proposito di vecchia Telltale, non dimentichiamoci di The Wolf Among Us 2, in arrivo entro l'anno ma non si sa quando. Il teaser aveva centrato perfettamente lo stile del predecessore e d'altronde il team AdHoc Studio è composto da ex-membri dei vecchi Telltale.
- Anche il Night School Studio aveva rimandato al 2023 l'atteso Oxenfree II - Lost Signals prodotto da Netflix: hanno un'eredità da onorare, perché il loro Oxenfree dal 2016 a oggi si è guadagnato molti fan, diventando un piccolo cult.
- E la Double Fine di Tim Schafer? Impegnatissima su giochi più piccoli del bellissimo Psychonauts 2, a porte chiusissime per ora. Da gennaio però dovrebbe partire il (da me) assai atteso documentario a puntate sulla lavorazione delle ultime avventure di Raz. Com'è stile dei 2 Player Productions, la serie non dovrebbe fare sconti su alti e bassi della produzione. Curiosità a mille da parte mia.
Anche David Fox chiacchiera con Cressup
Dopo le interviste con Ron Gilbert, Dave Grossman e Dominic Armato, la brava twitcher Cressup non poteva mancare una chiacchierata con David Fox, capo-programmatore di Return to Monkey Island, ma prima ancora coautore di Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure, Thimbleweed Park e Delores, oltre che naturalmente papà di Zak McKracken. Fox è uno degli ex-Lucas più intervistati in assoluto, quindi estraggo e riassumo ciò che ho avvertito di nuovo nella conversazione (o ciò che penso sia meglio ribadire).
- Quando è partito il suo coinvolgimento con Return to Monkey Island? Era l'agosto 2020, quando Ron e Dave stavano già lavorando da otto mesi circa, mentre lui ha cominciato a settembre-ottobre. Erano dieci anni che aveva archiviato la possibilità di partecipare a un Monkey, perché lui e i colleghi avevano sempre detto che non avrebbero lavorato su vecchi marchi senza possederli (e sapevano che era impossibile).
- Era la prima volta che lavorava con Ron solo in qualità di programmatore, non collaborando quasi per niente al design, ma considerando quanto della reputazione di Ron e Dave si giocava su questo titolo, alla fine si è sentito più a suo agio! Detto questo, se ci fosse un'altra collaborazione con la Terrible Toybox, gli piacerebbe fosse più sulle linee di Thimbleweed Park, dove fu coautore anche del game design.
- Avendo lavorato su Thimbleweed Park e conoscendo Gilbert, Fox immaginava che il finale sarebbe stato a intepretazione aperta: Ron era aperto a feedback, ma lui non vi si è opposto, nonostante i suoi gusti viaggino molto più su narrazioni con chiusure tradizionali (vedi Zak) e non ami molto David Lynch. Detto questo, quando ha finalmente giocato il titolo intero dall'inizio alla fine, un mese prima dell'uscita, si è commosso nonostante da programmatore sapesse già cosa doveva succedere. È d'accordo con i giocatori che, pur magari non amando troppo quel tipo di finale, sostengono che non potesse terminare in un altro modo.
- Quindi cosa ha fatto su Return? Implementazione iniziale delle stanze, regolazione delle tempistiche delle animazioni, definizione degli hotspot, regolazione dell'illuminazione, integrazione delle musiche (e sincronizzazione degli effetti sonori con i movimenti)... molte di queste cose integrando l'uso delle librerie FMOD e Spine per sonoro e animazioni, nel codice scritto con l'engine proprietario di Gilbert, il Dinky: è simile al C, ma anche allo SCUMM, perché dal codice è molto facilmente immaginabile cosa stia accadendo sullo schermo. Preferisce quell'approccio via codice a quello di altri engine per avventure, tutti basati su interfacce grafiche. Ha scritto qualche testo di interazioni secondarie, tipo quando esamini più e più volte la stessa cosa, ma nulla più. Scene più difficili da programmare? I furti al museo su Mêlée e la gara di mangiate su Brrr Muda.
- Alla Lucasfilm Games soffrì sulle prime della sindrome dell'impostore: non aveva mai fatto un videogioco prima, e capì di essere considerato da tutti il capo-progetto di Rescue on Fractalus! dopo sei mesi che il gioco era in lavorazione!
- Il suo lavoro per le Disneyland d'oriente (Hong Kong, Tokyo) passò attraverso Jonathan Ackley, che dopo l'impiego alla LucasArts fu assunto dalla Disney Imageenering (la divisione che si occupa dei parchi a tema): lui e Annie hanno lavorato sulla Leonardo Challenge, poi finalizzata da Jonathan.
- Dopo Return, sta tornando a lavorare su una versione in VR del suo Rube Works, oltre che su un fix per le incarnazioni Mac e Android (la compatibilità del gioco è saltata a causa degli aggiornamenti dei sistemi operativi). Sta anche preparando una versione ebook di alcuni precedenti libri non più ristampati di sua moglie Annie (pedagogista e psicologa), dei quali hanno riottenuto i diritti.
- Zak 2 sarebbe possibile adesso? Solo se lo facesse qualcun altro, che eventualmente avesse già trovato i finanziamenti, e lui si limitasse a collaborare a sceneggiatura e design. Di dirigere un progetto di quella portata, per ora, non se ne parla proprio: non se la sente.
Limited Run Games ripropone Sam & Max Hit the Road, ma è un po' incerto sulla Humongous
Seguo il materiale di Sam & Max da anni, ho anche la collezione in dvd della serie tv e l'antologia dei fumetti di Steve Purcell (ripubblicata e potenziata dai Telltale nel 2007), per cui devo dirlo: la dotazione di gadget dell'edizione a tiratura limitata di Sam & Max Hit the Road, proposta da Limited Run Games per 100 dollari, sembra davvero notevole. Sono tutte illustrazioni realizzate da Purcell nei 35 anni di vita dei personaggi, però ingrandite e, nel caso del farneticante gioco dell'oca, anche colorate. Ed è una chicca la riproduzione dell'albo "Sam & Max On the Road" che ispirò il punta & clicca. Oltretutto, intravedo che il retro della riproduzione della scatola originale è stato rivisto e migliorato (in effetti aveva un design un po' piatto). Detto questo, io vi avviso della cosa ma mi terrò stretta la mia confezione storica con "LucasArts" invece di "Lucasfilm Games". ;-) Preordini dal 6 gennaio al 5 febbraio 2023.
Sono rimasto più perplesso invece dalla Humongous Classic Collection per Switch: il titolo mi aveva fatto pensare a una collezione definitiva delle opere della Humongous Entertainment di Ron Gilbert, invece è parziale e non presenta nemmeno tutte le saghe complete. Che strana scelta, peccato.
Tim Schafer non perde l'entusiasmo
Mentre rimaniamo curiosi di sapere cosa la Double Fine di Tim Schafer abbia in serbo nei numerosi giochi più piccoli in lavorazione per il Game Pass, Tim si gode ancora il post-Psychonauts 2 e concede un'altra intervista a New Musical Express. Ci sono concetti da lui toccati di recente in altri video che vi segnalai, come il discorso sull'inclusività e il politicamente corretto: per lui non sono imposizioni ma modi di rapportarsi a chi ascolta, in modo tale da ottenere il voluto effetto di divertire, senza comprometterlo con stereotipi offensivi o discriminazioni. Dice anche che non si suppone che "la commedia faccia del male alle persone", ma penso che questo sia uno dei punti più dibattibili, dato che un intero filone di umorismo si basa sull'umiliazione e la provocazione. Chiaramente mai il suo. Seleziono qualcosa del resto.
- La sua prima console è stata la Magnavox Odyssey, poi passò sugli home computer Atari 400/800.
- Sul "crunch", cioè sul costringere i collaboratori a fare le ore piccole per lavorare sul gioco: "L'importante è non renderlo prassi. Se hai il crunch, vuol dire che qualcosa è andato storto. O hai valutato male la portata del progetto, o hai perso per qualche ragione produttività, o è successo qualcosa di brutto. L'importante è non considerarlo normale. Devi domandarti come risolvere il problema. Ed è una lotta costante per migliorare, di gioco in gioco."
- "Io penso che ci siano ancora tanti giochi da fare e che non vengono fatti, giochi che attirerebbero più persone, che ora non si considerano giocatori. Mi piacerebbe spingere i confini di quello che viene considerato un gioco. [...] È importantissimo espandere l'idea di cosa un videogioco possa essere." Attualmente la Double Fine, parte degli Xbox Game Studios, è per lui "limitata solo dalla nostra creatività".
- I suoi giochi preferiti del 2022? Return to Monkey Island, Stray e Tunic.
- "Spesso sento di avere questa sorta di disforia d'età, nel senso che mi dimentico quanti anni ho. [...] Sono stato molto attento a curare il mio stesso divertimento nella mia carriera. Puoi finire spinto in ruoli che non vuoi ricoprire, o spinto a fare giochi che non vuoi fare, solo perché sono quelli che la gente vuole o sono quelli che pensi possano vendere. La tua carriera può finire in un vicolo cieco, in cui ti ritrovi a fare quello che non vuoi fare, e allora molli tutto. Quando ti svegli al mattino non ti senti più entusiasta. Ho sempre puntato alla cosa che mi rende più felice, in modo da poter ancora dire dopo trent'anni che sono molto felice di fare videogiochi.”
Bizzarrie e impegno dei fan lucasiani
Gli Error 47, band e sviluppatori amatoriali allo stesso tempo, hanno fuso le loro cover di celebri temi videoludici con un fangame punta & clicca, creando Zak the Maniac - An Interactive Music Video: come si intuisce, è un omaggio incrociato a Maniac Mansion e Zak McKracken and the Alien Mindbenders. La grafica è rippata dalle prime versioni DOS "256K" di quei due giochi, ma le musiche sono appunto quelle del del loro album, del quale accettano preordini in vinile.
Di tutt'altro tipo è stato l'impegno di fan programmatori sul The Force Engine: si tratta in sostanza di un nuovo motore per far girare sui PC moderni l'immortale FPS Star Wars Dark Forces (e prossimamente Outlaws). Non è impresa da poco, perché a differenza delle moderne "source ports" per giochi come Doom o Quake, nessuno ha mai reso disponibili i sorgenti di quei titoli, ergo si tratta di puro reverse-engineering: risoluzioni più alte, frame rate sbloccato, più opzioni audio, controlli di stampo moderno. Non l'ho ancora provato, ma questo tipo di operazione merita rispetto. Sono le forme più belle di restauri videoludici, come ebbi modo di dire in un vecchio articolo sull'argomento remake/remaster.
Bene, fine dell'ultimo aggiornamento del 2022. Un Buon Anno sincero a tutti!
Ciao,
Dom
27-11-2022
Ci attrezziamo tardivamente di coreografici copricapi adeguati alla stagione fredda, e allo stesso modo ci allontaniamo dal caldo inizio autunno che abbiamo vissuto, con l'evento di Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman. La bomba ha avuto conseguenze di vario tipo sui fan e sul mondo dei videogiochi, ma ce n'è una indiretta davvero preziosa, tanto che può essere la chiave di un festeggiamento doveroso...
25 anni di The Curse of Monkey Island
The Curse of Monkey Island di Jonathan Ackley e Larry Ahern ha compiuto questo mese ben un quarto di secolo. Negli anni la sua qualifica di "Monkey Island 3" è stata contestata da una parte dei fan della saga, in quanto ritenuto spurio rispetto a The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge di Ron Gilbert: era più cartoon, più scopertamente umoristico, diverso, il famigerato "non canone".
Inutile dire che, all'indomani della pubblicazione del Return to Monkey Island firmato proprio da Ron, che non lo cancella di certo (anzi!), Curse non potrebbe festeggiare meglio i suoi primi 25 anni. Esilarante e invecchiato benissimo, cosa che non sono riusciti a negare nemmeno quelli che come il sottoscritto ne furono spiazzati (ma immensamente e sinceramente divertiti), questo gioco è ora a tutti gli effetti il terzo Monkey Island. L'unica cosa che mi sono sentito di fare per festeggiarlo, consapevole che nulla di quello che chiunque potrebbe scrivere o dire sarebbe all'altezza della benedizione di Ron appena avvenuta, è una doverosa correzione alla mia scheda, nel finale della sezione "soggetto e progettazione". È come se il gioco avesse lottato per anni per una definitiva collocazione storica, ora chiara e inequivocabile.
Se volete ripassare qualche pensiero dei due autori, vi rimando alle news di qualche mese fa, quando sintetizzai le risposte di Larry e Jonathan nell'intervista-fiume di Mixnmojo.
Ora tappatevi in casa, El Pollo Diablo è sempre a caccia!
Return to Monkey Island: fase di assestamento
Sono proseguiti nell'ultimo mese gli aggiornamenti di Return to Monkey Island: è stato aggiunto un doppiaggio tedesco (perché il più conveniente per il mercato delle avventure, suppongo), mentre l'avventura è sbarcata su console diverse dalla Switch, lasciando però non poco amaro in bocca. Con una mossa che non riesco bene a decifrare, Return è stato infatti reso disponibile SOLO su Playstation 5 e Xbox Series X/S. Ora, non è esattamente un titolo affamato di risorse hardware, e mi aspettavo che fosse convertito per Playstation 4 e Xbox One, con un'opzione di compatibilità per le generazioni successive, una tattica che ho visto usare molte volte in ambito indie: questa scelta invece suona più elitaria del previsto, anche se dubito che Devolver Digital e Terrible Toybox siano seppelliti da proteste, visto che tradizionalmente queste piattaforme non catalizzano l'attenzione degli appassionati di avventure grafiche. Però ora queste edizioni esistono e vanno giudicate: così l'allargamento del pubblico è incompleto.
Ha invece molto senso l'imminente disponibilità del gioco su Good Old Games, finalmente acquistabile anche da chi è giustamente allergico ai DRM. A due mesi dal debutto su Steam la mossa è tardiva, e continuo a pensare fosse legata a una decisione della Lucasfilm/Disney, perché né Devolver né Ron Gilbert sono mai stati restii al DRM-Free. Ad ogni modo, su GOG ci saranno così tutti i capitoli della saga. Bene. Era una questione di principio.
Ho la sensazione che i lavori siano davvero in chiusura, visto che Ron ha scritto su Mastodon che è tornato a scervellarsi sul suo RPG roguelike "alternativo" in pixel-art, il progetto che stava inseguendo prima di dedicarsi a Return. Nel frattempo però Dave, in occasione della pubblicazione su Xbox e Game Pass, ha scritto un pezzo spiritoso con qualche consiglio e qualche ridicolo disclaimer per chi si accinge ad affrontare Return: 1) Le nozioni di Dee sulle ancore sono balle, non credeteci; 2) I nomi dei pesci sembrano inventati ma esistono sul serio; 3) La soda di avocado esiste davvero, ma loro non lo sapevano; 4) È vero, non ci sono scimmie su questa Monkey Island, ma dopotutto è un gioco sui pirati, mica sulle scimmie; 5) Non battezzate i vostri figli Guybrush, perché poi li prendono in giro a scuola, al limite cambiatevi il vostro stesso nome; 6) Non abbiate paura di sentirvi puniti dal gioco, ma non riproducete quelle azioni nella vita reale, perché le cose finirebbero diversamente; 7) Ricordatevi di attivare il "writer's cut" nelle opzioni per sentire tutti i dialoghi; 8) Gustatevi il gioco senza troppa fretta.
A prescindere da un premio secondario a Rex Crowle per la direzione artistica, Return to Monkey Island si è aggiudicato il Golden Joystick Award per il miglior gioco per PC dell'anno, accolto con un video ad hoc da Ron, Dave e Rex. Sono felice più che altro per le conseguenze che quest'esposizione ha nell'allargare ulteriormente la platea, ma sono più cauto quando si tratta di valutare il peso dell'effettivo giudizio. Quando c'è di mezzo la votazione degli utenti, questi riconoscimenti diventano una gara tra i titoli che hanno più fan disposti a votarli, senza nemmeno prendere in considerazione gli altri candidati. Qui peraltro i candidati erano tutti diversissimi, e non so quanti si siano effettivamente soffermati su un paragone sensato tra un Total War Warhammer e Return! Le 6.000 recensioni su Steam in un paio di mesi (positive al 93,4%!) pesano a mio parere molto ma molto di più.
I fan hanno inevitabilmente cominciato a smanettare: il buon BGBennyBoy di Quick & Easy Software ha ultimato un explorer per gli archivi del gioco. Un altro ha estratto e reso disponibile la colonna sonora, tuttora non pubblicata ufficialmente. Occhio anche ai due approfondimenti di Danilo Puce: "La bellezza di Monkey Island dipende da LeChuck" e "Il segreto è una lettera commovente".
Qualcun altro ha preferito essere meno tecnico e più artistico, lanciandosi nel fanfilm Tales of Mêlée Island: storia del pirata Patchy su Mêlée, prima dell'arrivo di Guybrush, tra Scumm Bar e duelli a insulti. Poteva essere un pizzico più veloce e ritmato, ma la realizzazione è davvero elegante... e la storia è divertente.
Full Throttle: Hell On Wheels: un altro ritrovamento
Sono molto contento quando riaffiora materiale riguardante giochi mai pubblicati e cancellati. La doppietta di cancellazioni di Full Throttle: Hell on Wheels e Sam & Max Freelance Police, tra il 2003 e il 2004, segnò di fatto la fine della LucasArts come sviluppatore di avventure grafiche, e non solo: come sviluppatore sperimentale. Perché Full Throttle 2 doveva fondere l'avventura grafica col picchiaduro, mentre Freelance Police doveva proporre la struttura episodica. Idee strampalate? Mica tanto: i Telltale costruirono la loro fortuna sulle "stagioni" di Sam & Max, mentre proprio quest'anno è uscito Brok the InvestiGator, assai apprezzato mix di adventure e beat'em up. La Lucas sarebbe stata in anticipo sui tempi (come sapeva essere), se avesse creduto un po' di più in questi due titoli. Comunque, ecco cosa è saltato fuori su YouTube.
Esatto, si tratta proprio di una sezione picchiaduro di Hell on Wheels: ne avevamo letto descrizioni, però non l'avevamo mai vista in movimento. Era il demo per l'E3, immagino le animazioni sarebbero state migliorate fino all'uscita. Pare che quella ripresa sia stata fatta nell'estate 2003 dai redattori di una rivista olandese. Queste immagini fanno il paio con gli animatic delle due sequenze emersi qualche mese fa. Involontariamente simbolici sono due dettagli di quel video. Alla sinistra si vede Malena Slettom, poi Annable, che sarebbe diventata producer per la Double Fine, mentre il joypad è impugnato da... Dan Connors, di lì a un anno cofondatore dei Telltale e attualmente presidente della Skunkape. La diaspora dei talenti lucasiani nelle sue filiazioni stava per cominciare. Era davvero inevitabile?
Ho naturalmente aggiornato la mia ricostruzione di Hell on Wheels con questa chicca.
Indiana Jones 5 si avvicina, ci siamo davvero
Parentesi cinematografica passionale. Non sottovaluterei il miracolo a cui assisteremo a fine giugno 2023, quando arriverà in sala il quinto Indiana Jones con Harrison Ford, che ha 80 anni e ha girato il film a 79, testa dura che non è altro, facendo impazzire il povero regista James Mangold, che ha dovuto pure fermare il set dopo che si è prevedibilmente fatto male. A questo punto dovreste già aver visto le foto in giro, provenienti da un articolo esclusivo di Empire (link diretti Twitter: 1,2,3,4, più queste). Se non volete sapere più nulla, fermatevi qui.
Sì, Harrison è molto vecchio e Mangold, anche coautore della sceneggiatura, ha confermato che ha preso di petto la questione, rendendo l'invecchiamento e il sentirsi "superati" temi centrali della vicenda, ambientata nel 1969, l'anno dell'allunaggio. Il prof. Jones sta per mollare tutto, disorientato da un mondo che non riconosce più, dove ex scienziati nazisti come Voller (Mads Mikkelsen) lavorano con la NASA: è l'apparizione di una sua figlioccia (azzardo: parente del fu Marcus?), Helena (Phoebe Waller-Bridge), a ritrascinarlo in azione. Comincerà un viaggio intorno al mondo (Sicilia compresa) per battere sul tempo Voller, che cerca un artefatto in grado di "rettificare errori del passato".
La coprotagonista Phoebe Waller-Bridge non diventerà la "nuova Indiana Jones": Mangold ha smentito categoricamente di aver mai pensato il personaggio di Helena come una futura sostituta femminile del prof. Jones. Io non escluderei che si punti molto su di lei, magari per una serie spin-off per Disney+ (ce ne sarebbe già una in gestazione, con protagonisti non dichiarati), ma mi sembra evidente si parli di un'erede "concettuale" di Indy, non letterale: una persona che lo prende ad esempio ma a modo suo, non che indossa la sua eredità tipo costume di Batman. Non vedremo la scatenata protagonista (e autrice) di Fleabag andare in giro in cosplay, insomma.
Indiana Jones is back!
— Empire Magazine (@empiremagazine) November 18, 2022
“It’s full of adventure, laughs, and real emotion,” says Harrison Ford. Take a first look at Indiana Jones 5, from Empire’s major world-exclusive new issue.
READ MORE: https://t.co/VYFhQ7Rqyn pic.twitter.com/rMGsoxZLKk
Mangold ha anche smentito la voce (messa in giro da uno youtuber) che voleva la Disney così scontenta del film da aver sottoposto ben sei finali alternativi a un pubblico di prova, addirittura riservandosi di spostare Indy 5 direttamente sullo streaming: non ci sono sei possibili finali tra cui scegliere e, quando Mangold ha pubblicato la smentita, ha giurato che un test screening non era nemmeno mai stato fatto. L'uscita cinematografica è appena stata ribadita.
Harrison è stato ringiovanito digitalmente? Sì, ma solo per il prologo, che si ambienta nel 1944: in quelle sequenze, concepite da Mangold come omaggio alle atmosfere di Indy più "tradizionali", Indiana è stato interpretato dallo stesso Ford anziano con i tracking marker sul viso per la postproduzione digitale, nonché dalle sue varie controfigure, tutti trasformati nell'Harrison giovane, campionato dai suoi tanti film, per interessamento dell'Industrial Light & Magic. Ford ci ha scherzato: gli fa un po' paura, non ha mai visto un risultato così credibile, però "non è che mi abbia fatto venire la voglia di tornare giovane, vado fiero dei miei anni".
Trailer imminente, si vocifera di un titolo, "Indiana Jones and the Dial of Destiny": una "ruota del destino"... la stessa che Helena ha in mano in una delle foto, e che mi ha trasmesso un brivido alla Fate of Atlantis? Ci saranno davvero i viaggi nel tempo come qualcuno ipotizza? Con il tema della vecchiaia e del tempo che passa sotto i riflettori, la cosa avrebbe senso: Mangold ha insistito sul fatto che con gli altri sceneggiatori, i fratelli Butterworth, sono voluti andare oltre lo stereotipo del "sono troppo vecchio per queste cose". Indiana Jones 5 sarà un vero sipario per il personaggio... e ricordando Logan dello stesso regista tremerei, se non fosse che Spielberg, questa volta solo producer, garantì che non avrebbero fatto fuori Indy.
Le sfide di Psychonauts 2: scrivere l'inclusività quando non sei "l'altro"
Non è mai tempo perso curiosare dietro le quinte della Double Fine di Tim Schafer, specie quando loro stessi svelano qualcosa della lavorazione di Psychonauts 2. Mi ha stupito per esempio un video con le voci provvisorie fornite dagli stessi membri del team: incredibile come qualcuno risulti all'altezza della situazione! Chicche sporadiche a parte, siamo ancora in attesa del documentario dei 2 Player Productions, ma se il buongiorno si vede dal mattino, la conversazione tra Tim e il level designer James Marion rappresenta un confronto assai interessante e prezioso. L'approfondimento riguarda i personaggi di Bob e Helmut nel gioco, quindi quel che segue è spoiler, nel caso non vi siate ancora cimentati con questo bel titolo.
- Perché non c'era mai stato prima un personaggio gay in un gioco della Double Fine? Imbarazzo nel gestirlo o naturale tendenza della casa a evitare in generale argomenti di natura romantica o sessuale? Per Tim entrambi i motivi. Un po' è più facile scrivere di quello che conosci, un po' la paura di sbagliare il tono è anche forte. Era nervoso all'idea di presentare Bob come omosessuale: "Se lo gestisco male, sarà ancora peggio". Forse c'è sempre la paura, quando appartieni a un gruppo, di rappresentare male un altro gruppo.
- Nell'idea originale di Tim c'era un triangolo amoroso tra Ford, Lucy e Bob, ma nella battaglia finale ci sarebbe stata la grande rivelazione: Bob era innamorato di Ford e non di Lucy!
- James a quel punto ha rilanciato a Tim un'altra angolazione: gli ha detto che, da omosessuale, non lo faceva impazzire lo stereotipo dell'ennesimo gay non riconosciuto. Da responsabile del design del livello, si è chiesto inoltre con il suo team se fosse giusto dare per scontato che gli Psiconauti fossero aperti all'accoglienza di un gay. Cresciuto in un contesto cattolico, si è sempre sentito dire che l'omosessualità era una "scelta" sbagliata, quindi per lui non è mai un passaggio scontato. La risposta è stata positiva: nel contesto della saga nessuno "sbaglia" e le menti di tutti seguono una logica da comprendere e rispettare. A maggior ragione tra gli psiconauti l'accettazione doveva essere garantita.
- James stava da poco col suo compagno Aiden quando i lavori su Psychonauts 2 sono iniziati, e rivedeva se stesso in Helmut, così come Aiden gli ricordava Bob. Allora ha pensato che potessero stare bene insieme e l'ha proposto a Tim: gli sembrava che la tragedia di aver trovato una dimensione e di averla persa fosse più forte del solito amore non corrisposto.
- Tim è rimasto spiazzato sulle prime dal ragionamento: doveva rinunciare forse a una narrazione che gli pareva più forte in favore di un approccio più disinvolto? Senza colpo di scena? Però in effetti, dato l'argomento, la soluzione proposta da James era più significativa. "Non un altro gay perdente, per carità!", scherza James: "Siamo riusciti a creare mezzo livello in un gioco Microsoft con una torta nuziale gay!"
- L'implementazione della tematica nelle menti di Bob e Helmut è stata comunque condivisa con altri membri del team e, stabilito il punto di partenza, si è seguita naturalmente la tendenza caratteriale dei due diversi personaggi.
- L'approccio nella creazione di livelli è a strati e stadi successivi, a volte spalmati nei mesi se non negli anni. Tim fa in modo che tutti i membri del team capiscano le tematiche narrative di un determinato livello/mente, così via via chiunque contribuisca all'esperienza produce idee o asset coerenti col tema o che auspicabilmente lo espandano. Le Fantasticherie sono un modo molto veloce e rapido, tramite singole fluttuanti illustrazioni, di raccontare qualcosa che la sceneggiatura o la geometria del livello non hanno ancora espresso.
- Perché Psychonauts 2 si concentra di più su persone più anziane, rispetto al primo capitolo? "Perché ora sono vecchio e sono figo!", commenta Tim, che però poi seriamente spiega che - almeno consciamente - era solo interessato a raccontare la storia degli Psichici 6, che avevano quell'età. James ride, perché non solo trova inusuale che un gioco si concentri così tanto su persone di mezza età, ma anche che la coppia gay rappresentata non sia giovane e bella, come di solito la ritraggono gli studi cinematografici per captatio benevolentiae: "Qui sono due anziani, pure grassi, e uno è depresso! Una rappresentazione piuttosto rara!"
- Questo tipo di rappresentazione può ampliare il bacino di utenza del gioco, già molto ampio e variegato? James lo spera, anche se ironicamente dice che punta soprattutto a persone esattamente come lui!
- È proprio James a domandare a Tim come reagisca quando i fan attribuiscono varie identità sessuali a personaggi che non ne hanno una esplicita: per Schafer è sempre un bene, perché se qualcuno ha l'urgenza di fare una cosa del genere, significa che sente il personaggio in questione come reale, vero. Da completare.
- L'idea della rappresentazione passa però da una rappresentanza nel team stesso. James ricorda che con il suo sottoteam avevano pensato di raccontare specifiche etnìe, però vi hanno rinunciato perché nello studio non c'era nemmeno una persona che vi appartenesse e potesse garantire in qualche modo un pensiero autentico in merito. Per lo stesso discorso è stata scartata una mente trans o non-binaria.
- Per Tim bisogna fare anche attenzione a non cadere in una trappola, cioè nel pretendere che qualcuno sia rappresentativo del suo gruppo, come automatico obbligo morale. La correzione nella storia di Bob e Helmut è stata proposta a Tim da James stesso, sponte sua: "Non è che gli ho detto io: James, tu che sei gay, aiutami qui..." Una persona ha anche il diritto di non voler parlare del suo privato, la chiave è impostare un ambiente creativo tale in cui ci si senta liberi di esprimere il proprio parere, se si sente che sia il caso, com'è successo in questa circostanza.
- James apprezza proprio quest'atmosfera della Double Fine: quando è successo, era in azienda da pochi mesi e con altri capi, altrove, avrebbe avuto remore nell'esprimere così liberamente il suo punto di vista. James: "Sono felice che tu mi abbia fatto contribuire!" Tim: "Sono sempre felice quando qualcun altro fa il mio lavoro!"
- Tentare la carta della rappresentazione è un rischio, perché puoi in effetti sbagliare e suonare finto, spiega Tim. Devi fare del tuo meglio, cercando un terreno comune: puoi pensare a un dialogo romantico innanzitutto come a un dialogo tra esseri umani. In questo caso è più che mai utile abbandonare le caratterizzazioni stereotipate, che in questo contesto, invece di aiutarti, peggiorano la situazione. Su quella base, l'apporto degli animatori e dei doppiatori aggiunge ulteriori dimensioni di credibilità e di profondità ai personaggi.
Le sfide di Psychonauts 2: la musica improvvisata
Un altro videoconfronto ha visto discutere Peter McConnell e Camden Stoddard, rispettivamente compositore e audio director di Psychonauts 2, di una sfida sonora particolare, causata da un imprevisto riguardante il livello "I follicoli di Ford". Anche qui, occhio agli spoiler.
- Perché parlano proprio del livello "I follicoli di Ford"? Psychonauts 2 è un gioco molto complesso musicalmente, e in quel caso ne avevano pensato e già realizzato la colonna sonora, prima che il suo design cambiasse, rendendola inadatta a ciò che il livello era diventato! Non era previsto infatti che si raccontasse tanto del passato di Cruller, molto cupo, e le musiche concepite come dinamiche cozzavano col registro. Le hanno spostate in un'altra parte del gioco, ma quella sezione sarebbe rimasta senza commento musicale! Impossibile.
- Peter spiega che le prime musiche erano ispirate al Barbiere di Siviglia, in chiave Looney Tunes, in omaggio alle tipiche gag di Bugs Bunny. Ormai era fuori contesto con la nuova atmosfera del livello, plumbea, così - nell'impossibilità di riaffittare l'intera orchestra per ragioni di budget - ha lavorato vari brani del gioco (compreso il tema di Maligula), rallentandoli e riproducendoli al contrario!
- Camden e Peter hanno discusso di questo tipo di esperimenti fatti dai Beatles nel loro White Album. La soluzione ha funzionato, anche se è rimasto il dolore di aver confinato l'originale "Happy Barber" a una filodiffusione nella bottega del barbiere, nel quartier generale. "Un'intera orchestra e poi la senti solo attraverso la radio!", recrimina ridendo Camden.
- Una musica vivace e "felice" automaticamente, se riprodotta al contrario, ottiene l'effetto opposto. "Una volta un prete mi disse: il male è vivere al contrario!", ride Peter.
- McConnell spiega di nuovo come, a causa delle restrizioni per il Covid, l'Orchestra Sinfonica di Melbourne, composta da 64 musicisti, avrebbe dovuto registrare ogni brano in tre gruppi separati da massimo 20 individui. Successivamente è stato concesso di arrivare a 30, perciò hanno diviso i brani tra parti di ottoni e percussioni e parti di corde e fiati.
- A quel punto, con la collaborazione del sound editor Bill Storkson, il lavoro di Camden è però diventato paradossalmente più creativo, perché avere le due sezioni della colonna sonora separate consentiva di enfatizzare un tipo di sonorità rispetto a un'altra, a seconda delle esigenze narrative e interattive. Un lusso involontario, perché di solito i pezzi d'orchestra vengono eseguiti in un blocco unico (per quanto spettacolare e prezioso).
- Questo approccio ha aiutato per esempio a commentare al meglio musicalmente le sequenze non interattive, per le quali di solito si compone basandosi su storyboard e animatic: capita sempre che qualcosa cambi nell'animazione definitiva, ma il reparto audio questa volta era più pronto a improvvisare, enfatizzando, allungando o stemperando.
- Comporre per un videogioco, come fa Peter in queste produzioni massicce, è assai diverso dal comporre per i mezzi lineari tipo il cinema: non è solo questione d'interazione, deve anche adattarsi ai cambiamenti in corso d'opera, non agisce a gioco finito, ma lavora parallelamente ai grafici, ai programmatori e ai designer.
- Perché la saga di Psychonauts è stata in grado di coinvolgere i fan dei passati lavori di Tim ma anche dei giovanissimi (compresi giocatori adolescenti sui quindici anni)? Per Peter si deve ai temi universali che le storie toccano e i personaggi incarnano: nel bene e nel male, anche se le generazioni e i contesti cambiano, alcune sfide psicologiche per l'essere umano non cambiano mai.
- Peter pensa che Psychonauts 2 sia un caso particolare nella sua carriera, perché riascoltando la colonna sonora per la prima volta non ha avuto alcun rimpianto: ha fatto tutto quello che desiderava fare (e se nelle registrazioni a volte qualcosa non va nel modo previsto, ha imparato a capire che spesso è una buona cosa). Camden è d'accordo: in quanto responsabile dell'audio, non era preoccupato dall'accoglienza dei contenuti, perché quello di Psychonauts è un mondo che può parlare a tutti, voleva più che altro assicurarsi che il sound design rispettasse l'originale e lo arricchisse.
- La musica dell'Area Opinabile è ispirata al lavoro di John Denver, Peter si è sbizzarrito col banjo e ha coinvolto anche il suo amico Paul Hansen al basso elettrico ("pare un sassofono!"). Il brano ha anche apporti dell'orchestra.
- La creatività coinvolge molto il sound design in un gioco così: Tim per esempio aveva una precisa idea di come voleva il suono dell'energia psichica, e Camden e i suoi hanno capito che gli effetti sonori in Psychonauts funzionano meglio quando sono "tonali", quando cioè diventano quasi musica. Per quanto riguarda Peter, è sempre rimasto aperto alla sperimentazione musicale per quanto riguardava situazioni di gioco e ambienti, assicurandosi solo che fossero bene a fuoco le melodie fondamentali legate ai personaggi, vecchi e nuovi.
- Rifacendosi a una domanda chiave che guidò la poetica del primo Psychonauts, "Di che colore è il cielo nel tuo mondo?", qual è la loro risposta? Per Camden è scarlatto. Per Peter è spesso viola o verde.
Le sfide di Psychonauts 2: una location non lineare
L'Area Opinabile di Psychonauts 2 è uno dei luoghi più ricchi d'interazione nel corso del gioco. Seth Marinello, capo-designer, ha raccontato alcune curiosità legate alla sua lavorazione protratta negli anni, tra ripensamenti e strategie generali, legate a questo tipo di platform/adventure esplorativo. In questo caso, gli spoiler sono limitati.
- Il gioco in origine cominciava nell'Area Opinabile, dove si incontravano subito i genitori di Raz. La location costituiva anche il primo demo giocabile che confezionarono, nel 2017. Si entrava nell'area non dall'ingresso dei visitatori, ma dalla zona che ora è la cascata, guidati dalla sorella di Raz, Frazie. L'impatto però non era ottimale e hanno cambiato idea.
- Al posto della cascata doveva esserci un albero circondato da un campo di forza dove non valeva la gravità, idea di Peter Chan nella concept art, sulla scia del Mystery Vortex di Sam & Max Hit the Road. Lo scopo era parodiare il gusto pacchiano di alcune attrazioni sparse nella provincia americana. Aveva però più senso narrativo usare un punto focale che avesse a che fare con l'acqua, tematicamente. Da lì la cascata. Non sempre una bella idea di per sé si amalgama bene in un contesto.
- Le quest all'interno dell'area opinabile sono state concepite per caratterizzare gli Aquato e allo stesso tempo spingere il giocatore all'esplorazione dell'ambiente (come nella missione legata alla musica della radio).
- La prima volta che si esplora un ambiente, è bene che il giocatore sia premiato in qualche maniera, narrativamente o con qualche bonus.
- Elementi che bloccavano la caduta di Raz sono stati posti solo quando si riteneva che il giocatore non potesse sempre valutare la distanza dal suolo.
- I graffiti sotto il ponte della funicolare venivano da concept art di Emily Johnstone realizzate per le prime versioni giocabili dell'area. Marinello ha deciso di non perderle e le ha collocate lì.
- Bisogna fare attenzione al passaggio dalle versioni di test alla versione definitiva di un livello di questo tipo: gli ingranaggi della funicolare per esempio, con la grafica incompleta, erano molto più facili da localizzare, e sono stati spostati per essere più evidenti, nell'ambiente rifinito del gioco completo.
- L'alta mobilità di Raz poneva ai designer dei livelli una costante sfida: fino a dove si poteva concedere al giocatore di andare, tenendo presente che lo si voleva limitare il meno possibile? Il giocatore medio di Psychonauts tende comunque a esplorare i livelli verticalmente, immedesimandosi nell'acrobata Raz, ma con l'idea di trovarvi dei segreti. Anche per questa ragione nell'Area Opinabile, in alto, ci sono solo quest secondarie: teoricamente si può finire il gioco senza salire mai.
- L'idea che ci fosse qualcosa dietro la cascata deriva da una concept art di Lisette, l'art director, che aveva suggerito un bagliore colorato dietro l'acqua. La routine che muove i tronchi verso l'alto è la stessa che muove le buste da lettere giganti in una delle menti di Cruller.
- Gli yeti taglialegna non erano nei design di Chan e sono stati un'invenzione estemporanea. Un parco con un taglialegna come mascotte esiste sul serio nella contea di Sonoma, e ha un sapore da anni Cinquanta-Sessanta molto adatto al gioco.
- Le idee narrative nei livelli da chi partono? Da Tim o dal level designer? Dipende. Marinello presentava di solito a Tim le sue proposte per i personaggi da collocare negli ambienti: una volta che Schafer le approvava, Tim si occupava di scriverne le scene o i dialoghi interattivi. Così è nato l'incontro con Sam nel diner abbandonato, peraltro il primo dialogo ad albero che abbiano implementato (era una prova, l'hanno mantenuto perché era troppo divertente).
- Il documento di design di un hub come l'Area Opinabile è particolarmente complesso, perché indica tutti i personaggi che vi potrai incontrare, in qualsiasi momento della storia, e in quale situazione.
- Gli animali sono stati tutti ideati da Scott Campbell, il character designer della saga, poi sono stati i programmatori dei livelli a decidere dove piazzarli: naturalmente l'Area Opinabile è quella che ha la più grande concentrazione di fauna nel gioco!
- Nella location ci si muoveva verso l'alto sulle prime usando solo i rampicanti, ma quando è stato creato il gadget dell'Accordatore di Pensieri, si è deciso di sostituire alcuni di questi percorsi con i salti della connessione mentale, per varietà e profondità di gioco.
- Rispetto alle sue precedenti esperienze professionali, Seth ha notato che il modo in cui i giocatori affrontano Psychonauts è diverso da quello puramente orientato all'azione, sul quale lui era tarato. Un personaggio col quale parlare è un'attrattiva sufficiente, al pari di un bonus [è la tradizione delle avventure lucasiane, Seth! NdDiduz]
- Marinello è molto contento dell'Area Opinabile, perché è uno degli ambienti del gioco meno necessari per la storia principale, e ha il solo scopo di approfondire narrativamente l'esperienza, con l'esplorazione e l'interazione non troppo guidate. La Double Fine gli ha concesso di investirci comunque così tante risorse perché l'idea era riproporre un ambiente simile al Campo estivo del primo capitolo, così iconico e nodale nei ricordi dei giocatori.
Fine di questo aggiornamento un po' meno faticoso dei precedenti! In chiusura volevo segnalarvi la pubblicazione della colonna sonora in vinile di Sam & Max Save the World della Skunkape: rimane uno dei lavori più spettacolari di Jared Emerson-Johnson e ne vedrei bene l'acquisto da parte di un musicofilo lucasiano.
Ciao,
Dom
30-10-2022
Ciao a tutti! Prima di cominciare l'aggiornamento del mese, in buona parte ancora dedicato a Return to Monkey Island (ma non solo), voglio segnalarvi un'iniziativa nella quale sono stato coinvolto diverse settimane fa. Da tempo pensavamo con Cristiano "Gnupick" Caliendo di "coalizzarci" per una collaborazione tra Lucasdelirium e Calavera Café riguardante Monkey Island. Avevo già partecipato a un paio di loro podcast parlando di Loom e Thimbleweed Park, ma ora ci siamo lanciati in un'analisi video di Return con la moderazione e le pronte cliccate in-game dell'esimio sig. (Gianluca) Santilio: un'esperienza più articolata, arricchita dalle immagini ben montate da Cristiano, che mi ha permesso di veicolare anche in chiave "multimediale" alcune cose che avevo scritto nel mio articolo di approfondimento. Ringrazio loro e ringrazio la mia metà Elisa per aver accettato che sparissi dietro a una porta per diverse ore, immerso per l'ennesima volta in questo (lucas)delirio! Dopo aver visto la prima puntata, tornate qui, perché vi aspetta una caterva di contenuti qui in basso! A partire da un nuovo articolo...
L'incontro leggendario tra i giganti delle avventure grafiche al PAX West
Lo scorso 3 settembre al PAX West di Seattle si è tenuta una conferenza epocale per gli appassionati di avventure grafiche: hanno infatti discusso della loro carriera e delle loro esperienze nel genere alcune reali colonne degli adventure game nei decenni. C'erano il nostro Ron Gilbert, Roberta & Ken Williams (King's Quest), Jane Jensen (Gabriel Knight), Al Lowe (Leisure Suit Larry) e, come simbolica presenza di un autore giovane ma lanciatissimo, il Dave Gilbert (nessuna parentela!) della Wadjet Eye Games.
Inizialmente volevo solo prendere qualche appunto per le news, ma mi sono reso conto che quell'ora e mezza era troppo interessante per non essere raccontata più a fondo, specie per chi non sia in grado di seguire il discorso in inglese. Ho perciò riassunto quanto detto in un articolo apposito che spero vi suoni interessante com'è sembrato a me. Buona lettura e buon tuffo nella Storia del nostro genere preferito!
Return to Monkey Island: la quiete dopo la tempesta
È trascorso circa un mese e mezzo dalla pubblicazione del Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman. L'editore e finanziatore Devolver Digital ci ha fatto sapere che è il titolo della saga che ha venduto più copie in meno tempo: capisco l'entusiasmo, d'altra parte su Steam abbiamo superato le 5.100 recensioni (positive al 93,2%), però mi permetto di dire che è un criterio un po' azzardato da applicare a una saga che ha attraversato trent'anni, in un mercato che è cambiato moltissimo. Forse il paragone varrebbe solo con Tales of Monkey Island dei Telltale pubblicato in digitale nel 2009, ma i precedenti quattro atti delle avventure di Guybrush, dal 1990 al 2000, passavano per gli scaffali, con la relativa lentezza che comportava. Per tacere poi del fatto che la percezione della diffusione di Monkey 1 e 2 era falsata dal numero smisurato di copie pirata in circolazione.
Dopo un breve periodo in beta, la versione nativa Linux del gioco è già disponibile su Steam, quindi per questi utenti non c'è più bisogno di smanettare con Proton e altri layer di compatibilità.
A novembre sarà comunicato se le tre nomination ai Golden Joysticks Awards di Return (migliore storia, miglior gioco per PC, migliore studio) diverranno premi, nel frattempo potete votare, se vi sentite di farlo.
Quei pazzi del fansite Mixnmojo hanno confezionato una versione a sé stante del trivia game che c'è in Return: un ottimo modo per allenarsi (in inglese) alle domande sulla saga e aspirare agli ultimi achievement!
Ricordate il libro solo in francese "I misteri di Monkey Island" del fan Nicolas Deneschau? Dopo una trionfale campagna Kickstarter uscirà anche in inglese nell'ottobre 2023! E a proposito di segreti e misteri, in queste settimane ex della LucasArts hanno rivelato l'esistenza di un vago progetto per una versione Nintendo DS di Monkey 1, risalente al 2006 e mai andata in porto. Non c'è da stupirsi, visto che la LucasArts di quegli anni era la più restìa a ricordare le proprie radici.
La "Lucasfilm Games" di oggi ha fortunatamente un atteggiamento ben diverso, tanto da aver inserito tra i suoi "luoghi mitici" lo SCUMM Bar, in un articolo sul blog. Bella la chiusa, che traduco: "Il mitologo Joseph Campbell (un amico e un'ispirazione per George Lucas) coniò la frase "attraversare la prima soglia", nella sua discussione del mitico viaggio dell'eroe. Campbell evidenziò come questa struttura narrativa sia comune ai miti antichi e alle leggende di tutto il mondo. Questo attraversamento della soglia tra la sicurezza del proprio mondo e un mondo più ampio, strano, pericoloso e più vasto, segna l'inizio di un'avventura."
Ron e Dave hanno concesso poi un'intervista congiunta al sito norvegese NRK: ecco qualche veloce stralcio e qualche concetto:
- RON: "Penso che il responso sia stato migliore di quanto immaginassi. È un po' quello che avevamo sperato, ma penso che mi abbia colpito proprio la reazione dei giocatori ai temi della storia, li hanno colti tutti. E per me è una cosa molto, molto piacevole, perché a volte crei qualcosa e la gente non capisce bene i temi ai quali miravi, il senso o lo scopo della storia. E può essere un po' frustrante, ma credo che le persone abbiano colto molte cose che stavamo cercando di fare, il che è stato molto appagante."
DAVE: "La gente su Twitter posta le emozioni, il gioco sta facendo provare loro qualcosa, non me l'aspettavo. È una reazione gratificante. Ora mi sento in colpa per avere fatto piangere qualcuno, ma è bello che abbia toccato la gente a livello profondo." - Sul confronto tra le polemiche prima dell'uscita e le reazioni dopo aver giocato: Ron ha la sensazione che, oltre al chetarsi delle maggiori lamentele sulla grafica, i più critici siano stati almeno un po' addolciti dall'entusiasmo della maggioranza dei giocatori. Dave non era molto preoccupato, ricordando che all'epoca della Telltale a ogni annuncio riguardante licenze c'erano fan arrabbiatissimi per i rischi corsi dal loro marchio preferito. Dopo l'uscita, l'atmosfera si calmava sempre.
- Sul fandom: per Ron i fan sono un punto di riferimento, almeno finché non cominciano a diventare possessivi nei riguardi di qualcosa, arrabbiandosi quando prende una direzione che non corrisponde a quella che hanno in testa. Non c'è nulla di nuovo, però: ricorda che all'epoca di Monkey Island 2 ricevettero lettere (fisiche, spedite con francobollo) con lamentele riguardanti il finale. Semplicemente oggi queste reazioni sono potenziate all'inverosimile dai social come Twitter, e prendono di mira le persone interessate all'istante.
- RON: "Ora chiunque può creare un gioco e metterlo in circolazione, trovando un piccolo pubblico, ma il problema è farsi notare. Devi fare un sacco di chiasso per dire alla gente che il tuo gioco esiste, per spingerli ad andare a cercarlo."
- RON: "C'erano cose nei Monkey Island fatti da altri che io personalmente non avrei fatto, ma rispetto le persone che li realizzarono. Rispetto ciò che fecero, la loro creatività e le scelte che presero."
Return to Monkey Island, le reazioni negative, più due dichiarazioni d'amore
A dispetto del suo generale trionfo, Return to Monkey Island ha generato anche una minoranza di reazioni e commenti negativi. Ritengo sia giusto riportarli non solo per completezza e dovere di cronaca, ma anche per consentire a chi sia rimasto deluso di non sentirsi troppo solo o sola. Riporto il parere di tre voci competenti, che per me sanno di cosa parlano. Quando l'evento Return si è abbattuto sulla comunità mondiale, mi ero ripromesso di non cascare nella trappola in cui cascai all'epoca di Broken Age e della Double Fine Adventure dieci anni or sono, cioè la tentazione di intavolare processi su social e forum fungendo da avvocato difensore. Nell'attesa stessa del titolo, mi sono sforzato di capire anche le posizioni più negative, in nome dell'importanza del marchio e della saga. Non voglio convincere nessuno, ho detto la mia sul gioco, credo che si possano avere le spalle larghe per reggere i pareri perplessi o negativi.
- È una stroncatura pressocché totale quella di Oldgamesitalia per mano e voce del signor Ojo. Lamenta enigmi poco inventivi, nuovi personaggi poco convincenti, LeChuck ed Elaine più vicini a quelli visti nei Monkey non gilbertiani (quasi irriconoscibili e senza carisma). In particolare, sottolinea come il "segreto" non sia mai interessato a nessuno e men che mai a Guybrush nei giochi passati, e come motore narrativo nasca a suo parere dalla distorsione di un'idea e dalle aspettative dei fan. La trama gli è sembrata un pastone tra MI1 e MI2, per giunta chiusa con un espediente finale stantìo e abusato. In definitiva, Return gli è parso più un modo di Gilbert di chiudere un discorso con se stesso, senza troppa voglia ed energia. Il risultato è un gioco che al massimo è solo una curiosità.
- SPOILER Benjamin "Yahtzee" Croshaw è specialista negli sfoghi/sberleffi dei suoi video "Zero Punctuation" su Escapist Magazine, dove non prende mai fiato (appunto "senza punteggiatura") per demolire un titolo. Sono stato tentato di non segnalarlo, perché questo tipo di critica gigionesca e sbracata fa facilmente passare come verità battute a effetto, però Yahtzee si guadagna un mio (cauto) salvacondotto perché autore di ottimi punta & clicca freeware una quindicina d'anni fa. Nel suo commento a perdifiato Croshaw attacca un Monkey Island annacquato esattamente come quelli post-Monkey2 che a lui non piacevano (odia Tales nello specifico). È un gioco pensato per i fan "come il maglione natalizio dei parenti" che ti devi mettere per forza. Lo stile grafico fa sembrare tutti dei cartonati. È troppo facile e quindi offre meno occasioni di caratterizzare il mondo di gioco con un'interazione estesa. C'è bassa o nulla tensione narrativa, tanto che giudica la lettera finale di Gilbert e Grossman la conferma inequivocabile che "a nessuno gliene frega un cazzo di quello che succede" nel mondo di Monkey Island, dai personaggi agli autori. "Okay, la prossima volta però ditemelo via Twitter, così risparmio 20 sacchi". Confesso di avere riso. E di aver amato Return forse persino di più.
- Assai più moderato ("semaforo giallo") è stato Damiano Gerli nella sua conversazione con Simone "Omone" Guidi (saluto entrambi!). Damiano ha riscontrato poca creatività nel game design, poco coraggio da parte di Gilbert nel differenziarsi dai Monkey non suoi, con uno sforzo di non contraddirli per lasciare tutto in canone. La metanarrativa è perseguita a discapito di tutto il resto, partorendo un mezzo reboot / mezzo sequel come piace fare alla Disney, con nuovi personaggi però solo abbozzati e non sviluppati.
Non ci sono state stroncature sulla stampa specializzata (anzi, a onor del vero, ci sono stati più incensamenti non sempre ben motivati). Solo il russo Riot Pixels è arrivato con fatica a 6.5 scrivendo: "Nessuno aveva chiesto a Guybrush di tornare, ma è venuto lo stesso a rovinare la sua stessa festa. All'inizio fai di tutto per acclimatarti allo stile visivo insolito, sperando che la tua pazienza sia premiata. Alla fine ti domandi come siano riusciti a fottere un gioco decente con un finale così spregevole."
Qualcuno comunque ha incredibilmente osato più di tutti, esprimendo pareri... tiepidi, sul 7 e mezzo. Non sto scherzando, perché credo che questo fosse il passo più difficile da compiere di fronte a un evento del genere: mantenere la calma e avere il coraggio di fuggire dalla demolizione e dall'acclamazione. Per esempio New Game Network scrive: "Return to Monkey Island è una buona modernizzazione di una classica storia di pirati, anche se abusa della nostalgia. La sua offerta di enigmi logici e humor leggero compensa problemi di ritmo e uno stile grafico incoerente". Sullo svizzero Games Ch si ritiene che il gioco non deluda, ma che sia puro fanservice che non può coinvolgere giocatori nuovi. CheckPointGaming pensa che sia "una buona aggiunta alla serie di Monkey Island, cionondimeno limitata dallo strano finale di Monkey Island 2. Nel suo tentativo di spiegarlo, danneggia la sua stessa narrativa, che poteva aspirare a più di quello che ha ottenuto." Leggo che poi la storica Edge nel numero di ottobre ha valutato il gioco con un 7 scrivendo: "Sia nel design degli enigmi sia nella sua narrazione, Return to Monkey Island non rischia".
Having finished #ReturnToMonkeyIsland, I would like to share a thought. Part 1. #monkeyisland #rtmi #guybrush #gamedev #gamedevs
— Jonathan Ackley (@ackley_jonathan) October 21, 2022
Mi sono piaciute particolarmente due considerazioni fuori dal coro delle "valutazioni del prodotto", affettuose dichiarazioni d'amore e rispetto che difficilmente faranno cambiare idea a chi si rivede nelle precedenti righe, ma che vanno citate. È sentita e precisa l'analisi del finale di Danilo "Voodomaster" Lapegna, fan monkeyislandiano di lunga (lunghissima!) data qui in Italia, uno dei mattatori della pagina Spegni il computer e vai a dormire. Danilo ha raccolto la sfida di Gilbert & Grossman come penso fosse necessario fare.
Da collega a collega arriva poi l'abbraccio di Jonathan Ackley, co-autore di The Curse of Monkey Island (1997). Ha scritto su Twitter:
Il gioco e il team hanno la mia ammirazione. È già abbastanza difficile progettare ed eseguire un gioco eccellente, creare un nuovo engine, sperimentare con la grafica e centrare la musica. Ma è ancora più difficile dare un gioco con un significato. Ci vuole coraggio anche solo per azzardare una cosa del genere. Non c'è praticamente alcuna possibilità di riuscirci. Tante cose possono andare storte. Potresti costruire male il significato, portando a rabbia e proteste. Il messaggio potrebbe arrivare come ovvio o vuoto. Potrebbe essere recepito come una lezioncina. Perché rischiare? Cosa c'è da guadagnarci? È solo un gioco, dopotutto. Perché dovrebbe significare qualcosa?
Ma Return to Monkey Island SIGNIFICA qualcosa. Ha un messaggio sul nostro mondo, sulla nostra società, su di NOI. Ci domanda: perché non possiamo goderci le cose belle? Perché non possiamo goderci tutto quello che la vita ci offre, senza cercare conflitti e rabbia nei dettagli? È un messaggio ed è all'altezza dei tempi. In un gioco. Ancora una volta Ron Gilbert e il team hanno fatto evolvere la nostra arte, e l'hanno fatto senza paura. Ron continua a condurci, provando che il game design è un'arte, senza essere predicatorio. Qualche tempo fa Noah Falstein disse che questo gioco sarebbe stato studiato nelle università in futuro. Non avendo giocato, mi chiesi quali innovazioni tecnologiche o d'interfaccia avremmo visto, per giustificare le sue parole. Ma credo che stesse parlando di qualcosa di molto più sottile. Di più profondo. Return to Monkey Island è un gioco che irradia amore. Ben fatto, team.
Return to Monkey Island: Ron Gilbert parla con Cressup
Vale la pena saccheggiare le interviste / let's play della bravissima youtuber inglese Cressup, che ha ospitato Ron Gilbert per parlare di Return a cose fatte. Cosa ci ha raccontato?
- Ha coinvolto Grossman perché, quattro mesi prima di ricevere la proposta della Devolver, stavano lavorando insieme su un altro progetto che non è mai decollato. Nell'intervista di Cressup con Grossman (vedi più in basso), Dave si stupisce ancora di come Ron abbia passato dieci minuti a convincerlo ad accettare di lavorare su un nuovo Monkey con lui: "Guarda che a me non hai bisogno di venderlo!" La verità è che Gilbert per primo non era sicuro di accettare.
- Per quanto riguarda la segretezza della cosa, era sicuro di poterla gestire da parte sua, ma non poteva mettere la mano sul fuoco per il resto del team (circa venticinque persone). Temeva che prima o poi ci fosse un'indiscrezione, ma invece è andato tutto liscio!
- Non ci sono stati personaggi dei Monkey deliberatamente tagliati da Return: lui e Dave hanno lavorato al contrario, dalla storia, decidendo poi via via chi veniva loro naturale di inserire. Avevano pensato a un puzzle che coinvolgeva Meathook / Doppio Gancio, ma l'hanno sentito forzato e l'hanno cassato. Non volevano chiamare in causa i personaggi per puro fanservice (la gag di Cobb scherza proprio su quello, con relativo achievement), anche se, sulla mappa di Mêlée, Guybrush commenta alcune zone che ricorda dal primo Monkey.
- SPOILER: Incastrare il finale di LeChuck's Revenge nel resto della vicenda e della saga era una bella sfida. Quando però, nel brainstorming con Dave, è venuta fuori l'idea di "assegnarlo" al figlio di Guybrush, è partita una reazione a catena: "Tutto quadrava". La nostaglia, la memoria, il modo in cui ricordi il passato, erano apparenti ostacoli alla realizzazione di un gioco del genere. La maniera migliore di affrontarli era non aggirarli e renderli il senso stesso dell'esperienza.
- SPOILER: Il significato del finale sta facendo discutere molto i giocatori: per quanto lo riguarda, missione compiuta, voleva che attivasse una riflessione. C'è stato un sacco di lavoro sugli ultimi dieci minuti di Return, anche su variazioni minime, per esempio non è sempre stato Guybrush a spegnere le luci del parco, in precedenti versioni lo faceva Stan.
- L'opzione "writer's cut" è stata un'idea di Dave: stavano tagliando diversi testi superflui che rallentavano il ritmo di gioco, ma era un peccato perderli del tutto.
- Return sarebbe stato diverso se i Monkey non suoi non fossero mai esistiti? Non sa rispondere, è per lui "speculativo" pensarci, perché il canone degli altri giochi esiste e bisognava affrontarlo ("di certo non ci sarebbe stato Murray!").
- Si aspettava una reazione negativa per l'abbandono della pixel art? Sì, anche in virtù delle cose che aveva scritto anni prima nel blog e per l'idea che il gioco dovesse riprendere dalla fine di Monkey 2. Non si aspettava però gli insulti personali. Non ha mai pensato di mollare il gioco per quello ("Poi era praticamente finito quando l'abbiamo annunciato!") e non ci sarebbe mai stato il tempo ormai di cambiarne la grafica. Cosa che, ci tiene a sottolineare, non avrebbe comunque mai fatto.
- SPOILER: Cogg Island, l'isola tagliata presente in Return solo come easter egg senza interazioni, era impostata diversamente dal resto del gioco: aveva puzzle meccanici alla Myst e non era abitata da nessuno. Procedendo nella lavorazione, si sono resi conto che, con la grandezza del titolo fino a quel momento, avrebbero avuto poco tempo per rifinirlo prima dell'uscita. Tagliare un pezzo avrebbe aiutato e hanno scelto di segare Cogg Island, che peraltro non era completa (la grafica che si vede nell'easter egg era ancora quella preliminare, relativa alla prima versione giocabile, la prova generale). Terror Island invece è sempre stata così, non è stato tagliato nulla.
- Guybrush per Ron non è cattivo, è solo uno che non pensa. Come un cane che ti vuole molto bene, sempre entusiasta, ma a volte colpevole di qualche guaio, di azioni che non giocano proprio a tuo favore.
- Il rapporto tra Guybrush ed Elaine nelle prime stesure non era così sereno, anzi Ron e Dave avevano pensato di portarli quasi al punto del divorzio, ma le scene non funzionavano. Avevano la sensazione di tradire i personaggi, così hanno deciso di aggiustare il tiro e di portare Elaine a raggiungere una certa maturità prima di Guybrush.
- SPOILER:C'era l'idea di rendere LeChuck meno bidimensionale, da lì la trovata del diario. Questo procedimento è stato esteso alla sua ciurma, che non volevano più anonima e che volevano partecipasse attivamente alle missioni della nave (concetto ispirato dalla serie Black Sails).
- Il riassunto di Guybrush al caricamento dei salvataggi ha causato un bel po' di lavoro extra, però per Ron era uno dei plus che sentivano di dover dare a una generazione diversa di giocatori, impegnata con le loro vite e diversa da com'era negli anni Novanta. "Volevamo rispettare il tempo delle persone".
- SPOILER: Quindi qual è il segreto di Monkey Island? Ron realizza che diversi giocatori non lo vogliono accettare, nonostante sia esplicito nel finale di Return: sì, Guybrush era in un parco a tema. Era quello che lui intendeva con il "segreto" sin dalla sua prima stesura della trama del primo Monkey. Cambiarono idea, non lo rivelarono più, ma qualche indizio era rimasto. Nell'idea originale comunque Guybrush non sapeva di essere in un parco a tema, lo realizzava dopo (e c'era un "altro personaggio" a gestirlo, l'antagonista effettivo di quella storia, non Stan).
- SPOILER: Perché manca un confronto finale tra LeChuck e Guybrush? Ci avevano pensato, naturalmente, ma hanno deciso che comprometteva l'efficacia del sipario, senza contare che di scontri diretti tra i due ce n'erano stati già a sufficienza in passato.
- Vuole che il "finale canonico" di Return non esista, per questo ce ne sono mille varianti. Ne ha uno preferito, ma se lo rivelasse sa che la gente considererebbe quello canone, distruggendo le sue intenzioni. "Non ci dev'essere una verità definitiva". Ribadisce il suo amore per David Lynch (con una preferenza per Mulholland Drive).
- SPOILER: A un certo punto hanno pensato addirittura di inserire la lettera sua e di Dave come effettivo "segreto" all'interno dello scrigno, al posto della maglietta. Hanno poi però cambiato idea, perché era un richiamo troppo diretto al mondo reale, così l'hanno spostata come bonus nell'album dei ritagli, nel menu.
- SPOILER: Si è sentito malinconico nel chiudere Return? In realtà non l'ha ancora del tutto chiuso, tecnicamente parlando, ma... sì. Ammette di essersi sentito un po' come Guybrush seduto sulla panchina, nell'ultima inquadratura.
- Come procederà la serie, ci lavorerà ancora? "Non lo so, quando finisco un gioco di solito penso di voler abbandonare per sempre l'industria, perché farne uno è sempre un processo doloroso." Stesso discorso per il ventilato recupero di Maniac Mansion: è presto, non ha la testa per rispondere sul futuro. È certo che ci saranno altri Monkey, ma ora come ora non ha idea se saranno fatti da lui e Dave. "Non riesco a pensare che la Lucasfilm non voglia farne altri".
- Il fatto che abbiano avuto la libertà di fare il Monkey che volevano non significa che non abbiano interagito con la Lucasfilm regolarmente. In particolare il producer Craig Derrick, già dietro alle Special Edition dei primi due Monkey, ha suggerito cose che poi sono state implementate ("L'importante è ascoltare le idee, se pensi che siano buone le inserisci").
- Potrebbero essere previsti DLC per Return? Ne dubita, nel caso si parli di intere sezioni di gioco aggiuntive, perché allungare un gioco narrativo è costoso e complicato. Speranze per i doppiaggi stranieri? Non li hanno ancora esclusi, ma ci sono remore sui costi e sulla possibilità di assicurare la stessa qualità del doppiaggio originale (dubito che, nel caso si sblocchino, quello italiano sia prioritario, con queste riserve sul budget, ndDiduz).
- L'enigma ideale per lui dovrebbe, in alternativa: dire qualcosa del personaggio, della storia o del mondo di gioco.
Return to Monkey Island: Dave Grossman parla con Cressup
E dopo Ron è passato dal trattamento Cressup anche il grandissimo Dave Grossman. Le sue risposte sono in linea con quelle di Ron, ma da un punto di vista leggermente diverso e per certi versi sono più approfondite. Vertono oltretutto non solo su Return, ma anche sul resto della sua carriera, tra Humongous e Telltale.
- La parte meno interessante di ogni storia è quando raggiungi il tuo obiettivo. Questa è stata una delle considerazioni che li hanno guidati nella scrittura di Return, oltre a un'idea di autobiografismo che è arrivata spontaneamente, dal primo incontro in cui hanno cominciato a pensare alla trama.
- SPOILER: Dopo sette mesi dalla prima stesura, hanno rivisto tantissime cose, ma alcune sono rimaste invariate, come la sezione sulla nave di LeChuck. Il tono del rapporto tra Guybrush ed Elaine era molto più teso e cupo (non è piaciuto ai primi playtester ma in realtà pensavano loro stessi di avere esagerato). Marito e moglie sono dopotutto arrivati a quel punto della relazione in cui, se rimani ancora con l'altra persona, devi avere più o meno accettato le sue fissazioni.
- SPOILER: Per il finale di Return avevano pensato inizialmente di impedire a Guybrush di scoprire il segreto, ma non erano convinti, così Ron ha inventato la chiusura che c'è nel gioco. A Dave non piaceva: "Forse dovremmo dormirci sopra". Ron: "Ci ho già dormito sopra." Grossman ha cominciato ad apprezzarla quando hanno avuto l'idea simbolica delle luci nel parco (che in origine Stan doveva spegnere, con Guybrush che cercava disperatamente di posticipare la chiusura). Il tema vero della storia è venuto a galla allora. Arenati sul finale, si sono domandati: "Cosa significa per noi?" A quel punto Dave ha sfoderato la famosa lettera che compare nello scrapbook a gioco ultimato: l'aveva scritta come "capsula del tempo" ma non l'aveva mai fatta leggere a Ron. È vero, manca nel climax uno scontro con LeChuck, a lui di solito gli scontri piacciono, ma gli piace ancora di più ciò che lascia il segno e ti fa pensare a te stesso, come persona.
- Perché hanno deciso di liberarsi dei verbi d'azione generici? Perché rimanevano per la maggior parte inutilizzati, servivano essenzialmente a esplorare l'ambiente più che a risolvere gli enigmi. In Thimbleweed Park aveva senso inserirli perché il progetto era un'operazione nostalgica, ma questa per loro non lo è: secondo lui Monkey Island è già un tale inevitabile vessillo di nostalgia di per sé, che "rischi di affogarci" se non ti dai un limite, quindi niente verbi, niente pixel art.
- SPOILER: Perché manca il duello a insulti da Return? Non volevano proporre una cosa vecchia senza poterla reinterpretare creativamente, e non sono riusciti a trovare un modo di farlo. Tra l'altro, in Tales of Monkey Island era stato già rivisto nella modalità "triello" in una scena, da Mark Darin. La cosa che in Return vi si avvicina di più, in termini di dinamica basata sui dialoghi ad albero, è il racconto per entrare nei Compari. Tematicamente tra l'altro ha un forte nesso con la storia portante, tanto che l'hanno voluto mantenere nella versione "casual" (dove però è facoltativo).
- Il personaggio di Guybrush nacque essenzialmente come avatar del giocatore medio di avventure, nella sua stessa condizione (nuovo al mondo di gioco, sperimentatore). Forse anche per questo non vive con eccesso di dramma o comicità nulla che lo circondi: la sua medietà fa risaltare i picchi degli altri personaggi e delle situazioni. Armato è molto bravo a caratterizzare quest'equilibrio, che però sente sia stato già (volutamente) compromesso in Tales, perché metteva Guybrush di fronte alla tematica della fiducia.
- L'aggiunta del doppiaggio a Day of the Tentacle in corso d'opera ebbe per lui e Tim Schafer un risvolto positivo: pensavano di essere costretti a chiudere il gioco per la pubblicazione natalizia nel 1992, ma il doppiaggio estese la lavorazione di altri sei mesi, con l'uscita nell'estate 1993, cosa che diede loro più respiro. Avevano pensato i testi solo per la lettura a mente, e si accorsero che al momento della registrazione alcuni attori trovavano le battute troppo lunghe da recitare.
Fu difficile gestire la non-linearità del gioco? Il difficile è tenere a mente il design intero, per capire quali conseguenze possano avere le modifiche, ed evitare di creare vicoli ciechi. Confessa che all'epoca gli era facile tenere a mente i design per intero, ora scrive tutto!
Come vede un possibile nuovo Maniac Mansion? La ventilata idea del remake a cura dello stesso Ron è nata come scherzo, anche se non esclude che Gilbert possa lavorarci sul serio. Per quanto riguarda lui, si tratterebbe invece di un Day of the Tentacle 2, ma non lo farebbe senza Tim, e al momento lo vede troppo impegnato con la Double Fine e la Microsoft (si tengono ancora in contatto, però). - Perché lasciò la LucasArts intorno al 1994? Lì era passato da una fase di generico "apprendistato", orientato sulle prime alla programmazione, per poi diventare uno scrittore vero e proprio, cosa che gli piaceva fare. Gli piaceva di più della parte manageriale, con tutte le sue responsabilità (organizzative ed economiche). Si prese delle ferie per un viaggio in bici, passando per Seattle a trovare Ron, che aveva fondato la Humongous Entertainment: gli offrì di collaborare e allora Dave prese il coraggio per diventare freelance, per i successivi dieci anni. "Tre mesi di impegno su ciascun titolo mi andavano più a genio, allora avevo una soglia dell'attenzione bassa".
- In realtà poi Gilbert lo chiamò perché aveva in mente di creare altre avventure grafiche non per bambini, sempre alla Humongous: ne progettarono due, una di ambientazione western e un'altra ambientata nella giungla, Bobo and Fletcher. Non se ne fece nulla, ma Dave fu chiamato in servizio per i Pajama Sam. Non aveva un particolare desiderio di scrivere per i bambini, ma si divertì un mondo. Si trattava di intrattenere anche i genitori che giocassero coi figli, quindi bisognava lavorare per due menti: una molto aperta ma con poca esperienza del mondo, un'altra più chiusa ma con più esperienza del mondo. Ogni gag e ogni situazione dovevano funzionare a un doppio livello: una citazione spiritosa, per esempio, doveva essere sufficientemente buffa per divertire anche un bimbo che non l'avesse capita.
- Come finì alla Telltale? In quel periodo stava lavorando gratis su Insecticide, che ancora non aveva finanziamenti, quindi prese in considerazione la prospettiva di un impegno pagato. Arrivò nel 2005 e la prima cosa che fece fu un'ultima passata di editing sui testi di Bone: Out From Boneville: gli presentarono un bestione di centocinquanta pagine, che lui per tutti e dieci gli anni alla Telltale tenne per ricordo, usando le facciate bianche per appunti vari. Realizzare miniavventure in uscita episodica mensile fu una sfida soprattutto organizzativa: bisognava trovare il metodo produttivo corretto, sovrapponendo in qualsiasi momento fasi della lavorazione dei sei mesi necessari per ogni puntata... in sei mesi totali! Un'esperienza particolarissima, della quale ricorda con affetto specialmente l'interazione con gli utenti sui loro forum, durante ogni stagione. Al termine della Sam & Max Season One capirono che era necessario avere più designer e sceneggiatori che si alternassero, perché lui e Brendan Ferguson erano arrivati al sesto e ultimo episodio praticamente morti. Alla fine trovarono un ritmo equilibrato, almeno finché rimasero nell'ambito delle avventure grafiche pure: quando cominciarono a sperimentare con Jurassic Park e The Walking Dead, il successo di quest'ultimo, ottenuto con fatica immane del team e tempistiche massacranti, legittimò purtroppo questa modalità di lavoro, tanto che lui resse fino a The Wolf Among Us, poi mollò nel 2014 prima di vederlo finito. Quando la prima Telltale fallì nel 2018, rimase stupito come tanti altri: sembrava che con la nuova dirigenza le cose si stessero rimettendo in piedi, ma evidentemente i problemi economici non si erano risollevati (e le azioni che aveva ricevuto come gratifica ora valgono un pugno di mosche!).
- Inizialmente non voleva nemmeno partecipare a Tales of Monkey Island (2009). Non gli era piaciuto che i vertici Telltale non l'avessero consultato prima di ottenere la licenza, temeva di affrontare la nostalgia dei fan, temeva che il budget limitato e la tecnica utilizzata non sarebbero stati all'altezza delle aspettative e soprattutto gli dispiaceva che, per ragioni contrattuali, sulle prime non potesse coinvolgere Ron. Poi ci riuscì grazie a un cavillo (chiamandolo come consulente), solo per scoprire che, nell'anno precedente, Gilbert aveva cercato lui stesso di ottenere la licenza! Fu imbarazzante. Alla fine è contento di come venne il gioco, nonostante la sua funzione allo studio in quel periodo fosse più che altro quella di "supervisionare i supervisori" e non se ne ritiene davvero autore (il gioco in effetti era di Mike Stemmle e Mark Darin). Per lui era bello che Tales riflettesse l'età diversa dei suoi sviluppatori, a quel punto sui quaranta. "Lì mi sono detto: dovremmo fare un Monkey ogni dieci anni, per vedere cosa ne viene fuori!" Non pensava però che la boutade sarebbe diventata realtà! Sarebbe possibile una seconda stagione di Tales of Monkey Island, ora che c'è una nuova Telltale? "Tutto può essere", sorride Dave, e sottolinea che gli piacerebbe rivedere in azione Morgan LeFlay, che è uno dei suoi personaggi preferiti della saga, per l'evoluzione che ebbe nella serie e per la forza della sua caratterizzazione.
- Lavorerebbe ancora su Monkey Island? Perché no? Se trovasse un'idea che lo convincesse sì. A prescindere dal suo coinvolgimento, pensa che altri giochi della serie esisteranno senz'altro.
- Proposte più folli di serie episodiche su licenza alla Telltale, mai realizzate? Una su Fantasia, un'altra su Tron, un'altra ancora su My Name Is Earl (per la quale aveva una bella idea d'interfaccia, ma non vuole rivelarla per scaramanzia).
- Gioco antico che gli sarebbe piaciuto aver realizzato? Una cruda avventura creata con HyperCard su Mac intitolata The Adventures of Sean Part Two: è rozzo, ma rispetta tutte le regole per rendere interessante un adventure game. Gioco LucasArts che meriterebbe una remaster? Loom: giudicato troppo corto e facile all'epoca, verrebbe accettato tranquillamente oggi.
- Personaggio al quale è più legato, tra quelli a cui ha contribuito? Per come si è caricato di significato negli anni, direbbe Guybrush, ma ha a cuore molto Pajama Sam: lo caratterizzò come avrebbe voluto fosse suo figlio all'epoca, quando ancora non era papà.
- Consigli per chi vuole entrare nel mondo dei videogiochi? "Date valore a voi stessi e al vostro tempo. Mettete in dubbio chiunque suggerisca che dobbiate lavorare sedici ore al giorno sette giorni a settimana. Sindacalizzatevi."
Return to Monkey Island: Dominic Armato parla con Cressup
E nei colloqui di Cressup poteva mancare Dominic Armato, voce ufficiale originale di Guybrush da venticinque anni? Dominic ha partecipato a un Let's Play di Return a pochi giorni dall'uscita, ma nonostante le cautele per gli spoiler ha detto cose interessanti. Eccole.
- Si è trovato nella rara situazione di avere un'idea molto chiara del gioco prima di doppiare, perché Ron gli ha passato una versione completabile seppur non rifinita, cinque mesi prima della pubblicazione. Giocare tuttavia la versione definitiva, con tutta la grafica e il sonoro, è un'altra cosa, quasi un'esperienza inedita.
- Nella versione che ha giocato, la grafica aveva meno effetti di luce, meno dettagli e meno animazioni, che per lui fanno davvero la differenza per questo stile, ed è una sensazione che non può passare attraverso gli screenshot.
- Ha modificato di poco la sua recitazione, per adattarsi a un tono che sentiva leggermente più saggio, o per lo meno avvertiva che Guybrush era più consapevole di se stesso in quest'avventura. Nessuna modifica sostanziale di interpretazione, comunque, a parte quelle decise dalla natura: rigiocando Curse ha realizzato che la sua voce di neo-ventenne era più alta e pulita di quella attuale, visto che di anni ne ha ora quarantacinque! Ma pazienza, ci sta.
- Sua figlia si è divertita molto all'idea degli Scorbwurstel e ne ha voluto uno per cena. Hanno modificato una salsiccia per coronare il suo sogno. D'altronde, è creativo in questo senso, visto che come molti sanno è stato critico culinario per diversi anni. Non ha però dato suggerimenti in materia a Ron e Dave (anzi, suggerisce di non sottovalutare Gilbert quando si parla di cucina!). Comunque lui (per deformazione professionale?) mangia di tutto: "Mi andrebbero bene pure gli Scorbwurstel, però senza le mosche!"
- Non ha incontrato nessuno degli altri attori, non solo perché purtroppo come al solito si registrano i ruoli separatamente, ma anche perché lui vive in Arizona, mentre il resto del cast è per la maggior parte in California. Non ha però registrato la parte in remoto, anche se a casa ha una postazione, perché il progetto era troppo importante per essere affidato alle sue limitate capacità tecniche. Hanno trovato per lui uno studio in zona ed è stato diretto in remoto da Ron e Khris Brown.
Uno dei suoi ricordi più cari rimane la sessione di registrazione della canzone di Curse (manca nell'edizione italiana): ci vollero quattro ore e fu l'unica occasione in cui registrò con altri attori. Ed era l'unico che sapesse cantare!
- Nei testi ha visto molto la mano di Grossman: uno humor un po' surreale, svagato e spontaneo, che non va alla ricerca della battuta a tutti i costi.
- Era teso nel giorno dell'uscita? Per niente: come ha detto, aveva giocato e riteneva impossibile che alla gente Return non piacesse. Altri membri del team hanno preferito isolarsi dal mondo nei primi due giorni dalla pubblicazione, lui no: si è voluto godere tutte le recensioni e le reazioni. "Questi lavori sono preziosi, non mi volevo perdere nulla".
- Non si sente uno che pretende un certo tipo di approccio da qualcosa, si lascia sorprendere. Da questo punto di vista, crede che il finale sia rispettoso del pubblico, perché mira a farlo pensare. Non capita poi tutti i giorni di confrontarsi con qualcosa che ha fatto parte di te per tanti anni, con un approccio più maturo rispetto al classico Monkey Island: "È come se un senso nascosto fosse venuto a galla".
- Pensa che Return potrebbe essere un buon punto di ingresso nella saga, ma bisognerà attendere per avere un responso. Per lui finora Monkey Island ha avuto due punti di ingresso ottimali per i nuovi arrivati: Secret e Curse (ndDiduz: e per me quelli rimangono, solo in seconda battuta sceglierei Revenge, meno ottimale, ma tutti gli altri ci perderebbero a essere affrontati senza le basi). Cressup però ammette di aver iniziato con Fuga e di averlo trovato abbastanza bello da spingerla a recuperare tutta la serie.
- Ha un Monkey Island preferito? Odia le valutazioni, nonostante le abbia dovute fare pure per lavoro (o azzardo io: proprio per questo?). Se dovesse scegliere, punterebbe su Curse, perché fu il suo debutto nella saga, ma non ha alcuna pretesa di essere oggettivo. E trova più interessante riflettere su cosa abbia reso unico ogni diverso appuntamento con Monkey Island.
- "Come ci si sente a essere la voce di una generazione?" Dominic ride: "Quale generazione? Ormai ne abbiamo coperte diverse!"
Il sound design di Return to Monkey Island
Il sito A Sound Effect ha intervistato Elise Kates e Andy Martin, sul sound design su Return. Elise, che è anche doppiatrice e prestò la sua voce a Delores in Thimbleweed Park, ha coperto i veri e propri rumori, mentre Andy è stato incaricato di lavorare sull'audio d'ambiente. È una branca raramente approfondita, penso che valga la pena riassumere quello che hanno raccontato.
- Elise e Andy hanno avuto carta bianca da Ron e Dave per la creazione dell'audio, anche se è stato chiesto loro di imitare e/o rispettare alcuni effetti o atmosfere dei precedenti giochi, ma è successo in pochissimi casi.
- Questo non significa che gli approcci di Elise e Andy fossero uguali: Elise ha lavorato sugli effetti, ispirandosi alla grafica molto stilizzata per soluzioni cariche e non realistiche (a partire dalla nave di LeChuck), mentre Andy, lavorando sul sonoro di ambiente, ha ricevuto da Ron la direttiva di dare un cuscinetto di realismo a tutto quanto.
- C'erano tante animazioni per le quali Elise avrebbe voluto creare rumori ad hoc, ma bisogna tener conto della tabella di marcia e capire quali battaglie combattere. Si è confrontata su queste strategie con Ron e la producer Jennifer Sandercock.
- Per la postproduzione di alcuni effetti, soprattutto quelli legati alla magia nera di LeChuck, Elise ha usato un tool gratuito chiamato Paul's Extreme Sound Stretch.
- Per il lavoro di Andy, Ron e Jennifer hanno diviso il gioco nel minimo numero possibile di sezioni che necessitavano di differenziarsi dalle altre, come sapore del suono d'ambiente. Andy ha lavorato sul campo per anni, nella registrazione di suoni naturali, per cui ha puntato a ricreare un tappeto legato alla possibile flora e fauna dei singoli "universi". L'equilibrio era complesso, perché da un lato bisognava suggerire quello che non si vedeva, dall'altro non si poteva enfatizzare molto, altrimenti il giocatore avrebbe voluto vedere ciò che stava producendo un determinato suono (e quello era il campo di Elise).
- Terror Island è stata l'area in cui Andy ha tradito l'approccio realistico, partendo da suoni del suo archivio (rane, uccelli), allungandoli o modificandoli di tono abbastanza da evitare la riconoscibilità immediata. Su Brrr Muda era forte la tentazione di scatenarsi col vento, ma un rumore costante avrebbe solo rintronato il giocatore, quindi ha deciso di mescolare soffiate improvvise con suoni più sottili, come il crearsi di piccole crepe nel ghiaccio. Lavorando con la libreria FMOD, che consente di sincronizzare l'audio con quello che accade sullo schermo, ha creato transizioni coerenti del suono tra una location e l'altra, e anche piccoli giochi che pochi noterebbero, come alcuni animali che reagiscono con i loro versi al verso di un altro animale che suona più minaccioso. Il tutto si gestiva con uno script apposito ma molto semplice creato da Gilbert: nel caso di location che avevano due "ambience" differenti, il passaggio da un'atmosfera all'altra era gestito solo nelle due dimensioni (mentre Guybrush andava da sinistra a destra, o viceversa), dal momento che la grafica del gioco non ha un sapore davvero tridimensionale.
- Elise ha creato i suoni più inquietanti con gli idrofoni, per il filtro naturale e particolare che l'acqua dà ad alcuni rumori. Ha usato questa tecnica per esempio sulla nave di LeChuck.
- Elise e Andy non hanno mai toccato una riga di codice nel Dinky, l'engine proprietario che muove Return: hanno solo compilato l'audio con le librerie FMOD, poi implementato con pochi problemi dai programmatori del gioco.
- Per Elise la sfida più grande è stata bilanciare la voglia di dare a ogni suono una qualità ad hoc con il tempo e le risorse a disposizione, anche tenendo in conto che Return doveva girare su Switch senza appesantirla troppo con mille variazioni. Cose come la spazializzazione dei rumori sono state centellinate, perché pesavano molto: in alternativa, si è giocato sulla flessibilità delle ultime versioni delle FMOD.
- Andy va fiero non solo della reazione positiva dei giocatori a Return, in generale, ma anche di una cosa che gli ha confidato Ron: per rilassarsi mentre programmava, a volte lasciava il gioco aperto, con tutto l'audio disattivato tranne quello d'ambiente, perché gli suggeriva il mondo fuori dal suo studio. Elise va fiera di un'altra lode di Ron ("Quando ti fa i complimenti, ha un enorme valore, perché non è uno espansivo"): pare gli siano piaciuti molto i suoni dell'interfaccia!
Brad Taylor, l'uomo non celebrato dello SCUMM
Grande amico di Tami Borowick, che intervistai io stesso l'anno scorso, Brad P. Taylor è un'altra personalità non celebrata della LucasArts/Humongous. Programmatore di sistema, è stato uno dei principali manutentori del nostro amato engine SCUMM per una decina d'anni, e ha aneddoti e curiosità non banali da raccontare. L'ha fatto in un'ora e quaranta in una videointervista con Arcade Attack. Inevitabilmente si toccano argomenti tecnici, però cerco in questo riassunto di essere abbastanza divulgativo.
- Sognava di fare l'artista, pur non avendone il talento, anche se amava disegnare. Seppe da un suo insegnante al college che la Lucasfilm Games cercava tester e programmatori, così spedì il suo curriculum ("chissà cosa scrissi") e fu chiamato a un colloquio, dove conobbe tutti i miti come Fox, Gilbert, Schafer, Grossman...
- Aveva giocato da ragazzino con l'Atari 2600 e negli arcade, ma fu Colossal Cave, l'avventura testuale, a cambiargli la vita e a fargli amare sul serio i videogiochi.
- Come gli altri, iniziò a frequentare la "Scumm University" di Ron Gilbert per imparare il linguaggio delle loro avventure grafiche, ma a differenza degli altri non completò il corso. Aric Wilmunder lo prese sotto la sua ala protettiva e gli chiese di programmare le routine di scaling del personaggio per The Secret of Monkey Island! Le scrisse in C, poi tradusse lui stesso il codice in Assembly per i processori x86. Lo SCUMM usava un buffer unico per la grafica, avendo il PC come riferimento e non macchine più sofisticate come l'Amiga (con veri sprite hardware e bitplane). Non esistevano tecnicamente "sprite", perché ogni personaggio era diviso in parti animabili separatamente, da combinare con le altre, per ottimizzare lo spazio sui dischi.
- Lo SCUMM liberò i programmatori del gameplay dagli obblighi del controllo vero e proprio dell'hardware, focalizzandosi su un approccio lineare alla programmazione, a mo' di sceneggiatura (nei limiti), normalmente alieno al codice reale di un programma, che non segue quella logica. Era una "macchina virtuale", se vogliamo, astratta dall'hardware, simile a quelle usate dalla Sierra (AGI e SCI, per la cronaca, ndDiduz). Secondo lui lo SCUMM aveva un pathfinding migliore per i personaggi, grazie all'idea delle walkboxes, i poligoni che evidenziavano le aree di movimento del personaggio, numerate progressivamente: il personaggio sembrava camminare con una sua intelligenza.
- Impattare con il mondo dello SCUMM non fu semplicissimo all'inizio: pensava di saperne già un sacco di programmazione, ma era ancora alle prime armi. I tool erano sofisticati: BYLE per esempio permetteva di lavorare sui layer di grafica, assenti persino all'epoca dal Deluxe Paint, comunque il punto di riferimento per la grafica in 16 colori. BYLE gestiva sino a 16 parti diverse di un personaggio, potendole muovere indipendentemente una dall'altra su una sorta di timeline che anni dopo avrebbe visto usata in programmi come Flash.
- PHLEGM era un tool che serviva a gestire le citate walkboxes e gli oggetti di una location. Importavi il fondale e definivi le zone di movimento, decidendo pure dietro quali oggetti il personaggio sarebbe passato, per dare tridimensionalità alla scena. Le CPU però erano troppo deboli per disegnare effettivamente un elemento sopra un altro, quindi usavano il masking: in sostanza, se Guybrush andava "dietro" qualcosa, la sua animazione veniva cancellata seguendo il contorno dell'oggetto che aveva "davanti". Il lavoro con questo tool veniva poi compresso da un altro, chiamato MUCUS (sì, tenevano molto all'usanza di dare nomi disgustosi alle loro utility!), che a sua volta dava in pasto l'archivio finale all'engine vero e proprio, lo SPUTM.
- Il suo lavoro, da programmatore di sistema, era far sì che le questioni tecniche non intralciassero la creatività artistica di chi progettava e scriveva le avventure. Questo però non l'ha mai considerato degradante, si è sempre sentito importante tanto quanto gli altri, contribuiva anche lui a creare quelle che definisce "opere d'arte" (sarebbe giusto che fosse ricordato di più, ma lo dice solo perché sua figlia ci tiene!). All'inizio del progetto si chiedeva a lui e ai colleghi di far avanzare lo SCUMM tecnicamente, di capire se era fattibile, per poi progettare il gioco in funzione di questi passi avanti. Aveva solo date di consegna diverse dagli altri, perché doveva agire prima di tutto il resto del team: "Le mie erano all'inizio della lavorazione!"
- Anche se Ron passò a lui e a Wilmunder il testimone della manutenzione dello SCUMM, Gilbert non smise mai di contribuire con del codice per il compilatore fino al 1996 (quindi già in epoca Humongous, non più solo LucasArts). Considerando quello che ha visto negli anni a venire, Brad pensa che nella sua struttura l'ambiente di lavoro e l'engine SCUMM fossero molto sofisticati e in anticipo sui tempi.
- Arrivò nel giugno del 1990 e lo assegnarono su Monkey 1. C'era un altro reparto che stava lavorando sui porting per FM-Towns e altra gente su una delle tante versioni di The Dig. Rimase in realtà alla Lucas solo due anni prima di seguire Ron alla Humongous. Una delle ultime cose che fece fu un sistema di "template interattivi" per lo SCUMM, pezzi di codice precompilato che autoprogrammavano delle entità ripetitive come le porte e le connessioni tra le location. Queste strategie furono potenziate alla Humongous, per accelerare i tempi di lavorazione: alla fine però non si accelerava molto, perché il tempo che si risparmiava in quella maniera veniva impiegato altrove (ma meglio, creativamente e non meccanicamente).
- Pochi sanno che lo SCUMM arrivò addirittura a muovere un RTS, Moonbase Commander (2002), con qualche nomination come "miglior gioco dell'anno che nessuno ha giocato". Questo perché, col passare degli anni, l'engine divenne più "astratto" e flessibile, concentrato sul facilitare la gestione di routine basilari per qualsiasi genere, da personalizzare poi con un codice di gameplay ad hoc.
- I primi giochi su cd-rom, quelli che usavano le normali tracce audio, davano problemi: alcuni lettori memorizzavano automaticamente il punto in cui la traccia musicale si era fermata, prima di accedere ai dati, altri perdevano il punto, quindi bisognava assicurarsi di "registrare" la posizione prima di accedere alle tracce coi dati. Passaggi seccanti, che divise con Aric Wilmunder.
- La transizione dello SCUMM dal DOS al Windows alla Humongous fu faticosa: Windows 3.1 aveva una gestione della grafica lentissima, prima che Windows 95 introducesse le DirectX, e siccome erano passati al 640x480, cavare il massimo dall'hardware diventava un'impresa. Nell'attesa che W95 uscisse dalla beta, decisero di convertire lo SCUMM per l'estensione a 32 bit di W3.11, per poter mantenere una compatibilità tra i due sistemi (di default il W3.1 andava a 16bit). Fortunatamente erano allenati ai porting dello SCUMM, che era nato su C64, poi era passato su PC, Atari ST, Mac e Amiga: proprio l'Amiga li aveva abituati a gestire audio digitale su più canali in simultanea, esperienza utile per la versione 3DO dello SCUMM, a sua volta base per la versione Windows (peccato che il 3DO gestisse la grafica a 16bit).
- L'estate in cui lavorarono alla Humongous sul 3DO la ricorda distintamente, così come ricorda l'incontro con Trip Hawkins, che non gli sembrò un manager ma uno di loro. Peccato che la console fu un fallimento, ma per lui mancarono titoli di richiamo al lancio: ci sarebbe voluto Street Fighter II, del quale erano appassionati sfegatati lui e Bret Barrett (ci giocavano all'arcade ai tempi della LucasArts, poi alla Humongous si comprarono apposta un Super Nintendo, i cui joypad finirono presto distrutti; i suoi personaggi preferiti sono Ryu e Blanka, per la cronaca).
- Com'è Ron come leader? Contemplativo, intutivo, organizzato, non ragiona mai di pancia, non cambia mai idea repentinamente. Il capo ideale, ma ha bei ricordi anche di Aric Wilmunder, perché alla LucasArts lavorò essenzialmente con loro due. Si intuisce che sia questo il motivo per cui, quando Ron lo invitò alla Humongous, raccolse la sfida. Oltretutto, si era specializzato sullo SCUMM per le avventure, e aveva intuito che la LucasArts andando avanti non avrebbe puntato solo su quel cavallo.
- Quando alla LucasArts capirono che due su tre dei programmatori di sistema SCUMM (Ron e Brad) stavano lasciando la compagnia, stipularono un accordo con Gilbert: avrebbe potuto usare lo SCUMM alla Humongous, impegnandosi tuttavia a passare alla Lucas ogni aggiornamento dei tool e dell'engine, via via. Brad rivela che per questo, sotto la scocca di Day of the Tentacle e Sam & Max Hit the Road, c'è un pezzo di Humongous (come il sistema di animazione CYST). Alla fine il "loro" SCUMM finì per evolversi più rapidamente: passarono a Windows molto prima della LucasArts, perciò convertirono tutti i vecchi tool per quel sistema, dato che avviare programmi DOS sotto Windows è sempre stato un trionfo di instabilità.
- Gioco preferito lucasiano? Adora Day of the Tentacle, ma deve rispondere Monkey 1, perché lì c'è il suo primo codice di sistema, e il cuore comanda.
- Qual era la ricetta speciale alla LucasArts e alla Humongous? La diversità. Si misero insieme team di persone molto diverse tra loro, di estrazione variegata, ma tutte aperte a confrontarsi costantemente con gli altri, senza ego. Soprattutto, motivate a dare il meglio: "Non dicevi: mi tocca fare questo. Dicevi: VOGLIO proprio riuscire a fare questo!"
- Ricordi dei due anni alla LucasArts? I cazzeggi con le armi giocattolo Nerf: una volta fu inseguito da Edward Kilham.
- Per quanto lo riguarda, il passaggio dalla LucasArts alla Humongous fu per lui fluido, perché il ruolo di un programmatore di sistema non cambia col cambiare dei contenuti. Ma non vedeva comunque una differenza qualitativa: lo SCUMM aveva gestito titoli per adulti, famosi in tutto l'ambiente, e garantiva che i giochi per bambini non fossero roba di serie B. E la forma mentis di design di Gilbert, che odiava punire il giocatore, si adattava naturalmente a un'utenza di bimbi, senza forzature.
- Dopo il 2003 è diventato freelance: in quel periodo fornì i suoi servigi al mercato mobile, che richiedeva un'ottimizzazione mostruosa del codice, per adattarsi all'hardware allora ancora primitivo dei telefoni portatili.
- Ha ancora contatti con gli amici della Lucas e della Humongous? Certamente, anche se non sono più così fitti come vorrebbe. Si incontra spesso con Wilmunder, perché abitano nella stessa zona.
- Aspettava Return to Monkey Island? Come no! Più che altro era molto curioso di vedere come avrebbero gestito l'interfaccia e la sua scalabilità sulle varie piattaforme. L'accessibilità al giorno d'oggi conta molto.
- I suoi tre giochi preferiti: Colossal Cave, Super Mario World e Tetris. Per lui i giochi Nintendo più vecchi andrebbero diffusi su più piattaforme, legalmente, perché si fa troppo affidamento sull'emulazione illegale. Personaggio dei videogiochi con cui si farebbe una bevuta? Sully degli Uncharted.
35 anni di Maniac Mansion, celebrati con Meteor Mess
La prima avventura scritta in SCUMM, il Maniac Mansion di Ron Gilbert e Gary Winnick, usciva nell'ottobre 1987 nella sua versione originale americana per Commodore 64. Compie quindi ben 35 anni. Mi rendo conto che l'anniversario avrebbe meritato una celebrazione ad hoc, ma purtroppo non ho avuto né le forze né il tempo per farmi venire in mente qualcosa di sufficientemente fresco da scrivere (e che non troviate già nella mia scheda).
Come consolazione, il gruppo di fan Vampyre Games ha ultimato dopo anni il suo remake 3D, intitolato Meteor Mess. La resa dello spartano 3D mi ha lasciato piuttosto freddo, anche se rimane l'ammirazione verso un progetto perseguito per ben quattordici anni! Direi che, nell'ambito dei remake di Maniac, il mio cuore batte però ancora per l'immaginaria "versione VGA mai fatta" dei Lucasfans, il Maniac Mansion Deluxe pubblicato nel 2005. Meteor Mess andrebbe comunque giocato a fondo prima di emettere un verdetto, perché leggo che propone enigmi aggiuntivi.
Velocissime varie ed eventuali
- Cristiano, insieme a Carlo De Rensis, è stato ospite del podcast Piove a Cani e Gatti di Luciana "Svet" Perrucci, per parlare della loro esperienza di traduzione di Return. Un interessante resoconto.
- La 2K e la Gearbox hanno pubblicato il 21 ottobre New Tales from the Borderlands, avventura narrativa prosieguo di quel bel Tales from the Borderlands dei fu-Telltale. Ho intenzione di giocarlo e parlarne, ma per ora costa troppo rispetto al tipo di interesse che susciterebbe qui sul sito, perciò aspetterò qualche saldo (tra l'altro, i giudizi generali sono piuttosto tiepidi, ergo mi sa che non c'è fretta, purtroppo).
- È morto Rob Smith, il giornalista che nel 2008 realizzò Rogue Leaders: The Story of LucasArts. Era un volume ricco di materiale visivo, anche relativo a giochi cancellati, con un excursus non particolareggiato ma completo della Lucasfilm Games / LucasArts dagli esordi fino a quegli anni. Inserii alcuni dietro le quinte di quel volume (che posseggo) nella mia Timeline.
- È emerso un assai compresso filmato di un livello di prova della versione Xbox 360 di Indiana Jones e il bastone dei re, poi uscito solo nel 2009 in forma minore, per Wii e per le console della generazione precedente (PS2-PSP-DS). Nulla di che, davvero. Anonimo.
- Dopo un Kickstarter al quale ho partecipato anch'io, il buon Mark Darin ha pubblicato la remaster del secondo punta & clicca del detective Nick Bounty. Di conseguenza, ho aggiornato screenshot e qualche frase del mio articolo che copre i primi due capitoli delle avventure dello stupidissimo investigatore.
- Limited Run Games ha messo in preordine l'ennesime edizioni scatolate di Grim Fandango Remastered, a tiratura limitata. Preordini in partenza il 4 novembre.
Mamma mia, che fatica questo mese! S'intravede una luce alla fine del tunnel, ora che la discussione su Return va esaurendosi. Ciò non vi esime dal seguire le prossime puntate della nostra lucasdelirante disquisizione su Calavera Café, s'intende!
Ciao,
Dom
6-10-2022
SPECIALE RETURN TO MONKEY ISLAND!!!
Allora? Come state? Siete sopravvissuti a Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman? Siete riusciti a bilanciare la vostra vita familiare con questo gioco epocale, senza sconvolgere le vostre metà o i vostri figli?
Sarete già stati ricompensati dalle emozioni che il gioco regala, ma come bonus extra arriva la copertura di Lucasdelirium, tardiva rispetto ad altre testate, mi rendo conto, ma c'era tanto da scrivere! Vi rimando quindi alla scheda di Return to Monkey Island e a un articolo separato, "Un sogno su misura - La poetica dietro il ritorno a Monkey Island", dove getto al vento ogni timore spoiler e mi tuffo in una lucasdelirante analisi. Dopo che avrete letto, tornate in homepage, perché non finisce qui!
Return to Monkey Island: numeri, voci, emozioni
Come sta andando Return to Monkey Island? Stando ai giudizi su Steam, è piaciuto al 94% dei giocatori, ma quel che colpisce è la quantità di questi giudizi. Il gioco è uscito il 19 settembre e al 5 ottobre ha ottenuto già oltre 4.000 recensioni. Una volta su un forum ho letto un post di uno sviluppatore italiano: diceva che, secondo quanto aveva studiato insieme a colleghi stranieri, in media su Steam recensisce l'1% degli acquirenti. Per cautela eviterei di cercare correlazioni scientifiche, perché il criterio è a spanne: senza fare calcoli, ragionare solo sui numeri dichiarati a disposizione comunque è già interessante. Il confronto con Thimbleweed Park è impietoso: il precedente gioco della Terrible Toybox è a quota 2.867 recensioni... in più di cinque anni (quindi passando attraverso decine di saldi)! Ron all'epoca disse che, se tutti gli appassionati di Monkey Island avessero comprato Thimbleweed, sarebbe diventato ricco: in effetti, ora che abbiamo un raffronto, il paragone è dolceamaro.
Perché in quel caso non c'erano intermediari tra la Terrible Toybox e il pubblico, quindi il guadagno era più netto: tra Devolver Digital e Lucasfilm/Disney, Return ci metterà più tempo a fruttare qualcosa a Gilbert (a parte il denaro ricevuto a priori per lo sviluppo, s'intende). Mi faccio tentare dalla diagnosi semplicistica: molti degli acquirenti di Return sono specificamente affezionati proprio a Monkey Island, non alle avventure grafiche in generale. È una delle ragioni che mi ha spinto ad arricchire la scheda con un excursus veloce su alcuni titoli di rilievo degli ultimi mesi, giusto per ricordare che il genere è vivo e vegeto, con o senza Ron Gilbert. Fosse mai che Return serva anche a farlo notare.
Tornando ai giudizi e lasciando perdere i numeri, leggendo qui e lì tra social e forum, mi sembra di aver capito che alla stragrande maggioranza delle persone (e della critica) sia piaciuto molto, con una percentuale minima di commenti tiepidi e una ancora più minima di delusi / arrabbiati. Come avrete avuto modo di leggere, posso relazionarmi con chi ha notato alcuni aspetti più deboli, ma non certo con la delusione totale: non ho atteso questo gioco trent'anni, come ho più volte scritto, ma appena cinque mesi, dal suo annuncio. E francamente mi aspettavo che, nel taglio e nella sceneggiatura, Ron l'avrebbe affrontato esattamente così!
Prima di lasciarci dopo quest'aggiornamento speciale, vorrei proporvi una selezione di dichiarazioni rilasciate dai membri del team, tra social e interviste apparse pochi giorni prima dell'uscita. Non è materiale fresco, lo so, però penso che molti avessero già cominciato a girare al largo da quegli articoli, causa rischio spoiler. Sarebbe un peccato perdere qualche interessante riflessione dei nomi coinvolti. Prima di partire, vi segnalo tre interviste in italiano, da consultare facilmente: IGN (comprensiva di amarcord sulla saga), Multiplayer e Everyeye. Per quel che segue, seleziono e traduco.
Dal blog ufficiale Lucasfilm (che emozione questa ufficialità!)
RON: "Il nostro eroe Guybrush Threepwood è un po' sfortunato. È un eroe più nella sua testa che nel mondo reale. Un sacco di giochi con un eroe sfigato si prendono gioco di lui, ma noi cerchiamo di prenderci gioco della sua visione del mondo."
DAVE: "L'avventura grafica presuppone una giocabilità proattiva, più che reattiva. Nulla ti viene incontro. Controlli le cose al ritmo che decidi tu. La vedo più come un film in cui sei responsabile dei pensieri del personaggio principale. La sfida è capire cosa devi fare."
DAVE: "Non vogliamo ripetere gli errori o i successi del passato. In un certo senso, diventa ogni anno più difficile inventarsi roba che funzioni."
Dalla megaintervista di Mixnmojo
Si rivela che Gilbert stava già cercando una strada per fare con la LucasArts un altro Monkey nel 2009, quando i Telltale stavano avviando Tales of Monkey Island, creando l'imbarazzo di Grossman, che era con loro ma non lo sapeva.
DAVE: "Per Return abbiamo fatto playtest con alcune persone fidate vicine a noi. Alcune erano vere fan di Monkey Island, un paio non ne avevano mai sentito parlare, perché volevamo avere quelle due prospettive. E decisamente, ci sono intere sezioni del gioco che abbiamo modificato sensibilmente, sia negli enigmi sia nella storia. Cercavamo di definire il rapporto tra Guybrush ed Elaine, quale dovesse essere in questo gioco.[...]"
RON: "Non confondetelo coi focus test, quando fai provare un finale e metti quello che è piaciuto di più. Non c'entra nulla. Si tratta invece di assicurarsi che quello che io e Dave cerchiamo di fare col design e con la storia sia recepito correttamente. Perché se non lo è, dobbiamo correggere il tiro."
RON: "Questa è davvero una storia su questioni in sospeso. Per Guybrush, perché non ha mai davvero trovato il Segreto. Ed è un po' autobiografica, è una questione in sospeso anche per me e Dave. Per questo sentivamo di dover tornare su Mêlée. [...]
Ero entusiasta di avere Dave nel progetto anche perché so che sa programmare. Sa lavorare sul codice. Non era solo lo sceneggiatore che ci passava i testi, ha la capacità di implementare la roba da solo, di implementare i dialoghi, lavorarli, limarli..."
I due spiegano che, per mettere alla prova possibili grafici senza rivelare loro che si trattava di un Monkey Island, Dave ha creato il progetto per un gioco immaginario, comunque affine a Return. Hanno saputo che era un Monkey solo quando sono stati scelti.
RON: "Se non stavi lavorando su questo gioco, non sapevi che esisteva. Non l'ho detto nemmeno al mio migliore amico. Il primo di aprile ho avuto una mail molto brusca da lui! [ride] 'Come hai potuto non dirmelo?' Siamo stati molto attenti."
DAVE: "Non l'ho detto nemmeno a mio figlio. L'ho tenuto all'oscuro per due anni fino all'annuncio, poi gli ho fatto vedere il trailer e mi ha chiesto: ma l'hai fatto tu? È stato da ridere."
Ron giura che la pubblicazione a effetto il 19 settembre, per il Talk Like a Pirate Day, non è stata premeditata con largo anticipo: caso ha voluto che il gioco fosse in ritardo di un paio di settimane e allora è parso simpatico trovare quella coincidenza.
RON: "Ho sempre pensato che, nel momento in cui pensi di costruire qualcosa di superimportante e significativo, non la stai facendo. E se non pensi di stare costruendo qualcosa di super significativo, magari la farai. [...] Tutti hanno un'idea diversa di quello che Monkey Island è stato per loro. E per noi era impossibile metter su il gioco che avrebbe soddisfatto tutte queste persone. Una delle cose che Dave e io ci siamo detti all'inizio è stata: faremo il gioco che vogliamo fare noi. Faremo il gioco che ci soddisfa, con la storia che vogliamo raccontare. Così facemmo con i primi due giochi, no? Non c'era chissà quale pianificazione. Facemmo solo il gioco che volevamo fare. Magari anche stavolta funziona."
DAVE: "Avevo diverse scatole dell'edizione triangolare di Day of the Tentacle, erano nel garage, un tubo del riscaldamento si è rotto e le ha rovinate tutte!"
RON: "Non ho molte scatole dei miei giochi, la maggior parte sono sulla mensola qui dietro. [...] Anche se, per qualche ragione, avrò una cinquantina di copie della versione francese di Monkey Island 2. Non ricordo proprio come le ebbi, praticamente non ho scatole della roba che ho fatto, però ho cinquanta Monkey 2 francesi. Non siamo stati mai troppo popolari in Francia. La colpa era mia, avevo fatto incetta di copie."
Dall'intervista al direttore artistico Rex Crowle, su Mixnmojo
"In questo momento sono tornato con la mia famiglia, sono nella stanza in cui da bambino giocavo Monkey Island. Ho qui il mio Commodore Amiga... che funziona ancora! E ho tutte le copie dei miei giochi qui. È la tipica stanza per i bambini, quando hai lasciato casa anni prima e ora è la stanza che non viene mai riammobiliata. O meglio, viene riammobiliata a metà, ma mai del tutto."
"Ron mi aveva contattato per una fanart che avevo fatto, probabilmente quando stavo facendo Tearaway, credo. Inizialmente sono entrato nel progetto per un mese, solo per qualche esperimento. Ho lavorato a stretto contatto con Ron, come se fosse un progetto secondario, quasi, per varie versioni di Guybrush, Elaine e LeChuck, per vedere che aspetto avrebbero avuto i personaggi in una versione evoluta di quel mio stile precedente. Una con più sfumature, in grado di trasmettere le emozioni dei personaggi, non estrema come quell'immagine originale."
"Ci tenevo molto a rendere gli sfondi molto chiari e leggibili, ma anche a cercare una consistenza, per non farli sembrare grafica vettoriale. Così se guardi il gioco su Switch è deciso, facile da leggere, ma se lo guardi su un grande schermo TV ti rendi conto che è dipinto a mano."
"Quando abbiamo iniziato, ero tipo l'unico grafico e animatore. Non appena sono arrivati animatori professionali, è stato molto interessante vedere quello che stavano cercando di fare con Guybrush. All'improvviso ti vengono in mente nuove versioni del personaggio. [...] Non abbiamo sentito la voce di Dominic su Guybrush se non dopo... anni, dopo che avevamo finito. Non appena l'ascolti ti dici: okay, voglio fare qualche cambiamento alla bocca! Perché era la prima volta che lo sentivamo parlare!"
"Penso che il nostro stile sia più vicino a LeChuck's Revenge e Curse. Monkey 2 aveva quei fondali dipinti scannerizzati, ora li possiamo dipingere direttamente col computer, è un bell'aiuto. A parte quei giochi, abbiamo preso ispirazioni da serie animate come Samurai Jack."
"Se storci gli occhi e li strizzi, ti sembrano le stesse location di allora, ma quando li apri bene e osservi i dettagli realizzi che le cose sono cambiate. Alcune di quelle cose dipendono dal racconto."
"Uno dei miei film comici preferiti è Monty Python e il Sacro Graal, perché quel film è girato in modo così cupo e sinistro... come se fosse un horror. Ho riguardato di recente Il grande inquisitore, quell'horror degli anni Sessanta, e ha dominanti molto più leggere di quel film comico. Le battute arrivano molto bene, perché è molto credibile."
"Su LeChuck, mi pare di ricordare di aver detto a Ron a un certo punto: non voglio che sembri una versione cattiva di Babbo Natale. Deve avere una presenza reale, mi spiego? Se è sullo schermo, devi guardare lui, non cercarlo in mezzo alle altre persone. [...] Avevo fatto una versione di LeChuck che non aveva la sua distintiva borchia sulla cintura, e immediatamente qualcuno me l'ha abbozzata sul disegno! [...] È bello avere gente che conosce così bene la saga, o perché l'hanno creata o perché l'hanno rimasterizzata."
Da Shacknews
RON: "Con la distribuzione che c'è oggi, puoi creare qualcosa e metterla su Steam, non devi raggiungere lo scaffale di un negozio. È molto più facile per gli sviluppatori indipendenti realizzare i punta & clicca. Aiuta a diffondere il genere. [...]
La mia teoria [Bill Tiller disse la stessa cosa anni fa, ndDiduz] è che le avventure grafiche non sono mai andate sotto. È solo che tutto il resto del mercato è cresciuto. Vendevamo lo stesso numero di avventure grafiche anno dopo anno, mentre il mercato in generale è cresciuto vertiginosamente. Ma senza di noi. Ecco perché c'è il tormentone delle avventure grafiche che sono morte. Non sono mai morte, solo non sono cresciute come tutto il resto."
DAVE: "Ho lavorato molto su marchi altrui negli anni, ho adattato diverse cose e in un certo senso qui è la stessa cosa, perché non ci apparteneva più del tutto. È un po' come una proprietà collettiva."
Da Gamedeveloper:
RON: "In qualsiasi momento qualcuno non è disponibile, tipo Mark Ferrari sui fondali, o Steve Purcell... Guardavo a Steve Purcell come alla fonte più affidabile di idee assurde, e lui era un grafico. In qualsiasi momento ti manca qualcuno e ti trovi a dover riempire un vuoto."
DAVE: "Devi ottenere il massimo dalle opportunità che hai."
RON: "Quando abbiamo fatto i primi due giochi, credo che nemmeno la più fervida delle immaginazioni avrebbe pensato al doppiaggio, e quello da solo aumenta di parecchio il lavoro. [...] Il modo di scrivere cambia perché scrivi parole da pronunciare, non da leggere a mente. [...] Ci sono poi molti più asset da gestire, tra animazioni e tutto il resto. Il processo produttivo è molto più lungo. [...] Però ci sono cose più facili! In linea di massima non dobbiamo preoccuparci della memoria. All'epoca, facendo Monkey Island 2, ci preoccupavamo sempre della memoria, di quante cose avremmo potuto mettere in memoria allo stesso tempo, di quante ce ne dovevano stare sul disco. Non facevamo che tagliare stanze dal gioco per infilarlo nei floppy disk, cose così. Oggi non abbiamo di quei problemi, possiamo metterci tutti i contenuti che abbiamo." [Tempo e budget permettendo, ndDiduz]
Da Digitaltrends
RON: "Per Guybrush il bicchiere è sempre mezzo pieno, anzi nemmeno. È proprio pieno. Questo secondo me lo rende così accattivante e simpatico. Guarda tutto con un entusiasmo ingenuo. E vogliamo che i giocatori guardino il gioco attraverso gli occhi di Guybrush. Non credo che sia cambiato davvero. Non è diventato un vecchio cinico in questo gioco. Forse c'è un pizzico di vecchiaia. [...] Questo potrebbe essere l'ultimo Monkey che David e io facciamo, ma chi lo sa? Non riesco a immaginare un mondo in cui non ci siano altri Monkey Island."
Da Nintendolife
RON: "È stata la Devolver a renderlo possibile. Ed è stato un processo molto lungo. Ci son voluti quasi nove mesi prima che cominciassimo a lavorare, tra la negoziazione del contratto con la Disney e tutto il resto. [...] Abbiamo lavorato molto con la Disney su questo gioco. Ma uno dei paletti che avevo per Return to Monkey Island era che dovevo fare il gioco che volevo fare. Non volevo interferenze dalla Devolver, dalla Disney o da altri." [Ron aggiunge qui e altrove che sono stati accolti solo i suggerimenti da loro ritenuti appropriati]
DAVE: "La pixel art serve la nostalgia. Non appena guardi qualcosa in pixel art, sai che vuole renderti nostalgico. Questo gioco invocherà sentimenti nostalgici in qualcuno, ma non è il suo scopo. Stiamo cercando di fare una cosa nuova."
Da Arstechnica
RON: "The Secret of Monkey Island era il titolo del primo gioco, ma non abbiamo mai esplorato letteralmente il titolo. A un certo punto avevamo messo a punto un'enorme backstory, un segreto c'era sul serio. A mano a mano che sviluppavamo il gioco, la lasciammo andare, proprio non ci prestammo più attenzione. [...] Non perché non fosse interessante, è solo che le priorità nel raccontare la storia cambiarono e ci fermammo. In questo caso è passato un sufficiente numero di anni e un numero sufficiente di persone si è posto la domanda... [...] Deve trovarlo sul serio questo segreto. Il vero segreto, come fu concepito nel 1990. È diventata una cosa interessante dal punto di vista creativo domandarci: come possiamo farlo?"
Da Eurogamer
RON (sulla chiusura del suo blog per i commenti offensivi): "Ci sono tanti dietro le quinte che mi interessava sul serio condividere sul blog. Cose più tecniche, questioni di design più profonde che si affrontano meglio con più righe [rispetto a Twitter]. Sono rimasto molto deluso di non averlo fatto, per via della tossicità che c'è stata in quel momento. [...] Il mondo moderno è questo. Sfortunatamente ogni sviluppatore affronta questa cosa, chi più chi meno, è una delle cose alle quali devi più o meno abituarti."
RON: "Ho sempre voluto esplorare un Monkey Island con protagonista Elaine, con Guybrush come spalla. È una cosa che mi interessa un bel po'... solo che non so come farlo quel gioco."
DAVE: "È delicato, perché è difficile immaginare che Elaine risolva i problemi come fa Guybrush. Deve avere una sua maniera, dobbiamo capire qual è prima di poter fare quel gioco."
Da Voonze
REX CROWLE: "Mi ha intimidito all'inizio, perché i Monkey Island sono tra i miei giochi preferiti dell'infanzia. Li giocai su Amiga e cercai di fare i miei giochi ispirandomi a quelli. Quindi avevo già una certa zavorra sulle spalle quando abbiamo iniziato. In più, i vari sequel di Monkey Island avevano stili molto diversi, dalla pixel art al 3D, passando per i disegni a mano. Non c'era uno stile predefinito per questi giochi. [...] Per lo sviluppo di Return to Monkey Island era importante disegnare silhouette chiare e leggibili dei vari personaggi, in modo tale che fossero riconoscibili sul computer ma anche su Switch. Inoltre, le animazioni e le espressioni facciali dovevano trovarsi a loro agio su quelle forme. È così che siamo arrivati a questo stile, un po' reminiscente dei libri illustrati."
RON: "La cosa che non ci piaceva dell'interfaccia col doblone [da Curse, ndDiduz] era il verbo usa. Puoi combinarlo con un oggetto e non avere idea di cosa dovrebbe accadere. È uno sparo nel buio. Cosa succede se uso una merendina? La mangio, la scarto, la schiaccio? Per Return abbiamo provato come prima cosa a darvi il contesto dell'azione attraverso un testo che appare sul cursore, chiamando le cose col loro nome, tipo mangia invece di usa. [...] Poi però abbiamo avuto l'idea che il testo sul puntatore dovesse riflettere i pensieri di Guybrush. Se vuoi mangiare la merendina, il testo potrebbe dire 'Sembra buona!' o 'Ma che schifo!' Perché questo pensa Guybrush. Questo ha aperto un intero nuovo mondo di possibilità per essere creativi nei testi e spiegare con ironia al giocatore quello che la cliccata avrebbe fatto."
Da Wbur
DAVE: "Per me i peggiori colpevoli sono i designer che non pensano a come le persone risolveranno la cosa che si sta chiedendo loro di risolvere. E penso che noi stessi siamo stati colpevoli in questo senso. Abbiamo imparato negli anni, a furia di tentativi, a fare cose che il pubblico ha una speranza di risolvere."
A very special message on this momentous day... #ReturnToMonkeyIsland pic.twitter.com/chwW4ukc76
— Dominic "Still 99.7% Non-Spoilery" Armato (@SkilletDoux) September 19, 2022
REAZIONI DA TWITTER
RON: "Tutte le belle parole e i video commossi per Return to Monkey Island sono travolgenti, ma per favore non dimenticate Phrenopolis [nick su Twitter di Grossman, ndDiduz]. Senza di lui come mio co-designer e sceneggiatore, il gioco sarebbe stato un guscio vuoto. [Dave l'ha preso in giro perché nella prima versione del tweet aveva per errore scritto "with" invece di "without"]"
DOMINIC ARMATO (doppiatore di Guybrush): "Un pensiero veloce: il vostro sostegno è gentilissimo, e so che la maggior parte di voi non lo fa in malafede. Ma mi intristisce quando la gente si riferisce a Return scrivendo 'Monkey Island 3'. I giochi da Curse a Tales hanno la stessa legittimità, tutti hanno contenuto cose meravigliose fatte da gente di talento e convinta, non meritano di essere cancellati." Segnalo pure che Armato ha registrato un buffo video piratesco per il giorno dell'uscita, e che ha partecipato a uno stream con la twitcher Cressup.
CRAIG DERRICK (Lucasfilm Games): "Quattordici anni fa escogitai un piano per riportare in vita Monkey Island, con le Special Edition e le remaster del nostro vecchio catalogo. Comunque tutti sanno che il vero obiettivo era riportare Ron e la band insieme per fare questo gioco. [...] Come i suoi creatori, è affascinante, spiritoso, introspettivo, assurdo e sentimentale. Mi rende troppo felice che Ron abbia finalmente avuto la sua possibilità di raccontare questa storia, e che io abbia giocato una parte nel suo sviluppo. Davvero il lavoro ideale. [...] Sono sicuro che verrà detto di più nelle prossime settimane e mesi, ma per ora mi metto in attesa per quando sarà il momento di TORNARE ALLA MANSION! [Segue la chiarificazione:] Non ho mai celato il mio amore per Maniac Mansion, ma per ora da parte mia questa è solo una speranza, un desiderio per il futuro."
E con quest'ultima dichiarazione su Maniac Mansion, che spero freni gli entusiasmi su presunti annunci di seguiti o remake che ancora nessuno ha avviato, vi lascio leggere e metabolizzare tutta questa marea di testi e cerco di riposarmi un po'. Il resto delle news non-monkeyislandiane di quest'ultimo mese merita anche di essere discusso, ma lo recupererò nel prossimo "ordinario" aggiornamento.
Vi segnalo giusto che: 1) Ron sarà presente a uno streaming di Return sul canale di Cressup il 9 ottobre alle 21 ora italiana; 2) Stanno per iniziare i preordini di Limited Run Games sullo scatolato della Full Throttle Remastered della Double Fine.
Un bell'abbraccio a tutti,
ciao,
Dom
28-8-2022
Questo aggiornamento di Lucasdelirium è dedicato a due persone importanti che non ci sono più. Il primo è Piero Angela, che ci ha lasciato a 93 anni senza essere mai andato in pensione: mi mancherà sul serio la sua incarnazione di un alto concetto di comunicazione. Chiarezza, assenza di superficialità, lontananza dalle polemiche ma idee e principi saldi, voglia di capire per poi ritrasmettere agli altri i propri passi avanti. Il SuperQuark estivo era diventato una pausa di rigenerazione: da sempre sostenitore del prosieguo delle tradizioni significative, mi auguro che non sparisca sull'onda dell'emotività (un'onda che dubito l'interessato avrebbe gradito). Un professionista della comunicazione può solo sognare di uscire con un saluto così elegante. La sobrietà col quale Alberto l'ha ricordato è stata un momento altrettanto alto.
La seconda dedica, più in tema col sito, la faccio a Oliver Frey, scomparso a 74 anni: illustratore per le grandi riviste inglesi di videogiochi negli anni Ottanta, come Crash e Zzap!, svolse con altri colleghi l'inestimabile funzione di sostenere e potenziare mondi che la grafica di allora poteva solo suggerire a chi aveva molta fantasia. Il logo di Zzap!, usato tuttora anche dalla risorta eccellente nuova edizione italiana, fu creato proprio da lui e rimane uno dei simboli visivi più riconoscibili di questo settore.
Return to Monkey Island è dietro l'angolo
Eh, sì: alla Gamescom, previo lancio pubblicitario di Stan in persona, è stato confermato che Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman uscirà il 19 settembre, in tempo per il "Talk Like a Pirate Day"! Molti indizi l'avevano fatto immaginare, ma ora è tutto qui, nero su bianco. Il preordine dà diritto a un oggetto extra (del tutto inutile) nell'inventario, un' "armatura per il cavallo", presa in giro di una delle più famigerate e seminali microtransazioni.
Il gioco può essere già preordinato da Steam (per Windows e Mac) e dall'eShop (per Nintendo Switch), in forma digitale e con i sottotitoli in italiano. Non esiste altro doppiaggio al di fuori dell'inglese, quindi non c'è una specifica discriminazione dell'italiano. Altre piattaforme come Xbox e Playstation non sono escluse, ma verosimilmente saranno recuperate terminata l'esclusiva console Switch (non si sa quando). Sto cercando di capire se/quando il titolo sarà disponibile anche senza DRM su Good Old Games: la Devolver non lo disdegna affatto, perciò mi azzardo a supporre che per il preordine ci sia un'esclusiva Steam.
Forse perché quest'evento sta riavvicinando al genere molte persone che l'hanno ignorato negli ultimi anni, sottolineo quello che mi rendo conto avevo dato erroneamente per ovvio: Return to Monkey Island è un gioco indie, a partire dal costo di 23 euro, ergo non è distribuito scatolato. Ciò non esclude, come accade di frequente per questo tipo di produzione, una molto più che probabile (anzi, direi sicura) edizione da collezione fisica più avanti, magari da Limited Run Games, ma si tratterà di un prodotto separato, un gadget che non avrà legame con l'acquisto del prodotto nella sua distribuzione canonica, cioè quella virtuale. So che qualcuno ricorda i tempi di Tales of Monkey Island dei Telltale nel 2009, quando veniva data la possibilità di un preordine comprendente anche una scatola. Accadeva perché i Telltale si occupavano sia del gioco sia del merchandising: in questo caso la Devolver Digital, editore e finanziatore di Return, non si occupa direttamente di scatole e affini dei suoi prodotti. Return è un piccolo grande evento, per capirci.
Proseguono nel frattempo su Twitter i "Monkey Island Monday": ogni lunedì Gilbert e Grossman condividono brevissimi spezzoni del gioco. Abbiamo visto una simil-gara di rutti con pesci palla, una sequenza che secondo Ron proietterà lui e Dave verso i premi per i migliori testi videoludici dell'anno. La spietatezza con cui i pesci palla vengono "suonati" da multipli orifizi ha attivato sui social Tim Schafer, che fino a questo momento non aveva mai interagito con gli ex-colleghi. Una "benedizione familiare" di cui si sentiva il bisogno.
In un altro video abbiamo ascoltato la nuova voce di LeChuck: il recasting è stato necessario perché come sappiamo Earl Boen si è dichiarato inamovibilmente in pensione. Lo sostituisce quindi Jess Harnell: classe 1963, è una voce di lungo corso del cartoon americano, attivo anche nei videogiochi. Doppiatore di comprimari nelle Special Edition dei Monkey, è la voce ufficiale di Wakko nella serie culto Animaniacs. In questo caso mi sembra abbia scelto la strada dell'imitazione di Boen.
Abbiamo poi guardato Guybrush salutare Wally nel corso principale di Mêlée Island (dove notiamo che sono sempre doverosamente le 22 e che la Voodoo Lady sembra in sgombero). Nel dialogo ad albero colpisce il surrealismo della richiesta "Non hai per caso una mappa per il Segreto di Monkey Island?" Mi ha fatto ridere che sia concretamente raggiungibile come luogo... ma cosa diav-?
L'ultimo video è quello che mi ha esaltato in assoluto di più, perché per la prima volta abbiamo visto in funzione l'interfaccia! Non sappiamo ancora come si useranno gli oggetti dell'inventario con le location (si useranno in modo tradizionale? Chissà!), ma il cursore visualizza un commento accanto a ogni hotspot, suggerendo cosa verosimilmente produrrà la cliccata col tasto sinistro, in un certo senso implementando però anche il comando "esamina", comunicando cosa pensa Guybrush. Mi è apparsa come un'espansione di quanto visto nelle stagioni di Sam & Max dei fu-Telltale: presentavano una cliccata unica per un'interazione generica imprecisata, ma quindi non davano la possibilità di esaminare l'hotspot prima di eseguirla. Grossman all'epoca dei Sam & Max telltalici puntava a eliminare la parte più meccanica dell'interazione, questa mi pare un'evoluzione che permette di recuperare un'ulteriore lettura della situazione salvando quell'immediatezza.
Nella stessa sequenza c'è una spettacolare transizione musicale tra il fronte e il retro dello Scumm Bar, con la nota melodia che assume un arrangiamento rock quando Guybrush si trova spiazzato dai nuovi più giovani "Pirati dall'Aspetto Importante". Non si chiamerà "iMUSE" come un tempo, ma spirito e risultati sono quelli.
Al di là dei video, l'ultimo numero del PC Gamer inglese ha pubblicato uno speciale su Return. La cosa migliore è la copertina con LeChuck realizzata appositamente dall'art director Rex Crowle, da qualcuno giustamente auspicata sotto forma di poster. L'articolo in sé non contiene alcuna informazione nuova e non è nemmeno informato correttamente (Ron non ha mai contribuito a Fuga da Monkey Island, che peraltro arriva dopo Curse e non prima!). C'è però un passaggio che commento in una news separata più avanti.
Look, it's the cover of @pcgamer! Awesome art by @rexbox. pic.twitter.com/9NPZa14F87
— LeDave Grossman (@phrenopolis) August 18, 2022
Mi ha colpito infine quest'esperimento del fandom: è lo SCUMM Bar del primo Monkey riletto in piani tridimensionali, ma utilizzando una versione adattata all'engine 3D della vecchia grafica, tramite uno "ScummVM 3D" non ufficiale. Pare che sia costato non poca fatica (non è certo un processo automatico), però mi ha fatto pensare. Certo, crea una stilizzazione astratta un po' straniante, ma mi ha affascinato ugualmente: quali sensazioni trasmetterebbe in un gioco? Quali ripercussioni avrebbe sull'immedesimazione in una storia, questo contrasto tra i dettagli suggeriti della pixel art e il realismo che il 3D reale attiva nella mente?
Scumm Bar 3D playable in @ScummVM with RVX mod prototype. Base model by @FOA_SE + voxel projection mapping. Tech preview.#voxel #raylib #monkeyisland #retro #adventure #pixelart #rtmi #rvx #scummvm #lucasarts pic.twitter.com/rTkQtVTdOL
— mausimus (@mausmoto) August 12, 2022
Due altre possibili spiegazioni del segreto di Monkey Island, in zona Cesarini
Non sono riuscito a resistere: è probabile (ma con Gilbert mai del tutto certo) che l'imminente uscita di Return to Monkey Island spiegherà il celeberrimo "segreto di Monkey Island". Articoli chilometrici come il mio del 2019 potrebbero essere dissipati dalla rivelazione, perciò ho pensato di avere ancora a disposizione poche settimane per fare un altro paio di tentativi, suggeriti dal materiale che abbiamo finora avuto modo di vedere, riguardante il nuovo gioco. Sono scintille accese dall'ancora misteriosa gestione della continuity dopo il finale di LeChuck's Revenge. Quello che segue è spoiler? Boh? Se ci ho preso sì, se non ci ho preso rimarrà solo un ultimo divertente giro di giostra.
- Nel trailer di Return, Guybrush usa una curiosa espressione: elenca le avventure che ha vissuto, poi dice "what about one that has all of the above?", cioè "che ne direste di una storia con tutti gli elementi che ho elencato?" D'istinto, ho pensato: ma se la sta inventando? Che Guybrush sia attivamente lo scrittore delle storie di Monkey Island? Che ce le abbia sempre raccontate, senza averle davvero vissute? Dopotutto, ogni Monkey è iniziato con uno stralcio dal suo "diario", una narrazione in prima persona. Magari è qualcuno (un tempo bambino, ora non più), proprio suggestionato da un parco a tema piratesco. In quanto scrittore, può muoversi liberamente tra i personaggi e gli ambienti della saga intera, se lo desidera in barba alla continuity.
- La mia seconda teoria in extremis è una variazione sulla lettura classica del "Guybrush è sempre stato in un parco a tema piratesco". Mi è venuto in mente che si potrebbe allargare lo sguardo: e se nell'ambito del parco si giocasse proprio a essere Guybrush, LeChuck, Elaine & C.? Se a ogni giro nel parco a tema di Big Whoop fosse previsto un roleplaying di Monkey Island, con i nostri beniamini come identità da abitare dai visitatori? Anche questo spiegherebbe la continuity libera, perché potremmo anche aver controllato in ogni capitolo della saga, in differenti allestimenti del parco, persone diverse in ciascun gioco (o la stessa persona in varie età)! Faccio notare che nel finale di LeChuck's Revenge i genitori del protagonista non lo chiamano mai esplicitamente "Guybrush"... ci avevate fatto caso?
Censure e politicamente corretto in Monkey Island
Mixnmojo ha dedicato un articolo alla difficile, praticamente impossibile, reperibilità legale delle avventure lucasiane così com'erano state pubblicate illo tempore, concentrandosi in particolare sui primi due Monkey Island.
Un passaggio parla delle censure apportate ad alcuni dialoghi di Monkey Island 2: LeChuck's Revenge, nella sua versione disponibile all'interno della Monkey Island 2 Special Edition, l'unica attualmente ottenibile legalmente. A parte il riferimento a un "gioco Nintendo" diventato "un gioco LucasArts" (più che censura è paranoica cautela legale), la mamma di Guybrush nel finale accennava a "white slavers" ("schiavisti bianchi"), tramutati in "nÈer do wells" ("poco di buono"). Altrove leggo che un "for a smoke" ("a farsi una fumatina") è diventato "for a swim" ("a farsi una nuotata"), e che un "midget wrestling", "wrestling dei nani", è sparito. Sono modifiche operate nel 2009-2010, quindi prima che la Disney acquisisse la Lucasfilm e che la prevenzione delle polemiche negli States degenerasse verso la sua dimensione più ossessiva negli ultimi anni. Mi tocca particolarmente perché ricordo tutte le polemiche meno di due anni fa su questo tipo di correzioni alla remaster di Sam & Max Save the World a cura della Skunkape. La differenza amara è che, mentre quest'ultima ha incluso comunque gratuitamente con le remaster le versioni originali delle stagioni di Sam & Max senza modifiche, a tutt'oggi i primi due Monkey così come furono pubblicati sono stati distribuiti, in file immagine dei dischi, solo nella costosissima edizione da collezione di Limited Run Games. La situazione andrebbe rettificata rendendo disponibili quelle edizioni primigenie in modo meno elitario.
Nel suddetto articolo di PC Gamer dedicato a Return c'è un passaggio che ha suscitato discussioni, incredibilmente pacate, dalle parti del forum di Mixnmojo (o forse sono pacate solo perché il giornalismo a pagamento filtra i lettori più frettolosi e meno riflessivi?). L'art director della Lucasfilm Games che si occupa dei brand, Hez Chorba, sostiene che Return sia un Monkey Island più al passo coi tempi, "inclusivo di tutti i punti di vista", mentre il producer Craig Derrick parla di una "storia sul modo in cui Guybrush esiste nel mondo di oggi". Mi ha ricordato alcune polemiche alla pubblicazione del trailer di Return, quando qualcuno ha anche accusato il team di essersi venduto all'ideologia "woke". Onestamente non penso che Monkey Island possa essere preventivamente censurato in quel senso nella sostanza, al di là di qualche battuta come quelle di cui sopra. Non è mai stato un marchio "politicamente scorretto" (tutt'altro, la Lucasfilm da sempre punta al prodotto per tutti, persino le armi di Sam & Max in Hit the Road sparirono!). Monkey ha inoltre sempre avuto elementi "woke" ante-litteram: una donna ai vertici che non ha bisogno di essere salvata (Elaine), una Maestra di Spada dura, imbattibile e di colore! Non a caso Chorba, dopo il commento di rito, aggiunge che gli originali erano comunque già avanti in quel senso.
Insomma, credo che oggi Monkey Island possa tranquillamente reggere il colpo di queste forche caudine, però è stato interessante leggere sui forum di Mixnmojo un confronto sulla gag del reggiseno di Largo in Monkey 2, suscitato proprio da quel passaggio dell'articolo: risulterebbe offensiva oggi per i crossdresser o la comunità LGBTQ+? Tranquilli, anche se il processo di analisi penso farebbe sorridere molti, la gag è stata assolta. Seriamente, da persona che scrive mi confronto spesso con questi argomenti ultimamente, e sto anche leggendo parecchio in merito. I decenni passano e la società cambia: credo ci sia la possibilità di trovare nuovi equilibri e di non parcheggiare la ragione in prese di posizione estremiste, insufficienti a inquadrare quei cambiamenti. Se solo ci si ricordasse più spesso di contestualizzare gli elementi su cui si ragiona, per me una bussola si troverebbe spesso... e si avrebbe meno paura. Utopia? Più in basso vedete che anche Schafer ha discusso della stessa questione, visto che in Psychonauts 2 ha provato (con successo, a mio modesto parere) a toccare temi "spinosi", adottando una strategia mentale e produttiva ben precisa.
Un anno di Psychonauts 2: Tim Schafer e la scrittura
Per il primo anno di vita del grandissimo Psychonauts 2, Tim Schafer ha concesso due interviste molto dense di temi e significati. La prima è una conversazione con Alanah Pearce per il canale writing101. Alanah è lei stessa una sceneggiatrice per il Santa Monica Studio dei God of War, dopo un passato da giornalista. Di cosa hanno parlato?
- Domanda iniziale di rito: cosa pensa del nuovo imminente Return to Monkey Island? Pensa che sia bello, che il team al lavoro sia grandioso, anche se personalmente, dopo diversi anni trascorsi a ripercorrere il passato, preferisce al momento pensare a cose nuove.
- Dopo aver finito il primo Psychonauts, gli erano rimasti appunti su alcune cose: "E se entrassimo nella mente di uno scommettitore?" "E se rimettessimo a posto la mente di Ford Cruller?" Aveva pronti anche tutti i nomi dei familiari di Raz. Al di là degli spunti già pronti per un sequel, dopo il crowdfunding per Broken Age, pensò che un altro genere non troppo frequentato nel mainstream fosse proprio il platform in 3D classico e colorato, quindi l'idea di un sequel a Psychonauts (peraltro molto richiesto) si prestava per un altro passaggio su Kickstarter.
- Come è riuscito a creare interazioni e personalità credibili per un cast così vasto, tra il primo e il secondo capitolo? Creò 20 profili finti su Friendster (l'antenato di Facebook nei primi Duemila), comprensivi di gusti e idiosincrasie: in quel periodo perdeva un sacco di tempo su quella piattaforma, ma realizzò che poteva trasformarsi in un ottimo metodo di scrittura. Essere costretti a compilare tutti i campi di quei profili ti portava a creare dei trascorsi per ogni personaggio, tali da attivare ispirazioni particolari per i dialoghi, anche se alcune informazioni non erano mai esplicitate nel gioco. Per il secondo capitolo ha fatto la stessa cosa, ma senza usare piattaforme: ha delle schede per ciascun personaggio, con voci tipo "Dove è cresciuto? Ha i genitori o è orfano? Qual è la sua sessualità?"
- Un altro metodo lo sperimentò con Full Throttle: per non rendere i comprimari piatti, si può provare a guardare la storia del protagonista dal loro punto di vista. Tim ritiene che Maureen risultò più originale e interessante, perché seguì quella strategia: cosa fa e cosa pensa Maureen durante ogni capitolo della storia di Ben? Come lo vede?
- Cosa rende un gioco ben scritto? La capacità di sfoltire i propri testi, di saper tagliare il superfluo. "Lo so cosa state pensando: ci sono troppe cutscene in Psychonauts 2! E pensate che ho tagliato tantissimo!" Tim racconta di quando era disperato perché, nella lavorazione di Monkey Island 2, Ron comunicò che bisognava tagliare il 25% dei testi per rimanere nei cinque floppy pattuiti. Chiese consiglio a Hal Barwood, che gli suggerì di vedere i suoi testi come una ragnatela: se identifichi i fili meno tesi o sfilacciati, quello che rimane diventa più teso, forte e solido.
- "A volte i fan non capiscono i giochi: si chiedono perché abbiamo preso questa o quella decisione. Non si rendono conto che noi siamo siamo nel bel mezzo di quest'uragano e cerchiamo di prendere delle assi qui e lì, per fare una zattera. E se tocchiamo terra, è un miracolo. Se mi dici che nel gioco c'è il 5% di cose sbagliate, io allora penso: grande, abbiamo aggiustato il 95%!"
- Giochi per i quali gli piacerebbe aver contribuito ai testi? In realtà i suoi giochi preferiti sono i titoli che vivono poco dei testi e molto dell'immaginazione del giocatore, come LittleBigPlanet, Animal Crossing o Dreams (anche se ogni tentativo di creare livelli tramite quest'ultimo è fallito: "A un certo punto mi sembrava di lavorare!").
- Per Tim i giochi hanno lo stesso potere dei libri e dei film: tramite i personaggi ti preparano ad emozioni che poi incontrerari nella tua vita reale: "training emotivo".
- Consiglia la lettura per scrivere meglio? Sì, ma non necessariamente: l'importante, quando si decide di fare un mestiere creativo, è abituarsi all'idea di assorbire materiale creativo altrui, viverlo. Trova importante per esempio giocare, anche se molti sviluppatori di giochi dicono poi paradossalmente di non avere tempo di farlo. Non devi giocare per copiare qualcosa di specifico, ma magari per ispirarti a ottenere gli effetti che apprezzi nel lavoro altrui, attraverso una tua personale rielaborazione.
- Tra i consigli per la scrittura, ricorda quelli di Kurt Vonnegut: buttare la prima e magari anche la seconda pagina di un racconto, perché di solito non servono davvero e hanno la sola funzione "di farti piacere al lettore". Per ogni frase e per ogni dialogo poi domandati: manda avanti la storia? Ci dà nuove informazioni? Se non lo fa, ti accorgi che la loro assenza non compromette il funzionamento del resto.
- Spera che in futuro i videogiochi abbiano una qualità di scrittura migliore: nello specifico, che possano fare a meno dei luoghi comuni più rimasticati, pur tenendo in conto che di solito la scrittura non ha la priorità su gameplay e questioni più tecniche. "Quando dici a te stesso che hai scritto una battuta che funziona, lo dici perché è stata già scritta uguale mille altre volte?" Con la Double Fine è facile che la storia e i testi contino, perché comanda uno che ci tiene: "Non dico che la storia ha la priorità sul resto, però almeno da noi è un elemento che non viene considerato secondario".
- Quali sono le maggiori sfide incontrate nel corso di trent'anni? Finanziarie, nell'assicurarsi i fondi necessari e nel trattare con i publisher, poi c'è la necessità di bilanciare psicologicamente i rapporti tra i membri del team. A questo proposito, come si può mantenere vivo l'entusiasmo dei collaboratori per un progetto che si trascina per anni? La risposta di Tim è semplice: devi essere tu il primo a essere entusiasta, senza remore, perché di solito è contagioso. E ogni tanto vale la pena "fare un tagliando": a metà della lavorazione di Psychonauts 2 ha capito per esempio che la storia non era chiara a tutti, così l'ha ri-raccontata al team intero.
- L'industria del videogioco è magica, perché più che in altre arti presuppone la collaborazione creativa delle esperienze e delle formazioni più disparate, per esempio tra un artista grafico e un programmatore specializzato.
Un anno di Psychonauts 2: Tim Schafer, lo psicologo e le responsabilità
Qualche tempo fa vi avevo segnalato che Psychonauts 2 era stato giocato in streaming dal "dr.Mick". Si tratta di uno psicoterapeuta appassionato di videogiochi, con un canale abbastanza seguito. Ovviamente, Mick aveva trovato pane per i suoi denti nel lavoro della Double Fine, e dopo aver terminato i suoi let's play ha voluto parlare direttamente con Tim, ma dal suo punto di vista, ben diverso da quello del tipico giornalista o membro del settore. Ne è scaturita una conversazione bellissima che cerco di riassumervi qui in basso. Attenzione, però: sono costretto a fare SPOILER del gioco.
- Quando hanno creato il primo Psychonauts, la dimensione psicologica era frutto degli interessi del momento di Tim, filtrati da una semplice volontà di divertirsi. Dopo vent'anni, riaffrontare quel mondo significava capire quanto la sensibilità su certi argomenti si fosse evoluta, ed è stato contento di avere a disposizione un team di psicologi per questo tipo di consulenza, grazie alla presenza della Microsoft.
- Inizialmente provava una certa tensione nel modo in cui sarebbero state valutate idee come quella degli Attacchi di Panico, ma invece i consulenti l'hanno approvata. Una dimostrazione, secondo Tim, di come non bisogna avere timore di trattare certi argomenti, "se si punta all'evidenza delle cose e non agli stereotipi" (si possono evitare con lo studio dei temi trattati). Il disclaimer iniziale avvisa comunque gli utenti che il gioco non ha timore di affrontare queste tematiche.
- Alcuni elementi nascono da concetti specifici di psicologia? Tim spiega che non c'è una regola: i Censori per esempio sono nati in quel modo, ma altri nemici sono nati al contrario, quando serviva una tipologia di avversario per le dinamiche di gameplay e poi si è dato ad essa una lettura metaforica. Secondo Mick, è quello che spesso fa lui come terapeuta: la gente esprime cosa ha provato senza saperlo classificare. Avere un modo di definirlo o visualizzarlo è spesso il primo passo verso un percorso di terapia (e chi interpreta avvia in questo anche un fruttuoso percorso di autoanalisi in chi viene aiutato). Le reazioni positive dei giocatori a questo tipo di stimolo e sostegno che Psychonauts 2 ha incarnato con più cognizione di causa hanno reso molto fiero Tim.
- C'è qualcosa di lui nelle visioni del gioco? Non consciamente, però a posteriori ha realizzato che chiamò il bullo del primo gioco Bobby, perché c'era nella sua infanzia davvero un bullo con quel nome che gli dava il tormento.
- Schafer ricorda il momento in cui ha realizzato che il mondo di Psychonauts era qualcosa di più di un contesto umoristico. In studio con Khris Brown stavano registrando i dialoghi di Bonita Soleil nel primo capitolo, quando Khris gli disse: "Questo gioco quindi parla di guarigione". Già! Con in mente quell'idea, ha abbracciato il seguito con molta più consapevolezza, anche perché, tra le lettere ricevute dai fan nel corso degli anni, c'è chi era esaltato ma anche chi era rimasto traumatizzato dalla rappresentazione gotica del manicomio. "Tutti interpretano le cose diversamente. La gente si lamenta sempre della cancel culture, dice che è ormai proibito mettere provocazioni in un gioco. Non è così. Quando fai una cosa creativa, ti domandi sempre quale reazione susciterà in chi la riceve. Se faccio un horror voglio spaventare la gente e mi domando: ti sto spaventando? Se non ti spaventi, sto sbagliando. Se faccio una commedia, devi ridere. Se faccio un gioco come Psychonauts, che è una commedia, non penso di voler ferire le persone e spaventarle per il resto della loro vita, non è quello il mio scopo, quindi mi assicuro di non fare del male alle persone, portandole a rivivere un trauma."
- Ogni livello / mente di uno Psychonauts deve essere definito in cinque aspetti: 1) La persona proprietaria della mente; 2) La sua condizione mentale; 3) L'estetica; 4) L'ambientazione; 5) Una caratteristica speciale propria di quella mente. Il processo coinvolge tutto il team, e le idee arrivano anche da storie personali. In "Le bottiglie di Bob" in P2 si rigira l'alcolismo in solitudine, proprio perché un membro del team ha raccontato di un suo conoscente che era precipitato nella dipendenza proprio perché era solo.
- Qual è la morale che vorrebbe lasciare ai giocatori della saga? L'idea che il "nemico", entità spesso liquidata come "folle" in un videogioco, per convenienza morale, possa essere come te e possa avere le sue ragioni per comportarsi in quel modo. Mick concorda: da terapista, in oltre dieci anni di attività non ha mai incontrato pazienti che avessero compiuto azioni che, dal loro punto di vista, non avessero un senso.
- "C'è una Maligula in tutti noi". In che senso? "In uno dei primi playtest, uno ci ha scritto: ma mica posso perdonare una che è come Hitler!", scherza Schafer. Ma l'idea è che Maligula rappresenti la parte più primordiale di noi, il nostro istinto di sopravvivenza animale che, se provocato, scavalca le convenzioni sociali e diventa spietato, anche fisicamente. Gli psiconauti l'hanno messa nelle condizioni di rimanere traumatizzata, lasciandola vulnerabile a questo demone interiore che ha preso il controllo di lei.
- Ma allora cosa rappresenta il male vero nel mondo di Psychonauts? Agire senza un senso di responsabilità: il villain è un concetto, prima di essere un personaggio, tanto che lo stesso Raz rischia di cadere nella trappola (avevo trovato evidente quest'intenzione poetica nella mia analisi).
- Mick sostiene che la mente di Cassie in Psychonauts 2 sia un perfetto esempio di "internal family system", la teoria sulla conciliazione delle nostre molte personalità, che devono lavorare all'unisono, senza che una sola - in modo semplicistico - conduca la nostra vita. Schafer dice di essere stato ispirato in questo anche dalla teoria degli archetipi di Carl Jung.
- La fanart che approfondisce i tuoi personaggi oltre quello che tu stesso avevi immaginato è una conferma di aver fatto bene il tuo lavoro. Anche questo però accresce la tua responsabilità nella loro creazione. Non c'è niente di più bello che guardare la reazione appassionata di un giocatore mentre interagisce con un personaggio (che, Tim tiene a sottolineare, non dipende sullo schermo solo dal suo impegno, ma anche dalla cura dei grafici, dei programmatori, dei sound-designer...).
Un anno di Psychonauts 2: Peter McConnell sulle sue ispirazioni musicali
Stiamo per riascoltare il mitico Peter McConnell con i suoi amici Michael Land e Clint Bajakian nella colonna sonora di Return, ma non va dimenticato che l'anno scorso Peter ha dato l'anima (in alcuni brani anche con Clint e Michael) nelle musiche di Psychonauts 2. Laced Records gli ha chiesto di individuare le ispirazioni dietro ai brani ai quali è più affezionato, tra quelli dedicati alle avventure di Raz, includendo ovviamente il primo Psychonauts. Ecco le sue risposte.
- The Milkman Conspiracy dal primo capitolo: omaggio ai Confini della Realtà, al film Ultimatum alla Terra e a un particolare strumento che adora, il theremin.
- Black Velvetopia, ancora dal primo atto: flamenco, con chitarra suonata da lui stesso, e simil-bongo marocchino (una specie di tegame di argilla).
- The Flea Circus, riarrangiamento della precedente The Meat Circus: la soddisfazione di avere più budget in Psychonauts 2 e di poter sostituire i campionamenti nel sintetizzatore con veri musicisti che suonano veri strumenti!
- Lady Luctopus dal secondo capitolo: il climax del suo omaggio al jazz del Rat Pack di Frank Sinatra, pensando all'originale Ocean's 11. "La parte orchestrale è della Melbourne Symphony Orchestra, la sezione ritmica è a Nashville. [...] Tutto registrato a pezzi, in giro per il mondo."
- Ram It Down Harder nel secondo gioco: per la chitarra elettrica di Bill Storkson, suo collaboratore (lo conosciamo dai tempi delle stagioni di Sam & Max dei Tellale, aggiungo io).
- Cosmic I, la canzone cantata da Jack Black. Il testo gliel'aveva passato Tim via mail, la musica l'ha fatta al volo. In sala di registrazione, a suo parere, Black ha compiuto il miracolo.
- I brani suonati allo Skywalker Ranch con Michael e Clint, per la mente dello Psicoré.
- Non è tra i brani preferiti di Peter del secondo capitolo, evidentemente, ma è tra miei: quando cerco la motivazione, avvio Casino Monorail! Che meraviglia.
Un anno di Psychonauts 2: La genesi di una gara di cucina
Per il ciclo "Art of the Level", IGN ha chiesto al designer Asif Siddiky e alla concept artist Emily Johnstone come abbia preso vita "La Gara Culinaria di Compton", uno dei livelli strutturalmente più particolari di Psychonauts 2. Ecco cosa hanno raccontato. Anche qui, occhio agli spoiler!
- L'idea di base per il livello è rimasta sempre quella: trasmettere le ansie e il senso di inferiorità di Compton rispetto ai suoi colleghi psiconauti. Il primo concept prevedeva un'ambientazione con giocattoli, per riflettere l'autoisolamento quasi infantile del personaggio. Questo aspetto è rimasto nella rappresentazione dei tre giudici, ma la dinamica del livello, il "giudizio" che cercava Schafer, è arrivato solo quando il co-capo-progetto Zak McClendon ha proposto di usare il prototipo dell'Amnesia Fortnight 2017, The Gods Must Be Hungry di Asif Siddiky, come base per la mente di Compton.
- L'atmosfera del livello arriva dagli show Iron Chef ma anche The Price Is Right: in generale la Double Fine ama gli anni Sessanta e Settanta, ma in questo caso c'è una logica cronologica. Idealmente il mondo di Psychonauts sembra collocato negli anni Ottanta, quindi aveva senso che personaggi di una certa età come i fondatori degli Psiconauti, tra i quali Compton, avessero un immaginario di qualche decennio prima. Gli aspetti più disgustosi sono stati suggeriti alla concept artist Emily Johnstone da Double Dare della Nickelodeon.
- L'idea di rendere gli spettatori anche gli ingredienti stessi dello show culinario è stata del grafico degli ambienti Geoff Soulis. Emily e Tim hanno poi provveduto a dare loro personalità, nei lineamenti e nei dialoghi.
- Decidere l'ampiezza del livello è stato un passaggio delicato: nel prototipo dell'Amnesia si pensava di basare un titolo intero su quella sola idea di preparare piatti, mentre in Psychonauts 2 il giocatore avrebbe incontrato quelle dinamiche una sola volta. Si è optato quindi per rendere compatta l'area di gioco: i videogiochi di cucina peraltro presuppongono che si possa tenere sotto controllo tutto nella stessa inquadratura, cosa che qui non si poteva fare. Raz ha comunque grandi abilità di movimento, in questo livello rallentate strategicamente con ostacoli ad hoc. Un lavoro di equilibrio, per adattare cooking game e platform.
- Il design è stato complicato dall'eliminazione di un potere specifico di Compton, il "brainstorm", attivabile anche nel resto di Psychonauts 2. Il potere nasceva dal panico del personaggio, ed era in grado di trasformare gli oggetti in altri oggetti in modo del tutto random. La sfida della mente di Compton giocava su queste trasformazioni multiple per ottenere gli ingredienti giusti, ergo quando il brainstorm è stato soppresso, il livello ha dovuto subire un'altra sensibile revisione.
- Inaspettatamente, una modifica di design ha portato a fortificare il senso narrativo del livello. In una precedente versione, se il giocatore non completava la ricetta nel tempo limite, doveva ripeterla finché non ci riusciva. Questo rendeva però la sezione un po' troppo frustrante, quindi Asif e il resto del team ci hanno concesso di poter comunque finire le ricette senza fretta, premiando soltanto con dei bonus i giocatori che rimanevano nelle tempistiche proposte. Dopotutto, riflette Asif, il senso del discorso era quello: perché viviamo nell'ansia, sentendoci inadeguati, quando possiamo ottenere quello che vogliamo se siamo più tolleranti con noi stessi?
Echi di Telltale alla Gamescom: New Tales from the Borderlands e The Expanse
A parte Return to Monkey Island, sono stato molto felice di vedere alla Gamescom primi video di due sequel legati al mondo dei fu-Telltale. Il primo è New Tales from the Borderlands, avventura narrativa seguito spirituale del bel Tales from the Borderlands (2014-2015), con protagonisti differenti ma si spera con analoga capacità di conciliare il pulp con una superba caratterizzazione psicologica dei personaggi. Come sapevamo, a realizzarlo è ora direttamente la Gearbox Software, genitrice dell'ammiraglia serie di fps, nuova proprietaria peraltro del capitolo precedente, dopo la fine della vecchia Telltale. Nella presentazione il boss Randy Pitchford ha garantito che alla scrittura ci sono membri del vecchio team. Di chi si tratterà? L'uscita è imminente, già il 21 ottobre, su Xbox e Playstation di vecchia e nuova generazione, nonché Switch e Windows (via Steam ed Epic Games Store). In qualche modo ne parlerò senz'altro, ma mi mancheranno Rhys e Fiona...
È invece assai più lontana (nell'estate 2023) l'uscita di The Expanse, prequel dell'omonima serie tv pubblicato dalla nuova Telltale Games ma realizzato dai Deck Nine. Il video non è un trailer, bensì un backstage con prime immagini di gameplay, in perfetto stile vecchia Telltale, con "scelte terribili" e momenti d'azione guidati. Ho visto le prime due stagioni della serie tratta dai romanzi di James S. A. Corey e l'ho trovata molto avvincente e sfaccettata, anche se la protagonista del gioco, la Camina Drummer interpretata anche in tv da Cara Gee, nelle stagioni che ho visto non aveva ancora guadagnato terreno come personaggio. La tradizione delle Telltale Stories quindi continua, e mi fa tanto piacere, fermo restando che il suo pezzo forte, effettiva prova della rinascita, rimarrà nel 2023 The Wolf Among Us 2.
Avventurieri italiani che non demordono mai
Recupero con colpevole ritardo alcune segnalazioni doverose di progetti legati a lettori del sito, fan che da tempo bazzicano "dall'altra parte" e si sono lanciati nello sviluppo. Dopo qualche falsa partenza e una lunga pausa (mitigata dall'interessante interactive fiction Nightingale), la banda di Daring Touch (ciao Cristiano & C.!) ha aperto la pagina Steam di Shadows on the Vatican - Act III - Sloth, che arriverà nel 2023. Il thriller politico proseguirà il racconto dell'Atto 1 (uscito nel 2014) e dell'Atto 2 (del 2015).
Un altro indomito è Stefano Rossitto, che con la sua Madit Entertainment, sempre in collaborazione con Daring Touch, ha avviato i lavori su Roots in the Sky, il seguito del suo Hand of Glory: una saga che rimane uno dei rari tentativi di seguire le orme di Broken Sword e non dei classici lucasiani.
Non è tecnicamente uno sviluppatore di videogiochi, ma si è lanciato in una discreta follia Lorenzo Miniero, il quale ha deciso di provare a creare un engine per avventure grafiche: il "suo SCUMM", per ora un progetto di divertissement personale non interamente usabile, concepito a mo' di esperimento, si chiama "KIAVC". Da barese, ho colto solo metà dell'autoironia partenopea: è vero che "chiavica" (sostantivo femminile) è la cloaca, metaforica e non, anche per me. Ma per ogni barese "chiavico" al maschile indica il furbacchione che la sa lunga: potrebbe essere di buon auspicio per il futuro di KIAVC? :-D
Okay, ultimo atto prima dell'evento epocale del 19 settembre. Buon divertimento con Return to Monkey Island a me e a voi!
Ciao,
Dom
30-7-2022
Mentre col caldo imperante i servizi pubblici decidono come sempre di accorciare orari e/o abbandonarsi a bus navetta, per spietati lavori in corso estivi, giunge anche l'aggiornamento mensile pre-ferie di Lucasdelirium. La quiete prima della tempesta. Perché lo sappiamo tutti cosa ci aspetta in autunno: Return to Monkey Island! Anche per via dell'immensa sfaticata del mese scorso, sono stato contento della relativa leggerezza di luglio, in merito a news e quant'altro. Ciò non significa che non siano successe cose intriganti... o di alto valore emotivo!
Il Santo Graal esiste sul serio
Vi avevo già parlato qualche mese fa di Luca De Rosa (PuCCiO su Twitter), uno dei lettori recenti ma più attivi di questo mio sito / blog. Ve l'avevo citato perché Luca mi aveva fisicamente spedito due sue fanart di avventure lucasiane, ma questa volta si è superato. Osservate la sequenza di questi tre tweet (sono miei, ma foto e video sono stati fatti da lui), poi continuate a leggere.
Some days ago I received a package containing the most amazing fanart ever. @PuCCioo00 celebrated the 33rd anniversary of #TheLastCrusade point'n'click game (by @nfalstein @grumpygamer @DavidBFox ) in a very peculiar way. He recreated the Grail Diary, but... 1/3 https://t.co/ji9G9C19sz
— Diduz (@Lucasdelirium) July 15, 2022
Mi sono visto recapitare a casa una "reinterpretazione" del Diario del Graal del prof. Henry Jones, importante non solo nel film, ma anche fonte di indizi nella confezione del mitico Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure. Normalmente non mi occupo di fanart, almeno in modo così approfondito, ma questa è una cosa davvero particolare... perché è una fanart a 360°: vedete, i testi del diario, riscritti a mano da Luca o sparpagliati in fogli sfusi come appunti aggiuntivi (!), sono quelli della mia scheda! In definitiva, PuCCioo ha creato una fanart di Lucasdelirium e allo stesso tempo una fanart del gioco. In una folgorazione di pensiero laterale molto creativo, ha persino contaminato i disegni, che ricostruiscono schermate dell'avventura, con intromissioni (anzi direi "glitch") dei personaggi di Thimbleweed Park!!!
A quel punto non potevo non condividere questo lavoro pazzesco (sul serio, il livello di dettaglio e cura è maniacale) su Twitter: giustamente gli sarebbe piaciuto che gli autori dell'avventura, David Fox, Ron Gilbert e Noah Falstein, sapessero della sua esitenza. È successa allora una cosa meravigliosa: Fox naturalmente si è esaltato subito, ma Ron ha addirittura chiesto a Luca il permesso di usare la sua caricatura come avatar del suo profilo Twitter! Luca aveva infatti caricaturizzato i tre designer come immaginari francobolli del pacco!
Tanta gioia, tanti abbracci, veramente un momento particolare: mi sono trovato nella bizzarra situazione di essere il destinatario di una fanart e allo stesso tempo un tramite, una cosa davvero curiosa. Mi ha fatto però un immenso piacere essere un ponte tra un fan e gli autori che seguiamo: in direzione contraria, mi sono sentito così quando sono andato a scovare Tami Borowick proprio per metterla in contatto col fandom.
Return to Monkey Island: nuovi video... ma quando esce?
Come ho segnalato su Facebook, nelle ultime settimane, a parte il nuovo materiale su Return to Monkey Island, abbiamo potuto goderci la versione italiana del flash film di Majus Winter su Monkey Island 2. Come oltre dieci anni fa, si è occupato di traduzione e interpretazione Federico "Mystinsun" Maggiore, che saluto: è fan del sito dai primi anni Duemila e dimostra ogni giorno di più come la sua vocazione alla recitazione si sia meritevolmente trasformata in un mestiere. La resa è perfetta, dal suo adattamento manca solo inevitabilmente l'importante cammeo di Armato! Federico illo tempore partecipò al testing della nostra versione italiana di Psychonauts, una delle lucasdeliranti imprese.
Di recente Ron Gilbert e Dave Grossman hanno inaugurato il #MonkeyIslandMonday: nell'attesa di Return to Monkey Island, ogni lunedì condividono sui loro account Twitter brevissimi filmati del gioco.
Abbiamo così saputo che il primo capitolo di Return s'intitolerà "Un luogo amichevole", ammirandone il cartello. Abbiamo poi visto Guybrush riattraversare il molo di Mêlée (con un poster elettorale che sembra ritrarre... Carla! In effetti sapevamo dalla sinossi che Elaine si era ritirata dalla politica). Cosa ci farà mai la nave di LeChuck ancorata a Mêlée? Abbiamo anche visto Guybrush affrontare un giudice alle Brrr Muda (un giudice alquanto alienato), ascoltando per la prima volta il doppiaggio in-game e guardando un canonico dialogo a scelta multipla.
A questo punto mi manca solo un video in cui venga mostrata l'interfaccia, chiaramente a scomparsa: come ha confermato Grossman, è possibile controllare Guybrush via mouse o joypad, decidendo al volo come spostarlo. Non mi sento di fare molte speculazioni su quanto si è visto: di sicuro è impegnativo farci tornare di nuovo su Mêlée Island, dopo Monkey 1, Fuga e la Special Edition del primo capitolo, non sono un fan di questi recuperi pari pari, però potrebbe - nel contesto di una storia non qualunque - avere un forte senso simbolico. Mi piace molto l'incedere rapido di Guybrush, forse deciso dopo che Ron, come aveva detto, aveva trovato la velocità di spostamento nelle vecchie avventure troppo lenta (d'altronde l'aveva già corretta in Thimbleweed Park). Elegante anche l'animazione con cui Guybrush sale le scale del tribunale, ma continuo ad avere remore sul suo design inquietante e su altre animazioni: nella scena del giudice, è straniante che parli di spalle ondeggiando la testa lateralmente in quel modo, forse era meglio l'oscillazione verticale vecchio stile? Ottima comunque per me la recitazione agitata del giudice quando grida "Ordine! Ordine!" Interessante l'uso dello zoom, anche se bisogna verificare quanto sia frequente; è comunque un recupero in 2D di una varietà visiva che solo il 3D garantisce appieno.
Ma quando esce, allora? Considerando che la registrazione del doppiaggio è terminata a metà giugno, e che si sono inaugurati questi Monkey Island Mondays che non possono andare troppo per le lunghe, io insisto nel puntare su settembre. Oltretutto, la Devolver Digital, editore del gioco, ha già aperto le pagine Steam e eShop (manca ancora GOG) e ha confermato che sarà presente al PAX West nel primo fine settimana di settembre: sappiamo per certo che ci sarà anche Ron Gilbert, perché parteciperà a un'epica conferenza sulla storia delle avventure grafiche, in illustrissima compagnia. Occasione perfetta per accompagnare il titolo e farlo provare su strada anche alla stampa: improbabile quindi che esca prima di allora, assai probabile che esca poco dopo. Molti puntano su una coerente pubblicazione nel Talk Like a Pirate Day, il 19 settembre: concordo sulla previsione. Nel frattempo, aiutate Ron a decidere come battezzare l'exe!
Guybrush Threepwood parla!
Non è esattamente Guybrush Threepwood, okay, ma è Dominic Armato, la sua voce ufficiale americana sin dalla prima volta in cui il personaggio fu doppiato, nel lontano 1997 per The Curse of Monkey Island. Dominic ha naturalmente ripreso il ruolo per Return, e sarà la seconda volta che i giocatori italiani saranno "costretti" ad ascoltarlo, perché nemmeno il precedente Tales of Monkey Island dei Telltale era stato doppiato in italiano. In realtà sarebbe bello che tutti apprezzassero Dominic, perché ha una qualità che difficilmente doppiatori internazionali pur valenti hanno: è un nerd reale, conosce i videogiochi ed era fan di Monkey Island prima ancora di ottenere la parte! Non è solo un professionista che lavora su un progetto, è un po' il "portavoce morale" della saga, a metà strada tra il fandom e i team che hanno lavorato sulla serie negli ultimi venticinque anni: non è un caso se, tramite il suo profilo Twitter, si sia fatto sentire spesso nelle ultime settimane, sulla spinosa questione della critica allo stile grafico.
La bravissima twitcher Cressup lo ha intervistato, e vale davvero la pena riassumervi quanto ha detto. Se potete però guardate il video, perché fa impressione sentire Guybrush conversare del più e del meno!
- Giocò Curse non appena uscì, anche perché non aveva capito tutto: i copioni da recitare per un'avventura grafica sono generalmente privi di una sequenza logica che chiarisca in modo evidente trama e coordinate della scena. Aveva un'idea di cosa accadesse, ma giocare fu un'altra cosa... e fu anche bellissimo sentire le voci degli altri attori, con i quali aveva lavorato nello stesso momento solo nella scena della canzone all'inizio del terzo atto sulla nave (sequenza tagliata dall'edizione italiana).
- Nemmeno a farlo apposta, appena due mesi prima di cogliere l'opportunità di un provino per Curse, da nerd militante aveva scherzato con un amico dicendogli che il suo ruolo della vita, in ambito interattivo, sarebbe stato doppiare Guybrush! Per la cronaca, in ambito tv gli sarebbe piaciuto avere una parte fissa nei Simpson, in ambito cinematografico dare la voce a un personaggio di un film animato Disney (alla metà degli anni Novanta era in pieno corso il cosiddetto "Rinascimento Disney").
- Fece all'epoca due provini per Guybrush: per il primo registrò qualche battuta, che fu spedita alla LucasArts. Avendo passato la prima selezione, fu chiamato proprio a registrare in studio, con una sezione di copione più articolata. Al termine dell'audizione, si fece coraggio e sottolineò come amasse le avventure grafiche e conoscesse benissimo Monkey Island. A posteriori, fu un azzardo centrato: quando si trattò di operare la scelta definitiva del doppiatore, questa rivelazione pesò!
- Come interpretare Guybrush? Non si pose il problema fino a quando non si trovò a cinque minuti dalla prima sessione di registrazione! Per lui è importante guardare anche l'aspetto di un personaggio animato, vide i primi sketch del nuovo Guybrush di Curse, si fece mille domande, poi alla fine gettò la spugna e si disse: "Ognuno di noi, giocando ai primi due capitoli, ha proiettato la sua voce su Guybrush, perché non c'era doppiaggio, e allora farò proprio quello, semplicemente." Ma in fin dei conti era un compito meno ingrato del sostituire un doppiatore precedente, come invece accadde ad Adam Harrington quando interpretò LeChuck nel primo episodio di Tales of Monkey Island, al posto di Earl Boen (che fu però poi in corso d'opera convinto a sospendere il suo pensionamento).
- Non si prevedono di solito improvvisazioni, ci si attiene al testo, ma per quanto riguarda la recitazione, sin da Curse, non è stato mai obbediente se riteneva che Guybrush non dovesse recitare una battuta in un determinato modo. E già allora Jonathan e Larry preferivano le sue versioni a quelle suggerite dal direttore del doppiaggio Darragh O'Farrell. Del lavoro con quest'ultimo, a parte i Monkey, ricorda una volta che gli è stato chiesto di riprodurre per un gioco di Star Wars i versi di alcuni alieni... "Darragh, non penso che le corde vocali umane siano in grado di creare una cosa del genere!"
- Doppiare gli piaceva di più che recitare di persona: l'ambiente gli sembrava meno competitivo, e ti permetteva di dare gioia alle persone senza sacrificare la tua vita privata. L'ambiente comunque è cambiato rispetto a venticinque anni fa, ora anche le persone qualunque sanno molto di più del suo lavoro.
- Dal suo punto di vista d'attore, non affrontò Fuga da Monkey Island in modo molto diverso da Curse: ebbe l'idea che il copione fosse forse più demenziale, ma non più di tanto. Naturalmente giocando capì che l'impatto era considerevolmente diverso, ma ama tutte le sue performance come Guybrush.
- Aveva incontrato Ron Gilbert una sola volta in passato, nel 2009, quando promosse al PAX Tales e la Special Edition del primo Monkey. Era molto teso allora, non sapeva come sarebbe stato accolto dal creatore della serie, estraneo alla sua selezione come voce del suo personaggio. Ma trovò Ron molto sereno e alla mano. La seconda volta che l'ha incontrato è stato nell'ottobre 2021, quando si trovava con la sua famiglia proprio a Seattle, dove Gilbert abita. Ron gli aveva appena mandato una strana mail, per sapere come stesse. "Ma lo sai che sto proprio qui a Seattle dove abiti tu?" "Perché non ci vediamo e ti racconto del mio prossimo gioco?" Dominic giura che, come tanti, dava per scontato che NON si trattasse di un nuovo Monkey ("forse era un meccanismo di difesa"), ma che magari a Gilbert servisse una voce come la sua, in generale. Dopo dieci minuti al tavolino del bar, Ron fa: "Vuoi sapere qualcosa del nuovo gioco allora?" "Certo!" "Sto facendo un nuovo Monkey Island!" "MA CHE CA-?" "Ed è pure quasi finito, lo sappiamo solo in una ventina di persone, mi raccomando: acqua in bocca. Ci stai?" "E che me lo domandi? Saranno dieci anni che aspetto un momento del genere, sono l'ultima persona di cui devi preoccuparti." "Lo so."
- È d'accordo con Noah Falstein, secondo il quale Return sarà oggetto di studio negli anni a venire? Dom muore dalla voglia di dire quello che non può, ma può dire di aver trovato molto intelligente l'approccio generale a questa nuova storia: c'è un umorismo che suona sempre naturale e mai forzato, ti senti a casa, ma con alcuni temi messi in ballo sorprendentemente profondi che non ti aspetti.
- Cosa ne pensa delle polemiche per lo stile grafico, sfuggite di mano ad alcuni? "Non dobbiamo essere d'accordo per forza", dice Dominic, che aggiunge di amare lo stile scelto per Return e di essersi sinceramente stupito che ci fosse qualcuno a cui non piacesse. Si chiede se, nel caso i social media fossero esistiti nel 1997, non ci sarebbe stata la stessa reazione per il look di Guybrush in Curse. Ha fatto il critico culinario per anni (dal 2004 da semidilettante, tra il 2015 e il 2020 da professionista), "criticare è giusto, è una cosa che incoraggio, se è costruttiva", ma con i social media non sempre è così facile capire se chi scrive sia effettivamente interessato a criticare in quel senso, oppure semplicemente a risultare il più irritante possibile. Preferisce evitare la contrapposizione tra "veri fan / non fan" di Monkey Island in base alla reazione allo stile grafico: "Puoi essere un vero fan di Monkey, puoi essere aperto a cose diverse dalla pixel art, ma può non piacerti questo stile. Va bene, ci sta. Ma non ho fatto io la grafica, quindi per me è facile parlare!"
Il problema è l'offesa, ma soprattutto Dominic non gradisce una contraddizione: da un lato ci si fa in quattro per sottolineare come i videogiochi siano arte, dall'altro l'idea di un gruppo di fan che detta come il gioco debba essere li rende dei puri prodotti. Bisogna scegliere da che parte stare: se credi nell'idea di arte, devi dare la possibilità di sbagliare. "Non lo volete in realtà un mondo in cui un artista fa quello che gli viene dettato da chi grida più forte". Per lui gli episodi del redesign di Sonic e del finale rifatto di Mass Effect 3 hanno dato il cattivo esempio e hanno legittimato quest'illusione decisionale. - Esistono diversi modi di esser fan: c'è chi, una volta trovato ciò che apprezza, vuole sempre quella stessa identica cosa. Lui ama cambiare e anzi gli piace che ogni capitolo di Monkey Island abbia avuto una forte identità a sé stante, nel bene e nel male. "So che non posso essere oggettivo, ma sono sincero!"
- Per Return è stato il primo a registrare la sua voce. Ringrazia molto il team per averlo coinvolto ben oltre i limiti nei quali deve muoversi un attore, che può avere la tentazione di rubare la ribalta, a scapito di chi ha sudato più di due anni su un lavoro di questo tipo, dietro le quinte. Si è sentito parte della famiglia, anche se giura di non sapere proprio tutto nel dettaglio (data d'uscita compresa!). Ha giocato in primavera una versione effettivamente terminabile di Return, anche se da fan si è sentito combattuto: non voleva spoilerarselo incompleto! Comunque, com'era prevedibile, non è stato difficile tornare nei panni del protagonista: "Professionalmente lo conosco da 25 anni, non professionalmente da molto tempo prima". Poi doppiare non si basa tanto sul suono specifico della voce: quello ha una sua importanza, ma quel che conta per lui è sentire il personaggio, interpretarlo, capire come si comporta e quindi come parla. In un quarto di secolo la sua voce è invecchiata rispetto a Curse, ovviamente, ma si sentiva abbastanza sicuro di conoscere a sufficienza Guybrush tanto da poterlo rendere comunque. Il confine tra lui e Guybrush è labile ("Ma a me la porcellana non dà problemi!").
- Scriverebbe un videogioco, vista l'esperienza nella scrittura creativa con la critica culinaria nel corso di anni? "È facile diventare bravi a scrivere, se scrivi con la tua voce. Ma se scrivi fiction, devi scrivere anche con la voce di altri".
- Avventura grafica preferita negli ultimi tempi? Disco Elysium.
- Miglior merchandising di Monkey Island che abbia mai visto? Delle bottiglie di "Grog Beer" mai commercializzate, che una distilleria californiana creò apposta per la festa di fine lavori su Fuga. Ne conserva ancora una cassetta intera (ma non ha il coraggio di aprire una bottiglia: "Non è che la birra invecchi come il vino...").
- Qual è il segreto della longevità del mito di Monkey Island? Per Dom la qualità della narrazione, il non prendersi mai troppo sul serio, ma soprattutto un protagonista dalla particolare vulnerabilità: la "combinazione di spavalderia e inettitudine" rende facile immedesimarsi in lui.
Una rilettura di Maniac Mansion?
Ron Gilbert nei giorni scorsi su Twitter ha poco più che scherzato su un possibile semiremake di Maniac Mansion: "col 50% di enigmi diversi e magari con un nuovo personaggio". Come lui stesso ha aggiunto poco dopo, è una cosa detta tanto per dire (l'ha definita in modo molto colorito "brain fart", lett. "scoreggia del cervello"), però naturalmente ha attivato l'immaginazione dei fan.
Maniac Mansion, realizzato in origine per C64 poi convertito per tutte le principali piattaforme, fu l'esordio dell'engine SCUMM e il vero inizio delle avventure grafiche Lucasfilm Games poi LucasArts (con Labyrinth a fare da prova generale). Generoso ma acerbo, era in effetti pieno di quei "difetti" (qualcuno più amante di Infocom o Sierra scriverebbe "caratteristiche") delle avventure di un tempo, come vicoli ciechi, tempo reale, carenza di indizi. Da quell'epoca Gilbert ha fatto molti passi avanti, che sintetizzò pure in un celebre manifesto ancora valido, quindi è comprensibile che sia colto dalla tentazione di operare modifiche retroattive a quelle ingenuità. Ma sarebbe il caso? Storicamente parlando, direi di no, però potrei chiudere un occhio se la nuova interpretazione del mito non cancellasse la vecchia. Al di là di questo, dopo la sbornia di passato di Return to Monkey Island, fossi in lui guarderei per un po' al futuro.
A chi fosse interessato a una recente esperienza "alla Maniac" consiglierò sempre lo spagnolo The Castle.
The Curse of Monkey Island festeggiato da Mixnmojo
Il fansite Mixnmojo ha celebrato (in anticipo) i 25 anni di The Curse of Monkey Island di Jonathan Ackley e Larry Ahern con una megaintervista che vado a riassumervi, con qualche passaggio più significativo che traduco. Salto tutto quello che nel testo è già contenuto tra informazioni e curiosità nella mia scheda.
- Jonathan programmatore, Larry grafico, non avevano mai diretto un progetto prima, ma secondo loro aiuta lanciarsi in coppia, per darsi man forte nei momenti di difficoltà.
- Larry dice: "Volevamo avere un progetto tutto nostro, i capi volevano un altro Monkey Island. Eravamo troppo ingenui per suggerire qualcos'altro (specialmente un'idea originale) ed eravamo troppo stupidi per preoccuparci della responsabilità di aggiornare una serie classica e amata. Per nostra fortuna internet non andava fortissima allora, quindi non c'era il rischio di ascoltare opinioni su come avremmo potuto fare un casino di danni. [...] Fummo in grado di rimanere nella nostra piccola bolla e concentrarci su ciò che pensavamo fosse un buon gioco." Jonathan ricorda che era più che altro preoccupato dalla vastità prevista, un valore necessario per la saga, ma intimorente per loro alle prime armi.
- Già da Full Throttle Larry voleva puntare su una forza cinematografica dell'immagine, ma quel team non era abbastanza vasto da reggere l'impatto: per Curse il discorso cambiò, l'organico fu rafforzato e fu acquistato un sistema per la colorazione digitale delle immagini realizzate a mano. L'idea era ottenere una qualità dell'animazione a livello disneyano, tanto che Bill Tiller, autore dei fondali, viaggiò ai Caraibi a sue spese, per esser certo di coglierne l'essenza! Grazie alla risoluzione aumentata (640x480) sarebbe stato finalmente possibile restituire quel sapore di libro illustrato che i primi due capitoli non potevano tecnicamente ottenere.
- Larry, avendo già rivisto la grafica dei personaggi di Maniac Mansion per Day of the Tentacle, sentiva di poter fare altrettanto con Monkey. Riguardo allo stile, ci dice: "Per quanto riguarda l'esagerazione e la stilizzazione, era una cosa su cui volevo pure spingere. Amo gli elementi deformati e caricaturali, riconoscibili ma estremi, sia per quanto riguarda il design dei personaggi sia per gli ambienti. Bill incurvò e gonfiò i muri, non usò quasi mai una linea diritta in tutto il gioco. E lo stesso volevo per i personaggi. Anche se amavo i primi due Monkey, avevo sempre pensato che il tono della scrittura fosse più comico di quanto la grafica suggerisse (specialmente nelle copertine, anche se sono follemente meravigliose). Quindi volevo che i personaggi fossero un po' più cartoon, per riflettere il modo in cui io vedevo quel mondo."
- L'alta risoluzione permise di sbizzarrirsi col livello di dettaglio dei personaggi, e la migliorata qualità degli scan consentì di realizzare anche loro a mano libera (non più solo i fondali, come in Monkey 2). Non solo: le mansioni cominciarono a distinguersi, con gli animatori, che venivano dai veri cartoon, liberi di fare il loro lavoro come al solito su carta, per poi lasciare che i fotogrammi venissero completati e colorati da tecnici grafici, trasformati in grafica vettoriale nella fase intermedia della produzione (tramite il tool della USAnimation).
- Il rovescio della medaglia di questo salto di qualità fu l'innalzamento dei costi, così si progettò ogni scena e ogni personaggio per ottimizzare le risorse, in modo ragionato: in Curse pochi personaggi hanno per esempio l'animazione standard della camminata, anzi rimangono fermi in un solo posto. Voluto: per Ahern aveva senso sfruttare il talento degli animatori per creare movimenti più buffi, caratterizzanti e significativi.
- Curse recuperò l'inventario interattivo al quale Tim Schafer aveva rinunziato in Full Throttle e poi Grim Fandango. Nessuna polemica con quelle scelte: per loro due bisogna armonizzare storia, enigmi e interfaccia, e per Monkey ci voleva l'inventario interattivo, non indispensabile nello spirito di Full Throttle.
- Dal punto di vista del gameplay, cercarono il più possibile di non riciclare troppo gli episodi precedenti, ma non resistettero alla riproposta del duello ad insulti, perché lo consideravano troppo caratterizzante della saga: si chiedono se l'idea delle rime abbia giustificato abbastanza il riciclo! Aiutava che quella sezione presentasse per la prima volta battaglie navali action (secondo Ackley rielaborazione di un vecchio gioco intitolato Broadsides).
- "Il modo in cui affrontammo il finale di Monkey 2, occupandocene più avanti nel gioco, fu più che altro dettato dal voler rendere l'esperienza accessibile ai nuovi giocatori. Immaginate se aveste messo il cd del vostro nuovo gioco di pirati nel PC, chiedendovi perché ci fossero ragazzini indemoniati in un parco a tema coi pirati!"
- Sulle musiche di Michael Land, Ahern dice: "Mi ricordo che Michael Land ci invitò a una sessione di registrazione per il tema d'apertura. Aveva assunto una donna che a quanto pare era tra le migliori suonatrici di marimba (è il nome giusto? È quella specie di xilofono di legno). L'ascoltai suonare e sorrisi. Avevo sempre saputo che sarebbe stato fantastico, perché tutto quello che avevano fatto nei giochi precedenti era fantastico. Ma quello fu il momento in cui per la prima volta sentii quella grandezza."
- A parte le recriminazioni per il finale sbrigativo, Jonathan e Larry sono abbastanza certi di aver creato un ottimo titolo. Larry dice: "Io sono semplicemente felice di non aver demolito la saga. Ci ha ripagato tanto vedere gli elementi che ci avevano entusiasmato continuare a vivere nei ricordi dei fan e nei sequel. Suppongo che qualche cosa giusta dobbiamo averla fatta, se i fan ne parlano ancora. [...] Mi sento molto fortunato per essere stato alla LucasArts nel momento giusto, a lavorare con talenti così straordinari. Negli anni successivi ho scoperto che non è tanto facile provare a riprodurre quel successo. Ho lavorato su altri progetti e ho pensato di seguire la stessa formula, ma non sono sempre venuti così bene. Poi mi sono chiesto perché e ho realizzato che alla LucasArts ogni membro del team era un genio. Mi devo ricordare di lavorare solo coi geni."
- Tra il 1997, anno d'uscita di Curse e il 1998, ci fu la grande cesura, il momento in cui le avventure grafiche entrarono in crisi commerciale, prima di risorgere via via sempre più stabilmente in ambito indie. Ackley ha trovato il colpevole. Un meritevole colpevole: "Ebbi una rivelazione quando vidi Half-Life, pensai: beh, siamo al sipario per le avventure grafiche, nei giochi tripla-A."
Edizioni scatolate assortite
Limited Run Games ha posto in preordine edizioni scatolate a tiratura limitata di Day of the Tentacle Remastered della Double Fine. C'è tempo per ordinare fino ai primi di settembre. Potrebbe essere un'occasione simpatica per avere una versione fisica di DOTT, se non se ne ha già una (io mi tengo stretta la mia, comprata quando avevo 16 anni alla Défense di Parigi!).
A proposito di Double Fine, in attesa delle incarnazioni scatolate per i backer di Psychonauts 2 (previste per l'ultimo trimestre dell'anno, stando all'ultima loro newsletter), iam8bit ha messo in moto la macchina dei gadget legata alle nuove avventure di Raz: in questa pagina trovate una Collector's Edition del gioco per Xbox One/Series X o Playstation 4. Include anche edizioni a tiratura limitata del primo capitolo, ma anche vinili con la colonna sonora di Peter McConnell e il monumentale art book, quest'ultimi disponibili a inizio 2023. Chissà che fine ha fatto il documentario promesso dei 2 Player Productions sulla lavorazione del gioco... un pizzico di dietro le quinte è comunque un video approfondimento del programmatore Aaron Jacobs sul (complesso) sistema che ha permesso di creare i portali in Psychonauts 2. Non riassumo perché è troppo tecnico, ma so che ci sono sviluppatori tra i lettori del sito, in grado di seguire il discorso.
Siamo alla fine, ora stacco per godermi un po' di meritate ferie. In chiusura vi segnalo che, per problemi interni alla Aspyr, sembra che i lavori sul remake di Star Wars: Knights of the Old Republic siano in forzata pausa. Chissà se un giorno troverò il tempo di rivedere quella scheda: non sono di certo esperto di gdr, e dopo vent'anni oggi cercherei di essere comunque più approfondito...
Va da sè che, se nei prossimi giorni fosse rivelata la data d'uscita di Return to Monkey Island, provvederò a un subitaneo aggiornamento: sicuramente sui social, ma se riesco anche sul sito.
Ciao,
Dom
30-6-2022
So che siete tutti qui per ragionare sul trailer lungo ufficiale di Return to Monkey Island e sul nuovo materiale diffuso, ma prima di quello ho il dovere e l'immenso piacere di ricordarvi che a giugno ha compiuto 30 anni Indiana Jones and the Fate of Atlantis: avete mai provato a sottoporlo ai vostri familiari o ai vostri partner, magari non giocatori indefessi? Per mia esperienza (e per sentito dire) mi sono reso conto che non gli viene riconosciuta una magia particolare, una capacità di sedurre il giocatore occasionale, forse persino superiore al più celebre Monkey Island. Anche per questo motivo, abbiate pazienza, i riflettori questo mese sono prima sul dr. Jones. E che riflettori!
30 anni di Indiana Jones and the Fate of Atlantis: Hal Barwood parla con Lucasdelirium!
Quale modo migliore di celebrare i 30 anni di Indiana Jones and the Fate of Atlantis, pubblicato nella sua versione originale nel giugno 1992, se non parlando direttamente col mitico Hal Barwood, suo capo-progetto e co-designer, con un passato nel cinema e una straordinaria capacità di reinventarsi nel mondo dei videogiochi? Ho l'onore di presentarvi la terza intervista nella storia di Lucasdelirium, dopo quelle con Peter McConnell (nel 2006) e con Tami Borowick l'anno scorso!
Ringrazio davvero Hal per il suo tempo e vi invito poi a tornare qui nelle news, per leggere qualche considerazione del suo socio Noah.
30 anni di Indiana Jones and the Fate of Atlantis:
parla Noah Falstein
Dopo Hal, non potevamo che dare la parola al codesigner di Indiana Jones and the Fate of Atlantis, l'epico Noah Falstein, che nel 2009 (se non ricordo male) ebbi il piacere di incrociare in quel di Napoli, insieme ad altri lucasdeliranti. Noah è stato ospite della brava twitcher inglese Cressup, non nuova a incontri con ex-lucasiani. Prima di lasciarvi al riassunto di quanto ha raccontato, vi comunico che ho estrapolato le impressioni di Falstein su Return to Monkey Island, del quale è stato alpha e beta tester, collocandole più in basso, tra gli aggiornamenti riguardanti il nuovo Monkey di Ron Gilbert.
- A trent'anni di distanza, crede che la riuscita di Fate of Atlantis sia stata anche un colpo di fortuna, per la combinazione della sua esperienza con quella cinematografica di Hal Barwood, per il periodo d'oro che la LucasArts stava vivendo in quel momento ("Forse non ce ne rendevamo nemmeno conto"). Di certo non avrebbe immaginato che il gioco si sarebbe rivelato uno dei suoi più ricordati e apprezzati. Sapeva solo che con Hal volevano cogliere lo spirito dei Predatori, il loro film preferito della serie.
- "Avete carta bianca": per Noah è il momento in cui scatta la differenza tra i professionisti e i dilettanti. Quest'ultimi non vedono l'ora di averla, mentre il professionista sa che le cose diventano più difficili!
- Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure era stato fino a quel momento il loro punta & clicca più venduto, aveva senso continuare su quella scia. E i sequel ti permettono di saltare la fase in cui devi riflettere sull'impostazione generale di storia e design, che hai già chiari.
- I "tre percorsi", le tre opzioni per risolvere in modo diverso la parte centrale di Indy 4, sono un elemento di design che Noah rivendica: aveva già cercato di stravolgere la formula delle avventure grafiche con sequenze d'azione e speciali in Last Crusade, ma qui pensò a qualcosa di più originale e sofisticato. Ringrazia Hal per averle mantenute nel gioco finito, perché produttivamente, specie dal punto di vista grafico, la cosa si stava rivelando impegnativa e c'era stata la tentazione di lasciarli perdere.
- Viaggiarono per compiere ricerche? "Magari!" Falstein però racconta di essere in seguito andato sul serio in alcune location legate al mito di Atlantide, come Santorini. "È stato come passare dal sogno alla realtà." E gli piacciono molto le foto dei fan scattate nelle località reali, anche se loro avevano basato il proprio lavoro solo su fotografie.
- Noah racconta di nuovo come ebbero l'idea di Atlantide, da un libro nella biblioteca dello Skywalker Ranch, intrigati dalle mappe che già suggerivano la planimetria di un labirinto e luoghi esplorabili. Una manna per l'epoca in cui le avventure dovevano per forza durare sulle quaranta ore (e secondo lui i "tre percorsi" furono un buon modo di aumentare la longevità complessiva senza andare a pesare troppo sul ritmo della storia).
- Percorso preferito? Team, perché dava la possibilità di offrire un personaggio femminile forte come Marion, cioè Sophia, allargando allo stesso tempo il pubblico delle avventure alle donne, che all'epoca giocavano poco in generale, ma erano attratte dagli adventure game. "Ed era il percorso più cinematografico".
- Una delle cose che ha imparato dal testing? "Mai dare dei fiammiferi al giocatore: vorrà accendere qualsiasi cosa". Una metafora nata da una situazione reale: oltre all'uso principale che hai pensato di assegnare a un oggetto, devi essere pronto a intercettare altri usi logici che il giocatore vorrebbe fare dell'oggetto.
- Un ricordo divertente della Lucasfilm Games allo Skywalker Ranch? Quando, impegnato nella preparazione della prima versione di The Dig, nuotò fino a una zattera nel centro dell'Ewok Lake. Si portò carta e penna in una borsa impermeabile, con l'idea di lavorare in assoluto relax. Dopo un po' realizzò tuttavia che la gente in auto che passava lì accanto lo vedeva in un posto di solito destinato alle feste. "Teoricamente stavo lavorando, ma non sembrava. Tornai indietro, era meno idilliaco del previsto".
- Lavorerebbe su una remaster di Fate of Atlantis? No, preferisce guardare avanti e non ama un certo tipo di fandom tossico che potrebbe essere attivato da un progetto del genere. Cita il caso della ribellione davanti al look di Return to Monkey Island ("Con Ron pensavamo che sarebbe accaduto, ma non pensavamo sarebbe accaduto così rapidamente. [...] Quelli che reagiscono così sono la minoranza, ma rovinano l'esperienza per tutti."). Hal Barwood poi ha lasciato i videogiochi da più di quindici anni, dandosi ai romanzi...
- Dei suoi anni a Google ricorda con piacere l'atmosfera di lavoro nella divisione giochi che poi non è mai realmente decollata, nonostate almeno il progetto Stadia sia arrivato (con sofferenza) a destinazione. La cosa migliore fu partecipare alla realizzazione del Google Glass.
- Prospettive del Metaverso? Noah ricorda l'esperienza della Lucasfilm Games con Habitat, crede nelle possibilità di una vita virtuale parallela a quella reale, saluta i suoi amici alla Playable Worlds, ritiene che la realtà aumentata in particolare dominerà le nostre vite, ma dice: "Al momento è una bolla promozionale, il punto è che se il tuo mondo virtuale non è connesso agli altri mondi virtuali, è come dire: ci facciamo una nostra internet solo per me e per i miei amici."
- Ha lavorato per un periodo alla AdventureLab, un'azienda dedicata alla narrazione integrata nelle esperienze interattive, un'esperienza interessante, un campo potenzialmente sempre più importante nel mondo virtuale e connesso.
- Rimane impegnato tramite le consulenze della sua The Inspiracy sull'uso dei videogiochi per il trattamento di patologie mediche, attraverso la realtà virtuale ma non solo (anche realtà aumentata, per la riabilitazione motoria). È un campo che ha attratto diversi colleghi della ex-LucasArts: la principale compagnia per cui lavora adesso è l'Akili Interactive, che ha ottenuto l'approvazione della FDA per Edeavorrx, un gioco finalizzato al trattamento clinico del deficit di attenzione e iperattività nei bambini.
- Ricordando Mata Hari: "Io e Hal ci siamo divertiti a farlo più di quanto i giocatori si siano divertiti a giocarlo!", scherza Noah, ammettendo i problemi produttivi che non hanno portato a compimento ciò a cui puntavano. Sostiene ancora però con forza l'uso di idee e concetti come oggetti dell'inventario, dall'uso contestualizzato alle circostanze.
- Sviluppatori odierni o giochi attuali che gli ricordano spiritualmente ciò che facevano all'epoca alla Lucasfilm Games? Noah cita Gorogoa di Jason Roberts come un originale e sperimentale risultato di narrazione interattiva. Benedice poi Dave Gilbert della Wadjet Eye Games: "Una volta incontrò diversi di noi della LucasArts e disse che ci vedeva come punti di riferimento, sua ispirazione. Gli dissi: aspetta e vedrai che anche tu diventerai a tua volta un punto di riferimento e un'ispirazione! E infatti..."
Return to Monkey Island: habemus trailer, storia, Guybrush e... Stan!
Il sito ufficiale del Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman è stato aggiornato con il primo trailer lungo (con scene in-game!) e nuovi screenshot, dove fa la sua comparsa... Guybrush. In effetti finora, dal teaser evento del 4 aprile, non avevamo ancora visto in azione i principali protagonisti della saga, cioè il sig. Threepwood, Elaine e LeChuck. Che effetto ci hanno fatto? Di cosa si discute in queste ore? Andiamo per ordine e ragioniamo sul trailer, facendo riferimento anche a parte della sinossi ufficiale. Semino qualche nuovo screenshot, segnalandovi pure che ho aggiornato il mio articolone sull'evento.
- Non sottovaluterei, sia per la lettura generale delle vicende, sia per l'interpretazione dello stile grafico adottato, la premessa con Guybrush che discute degli "scrapbook", dei suoi "album dei ritagli". Si diverge qui dalla consuetudine del "diario del capitano", che ha sempre caratterizzato la saga, per scegliere una strada visiva. Non so esattamente cosa possa significare, ma è una divergenza che mi ha acceso il radar.
- La presenza di Murray, qui ribadita, aveva già sancito come Ron - e l'ha detto più volte - considerasse The Curse of Monkey Island nel canone. Occhio però all'evidente citazione, in un'immagine del libro, del duello Elaine-Morgan LeFlay di Tales of Monkey Island dei Telltale. È giusto e normale, Grossman fu in quel team seppur non capo-progetto, e Tales, come tanti di noi non si stancano di dire da dieci anni, è stato un sottovalutato, bellissimo Monkey Island. Ora lo benedice anche Ron, meno male (l'aveva già fatto in realtà partecipando a un brainstorming di qualche giorno all'epoca, a onor del vero).
- "Ho finalmente scoperto il segreto di Monkey Island". Caspita. Certo, siamo in territorio trollone gilbertiano, e come altri mi aspetto che alla rivelazione di qualcosa si associno nuovi misteri senza spiegazione. Ma l'intenzione c'è, tanto che il gioco viene presentato addirittura come l' "eccitante conclusione" della saga! Prendo atto.
- Chi sono i villain della storia, nello specifico? Sembrano i nuovi "tre pirati dall'aspetto importante", che si vedono sia nello SCUMM Bar sia su una nave. LeChuck c'è, Guybrush lo affronta, ma non escludo che la squadra dei cattivi possa essere estesa.
- Se scavando sotto la X di Dinky Island Guybrush "trovava il Big Whoop", cioè cominciava a uscire dal suo mondo, sta tentando di fare lo stesso nel trailer, da un'altra direzione? Poco prima che una trappola lo sollevi sull'albero? LeChuck e il suo secondo non stanno facendo altrettanto? Cercano la stessa cosa?
- Incerto sul "reame delle chiavi", che scopriamo chiamarsi Brrr Muda (!!!): non è detto che sia una minaccia, ma è di certo un contesto in cui Guybrush deve mostrare il suo valore, come suggerisce un faccia a faccia col re (torna un possibile nesso con le chiavi del fabbro di Mêlée) e una... vomitevole gara?
- Gilbert aveva detto che Elaine non è un personaggio giocabile in Return, anche se lui e Grossman ci avevano pensato inizialmente. Eppure sembra indipendente in due inquadrature, quando scende in una grotta e quando si trova su Monkey Island vicino alla Testa di Scimmia. Sono solo sequenze non interattive? Elaine ha comunque una presenza anche indiretta, perché su una spiaggia Guybrush si aggira vicino a un cartello con su scritto "Marley Foundation".
- A proposito... cosa ci fa Carla la Maestra di Spada nella Casa del Governatore su Mêlée? Elaine ha abbandonato la politica, ma Carla ha occupato la casa perché aderisce al nuovo corso di Mêlée? Oppure vi resiste, da spirito libero? Di certo non è contenta di vedere Guybrush!
- Chi cerca di eliminare Guybrush buttandolo dal dirupo? Potrei sbagliarmi, forse la fantasia mi si attiva come non dovrebbe, ma mi è venuto in mente che potrebbe essere... un'altra versione di lui stesso! No, non mi chiedete perché. Non ha senso. Rispondo d'istinto.
- Wally ha orgogliosamente ripreso la sua professione di cartografo... e pare molto soddisfatto! Non sembra più su Scabb, la location è differente.
- Cobb è ancora nello SCUMM Bar impegnato a pubblicizzare Loom. La Disney/Lucasfilm ha acconsentito a lasciare il riferimento? Dovere filologico oppure possiamo sperare che qualcuno stia facendo un pensierino sul rilanciare quel mondo?
- A cosa si deve il terremoto finale nel trailer? Sembra in grado di scuotere l'intero arcipelago, visto che ne sono affette tutte le isole. Solo fenomeno tellurico? O... collasso della realtà imminente?!? Ha qualcosa forse a che fare con la famigerata Terror Island, un'altra delle isole del gioco, oltre a Mêlée, Monkey e Brrr Muda?
Spero non siate delusi, ma non riesco a proiettare molto altro su quello che ho visto! La sinossi della trama non è da sottovalutare. Dopo aver premesso che siamo di fronte al sequel diretto di Monkey Island 2, il sito ufficiale ci dice che :
Sono trascorsi anni da quando Guybrush Threepwood è rimasto prigioniero di una battaglia d'ingegni con la sua nemesi, il pirata fantasma LeChuck. Il suo vero amore, Elaine Marley, non si occupa più delle sue mansioni da governatore e Guybrush stesso è alla deriva, insoddisfatto, senza aver mai scoperto il Segreto di Monkey Island. Giovani pirati di tendenza comandati dal Capitano Madison hanno defenestrato la vecchia guardia dal potere, Mêlée Island sta discendendo la china, e il famoso uomo d'affari Stan è stato imprigionato per crimini legati al marketing.
Lo stallo alla fine di Monkey 2 si può interpetare dunque come una "battaglia d'ingegni"? In che senso? Vedremo. Guybrush si trova nella stessa situazione di molti fan, "alla deriva e insoddisfatto" per non avere mai saputo il segreto? Quando si dice la comunione d'intenti tra protagonista e giocatori! Il nuovo prende il posto del vecchio, ma con quali conseguenze? Bel tema. So che mediterete l'omicidio per l'accostamento sacrilego, ma vorrei ricordare che pure Fuga da Monkey Island prendeva le mosse da una decadenza dell'identità collettiva piratesca (seppur diversa da questa).
La questione di Stan può essere invece già approfondita! Con una grande idea, lo incontriamo appunto in galera già sul sito ufficiale, e possiamo interagire con lui tramite un dialogo a scelta multipla. Accanto a lui c'è Otis. Stan ci spiega di essere stato incarcerato per aver venduto a gente danarosa cose "non tangibili" (evidente parodia degli NFT), ma è sicuro che, proprio per questa intangibilità, le accuse non terranno e verrà scarcerato. Ha smesso di vendere navi usate perché la rivendita è affondata ("metaforicamente e letteralmente"). È lieto di "rompere la quarta parete" parlando con noi, per vendere più copie del gioco. Ritengo la trovata davvero indovinata: in mezzo a tutte le ansie e le polemiche per un gioco così atteso, è bello semplicemente... cominciare a giocare.
Come si giocherà, a proposito? Sul sito si dice che il punta & clicca sarà aggiornato ai tempi moderni, in un'evoluzione dei controlli classici. Le interazioni "sensibili al contesto" sono secondo me quelle sperimentate in Delores: verbi d'azione contestuali all'hotspot col quale si sta interagendo, non standard. Non ho idea invece di cosa possa offrire un "inventario facile da usare", perché negli anni sono stati fatti mille esperimenti sullo snellimento di quella dinamica. "Dialoghi ad albero reattivi" mi fa invece pensare a scelte che cambiano in tempo reale, mentre qualcosa accade sullo schermo (a memoria, credo che in alcuni casi accadesse già in sporadiche situazioni nelle avventure lucasiane, nonché in alcuni lavori Telltale).
Qualche aggiornamento sul fronte editoriale. Contrariamente a quello che una voce ha diffuso nelle prime ore per un equivoco (suggerito dalla presentazione del trailer durante il Nintendo Direct), Return to Monkey Island non è un'esclusiva temporale per Nintendo Switch in generale, è un'esclusiva temporale console per Switch, quindi il PC sarà coperto dal primo giorno: la pagina Steam è già infatti stata aperta, con informazioni riguardanti le localizzazioni. I doppiaggi diversi dall'inglese non sono previsti: il gioco sarà comunque sottotitolato in otto lingue straniere, tra cui l'italiano. Ron ha in altra sede confermato che una versione Mac esisterà. Peccato per gli utenti Xbox / Playstation, ma i loro porting non sono esclusi in generale: la precedenza allo Switch è stata probabilmente dettata dal grandissimo successo riscosso da Thimbleweed Park sulla piattaforma Nintendo.
Opinioni di panza, senza giocare: mi piacciono fondali e colori, mi convincono molto alcuni personaggi (Elaine simpatica, un riuscitissimo Wally, diversi comprimari), palla al centro per LeChuck... non mi piace Guybrush. Sono sicuro che alla fine mi abituerò come accadde con lo spilungone dalle gambe a spillo di Curse, però la sua grottesca deformità mi richiede quella stessa fatica, se non maggiore. Non è questione di nostalgia. Già all'epoca scrissi che preferivo le proporzioni più umane di Guybrush nell'odiato Fuga a quelle che aveva in Curse. Il Guybrush di Tales poi non mi ha mai respinto come ha fatto questo alla prima visione del trailer. E cito volutamente due interpretazioni caricaturali del personaggio, non sto scomodando lo stile relativamente realistico semivolontario dei primi due capitoli, lì si entra in un discorso storicamente più complesso (che abbiamo in parte già toccato il mese scorso). Meglio operare paragoni in un contesto tecnico-produttivo più vicino a quello di Return.
La rigidità delle animazioni è un terreno delicato che per me richiede riflessione sul contesto: potrebbe avere un forte nesso stilistico e forse anche narrativo con l'idea dell' "album dei ritagli", visto che la tecnica usata rende in effetti i personaggi marionette di carta, come nell'animazione in decoupage. La piattezza intrinseca tuttavia può essere un limite anche con le migliori intenzioni e con i migliori animatori: mi hanno lasciato per esempio perplesso i movimenti così rigidi del cuoco. Un compiacimento nella stilizzazione potrebbe avere la meglio sull'immersione. "Potrebbe".
Ad ogni modo, vedo l'impegno, intravedo un'omogeneità nelle scelte estetiche (cosa che per me ha un valore al di là dei gusti personali), la sfida narrativa è irresistibile. Non ho mai liquidato come una schifezza Curse solo perché Guybrush era (ed è!) per me deforme, non mi metto di certo a liquidare Return senza nemmeno averci giocato perché il nuovo Guybrush mi spaventa un po'. Cercherò di superare il timore, perché - come già scrissi - siamo dopotutto tra temibili pirati!
Movimenti al margine di Return to Monkey Island
È sempre simpatico lo stile fuori di testa di Marius Winter, il buon Majus che ha divertito il fandom di Monkey Island da una decina d'anni, sin dai tempi dei suoi "I Wonder What Happens in...", velocissimi riassunti in Flash di alcuni Monkey. Spronato da Return, Marius ha completato un progetto lasciato in sospeso, cioè il suo riassunto di Monkey Island 2! Negli anni Majus è migliorato tantissimo tecnicamente, anche per aver attraversato Telltale e Double Fine, oltre ad aver creato follie indie come Say No! More con lo Studio Fizbin. Rispetto al mitico flash film di Monkey 1 forse giova meno un ritmo più compassato, visto che la comicità arriva dalla sequenza assurda e rapidissima delle vere azioni da compiere nel gioco (che in forma filmica sembrano assai più sceme!). Fiore all'occhiello è comunque il cammeo vocale di Dominic Armato, doppiatore ufficiale di Guybrush!
Ho la sensazione che vedremo Return to Monkey Island di Ron Gilbert e Dave Grossman già prima della fine dell'estate, senza troppi convenevoli. No, non vi nascondo mie misteriose dritte ottenute sottobanco, giuro, è solo una sensazione.
Per dirne una, Ron ha scritto su Twitter che il doppiaggio è terminato, suscitando con i suoi commenti la reazione di Jonathan Ackley (coautore di Curse): sì, 13.000 battute di doppiaggio sono più delle 8.000 di Curse, ma ciò significa che il gioco sarà anche molto più lungo di quell'altro? Non ne sono sicuro, perché Gilbert ha poi detto che metà di quelle 13.000 sono solo frasi di Guybrush: ricordo che lui e Grossman si sono posti l'intenzione di ridurre al minimo le risposte generiche del protagonista, quindi tutte queste battute potrebbero essere dovute a quella decisione. Divertente il paradosso che Gilbert sottolinea, in effetti: "È buffo andare in studio con attori che sono stati in cinque Monkey Island e che io non ho mai incontrato, perché nel 1990 le voci erano stregoneria. Stregoneria!"
It's fun going into the studio with actors who have been in 5 Monkey Island games and I've never met them because voice back in 1990 was witchcraft. Witchcraft!
— Ron Gilbert (@grumpygamer) June 14, 2022
Non darei alcun peso serio alla rivelazione riguardante i tre pirati sulla copertina di Monkey 1, a quanto pare presenti come personaggi in Return, per divertito principio. Sul serio, io tutte le discussioni inerenti il "canone" di Monkey Island, in questo caso, le prenderei con la dovuta autoironia.
Provocazione pura la sequenza di questo e quest'altro Tweet. Ron ci pone un quesito: "Quando Guybrush arriva a Mêlée per diventare un pirata, perché passa dall'arco e non dal molo giù? Quello a cui attraccherebbero le navi?" La foto successiva, postata da Ron senza commenti, viene dall'episodio The City on the Edge of Forever ("Uccidere per amore") (1967, scritto addirittura da Harlan Ellison!) della prima stagione della serie classica di Star Trek. Vi si parla di portali attraverso le epoche, storie cancellate, storie da riscrivere, sacrifici emotivi per ripristinare il corso originale degli eventi. Gilbert ci prende in giro o... fa sul serio? Dopotutto la teoria dei "portali" era una delle spiegazioni del celebre segreto di Monkey Island...
Potrebbe anche essere semplicemente cominciata un'altra lunga sequenza di quesiti alternativi senza risposta, con la quale Gilbert ci tormenterà dopo averci dato l'illusione di spiegarci qualcosa. Lo intuisco dalle parole di Noah Falstein, provenienti dall'intervista con Cressup di cui sopra. Da alpha e beta tester di Return to Monkey Island, chiamato in causa da Ron proprio per criticare e dare feedback sul game design, non può dire molto ma ci lascia interessanti e forse sin troppo entusiasmanti parole.
Mi ha divertito immensamente, forse mi sto sbilanciando ma credo che sia uno dei migliori lavori di Ron in assoluto, il design degli enigmi... l'ho adorato, non tutti l'adoreranno, tutto è soggettivo. La cosa che mi ha lasciato più stupito riguarda i primi dieci minuti: Ron e Dave sono riusciti a fare qualcosa che avrei giurato fosse impossibile, e ci sono riusciti in modo ammirevole. [...] Non mi ha deluso per niente, è una bellissima opera d'arte. [...] Varrà l'attesa anche se la gente si lamenterà delle parti che non gli piacciono, perché ce n'è abbastanza da stimolare discussioni per anni. Quello che hanno fatto con Return of Monkey Island mi aspetto diventi argomento di tesi per master e PHD, per l'esplorazione di cosa possa significare raccontare con l'interazione. Non voglio suonare troppo solenne, ma per me la gente continuerà a trovarlo interessante per anni. [...] Verremo a conoscenza del segreto? [lunga pausa] Diciamo solo che lavoravo al fianco di Ron quando stava preparando il primo Monkey Island e quello che vedrete in Return ha una forte attinenza con il segreto che aveva in mente allora. Per quanto riguarda l'avvicinarsi o meno allo svelamento... è soggettivo, si lavora così tanto sulla narrazione in questo gioco. La cosa sarà molto soggettiva.
Toccante la sequenza di tweet di Dominic Armato, come ricordavo doppiatore originale di Guybrush sin dal lontano 1997 con Curse. Ha ricevuto in regalo delle bambole russe a tema Monkey Island, realizzate di sua sponte da una fan oltreoceano, e il gesto l'ha portato a riflettere. Estrapolo un passaggio molto bello.
Una delle cose che mi fanno rimuginare di più è una domanda: facciamo o meno la differenza nella vita delle persone? Aiutiamo la gente, diamo loro conforto o gioia, oppure viviamo solo nella nostra piccola bolla? Voglio dire, facciamo videogiochi divertenti, non è che contribuiamo a curare la gente dal cancro (quello lo fa mia moglie, a proposito di persone che fanno la differenza nella vita della gente). Ma quando senti quell'amore che ti viene restituito... Non sono sicuro di meritarlo, ma cavolo, lo apprezzo eccome. Trovo gioia nel sapere che quello che facciamo significhi così tanto per così tante persone. Così tanti di voi hanno detto così tante belle cose, sono stati di tale sostegno... volevo solo prendermi un momento per dirvi grazie.
Tami Borowick ha molto altro da dire!
Far scoprire al fandom lucasiano Tami Borowick è stata una delle mie più grandi soddisfazioni, con la mia intervista svolta in occasione dei 30 anni di Monkey Island 2, del quale fu coautrice dei testi e coprogrammatrice. Tami però non aveva ancora rotto il ghiaccio con un'intervista video, ma il simpatico Adrian Wallett l'ha coinvolta in una lunga conversazione per Arcade Attack. Riassumo le tante cose dette nell'ora e tre quarti (!), saltando le ripetizioni di ciò che c'era già nel mio pezzo (naturalmente vi invito a rileggerlo!). Cominciamo!
- Tami ricorda di aver accettato l'idea di lavorare sui videogiochi o di crearli grazie all'imprinting di Maniac Mansion, perché c'era una donna tra i personaggi, una porta aperta per un tipo di pubblico non associato normalmente ai videogiochi in quel periodo. Tanto poco aperta che, quando Ron la spronò a giocare qualcosa per entrare nell'atmosfera giusta, si recò alla biblioteca dello Skywalker Ranch dove avevano titoli recenti e non, e ignara scelse (su suggerimento altrui) Leisure Suit Larry. Ricorda l'imbarazzo di giocare mentre i colleghi intorno (al 90% maschi) le suggerivano di compiere azioni che si vergognava pure a scrivere nel parser testuale!
- Il periodo alla Lucasfilm Games fu "il più bello e il più brutto" allo stesso tempo. Bello per la qualità delle persone che c'erano, brutto per la fatica immane che tutti davano per scontata (il crunch time fu tale che realizzò di non avere nemmeno più roba pulita da mettersi!). C'erano anche situazioni un po' più tese, con qualche sfottò o bullismo ("che oggi non passerebbero"), però era un luogo pieno di opportunità e occasioni per migliorarsi. Per riuscire nel gruppo bisognava portare unicità e creatività: "Se qualcuno ti chiede x, tu puoi dare solo x, oppure dare x e qualcos'altro".
- Alla Lucasfilm c'era chi come Alexa Eurich organizzava attività di gruppo per cementare lo spirito di corpo. Si cimentarono in un cortometraggio animato in stop-motion ("Ma scoprimmo che noi programmatori perdevamo presto la pazienza!") e partecipò a una festa di Halloween dell'intera Lucasfilm (lei si presentò come rocker, con parrucca bionda, collare e bandana; Dave Grossman si dipinse la faccia con le barre colorate del monoscopio; Tim Schafer e altri si travestirono da cibo fast food, come hamburger, patatine, etc.). Con Ron andavano a vedere deliberatamente film brutti, avevano il "club dei film brutti", perché ritenevano che fosse più facile capire cosa funzionasse e cosa no tramite i brutti film, per costruire meglio le storie delle loro avventure grafiche.
- Lo Skywalker Ranch era considerato una zona franca per le celebrità, il che significa che non dovevi comportarti da fan se ne incontravi una (per lei fu difficile contenersi quando incrociò Huey Lewis!). Ciò detto, una volta entrata alla Lucasfilm Games, Tami ammise, con costernazione e imbarazzo dei colleghi, che non sapeva quale aspetto avesse George Lucas!
- Oltre ad aver realizzato il demo di Monkey 1, lei e Mike Stemmle furono ulteriormente interpellati da Ron Gilbert per un giro di playstesting extra sul gioco, esortati a elencare tutto ciò che per loro non tornava. Tami capì allora quanto potesse essere diverso l'approccio mentale agli enigmi da persona a persona: lei non ebbe alcun problema nell'uscire dall'acqua durante l'attentato di Fester, mentre Stemmle si arenò. Fu educativo guardare Gilbert mentre decideva quale consigli accogliere e quali ignorare.
- L'iterazione continua era un metodo di lavoro di Ron Gilbert: cambiava idea spesso, era molto concentrato sul ritmo generale dell'esperienza. Tami si abituò a non cancellare mai davvero nulla, prevedendo i ripensamenti.
- Perché Monkey Island funziona? Sicuramente grazie alle innovazioni di gameplay che propose, però per lei erano centrali la facilità di immedesimazione in un personaggio simpatico come Guybrush, l'efficacia dei comprimari e l'autoironia generale. I suoi personaggi preferiti sono forse Stan come diversivo comico ed Elaine perché è un personaggio femminile forte (ma ha dei dubbi sui suoi gusti sentimentali...).
- Come funzionava il metodo di lavoro durante Monkey Island 2? Ron diceva quello che voleva in una determinata sezione: si partiva col brainstorming che comprendeva lei, Dave, Tim e Bret Barrett come scripter, insieme ai grafici/animatori. Una volta che Gilbert approvava le intenzioni della scena, uno scripter e un grafico venivano assegnati a quella sezione: lo scripter assemblava il tutto, interfacciandosi col grafico per quello che serviva e scrivendo i dialoghi necessari, con totale libertà lasciata da Ron (che però aveva scelto determinate parti delle quali voleva occuparsi di persona).
- Cosa la rende più fiera del suo lavoro su Monkey Island 2? L'essere stata all'altezza di un team preesistente, trovando un proprio spazio in voci umoristiche come quelle di Schafer, Grossman e Gilbert, così peculiari e diverse tra loro.
- Qual è il segreto di Monkey Island? "Lo scoprii, lo scrissi su una piccola pergamena, me la impiantai in un dente, ma di recente me l'hanno levato. E il dentista chiede un riscatto."
- Perché lasciò la LucasArts per la Humongous Entertainment? Le piaceva lavorare con Ron e la producer Shelley Day, le andava a genio l'idea di spostarsi a Seattle dove l'azienda sarebbe stata aperta, e avrebbe sempre voluto insegnare: la prospettiva di lavorare su giochi per bambini era perfetta per toccare quelle corde ferme da tanto tempo.
- Agli inizi della Humongous l'impatto col primo playtest fu traumatico. Si vendevano giochi per bambini nella fascia "3-8 anni", ma è una fascia in realtà sin troppo ampia, che copre momenti nella vita molto diversi! Davanti al prototipo di Putt-Putt Joins the Parade, capirono che dovevano essere più espliciti su alcune cose ovvie nelle avventure per adulti (un'uscita doveva essere enfatizzata da una freccia), ma soprattutto che c'erano approcci diversi a seconda dell'età: i bambini più grandi si concentravano sull'obiettivo finale, quelli di mezzo amavano passare il tempo nelle attività secondarie, i piccolissimi cliccavano a caso e si divertivano già così.
- La lavorazione del primo Freddi Fish and the Case of the Missing Kelp Seeds, suo esordio da capo-progetto, fu impegnativa, a causa del cambio in corsa dalla bassa risoluzione DOS all'alta risoluzione per il Windows 95 ancora in gestazione (era il '94!). Tami si trovò a gestire un team di 60 persone invece delle 20 iniziali. Il gioco fu scelto persino da Bill Gates in una delle presentazioni del nuovo sistema operativo. Soddisfazione, responsabilità, ma anche tanta ansia ("Non riuscivo a dormire!"). Usavano una versione beta di W95 e spesso scattava il dubbio: "Ma questo è un bug nostro o di Windows?!" Fortunatamente dopo quella maratona si decise di creare dei sotto-capi-progetto per le varie aree (grafica, programmazione...).
- Cosa pensa della condizione femminile nell'industria dei videogiochi? Si ritiene molto fortunata, per l'epoca nella quale debuttò, grazie a Ron Gilbert che le permise di diventare capo-progetto alla Humongous: dubita che ci sarebbe riuscita rimanendo alla LucasArts, perché c'era gente con più esperienza che avrebbe avuto la precedenza. Riguardo alla rappresentazione della donna, "è il caso di guardarci come persone normali, non come stranezze", né univocamente come oggetti sessuali. Per lei rispetto è anche questione di parole, evitando cose come "ragazza" rivolto a una donna che non lo è più, o "femmina" come sostantivo ("Quello si fa solo nei laboratori!"). Per i contenuti, bisognerebbe creare più giochi che siano graditi anche a un pubblico femminile, ma non necessariamente pensando a un target: "gender neutral", cioè non concepiti per piacere a un determinato sesso ("Basta con 'sto rosa!"). Consiglio? Create un personaggio, con determinate caratteristiche necessarie alla storia, poi decidete di quale sesso sia... con un tiro di dado!
- Giochi preferiti? Uno è sicuramente Tetris, che giocavano su Mac con Ron ai tempi della Lucasfilm Games, in competizione: Gilbert aveva trovato il modo per avviare due identiche istanze della stessa partita su due sistemi diversi, in maniera tale da confrontare i punteggi sulla stessa sfida. Vinceva sempre Ron, finché non ammise che aveva usato un cheat mode! Lei ama molto anche il Sudoku e trova che Pong, per quanto antico e superato, sia stato fondamentale all'epoca per trasmettere l'idea di cosa fosse un videogioco.
- Se potesse incontrare un personaggio dei videogiochi, chi sceglierebbe per andare a farsi una bevuta? Lara Croft, per parlare con lei delle sue avventure; Chun-Li di Street Fighter, perché magari avrebbe storie interessanti da raccontare su quelli che ha sconfitto; Luther, la spalla dei suoi Freddi Fish ("ma solo quando diventa maggiorenne!"), perché è goffo ma simpatico!
DREAMM, oltre ScummVM e DOSBox: l'alternativa è arrivata
Il programmatore Aaron Giles, ex-Lucas nonché colonna dell'emulatore di arcade MAME, sta pubblicando le prime beta Windows del suo DREAMM, già annunciate in un'intervista di qualche mese fa, coperta da me qui sul sito. Di cosa si tratta?
"DREAMM" è l'acronimo per "DOS Retro-Emulation Arena for Maniac Mansion (and other LucasArts SCUMM Games)". È una proposta piuttosto curiosa, perché è una via di mezzo tra l'interprete ScummVM e l'emulatore DOSBox. È un emulatore di PC creato da Aaron, preconfigurato al meglio per ciascuna avventura SCUMM storica della Lucasfilm Games / LucasArts, immediato però nell'utilizzo come ScummVM. L'intento di Giles, come spiegò, è quello di preservare l'esperienza delle versioni DOS "vanilla" dei vecchi giochi (compresa la grafica originale dell'interfaccia utente), senza intervenire sul loro codice, rendendone tuttavia semplice l'avvio per i giocatori che non se la sentano di procedere per tentativi con i settaggi di un generico DOSBox (sui quali comunque io vi assisto in ogni scheda qui sul sito, vorrei ricordarlo).
Siccome DREAMM rimane un emulatore, ha bisogno di tutti i file originali delle versioni DOS: purtroppo molte edizioni digitali in giro per gli store si appoggiano a ScummVM, che non necessita dell'eseguibile (".exe") o dei driver audio, essendo un interprete, come spiegai nel mio articolo. Come non logica conseguenza, nonostante questi file aggiuntivi pesino poche risibili centinaia di Kb, sono stati rimossi dai pacchetti in vendita basati su ScummVM, nella maggior parte dei casi. Ne consegue che DREAMM non è utilizzabile da chi possiede la gran parte delle versioni GOG o Steam delle avventure lucas, ma solo da chi abbia in casa i floppy o i cd-rom delle edizioni PC retail. Se state pensando che, chiudendo un occhio, sia facilissimo trovare crackate in giro versioni DOS complete di tutti i file, non siatene così sicuri: anche chi gestisce i siti di warez tende ormai a impacchettare i giochi con ScummVM, liberandosi della "zavorra". Alla faccia della preservazione del passato e dei "bei vecchi giochi di una volta"...
Con i file corretti, DREAMM si fa apprezzare: accetta cartelle o file immagine di floppy o cd-rom, avvia le eventuali installazioni, regola il PC DOS emulato automaticamente alla velocità ottimale per ciascun titolo e ciascuna sua versione, e tramite menu consente di modificare al volo l'emulazione di schede grafiche e sonore (MT-32 inclusa), solo tra quelle supportate effettivamente dal codice del gioco in questione. È come giocare via DOSBox, ma senza dover muovere un dito per ragionare sulla configurazione di alcunché e senza nemmeno digitare un carattere nel vecchio prompt dei comandi DOS. Come bonus, solo per fedeltà di principio al linguaggio SCUMM, Aaron ha esteso DREAMM al supporto di The Curse of Monkey Island, che come ricorderete, uscito nel 1997, era un prodotto per Windows 95 e non per DOS. Questa reimplementazione leggera e invisibile dei vecchi Windows è forse persino più interessante del progetto intero: al di là di Curse, quanti altri giochi della prima era del W95/98 beneficerebbero di un trattamento simile?
Ma qual è il pubblico di riferimento di DREAMM? Per estensione delle funzionalità originali, semplicità di utilizzo e compatibilità con le edizioni attualmente in commercio dei classici, ScummVM rimane imbattibile e ultraflessibile. DREAMM è inoltre per ora limitato alle sole versioni DOS (o simil-DOS come l'FM-Towns) delle avventure lucasiane: per quanto riguarda i titoli più antichi, non credo che siano necessariamente le più amate. Quanti di noi in Italia non preferirebbero i porting Amiga di Maniac, Zak o Monkey 1? Chi come il sottoscritto cerca invece le sensazioni originali dei vecchi sistemi, davvero non ha la pazienza di configurarsi un emulatore come DOSBox? Al di là della mia sconfinata e stupefatta ammirazione per un lavoro che vi invito comunque a provare e che appare professionale, nella sua attenzione al dettaglio, nel suo approccio e nella sua meticolosità storica, credo che DREAMM abbia più una funzione simbolica: lo sfizio di Giles, ora in pensione, è un sofisticato impegno tecnico volto al minimo dell'intervento sul passato. Una filosofia lontanissima dalla tendenza al remaster, uno spirito quasi "museale", che potrebbe avere un senso didattico per i più (relativamente) giovani che vogliano ragionare al volo sul vecchio hardware PC, smanettando senza patemi, con spirito filologico di studio.
Comunque la si pensi, la feature che suggerisce in sovraimpressione le risposte ai codici antipirateria, senza ricorrere a invasivi crack e senza obbligarti a consultare ruote dei codici e manualistica, è un comodissimo tocco di classe. Degno di chi ha in curriculum diversi anni alla LucasArts dei tempi d'oro. E li rispetta con reverenza assoluta.
Full Throttle: Hell on Wheels, un inaspettato ritrovamento
Mixnmojo ha segnalato il ritrovamento di due sequenze del cancellato (nel 2003) Full Throttle: Hell on Wheels di Sean Clark, il seguito mai uscito del Full Throttle (1995) di Tim Schafer. "Sequenze" in realtà è una parola grossa: come audio presentano solo il doppiaggio (che sembra definitivo), mentre le immagini denunciano chiaramente uno story reel o animatic, o al massimo un layout animato. In parole più povere, sono due bozze di sequenze, che avrebbero poi dovuto ricevere animazioni vere e proprie, labiale, rendering e sound design completi. Tenetelo presente quando le guardate: con tutto lo scetticismo possibile sul 3D di quel periodo, non avremmo di certo visto nel gioco finito una cosa del genere. Ricordate di specificarlo se decidete di condividere questo materiale sui social. Analizziamole più da vicino. Quanto scrivo qui in basso finisce da oggi nel mio articolo generale su questo misterioso gioco (per certi versi più misterioso del più discusso e cancellato Sam & Max Freelance Police).
La prima clip, "Opening Cutscene" ("Sequenza di apertura"), vede Ben e i Polecats arrivare al Kickstand e parlare della loro condizione di ricercati. Ecco la traduzione di quello che viene detto:
"Il Kickstand! Ragazzi, è bello essere tornati! - Birra fredda ghiacciata, ahahaha! - Cavolo, c'erano un sacco di poliziotti ieri sera, quanto tempo ci vorrà secondo te perché la cosa si sgonfi? - Non sono preoccupato. Andate a farvi una pinta ghiacciata. - Mi sa che siamo di nuovo fuorilegge! - Perché, avevamo smesso?"
Nella seconda clip, "Funeral Cutscene" ("Sequenza del funerale"), Ben, i Polecats e Maureen sono al funerale di Padre Torsio! Che shock! La situazione rimanda inevitabilmente a un precedente rito simile, infatti Ben riflette tra sé e sé, poi parla con Mo. Traduco.
"- Portammo Padre Torsio alla Vecchia Chiesa dei Biker. Un terreno sacro per noi, il luogo dell'eterno riposo per tanti grandi biker. Ma nessuno era meglio di lui. Non rimaneva che dire quel che potevo davanti alla tomba del vecchio, cercando di dare un significato a tutto questo. Curioso, l'ultima volta che venimmo qui fu proprio con Padre Torsio, per seppellire il vecchio Corley. Torsio fece il discorso allora, ma ora mi sa che spetta a me. Siamo biker. Le nostre regole di vita sono semplici: morte e vendetta, sulla strada. Torsio lo capiva. Non lo riporterà in vita, ma speriamo di avergli reso giustizia. Non fermarti mai, Polecat.
- Ci vediamo in strada con gli altri, prenditi il tempo che ti serve.
- Ben, ascolta, c'è qualcosa che vorrei tu avessi. Voglio che tu prenda l'8000, la renda una vera motocicletta da strada, una che renderebbe fiero mio padre, qualcosa che Torsio guiderebbe.
- Grazie, lo farò. Mo, voglio che tu prenda la moto di Torsio, aggiustala, portala alle tue teste d'uovo e mostra loro com'è fatta una vera Corley.
- E chi gli farà vedere come si guida?
- Mo, ho pensato alla tua offerta, la Corley Motors, tu e io...
- E...?-
- Non so fino a quando vorrò andare in giro da solo, ma la mia vita è sempre stata questa.
- Capisco. Prendi la moto e basta, riportamela quando ti sentirai pronto."
Videocast: David Fox, Steve Kirk e un'uscita di scena
Ho tre link da segnalarvi per materiale in italiano (o tradotto al momento in italiano).
Gli amici del Mangia Avventure hanno intervistato il buon David Fox (tra l'altro capo-programmatore di Return to Monkey Island, anche se del gioco non può dire nulla, lo ricordo). Qualche giorno prima era stata la volta di Steve Kirk,
Un saluto a Michele Priami e Marco Machera! :-)
Sono stato due volte ospite di Atariteca, per parlare di The Dig e Full Throttle: anche (ma non solo per) questo mi è dispiaciuto sapere che Simone "Omone" Guidi abbia deciso di chiudere alla centesima puntata la sua non troppo lunga ma prolifica serie. Doverosamente, vi segnalo la videopuntata speciale n.100, il "sipario". Un abbraccio!
E siamo alla fine per questa interminabile e - ve lo giuro - massacrante tornata di contenuti lucasdeliranti. Cosa accadrà nel prossimo mese? Sapremo quanto manca a Return to Monkey Island?
Chissà.
Ciao,
Dom
28-5-2022
Mentre meditiamo sulle nostre possibilità di sopravvivenza nell'estate anticipata, arriva idealmente rinfrescante il nuovo aggiornamento di Lucasdelirium. Prima di cominciare, l'avete vista la prima foto ufficiale di Indiana Jones 5? Davvero, capisco bene le cautele e i timori, ma c'è poco da fare: è sempre un'emozione. Nell'attesa, occupiamoci di altri seguiti attesi. ;-)
Occhio: se siete degli utilizzatori del log degli aggiornamenti, vi comunico che adesso ha una voce apposita nel menu generale, quindi smetterò di segnalarlo in quest'introduzione.
Return to Monkey Island, livello di difficoltà e narrazione
Nell'ultimo mese Ron Gilbert e Dave Grossman, designer e sceneggiatori dell'ultra-atteso Return to Monkey Island, hanno concesso alcune interviste. Due di queste, al Sydney Morning Herald e a CNET, sono decisamente minori e ridondanti, anche se volendo è possibile ricavarne suggestioni che confermano l'interpretazione "parco a tema" del famoso "segreto di Monkey Island". Ron poi di suo ha scherzato pubblicando un fallito diario della lavorazione (occhio, vi si accenna a un possibile controllo di Elaine, ma nei commenti Gilbert ha spiegato che l'hanno poi scartato perché incoerente con la storia: "sarà per una prossima volta").
Il pezzo forte comunque è stata un'intervista meno scontata con Venture Beat. Ci sono due passaggi molto interessanti, riguardanti il livello di difficoltà e la narrazione nelle avventure grafiche: specialmente il primo ha fatto discutere un po' la rete. Cerchiamo di capire.
Ron ribadisce che in Return ci sarà un sistema di aiuto integrato nel gioco (non si sa ancora come), perché rigiocando i primi due Monkey ha trovato alcuni di quei puzzle oscuri improponibili oggi. La tentazione per un giocatore attuale è quella di andare subito in rete per risolvere le cose, ma in quel caso come designer hanno fallito: non dovresti mai sospendere il gioco, abbandonarlo. Grossman individua uno di quegli intoppi assurdi più celebri e dice:
L'enigma della monkey wrench di LeChuck's Revenge è notoriamente irrisolvibile e da diversi punti di vista non è buon game design. Anche se sei madrelingua inglese, in una nazione in cui l'attrezzo in questione è comunemente chiamato così, e ti rendi conto di aver bisogno di una cosa del genere, devi comunque eseguire uno stupefacente salto carpiato mentale per concepire le azioni che creeeranno quell'arnese. Niente nel gioco prepara adeguatamente il terreno. Tuttora lo uso come mio esempio preferito di cosa NON fare quando si progettano gli enigmi, influenza la mia filosofia da allora.
Dave e Ron hanno ragione. Sono tutte cose che hanno già detto e messo in pratica (a mio parere senza danni per una sfida divertente) negli ultimi dieci anni, Dave alla Telltale pre-Walking Dead e Ron quando ha realizzato Thimbleweed Park, che peraltro presentava un doppio livello di difficoltà, come farà Return. L'indignazione di fronte a queste parole credo arrivi da due categorie di giocatori: 1) Quelli che non seguono né questi autori né il genere da decenni, risvegliati per via di Return da una sospensione criogenica. 2) Quelli che lo seguono, ma che onestamente credono nella sfida impegnativa e la identificano con quelle soluzioni nei giochi storici. Sono in grado di argomentare solo con la seconda categoria. ;-)
Ecco, io non ho mai trovato divertente l' "usa tutto con tutto". È una strategia disperata, un'extrema ratio dell'avventuriero, mi ci sono giusto rassegnato per paziente affettuosa tradizione, ma ciò non significa che lo ritenga corretto. Sono un sostenitore del feedback ragionato all'utente, della conduzione verso la soluzione. L'adventure è un genere assai particolare, perché non consiste come gli altri nel fornire regole trasparenti, combinate per generare una sfida. La sua sfida parte dall'oscurità delle "regole" stesse, cioè della sequenza d'azioni necessarie per proseguire. È un equilibrio complesso ed è troppo semplice pensare che aumentare la difficoltà significhi negare ogni indizio e feedback, aumentando a dismisura quell'oscurità. Per me sta piuttosto nell'aumentare l'ampiezza dell'area di gioco, i passaggi per risolvere un problema, il numero delle interazioni e/o degli oggetti, ma sempre mantenendone logico l'uso, creativamente stimolante, non pretendendo la pazienza nell'eseguire all'infinito gli stessi comandi su tutti gli hotspot finché non succede qualcosa. Più che "soddisfazione" per me quella è "liberazione": non è la stessa cosa, e con la sfida e il ragionamento non c'entra nulla, perché invece di sfidare il gioco si sfida la capricciosità del game designer.
Anzi, identificando quell'approccio come "sfidante", si alienerà ancora di più chi si avvicini alle avventure da altri generi, aspettandosi legittimamente una trasparenza tra designer e utente, trovandola calpestata. Per questo suggerisco ai veterani di stare attenti quando cercano di allargare il bacino d'utenza delle avventure: se dovete consigliare un titolo, cercate onestamente di suggerire qualcosa che non cada in quella trappola, anche se vi fa soffrire tener fuori dalla lista qualcosa alla quale siete molto affezionati (è difficile, lo so). Io nell'ultimo anno per esempio ho giocato questo Röki, perfetto per chi comincia: ha la ricchezza e la libertà vicina alle vecchie avventure, con un design articolato ma sempre onesto, mai frustrante.
Il primo Monkey era un capolavoro di equilibrio e stimolo del giocatore, il secondo lo fu di meno per ammissione dello stesso Gilbert, ma per lo meno era affrontabile a livello "lite". Fu proprio a partire dai Monkey e da Loom che l'approccio alla difficoltà cambiò e il genere fece un passo avanti, scremato dalla disonestà e aprendo una nuova era, guardacaso la sua "golden age". Thimbleweed Park a livello "difficile" lo è quanto basta, a mio parere: è impegnativo, stratificato, premia l'esplorazione. Quando ingranarono, le stagioni di Sam & Max dei Telltale erano perfette da questo punto di vista (migliori di Hit the Road, a mio parere, prezioso comunque in altre aree). Mi ci sono davvero divertito, i designer sono questi. Son tranquillo.
Preziosa infine una considerazione di Grossman sul rapporto tra narrativa ed enigmi in una buona avventura grafica. Ve la propongo pari pari tradotta senza aggiungere nulla, perché le parole di Dave rispecchiano proprio quello che mi ha sempre fatto storcere il naso all'idea di adattamenti cinematografici di Monkey Island e soci.
In un adventure game può essere un po' difficile separare la storia dagli enigmi. Cominciamo pensando a cose come il tema o il tono generale, poi cominciamo a definire i singoli passaggi della storia, lo facciamo in termini di obiettivi per il giocatore e di azioni da compiere per raggiungere quegli obiettivi. Quegli obiettivi e quelle azioni sono gli enigmi, e forniscono i meccanismi con cui il giocatore guida la storia. In quel senso potresti dire che gli enigmi servono la storia, ma non sono assolutamente separati dalla storia, ne sono un elemento strutturale, come il plot. E la storia è costruita tenendoli in mente dall'inizio: è una storia che componi, più che una da guardare o ascoltare. Sarebbe una storia diversa in caso contrario, e quello è uno dei motivi per cui gli adattamenti da un mezzo all'altro sono così impegnativi. [ricordo che Dave fu coautore di un dimenticato adattamento magistrale in questo senso]
Return to Monkey Island, la grafica e oltre: parlano Ron Gilbert e Rex Crowle
E torniamo a parlare della grafica di Return to Monkey Island. Dopo aver disattivato il suo blog Grumpygamer per il bombardamento di commenti, Gilbert l'ha riaperto il 1° maggio con un post intitolato "When I Made Another Monkey Island", rivisitazione ironica del tirato in ballo "If I Made Another Monkey Island" risalente al 2013. In buona sostanza, Ron ha risposto ai fan che non gradiscono l'approccio grafico quasi astratto e ipercartoon del direttore artistico Rex Crowle, spiegando che lo sfogo precedente (nel quale prometteva pixel art e quant'altro) non era da intendersi come una promessa. Spiega che dopo Monkey 2, il "suo Monkey 3" era non più di una vaga frase: "Guybrush insegue il demone pirata LeChuck all'inferno e lì c'è Stan." (ha rincarato la dose su Twitter: "Non c'era una storia o un design per MI3 nel 1992, quindi RtMI non potrebbe mai andare in quella direzione. Non c'era alcuna direzione. RtMI è tutto nuovo e migliore di quello che avrei fatto nel 1992."). Aggiunge che, quando si comincia realmente a fare qualcosa, tutto cambia, e che per lui ogni Monkey Island ha alzato l'asticella del precedente, usando la migliore tecnica disponibile: un suo Monkey 3 fatto alla LucasArts dopo Monkey 2 non sarebbe mai stato simile visivamente ai precedenti, così come già il secondo, usando i fondali scannerizzati, non era simile al primo. Nota personale, non di Ron: ho ricordato un'intervista del 2000 in cui Steve Purcell ammetteva che, avessero avuto il nuovo hardware, i primi due Monkey sarebbero stati uguali a Curse!
Ogni gioco ha la sua grafica - prosegue Ron - decisa da chi lo gestisce: dice di non gradire lo stile di Day of the Tentacle, per esempio, ma di rispettarlo perché non è un gioco suo (nello specifico aveva in passato detto che non amava il passaggio della saga di Maniac Mansion al cartoon totale, a dispetto della sua anima horror, non era solo una questione di grafica). Chiude con una certa amarezza, trovando ironico che le maggiori resistenze alla sua visione arrivino dai fan più accaniti e non dalla Disney, con la quale temeva di collaborare e con cui invece non ha avuto problemi: "Return to Monkey Island è un incredibile otto volante. Salite e divertitevi, oppure fuggite dal parco di divertimenti perché non è esattamente l'otto volante che volevate. Spero che ci saltiate su insieme a noi." L'ultima frase inserisce tutto nella prospettiva di una delusione, non di uno "scontro con i fan", anche se qualcuno in rete ha furbescamente tentato di girarlo in quella maniera ("Ron Gilbert è incazzato con i fan": non è quello che ha scritto). Gilbert richiama il punto 17 del famigerato elenco del 2013, dove spiegava che avrebbe voluto la libertà di fare il gioco che volesse, libertà anche dai fan stessi.
Non ho molto da commentare in merito, onestamente. Ho già scritto il mese scorso che una buona parte delle pretese era in fondo legittimata da quello che lui stesso aveva scritto o lasciato intendere negli anni, ma ho anche scritto che ha tutto il diritto di cambiare idea come e quando vuole: finché non giocheremo non si uscirà mai da questo ginepraio, tanto che puntualmente Ron ha chiuso i commenti anche al nuovo post.
Sapete chi è anche un fan di Monkey Island? Rex Crowle. Sì, proprio il direttore artistico della discordia, anche lui intervistato da Venture Beat. Nel pezzo Rex racconta che The Secret of Monkey Island è stato il gioco che gli ha fatto venir voglia di realizzare videogiochi, spingendolo a smanettare col Deluxe Paint III su Amiga, subito dopo averlo finito. Lo stile di Return, spiega, pesca dalla palette di Monkey 1, dal taglio più pittorico di Monkey 2 e da qualche forma più stilizzata di Curse. Rex poi dice quello che cerco disperatamente di dire io da più di un mese:
Uno stile grafico deve legarsi ai temi centrali del gioco che stai facendo, non è qualcosa di intercambiabile che puoi applicare come un filtro di Photoshop, e per quest'avventura uno stile da libro illustrato era la cosa più adatta.
Nessuno di noi sa di cosa tratti precisamente Return e quale taglio narrativo abbia. Per ora possiamo criticare lo stile grafico o per antipatia personale o in funzione di un'idea del "Monkey Island di Ron Gilbert mai fatto", che - come abbiamo appena saputo nero su bianco dall'interessato - non è mai esistito. Curiosamente, Crowle tira in ballo tra le ispirazioni proprio Day of the Tentacle, però per una ragione precisa: gli piace il modo in cui Peter Chan riusciva a coniugare la leggibilità dell'immagine con la necessità del dettaglio per l'interazione, creando un vero ritmo visivo anche tra una location e l'altra. Detto questo, pensa che il peso delle aspettative per questo gioco sia fuori parametro, e che per quanto riguarda il team l'unico obiettivo sia assicurarsi che la visione di Ron e Dave prenda vita.
Steve Purcell è il vero coautore di Monkey Island? I tormenti delle attribuzioni
Penso sia il caso di occuparmi di una stranezza nella quale mi sono imbattuto dall'inizio di aprile, all'indomani dell'annuncio di Return to Monkey Island. Sia via social sia via mail, ho notato una tendenza a tirare in ballo Steve Purcell proprio come cogenitore della saga di Monkey Island, alla pari di Ron Gilbert. Addirittura? Mi sono chiesto da dove arrivasse una valutazione così drastica, apparsa solo in discussioni italiane, senza riuscire a darmene una spiegazione, finché un lettore di vecchia data (ciao Gaetano!) non mi ha consentito di individuarne l'origine: lo sceneggiatore Roberto Recchioni ha postato (a caldo dopo l'annuncio) su Telegram una sua considerazione sull'importanza di Purcell nel definire quello che furono The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge. Recchioni individua come fondamentale l'influenza di Purcell su tutte le avventure grafiche del primo periodo Lucasfilm Games / LucasArts. Sostiene che un Monkey senza Purcell non sia un vero Monkey, sarebbe come un nuovo brano di una band priva di un membro fondamentale.
Sgombriamo prima il campo da alcune cose: l'influenza di Purcell su Maniac Mansion, citato da Recchioni, fu praticamente nulla. Steve si occupò solo dell'immagine del retrocopertina della seconda edizione. Non lavorò né sulla grafica del titolo, né sulla cover, a cura di Ken Macklin. Posso cominciare a seguire il discorso da Zak McKracken and the Alien Mindbenders: nemmeno in quel caso Purcell fu attivo sulla grafica, ma illustrò tutto il materiale cartaceo del titolo, cioè copertina e National Inquisitor. Innegabile che le sue stralunate illustrazioni siano state un preziosissimo complemento dell'esperienza, com'è altrettanto innegabile che il 90% di noi all'epoca purtroppo ne ignorava l'esistenza, visto che giocavamo con copie pirata...
Steve Purcell cominciò a dare i suoi contributi attivi alla grafica vera e propria delle avventure lucasiane a partire da Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure (1989). Nel contesto delle polemiche per l'assenza di pixel art da Return, tirare in ballo il tocco illustrativo relativamente più tradizionale di Purcell per la grafica di Monkey Island è diventato frequente nelle ultime settimane, però il 90% di questa suggestione per me dipende dalle meravigliose copertine che eseguì per i primi due Monkey (pubblicate diffusamente sulle riviste che compravamo). La bassa risoluzione di allora si appoggiava molto a un "completamento" della nostra fantasia tramite i suggerimenti degli artisti attivi sulle copertine. Nell'appena precedente era 8bit era ancora più nodale. Erano gli ultimi anni in cui avveniva, poco prima che le capacità grafiche dei sistemi, in risoluzione e colori, consentissero vere direzioni artistiche autonome e non soluzioni dettate da cause di forza maggiore, cioè dai limiti hardware.
Riguardo all'impatto di Steve proprio sulla grafica effettiva in-game delle prime due avventure di Guybrush, la gran parte dei fondali di Monkey 1 fu realizzata in realtà da Mark Ferrari e Mike Ebert: proprio per l'assenza di direzione artistica, Ferrari raccontò che si erano divisi le due principali aree per non mischiare troppo gli approcci. Lui prese Mêlée, mentre Ebert coprì l'isola di Monkey. Purcell si concentrò più sulle animazioni e sui primi piani, ma come giustamente viene ricordato in questa sede da Ferrari, il suo contributo ai fondali coprì tuttavia le location più ricche di gag visive: erano una sua specialità, che chi ama Sam & Max conosce bene. Una testa di scimmia gigante, un distributore di grog, il collo di uno scheletro enorme usato come scala, il pattern statico della giacca di Stan. Sì, queste sono al 99% idee visive "narrative" forti e un po' allucinate alla Purcell, prontamente raccolte e contestualizzate da Gilbert e soci. Mark lì dice: "Eravamo tutti dei buffoni allora, ma i mattatori erano decisamente Ron Gilbert e Steve Purcell, il loro senso dell'umorismo combinato regolò il tono di gran parte dei contenuti di Monkey Island". Aggiunge anche: "L'80% delle gag visive venivano da lui, le gag dialogiche venivano da Ron." Riguardo ai primi piani, è bene ricordare che la maggior parte dei giocatori italiani ha visto in Monkey 1 quelli rifatti da Ian McCaig per la versione VGA (poi ridotti a 32 colori su Amiga), con uno stile più realistico e meno cartoon di quello purcelliano, sopravvissuto solo nell'originale edizione EGA a 16 colori, meno diffusa qui da noi.
Per quanto concerne Monkey 2, copertina a parte, l'inserimento nel team del vulcanico Peter Chan modificò quegli equilibri, tanto che la maggioranza dei fondali fu realizzata da quest'ultimo, oppure finalizzò alcuni design di Purcell, oltre ad aver sempre tenuto testa a Steve in materia di grandi idee visive, come dimostra il suo spettacolare curriculum successivo. Nel secondo episodio poi i primi piani erano stati quasi del tutto stroncati, quindi una versione ravvicinata dei personaggi era stata di fatto delegata all'immaginazione dei giocatori. Su The Curse of Monkey Island il contributo di Purcell fu infinitesimale, solo a livello di concept art (creò Kenny, il venditore di limonate), mentre anni dopo dipinse la cover per il Tales of Monkey Island dei Telltale, usando uno stile differente, meno realistico, direi modificato ulteriormente in un recente poster dedicato alla serie.
Okay. Quindi Recchioni ha ragione?
Mi interessa relativamente fare il giudice della situazione, mi interessa più che altro chiarire perché si senta il bisogno di fare questo discorso.
Il modus operandi della Lucasfilm Games era quello che si incontra per esempio oggi in Pixar: autorialità collettiva. Il regista o capo-progetto ha il timone e decide sulle idee che gli arrivano da tutti. Se si vuole indagare sulla mano di Purcell nella saga di Monkey Island, ponti d'oro, mi piacciono questi discorsi. Ma se si vuole farlo per fustigarsi in nome di tempi che non si ripeteranno più, per scovare il "vero autore" quando umanamente a un collettivo se ne sostituisce un altro, per giunta con lo stesso timone, allora non sono d'accordo. Vogliamo sminuire il contributo di Grossman e Schafer o l'importanza rivoluzionaria che ebbe il game design di Gilbert nel costruire il mito? O l'intuizione di Michael Land con quel tema musicale? O la follia del fu Martin "Bucky" Cameron con il tatuaggio parlante di Otis? O il brainstorming nel quale Noah Falstein fu fondamentale per partorire il pollo di gomma con la carrucola in mezzo? Enfatizzare una sola mano in un risultato dovuto a una serie di circostanze e talenti combinati mi appare a rischio di vicolo cieco.
Di lì poi a dire che Gilbert in realtà da solo (da solo?) "nun gliela fa", o che nei nuovi team non possano esserci persone piene di idee come Purcell, il passo è tanto breve quanto poco condivisibile. Un romanzo, un fumetto o una canzone hanno meno parti in movimento di un videogioco o di un film. Vorrei concludere il discorso con una storiella. Drammatizzo quello che accadde realmente durante la lavorazione di Secret, secondo diverse fonti. La battuta finale di Tim è dettata dal senno di poi. ;-)
Siamo negli uffici della Lucasfilm Games, anno 1990. Tim Schafer attende che Ron Gilbert valuti una sequenza che ha scritto e programmato. Nel villaggio dei cannibali.
R.G.: Mi piace molto questa cosa, "Guarda dietro di te, una scimmia a tre teste!"
T.S.: Beh, è una stronzata. È un placeholder, l'ho fatta di getto, devo scrivere una cosa migliore.
R.G.: Ma che migliore, fa ridere! Anzi, ora chiediamo proprio una scimmia a tre teste ai grafici!
T.S.: No, dai, ma stai scherzando! Ma che cavolata, ti prego, no!
R.G.: Oh sì invece!
[Pausa di qualche ora]
(Steve Purcell o Martin Cameron, chissà?): Ecco l'animazione, mi sono permesso pure di farle fare una cosa.
[La scimmia a tre teste mangia una banana con una testa, ma l'ingoia con un'altra]
R.G.: Ahahahah, perfetto! Rimane nel gioco!
T.S.: Quando nel 2018 ritirerò il premio alla carriera alla GDC, citerò questo giorno: mai autocensurarsi!
Piaciuta la storiella? Pronti al test, velocemente: chi è per voi l'autore della gag della scimmia a tre teste, fra le persone citate? Difficile rispondere? Abbracciate il caos... e ricordate:
40 anni di Lucasfilm Games (...più o meno)
L'avrete letto da più parti: sì, la Lucasfilm Games ha compiuto 40 anni, essendo stata fondata nel lontano maggio del 1982. C'è stato un articolo di celebrazione ufficiale sul sito aziendale: chiama in causa il suo attuale presidente Douglas Reilly e nostri soliti sospetti come Craig Derrick, producer peraltro appunto di Return to Monkey Island (la saga viene citata nel pezzo, insieme a Maniac Mansion). Naturalmente la parte del leone nell'autocelebrazione la svolge Star Wars (pochi giorni fa è stato annunciato Star Wars Jedi Survivor, sequel dell'apprezzato Fallen Order), però qui e lì incuriosiscono dei parallelismi: Reilly per esempio paragona la ventina di persone attualmente lì impiegate al nucleo fondatore di quarant'anni or sono. Si richiama allo stesso spirito di esplorazione dei "videogiochi come mezzo narrativo". Un'idea suggestiva e un entusiasmo che, stando agli ultimi annunci, non avendo mai costruito questo sito sul cinismo o sulla rassegnazione, sono contento di appoggiare. Detto questo, ci sono differenze.
Come Reilly stesso ammette, l'attuale Lucasfilm Games non è uno sviluppatore e non è un editore, ma - come già ebbi modo di scrivere - un ufficio licenze che dal 2013 gestisce l'uso dei marchi storici della casa nei videogiochi: scopo che può essere tanto freddamente commerciale quanto artisticamente gratificante (dipende dai casi), ma non dobbiamo dimenticare che quella Lucasfilm Games fondata nel 1982, espansa e cresciuta nel mito negli anni successivi, ribattezzata nel 1991 "LucasArts", in effetti chiuse i battenti proprio nell'aprile 2013. Fu inoltre una culla (e questo viene anche ricordato) di idee originali, mentre questa Lucasfilm Games abbraccia in toto la radice "Lucasfilm", interfacciandosi creativamente con le altre divisioni dell'azienda, per costruire sui marchi noti. Questa cesura continuo ad avvertirla, senza mettere in dubbio la positività delle parole che leggo da Reilly, Derrick e gli altri, perciò non me la sento davvero di riaprire la mia cronologia storica della Lucasfilm Games-LucasArts, conclusa nel 2013. Forse in futuro, chissà.
Mi ha fatto comunque piacere quella nota foto inclusa al termine di quel post, ritraente il nucleo fondatore comprensivo del mitico David Fox. Da quei quattro gatti pionieri nacque il mito.
Auguri!
Arrivederci, Oldgamesitalia!
È una notizia malinconica: nella difficoltà di assicurare nuovi contenuti con tempistiche sensate, un porto felice della diffusione del videogioco come fenomeno culturale, Oldgamesitalia, ha annunciato di "sospendersi a tempo indeterminato". Scrivere "chiudere" è spiacevole non solo perché fa soffrire, ma anche perché si stenta a dichiarare chiusa così facilmente una realtà nata nel 2002. Il sito rimarrà comunque online, mentre alcune traduzioni di materiale straniero cotinueranno a essere pubblicate.
So bene quanto possa essere difficile mandare avanti gratuitamente realtà come quelle, perché nel mio piccolo lo faccio da quasi 22 anni con Lucasdelirium. Per assicurare una qualità dei contenuti degna del tempo di chi legge, bisogna che a tua volta tu investa del tempo. A volte tanto. Insomma, è quasi un secondo lavoro, che dà immense soddisfazioni ma che rischia sempre di essere la prima vittima allorquando la "vita vera" si presenti a esigere il suo tributo di anni, mesi, settimane e ore. Mi son salvato finora per varie ragioni, ma so che il pericolo non si può mai considerare scampato.
A Oldgamesitalia sono stato legato negli anni, non solo tramite utenti del forum che ho conosciuto pure di persona in altri sedi, ma anche attraverso i miei contributi a quella marea di articoli: non esagero se scrivo che, dopo il materiale qui su Lucasdelirium, sono le cose alle quali sono più affezionato. Nel 2014 vi pubblicai da ospite le quattro parti della mia analisi "Amiga vs. PC - La sfida dei colori", col successivo corollario nel 2016 di "Dietro Sleepwalker: tre Amiga e un PC", espansione di quei ragionamenti a sostegno di una recensione del mio amato Sleepwalker. OGI era il luogo perfetto per elaborare un discorso tecnico e storico, in un'ottica divulgativa, il più possibile precisa ma senza sfociare nei tecnicismi da tutorial dei veterani.
Ricordo poi che nelle schede di Lucasdelirium delle avventure classiche trovate link agli scan delle recensioni stampate sulle antiche riviste, dalla loro sezione Oldmag. Dulcis in fundo, Oldgamesitalia ospita tuttora le mie patch di traduzione per It Came from the Desert. Insomma, con gli anni ho lasciato mie tracce da quelle parti... e la notizia della "chiusura" del sito fa una certa impressione.
In bocca al lupo a tutti!
Torna anche Simon the Sorcerer, "dopo 30 anni"
Mentre i nostalgici erano già disorientati da Return to Monkey Island, è stato annunciato a sorpresa Simon the Sorcerer Origins, punta & clicca in 2D cartoon realizzato dagli italiani Small Things Studios, formato da buoni vecchi soliti sospetti dello stivale videogiocoso, come Massimiliano Calamai (di militanza Simulmondo!) e Stefano Campodall'orto.
L'avventura grafica, che arriverà nel marzo 2023, è realizzata sul licenza di Adventure Publishing: immagino si tratti dell'ultimo nuovo nome dell'inglese Adventure Soft ex-Horror Soft, che vide negli anni Duemila anche una filiazione nella Headfirst Productions.
Ammetto di non essere mai stato un fan sperticato dell'originale Simon the Sorcerer (1993) di Simon Woodroffe, un po' per la sua evanescenza narrativa, un po' per quel suo rifarsi così spudorato alla LucasArts nell'interfaccia (con ottimi risultati nel raggiungere i fan lucasiani): bisogna comunque ammettere che lo humour molto britannico, cinico e cattivo, aveva una sua personalità autonoma, e che la grafica VGA a 256 colori era un ricamo incantevole, peraltro portato pari pari sugli Amiga AGA, caso raro. Era proprio carino e riuscito in quel che si proponeva, perché negarlo? Trovai però già il successivo Simon the Sorcerer 2: The Lion, the Wizard and the Wardrobe (1995) progettato in modo un po' più approssimativo (ricordo che fui seppellito da una valanga di "non sembra funzionare"), per non parlare della scomodità estrema e della goffaggine estetica di Simon the Sorcerer 3D (2002), che pure aveva una storia divertente e un enigma finale geniale.
Rimango solo un po' stupito da come questa saga si sia scrollata di dosso le sue radici britanniche così facilmente, perché prima di questo Origins ci sono stati in realtà altri due titoli realizzati in Germania dalla Silver Style Entertainment, cioè Simon the Sorcerer 4: Chaos Happens (2007) e Simon the Sorcerer 5: L'invasione degli extraterrestri (2009). Posseggo e ho giocato solo il primo di questi due, e non mi ha trasmesso nulla: pur essendo più comodo e tradizionale da giocare di Simon 3D, era molto più blando in sceneggiatura e umorismo. Il cambio di sensibilità culturale si avvertiva.
Constato che, con questo lancio del "dopo 30 anni", si torna alla tentazione di spazzar via le parti giudicate spurie di una saga, in favore di un richiamo nostalgico alle sue origini, scegliendo di tralasciarne evoluzioni, involuzioni, inciampi e contributi diversi. È un modo giusto di procedere? Lo stesso Ron Gilbert, che sembrava un punto di riferimento per queste tentazioni, sembra aver scelto una strada diversa per Return to Monkey Island, però bisogna pure ammettere che il tragitto di Simon the Sorcerer nei decenni non ha mai generato negli anni cose paragonabili a Curse of Monkey Island o Tales of Monkey Island: gli Small Things si possono permettere di tornare alle origini con un "prequel", senza che nessuno si strappi le vesti perché Simon 3D o Chaos Happens vengono ignorati... quanti dei giocatori del primo Simon li avranno giocati? Quanti li conosceranno?
Una stramba intervista a David Fox
Perché definisco "stramba" quest'intervista a David Fox? Perché non è condotta né da un giovane youtuber, né da un giornalista, né da un nostalgico. Il canale "Conversations With Curtis" è infatti gestito da Paul Morgan Stetler, attore ex-protagonista dell'avventura Sierra in Full Motion Video Phantasmagoria: A Puzzle of Flash (1996) di Lorelei Shannon, una storia horror considerata uno degli apici del trash (non del tutto) involontario di quel periodo. No, non è il Phantasmagoria (1995) di Roberta Williams, parlo del suo sequel! Paul è estremamente simpatico, e il suo approccio è fresco e particolare. Ma cosa ha raccontato di nuovo David?
- Come mai concede adesso tante interviste? Si sta rifacendo, perché alla Lucas c'era un muro, parlavano solo ai giornalisti che lo superavano. Ha realizzato peraltro l'affetto che circondava quei vecchi giochi solo nel 2004, quando fu invitato a una conferenza a Oslo e qualcuno gli mostrò Zak McKracken che girava su un vecchio Nokia tramite ScummVM (del quale ignorava l'effettiva efficacia fino a quel momento). Paul dice di aver avuto un'esperienza simile: aveva persino rimosso Phantasmagoria 2, finché non ha capito qualche anno fa che è diventato un cult e ha deciso di avvicinarsi sul serio al mondo dei videogiochi.
- David si sottopone poco dopo a un divertente fuoco di fila di domande veloci sulla sua vita privata. Primo libro che l'ha colpito in vita sua? "Straniero in terra straniera" di Robert Anson Einlein. Primo film che l'abbia colpito al cinema? Agente 007 Licenza di uccidere (per Paul è I predatori dell'arca perduta). Primi concerti? The Doors e Simon & Garfunkel. Primo lavoro dopo il college? Tre mesi come addetto vendite alla Panasonic (in prova).
- Primo arcade che abbia mai giocato? "Facile rispondere: quand'ero ragazzino mica esistevano, c'erano i flipper!" Primo gioco che abbia avuto su un pc? Colossal Cave, su un terminale. Spacewar! comunque gli accese la scintilla, nei primi anni Settanta, visto in un viaggio di studio allo Stanford Research Institute.
- Come ha capito che voleva fare videogiochi? Perché gli sembrava un'estensione della consulenza psicologica che amava (e che aveva studiato all'università), ma c'era la possibilità di veicolare un cambiamento nelle persone attraverso l'interazione, il divertimento e le storie. Amava e ama i parchi a tema, però lì le esperienze si ripetevano sempre uguali. Preferiva l' "effetto sogno", quando ti svegli e continui a provare le sensazioni che il sogno ti ha attivato.
- Gioco di cui va più fiero tra quelli fatti alla Lucas? Non c'è bisogno di chiederlo: Zak McKracken, che conteneva tutti i suoi interessi (fantascienza, alieni, new age). Fu anche il gioco di cui fu principale designer e autore del soggetto originale. Lo farebbe diversamente oggi? Per lui regge ancora, giusto ci metterebbe meno labirinti... e sfrutterebbe gli hardware moderni per coreografare meglio qualche momento chiave, sacrificato dalla tecnologia di allora. Farebbe un seguito? Onestamente non sa rispondere: ha 71 anni, si tratta di investire due-tre anni della propria vita in un gioco di questo tipo, perché "indie" non significa che le 25 persone impegnate su un Return to Monkey Island (del quale è capo-programmatore) non stiano lavorando tanto, per un progetto comunque massiccio... "Non mi rimane più tanto tempo per fare questo tipo di cose..." Potrebbe fare da consulente per i contenuti e il design di uno Zak 2, però poi potrebbe soffrire se, non avendo il totale controllo del progetto, qualcosa non gli tornasse. Non dice di no a priori, ma non è nemmeno qualcosa che cerca attivamente in questo momento di fare. Ad ogni modo non ha mai giocato i vari fangame di Zak, perché se facesse uno Zak 2 non vorrebbe sentirsi influenzato da alcunché.
- Come ha vissuto la rivalità con la Sierra? La Sierra vendeva negli Usa quasi dieci volte più di loro, non c'era nemmeno gara. La svolta arrivò con l'idea dell'allora direttore marketing Doug Glen: le loro avventure non avevano parser testuale, erano molto più facili da tradurre di quelle Sierra, perciò s'impegnò per favorirne le localizzazioni e la distribuzione in Europa. "Lì non avevamo la concorrenza della Sierra". Ed ecco perché viene invitato sempre a conferenze in Europa, il che non gli dispiace perché ama viaggiare.
- Differenza filosofica nel design tra la Lucasfilm Games e la Sierra? "Mi sembrava che il loro approccio fosse quello del designer/programmatore contro il giocatore. Noi ci chiedevamo piuttosto cosa i giocatori avrebbero cercato di fare, creativamente, e cercavamo di metterlo nel gioco per farli sentir bene con se stessi".
- Cosa pensa dei pochi anni in cui il mondo dei videogiochi si votò all'uso dei filmati con attori veri, il famigerato "fmv"? David personalmente ha usato quella tecnologia solo nello sfortunato Cadillac & Dinosaurs (1994), nell'anno e mezzo che trascorse alla Rocket Science Games. Purtroppo il gioco, che rimane quello che ricorda peggio in tutta la sua carriera, venne sacrificato molto rispetto al design che aveva in mente, proprio per venire incontro ai limiti delle sequenze prerenderizzate...
- Il fascino sempiterno di Monkey Island: a cosa si deve? Forse allo humor, forse al mix di cupezza e follia, ma a lui piace pensare che si debba alla forza del game design, in grado di dare soddisfazione al giocatore, conducendolo tra gli enigmi con onestà. Colpo di scena: nel primo Monkey c'è una gag verbale di David, l'unico suo contributo rimasto dopo l'unica sessione di brainstorming alla quale partecipò. Quando Guybrush esamina gli scheletri appesi fuori dalla testa di scimmia, ne elenca i nomi: "Shish keBob", "Shish keJoe", "Shish keLarry"!
- Mantenere il segreto su Return to Monkey Island è stato difficilissimo, non solo perché il progetto lo emozionava tanto (era la sua serie preferita della Lucas e non vi aveva mai preso parte!), ma anche perché ha potuto lavorare per la prima volta con persone che conosceva da una vita e stimava, come Dave Grossman e i musicisti.
- Come si pone sulla questione "pixel art o non pixel art" in Return? A lui il gioco sembra bellissimo, ma quando lavori per tanto tempo su qualcosa è difficile assumere un punto di vista esterno. Sa solo che spesso si è trovato a rimanere ammirato di fronte a quei momenti in cui si sostituisce la grafica provvisoria con quella definitiva. E le emozioni decollano.
Psychonauts 2 anche su Mac e Linux, mentre due grafici lo raccontano
E finalmente, a ben nove mesi di distanza dalle edizioni Windows e console, l'ottimo Psychonauts 2 di Tim Schafer e della sua Double Fine è approdato in questi giorni anche su Mac e Linux. I porting erano stati promessi nella campagna Kickstarter, ma come per le edizioni Playstation c'erano stati timori, dopo l'entrata della Double Fine nella grande famiglia Microsoft. Ritardo a parte, i timori sono stati fugati. Tim e i suoi peraltro di recente sono stati molto fieri di alcuni particolari Let's Play a cura di uno psicoterapeuta che è anche youtuber: gioca e commenta i temi toccati dal gioco. Bella idea, io ho cercato di fare la stessa cosa senza competenza e molto più in piccolo. Come segno che mi intenerisce di questi tempi, tra le due localizzazioni aggiunte nell'ultimo aggiornamento ci sono spagnolo latinoamericano e russo. Raz non conosce barriere.
Alla Game Developers Conference il lead character artist storico della Double Fine David "Rusty" Russell, insieme al nuovo acquisto Zahra Amirabadi, ha tenuto un panel interamente dedicato alla sfida di Psychonauts 2: aggiornare il look iconico dei personaggi, usufruendo al meglio delle moderne schede grafiche, senza però comprometterlo. Riassumo qualche punto saliente, ma se siete interessati vi invito a guardare il video del panel per le immagini più interessanti (o addirittura il tutorial finale, se siete nel ramo).
- Tutti i modelli del primo Psychonauts, la cui lavorazione cominciò nel 2000 (!!!), furono creati in Maya, da un team di due sole persone (David incluso), che finirono anche per animarli insieme ad altri artisti. Crearono circa 75 personaggi, aiutati dal fatto che il design favorisse il numero limitato di poligoni gestibile dagli hardware dell'epoca. Le texture vennero create da classici artisti specializzati nel 2D, e comprendevano le basecolor map, le normal map e le gloss map. L'idea del direttore artistico Scott Campbell era presentare i personaggi come pupazzi di una stop-motion, e i loro visi non avevano nemmeno normal map! Addirittura le ombreggiature principali erano già presenti nelle texture di base, dipinte già nelle basecolor map.
- Come usare nel seguito adeguatamente tool moderni come ZBrush? Sulle prime l'applicazione di molti dettagli, che vengono naturali con i mezzi contemporanei, non aveva incontrato l'approvazione di Campbell, che chiedeva insistentemente di ridurli. Era la scelta corretta, anche se Russell ha per lo meno cercato di contenere l'eccesso di (voluta, esasperata) asimmetria dei modelli originali. Ma la semplicità originale faceva parte della loro caratterizzazione, era facilissimo tradirne l'immediatezza.
- La strategia di lasciare ai grafici delle basemap alcuni dei dettagli più sottili era ancora percorribile, anzi avrebbe alleggerito l'engine, evitando di inserire queste cose nelle normal map, rispettando lo spirito del primo gioco. I dettagli più evidenti, quelli che descrivevano le silhouette dei personaggi, sono stati invece eseguiti tramite ZBrush.
- Non è stato svolto un enorme lavoro sui riflessi delle superfici, perché il primo gioco non era molto metallico, anche se hanno cercato di aumentare la luminosità della palette di alcuni personaggi, che forse non erano leggibili in ogni circostanza nel primo atto (vedasi Sasha).
- Psychonauts 2 presenta ben 120 personaggi, alcuni dei quali (come Raz) hanno anche un aspetto diverso in alcune parti del gioco. Gli autori dei modelli sono rimasti due (David e Zahra), con outsourcing per i personaggi secondari e alcuni animali, ma è stato assunto un tecnico grafico per tutto il rigging e lo skinning, sollevando loro da quest'incombenza. E c'era una material artist, Kristen Russell.
- Come si affronta la creazione dei personaggi? Di alcuni si realizzano i modelli a partire da design finalizzati di Campbell, ma per altri (come per i nemici) si parte dalla loro funzione nel gioco, dalle circostanze in cui devono comparire, dalle location in cui devono agire, creando dei modelli approssimativi ma funzionali in proporzioni e movimenti. Solo a quel punto si chiama Campbell per crearne l'aspetto effettivo, stilisticamente coerente col resto. I boss e alcuni speciali nemici sono una sfida a parte, perché partono dalla funzionalità e incontrano spesso la necessità di effetti visivi pensati ad hoc (si vedano i neon di Lady Octopus o gli scarabocchi in movimento dei Cattivi Pensieri).
- Zahra illustra poi praticamente le fasi della creazione di due personaggi (Gisu e Lizzy, in questo caso), partendo dalla mesh, passando per le prove colore e la scelta dei materiali, per arrivare al rendering finale, mostrando l'utilizzo di Adobe Substance 3D Painter: il timecode di questo tutorial è 20:00-43:50.
- Per essere sicuri di rimanere nei tempi di produzione, spiega Rusty, spesso si mantengono rifiniture al fondo della lista di cose da fare, nella speranza di avere abbastanza tempo per applicarle. Fortunatamente per Psychonauts 2 il tempo c'è stato... ed è stato usato per bene, anche perché, lavorando su un gioco per cinque anni, i software che si usano vengono aggiornati e si diventa persino più bravi nello sfruttarli. Difficilmente poi a quel punto accetti di lasciare tutto così com'era due-tre anni prima, se sai come migliorarlo.
- Il metodo di lavoro per gli ambienti è diverso, richiede più improvvisazione e paradossalmente più fantasia: chi crea gli ambienti deve di fatto anche creare proprio i livelli stessi, partendo da concept art che sono giocoforza molto più incomplete di quelle definitive per un personaggio.
Altri movimenti avventurieri: Voodoo Detective, Monorail Stories, Sam & Max scatolati
Volevo segnalarvi rapidamente alcune uscite fresche o prossime di avventure grafiche, di taglio differente.
Voodoo Detective è un punta & clicca cartoon in 2D, non troppo impegnativo (a quanto leggo), con musiche del nostro Peter McConnell, suonate live!
La Stelex Software di Stefano & Tania Maccarinelli ha aperto un Kickstarter per l'avventura narrativa Monorail Stories, sulla quale stanno lavorando da un bel po' di tempo. È anche in pixel art, tormentone di questo periodo. ;-)
La Limited Run Games, dopo aver messo in preordine l'edizione scatolata di Sam & Max Beyond Time and Space, accetta fino al 5 giugno prenotazioni anche per le edizioni fisiche del titolo VR Sam & Max: This Time It's Virtual (per PS4 e Windows).
Fine di questo aggiornamento. Vedremo il mese prossimo finalmente qualcosa di più di Return to Monkey Island, magari per parlare di qualcosa di diverso della grafica? Solo il tempo ce lo dirà. :-)
Ciao,
Dom
30-4-2022
Avete lasciato anche voi, in questo incredibile aprile 2022, i familiari basiti di fronte al vostro entusiasmo, alla vostra concentrazione e alle vostre paranoie per Return to Monkey Island? Io ho fatto di peggio, perché oltre ad aver prodotto l'aggiornamento straordinario che avrete già letto due settimane fa, ho deciso di non procrastinare la normale tabella di marcia del sito, mandando avanti in parallelo l'attenzione sull'evento messo in moto da Ron Gilbert e la nuova analisi già preventivata di un titolo al quale tenevo moltissimo. Mi sono ammazzato per una ragione: penso che l'accostamento di queste due anime rappresenti in modo profondo il senso di questo sito/blog, alimentato dall'entusiasmo per la creatività di tante persone diverse, non dal muro contro muro dei "bei vecchi tempi" contro gli "insulti" della modernità. È per questo che vi metto alla prova, e prima della dose da cavallo di Monkey Island vi piazzo davanti una celebrazione doverosa!
[Log degli aggiornamenti 2022]
The Walking Dead, 10 anni dall'onda anomala
Ad aprile sono trascorsi dieci anni da quando il primo episodio dell'avventura narrativa The Walking Dead della vecchia Telltale, su licenza del fumetto di Robert Kirkman, contribuì a definire un sottogenere di adventure game slegato dalla sfida degli enigmi, alla ricerca di... qualcos'altro. L'idea nel 2012 non era nuova, e nei successivi dieci anni non sono mancati gli epigoni del titolo di Jake Rodkin & Sean Vanaman che cambiò il destino della Telltale, apparentemente in bene, considerandone il trionfo commerciale, ma sul lungo termine in male, perché frenò ogni loro successiva sperimentazione, spingendo l'azienda a sedersi sulla stessa formula.
Poco importa, perché una mia seconda run a distanza di un decennio non ha scalfito di una virgola il mio apprezzamento per questo lavoro titanico, anzi lo ha reso più convinto. Ha sicuramente aiutato rigiocarlo attraverso l'ottimo cofanetto rimasterizzato e ricco di extra The Definitive Series, pubblicato nel 2019 dalla Skybound Games, ora proprietaria diretta di tutte le stagioni. Ho riscritto completamente la mia scheda, integrando - come avrei fatto con i titoli successivi - la descrizione delle mie scelte nell'analisi dei singoli episodi. Cosa più importante, ho sentito di dover cogliere l'occasione per guidare me stesso e voi alla comprensione di quest'esperienza, troppo spesso disprezzata da chi accetta solo e unicamente l'approccio del punta & clicca classico a enigmi. Davvero l'interazione è sminuita dal suo design? È un gioco a tutti gli effetti oppure no? E se non lo è, cos'è? Non so nemmeno se il risultato sia un'effettiva scheda o sfoci nel minisaggio, però sento di doverlo a Lee e Clementine, che forse insieme alla combriccola di Psychonauts sono stati tra i pochi personaggi in grado di accostarsi a testa alta ai simboli di un'altra generazione come Guybrush, Indiana Jones o Sam & Max. Fratelli "minori" che raccolgono il testimone di un'eredità creativa che non dà mai nulla per scontato.
Fiero di esserci stato, felice di esserci ancora.
Return to Monkey Island: il naufragar ci deve pur esser dolce!
Dopo l'annuncio bomba del nuovo Monkey Island di Ron Gilbert, quel Return to Monkey Island scritto insieme a un ritrovato Dave Grossman, i due hanno concesso finora tre interviste ad Adventuregamers (dove sono stati rivelati quattro quasi-screenshot che embeddo qui in mezzo), The Verge e Ars Technica. Come spesso succede in questi casi, i contenuti sono tendenzialmente simili, ma qui e lì qualche differenza fa emergere dettagli in più. Cerco di riassumere per argomenti trattati, segnalandovi anche che via Twitter è stato annunciato il ritorno di Herman Toothrot e della vedetta di Mêlée. Alcune ma non tutte queste informazioni sono andate ad aggiornare il mio massiccio articolo "Return to Monkey Island - Uno shock potenzialmente salutare?", pubblicato il 10 aprile. Man mano che riassumo, commento. E no, non parto dalla grafica, perché mi sembra che stia diventando un'ossessione e dobbiamo prima ricaricare un po' di curiosità ed entusiasmo per altre cose. Altrimenti corriamo il rischio di dimenticare che stiamo aspettando un nuovo Monkey Island di Ron Gilbert.
Prima di iniziare, segnalo due salutari opinioni fuori dal coro di gente che conosco e stimo: l'intelligente autodifesa satirica di Andrea Pannocchia, guru dei longplay avventurieri, e la misurata preoccupazione di una monkeyislandiana della seconda ora, Sofia Celadon.
Return to Monkey Island, l'approccio alla storia e la trama
Il gioco non è rivolto solo ai fan della prima ora. Per Ron la lezione imparata da Thimbleweed Park è che se ti appoggi troppo sul passato lasci sperduta un'altra fascia di pubblico. Dave spiega che con Return vogliono proporre qualcosa che risuoni con i fan ma che non allontani chi non conosca quel mondo. Ogni ammiccamento è stato adeguatamente contestualizzato per funzionare anche per i nuovi arrivati. Un approccio per me commovente, visto che oggigiorno la fidelizzazione del cliente/fan tramite gli "universe" obbliga alla conoscenza enciclopedica.
Hanno pensato inizialmente di ignorare sul serio The Curse of Monkey Island, Fuga da Monkey Island e Tales of Monkey Island, cioè i giochi successivi alla bilogia storica gilbertiana, composta da The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: LeChuck's Revenge. Hanno tuttavia cambiato idea presto, convenendo sul fatto che fossero troppo amati per poter essere ignorati (il ragionamento al quale avevo pensato nell'articolo), decidendo quindi di considerarli canone, senza negarne punti salienti: si sono riservati però la possibilità di contraddirne qualche aspetto minore, senza ossessionarsi troppo con la continuity, sulla scia dell'atteggiamento che hanno mantenuto negli anni tutti gli altri autori sulla saga. Come aveva già detto in passato, Ron ha ribadito che realizzare il famigerato "Monkey Island 3a" che aveva saltato nel 1992 non avrebbe avuto senso, in parte perché lui è una persona diversa dopo trent'anni, in parte perché pezzi della storia che aveva in mente sono stati utilizzati involontariamente nei giochi non suoi.
Ciò non significa che il gioco non manterrà una promessa: inizierà dalla fine di Monkey 2 (avete capito da dove). Ovviamente Ron e Dave mantengono cucite le bocche su come questa premessa si legherà alla vicenda principale, o come farà a rientrare nel canone allargato, ma ammettono: la cronologia diventerà un po' "amorfa" e sarà davvero tosta definire un ordine per i capitoli della saga! Mistero. Sul plot infatti i due non si sbilanciano, anche se Dave nell'intervista con Ars Technica suggerisce che un sapore autobiografico nel raccontare Guybrush c'è per loro sempre stato, perciò quello che hanno scritto riflette in parte chi sono loro stessi adesso: nel primo capitolo, per esempio, erano designer alle prime armi, così come Guybrush era un pirata alle prime armi...
In chiave di pura speculazione, vi propongo qualche mia idea vaga, simile a quelle discusse in uno stream speciale di Spegni il podcast dalle colonne del fandom italiano di Monkey Island, cioè Danilo Lapegna, Danilo Puce, Michele Giardi, Albo Abourt e Flavio Carlini di Radio Pirata: un paio d'ore divertenti che sono riusciti come al solito a rendere personali e - vivaddio - entusiastiche (è la famigerata "paura" a consigliare freni a mano tirati, una precauzione che Puce, Lapegna e Giardi orgogliosamente ignorano per vocazione: meno male che ci sono!).
Le chiavi. Appaiono in due screenshot su quattro e il loro riproporsi suggerisce già qualcosa di bizzarro e un po' esoterico che mi intriga: non solo per gli enigmi evocati dal vasto assortimento del fabbro, ma proprio come identificazione di una qualche cultura... se non di una nazione vera e propria, come si intuisce dal tribunale misterioso nello screen dell'isola ghiacciata: nel quadro di destra quello che sembra un reggente addirittura indossa una corona di chiavi. Non può essere una coincidenza: quale senso potrebbe avere il ritratto di famiglia nella bottega del fabbro? È quello il nesso tra le chiavi e un elemento più importante della storia? L'isola ghiacciata è di origini vichinghe? Sotto il ritratto a sinistra nel tribunale s'intravede l'immagine di una nave che mi sembra vichinga. Cosa lega Mêlée Island a quest'altro luogo?
C'è peraltro un elemento inquietante nella famosa strada di Mêlée: cosa significano quegli strani graffiti, che non appaiono casuali? Dando credito alla classica interpretazione del finale del secondo capitolo, la sezione di Mêlée del "parco giochi" sembra essere stata quasi dismessa, con la chiesa chiusa e il vicolo bloccato dall'immondizia. L'apertura del fabbro è recente, oppure c'è sempre stato e non lo vedevamo nell'inquadratura originale? E la sagoma nel negozio... è un pirata qualsiasi oppure IL pirata? La nave di LeChuck è chiaramente a Mêlée, dopotutto, com'è chiaro dalla homepage del sito ufficiale... A questo proposito, che dire della piratessa fantasma del teaser? Non vieni inserita nel teaser di un gioco così epocale se non sei un personaggio nodale. Una cantastorie? O una nuova... LeChuck? Difficile infine costruire teorie sul plot a partire dallo screen "sotto Monkey Island", ambientazione ben evocata dagli immancabili funghi: c'è però l'eco di un puzzle, perché la statua della scimmia stringe quella che appare come una palla da bowling ma le manca una... spada? Cosa dovrebbe impugnare?
Soprattutto: perché Guybrush ancora non ci viene mostrato? Perché è una rivelazione da posticipare? Forse perché la sua età non è scontata? Il doppiatore Dominic Armato ha 45 anni (mio esatto coetaneo!) e ha una voce squillante: non so quanto possa reggere una voce da bambino oltre lo scherzone di Curse, ma può tranquillamente oscillare in un range tra un ventenne e appunto un ultraquarantenne... o più? E se il discorso delle carriere al quale accennava Grossman toccasse vette... surreali? Mi ha persino attivato un'idea bislacca che vi confido: e se Guybrush fosse diventato un cuoco? Lasciandomi suggestionare dalla sagoma di un cuoco che si vede andare avanti e dietro sulla nave di LeChuck nel teaser, ho pensato che Armato nella vita reale è stato critico culinario, che Guybrush era diventato chef "creativo" su Scabb, e che aveva anche cucinato la ricetta magica sulla nave per Monkey Island. Gilbert poi ha detto: "Voglio fare una vera avventura piratesca. Non voglio che sia ridicola o strana, voglio che sia una buona, solida avventura piratesca, perché per me i primi due erano così". Long John Silver, una delle più leggendarie figure della letteratura piratesca nell'Isola del tesoro, era dopotutto un cuoco di bordo...
Suggestioni.
Return to Monkey Island, la genesi e le dinamiche produttive
Contrariamente a quello che avevo immaginato, la scintilla effettiva del progetto è stata accesa proprio dalla Devolver Digital, il publisher e finanziatore del gioco: verso la fine del 2019 Ron Gilbert a un PAX incontrò Nigel Lowrie della Devolver. Quest'ultimo, avendo una conoscenza nella Lucasfilm Games (l'ufficio licenze sopravvissuto alla chiusura della LucasArts nel 2013), pensava di poter creare un canale per proporre un nuovo Monkey Island, soldi alla mano. Pur intrigato, Gilbert ha tuttavia preso tempo, chiamando Dave Grossman da lui a Seattle per un fine settimana all'inizio del 2020, quando Dave non stava producendo più nulla alla Earplay, trasformatasi in un service. Lo scopo di quel fine settimana era cercare di capire se, al di là delle fantasie, avessero idee decenti e intriganti per fare un altro Monkey Island. Sul serio. Il verdetto del brainstorming serrato è stato positivo e la macchina si è messa in moto, pur spiazzata dalla pandemia.
Il tempo nel lockdown non è stato però buttato, lavorando in segreto con Grossman, mentre inagurava un nuovo engine e sperimentava con l'interfaccia punta & clicca in Delores. A occhio mi sembra di capire che la lavorazione di Return sia partita nell'estate 2020, perché David Fox è stato coinvolto come capo-programmatore ad agosto. Un altro fantomatico progetto di Gilbert, l'RPG atipico in cui si potesse anche non combattere mai, non era un paravento: spera un giorno di tornarci, ma al momento di scegliere tra quello e Monkey ha dovuto dare la precedenza a quest'ultimo, anche perché lo stato dell'RPG non lo convinceva.
Il team di Return to Monkey Island è composto da circa 25 persone, più o meno il doppio di quelle attive su Thimbleweed Park: la differenza è essenzialmente nel numero più corposo di grafici, tra i quali la storyboard artist Sarah Thomas (un ruolo che in Thimbleweed non era nemmeno necessario).
Return to Monkey Island, come si giocherà
Nell'articolone avevo ipotizzato un'interfaccia a menu contestuale stile quella di Delores, quindi anche con verbi personalizzati sui singoli hotspot. Ron e Dave non vogliono ancora svelare troppo del gameplay, ma sappiamo che la linea guida è un ripensamento dell'avventura grafica, non per tradirla, quanto per farla evolvere in modo divertente: si sono chiesti sul serio cosa nel passato fosse effettivamente coinvolgente e cosa invece dovesse esserci solo per dovere verso le consuetudini del genere. Una cosa che hanno voluto eliminare sono le risposte generiche, pensando l'interazione affinché si ricevano "risposte buone per ogni azione" che il giocatore può intraprendere. Si sono anche concentrati con attenzione sul sistema di controllo, per garantire un input alternativo via joypad che non fosse una seconda scelta rispetto a quello via mouse, e senza che quest'ultimo ne risentisse.
Come per Thimbleweed Park è previsto un sistema di aiuti integrato nella narrazione (in quel caso si poteva chiamare al telefono una hint line), nonché un doppio livello di difficoltà, "normale" e "casual", con enigmi rimossi o semplificati. Questo era quasi doveroso, visto che prima di Thimbleweed Park era stato proprio Monkey 2 a introdurre questa possibilità nella giocografia di Gilbert.
Anche per queste intenzioni, Return to Monkey Island suggerisce un progetto che vuole restituire al marchio una sua qualità storica: essere un modello propositivo per il genere, un territorio di sperimentazione ragionata che parli al pubblico presente, cercando di fare un passo avanti. Esattamente come fu Secret alla fine del 1990. Considerando che Gilbert con questo gioco poteva davvero campare di rendita sulla nostalgia e basta, sono colto d'ammirazione di fronte a questa forza, peraltro non semplice da mantenere, come racconta lui stesso...
Return to Monkey Island, l'emozione nel ritorno
Dietro le quinte, cosa ha significato per Ron Gilbert e Dave Grossman tornare su Monkey Island dopo trent'anni? Ron è proprio contento di aver recuperato il confronto con Dave, oltre al fatto che, come gli sta succedendo con i compositori Michael Land, Peter McConnell e Clint Bajakian, lo considera un collaboratore tanto fidato da rilassarlo: può lasciarlo fare le sue cose, senza preoccuparsi che si senta senza guida. Ma se provate la fantomatica "paura" di fronte a un progetto del genere, immaginate come si senta lui! Infatti dice:
RON: Penso che Dave fosse più entusiasta di me. Io forse ero un po' più spaventato da tutto, mi chiedevo: "Possiamo farlo sul serio? E se fallissimo?" L'entusiasmo di Dave è stato contagioso, mi ha aiutato davvero, perché dicevo a me stesso: "Sai che c'è? Dave pensa che funzionerà. Se Dave ci crede, posso crederci anch'io. Anch'io posso farcela." [...] La cosa più dura per me di questo progetto è lo stress da Monkey Island. Le persone hanno avuto così tanti anni per costruirsi un'idea di Monkey Island, significa così tanto per le persone, e questa cosa mi ha stressato parecchio. Hai paura, ti domandi: "Sarò mai all'altezza di questa cosa? Farò un buon gioco che la gente considererà un Monkey Island?"
DAVE: Io mi preoccupo tutto il tempo per Ron, mi preoccupo che la sua testa possa esplodere per tutte le cose che sta seguendo! [...] Avevo anch'io paure e ansie, ma non volevo che mi impedissero di divertirmi. [Ma che frase stupenda da incorniciare, ndDiduz]
Dave, nonostante avesse cofirmato il solo soggetto e parte del design di Tales of Monkey Island alla Telltale, non se ne considera un vero coautore: la sua responsabilità nell'azienda era di assicurarsi che gli autori effettivi (Mark Darin e Mike Stemmle, per la cronaca) facessero un buon lavoro, quindi considera Return la prima volta che si è tuffato sul serio nella saga, dall'epoca di LeChuck's Revenge. Le mansioni tra i due non sono equamente divise: per quanto siano coautori ex-aequo del design, Dave si occupa un po' più dei testi e Ron un po' più della programmazione.
Ron ha raccontato poi la reazione di Dominic Armato, il doppiatore di Guybrush, quando gli ha dato la notizia: erano andati a pranzo insieme, Ron gli aveva solo detto che aveva un progetto in ballo, ma Dominic non avrebbe mai immaginato che si trattasse del ritorno di Threepwood! Pare sia rimasto sconvolto (facile crederlo). Purtroppo la rimpatriata non è andata in porto con Earl Boen, storica voce di LeChuck, ormai definitivamente in pensione: c'è stato un recasting del personaggio, con la benedizione di Earl.
Lavorare in remoto? Gilbert si sente in imbarazzo: gli risulta normale perché pensa di automotivarsi molto bene e non ha avuto problemi logistici dalla pandemia, non avendo nemmeno figli. Dave è stato contento proprio per la ragione contraria: lavorando da casa ha avuto più tempo di interagire con suo figlio di sette anni. Grossman però nota che lo smartworking genera qualche rallentamento: gli è capitato di recuperare una bella idea un mese e mezzo dopo che era stata proposta, cosa che forse non sarebbe accaduta con un tale ritardo, interagendo col resto del team dal vivo. Hanno cercato comunque di trovare via Slack un surrogato dei momenti di socialità che si creano naturalmente nelle pause in una sede fisica.
Il rapporto con la Disney/Lucasfilm? C'è stato feedback, ma di quello "buono", e qualcosa è stato implementato, ma in generale Gilbert è contento che gli sia stato concesso di costruire il gioco che voleva.
L'emozione più grande? La prima volta che Ron ha scritto di nuovo "Guybrush" nel codice, dopo decenni: "da pelle d'oca".
Return to Monkey Island, la questione della grafica
E per ultimo il dramma a tinte fosche. Com'è ormai chiaro a tutti (salvo sorprese metalinguistiche nel corso del gioco), la grafica di Return to Monkey Island non è in pixel art, ma segue uno stile in alta definizione 2D caricaturale. Credo che bisogna distinguere due tipi diversi di critica o di meno tragica perplessità: c'è chi è offeso per l'assenza della pixel art, c'è chi non gradisce lo stile adottato (c'è pure chi è arrabbiato per entrambe le cose). Andiamo per ordine.
Nelle interviste Ron si dice rattristato dalle critiche e contestualizza la scelta: "All'epoca non facevamo pixel art, facevamo soltanto art. Non è che io poi abbia tutto questo curriculum pieno di giochi in pixel art". Aggiunge che la storia della saga ha attraversato diverse interpretazioni grafiche nei decenni, e che voleva proseguire con questa ricerca, piuttosto che tornare indietro, anche per rivolgersi a un pubblico più ampio. Senza pixel art sente inoltre di aver avuto più libertà. Grossman esprime concetti assai interessanti, che non sottovaluterei: "Penso che come autori il nostro lavoro sia scegliere tutti gli elementi per raccontare la storia che vogliamo raccontare, nel modo migliore possibile, riflettendo sulle alternative che abbiamo. La pixel art non ci tornava, e dobbiamo fare la cosa migliore per il gioco. [...] Tutto quello che abbiamo fatto è costruire un gioco per il futuro, non necessariamente per il passato. È un nuovo Monkey Island, piuttosto che un altro Monkey Island, una distinzione sottile ma importante."
Personalmente continuo a pensare quello che ho scritto nell'articolone: scindere il look del gioco dal modo in cui è impostato in generale, sul quale non abbiamo ancora le idee chiare, mi riesce difficile. È evidente penso ormai a tutti che questo titolo non sia il "Monkey Island 3a" idealizzato per trent'anni (anzi per una ventina, perché prima dell'uscita di Curse e Fuga nemmeno Gilbert aveva dato piena forma al tormentone). Quelle regole sono saltate, mi ritengo "resettato" e, se seguite Lucasdelirium nella sua interezza da anni, sapete che per me esiste eccome un mondo dei videogiochi dopo gli anni Novanta, mi adatto facilmente e ho cercato disperatamente negli anni di convincere i fan della vecchia LucasArts ad allargare lo sguardo. Mi ha spiazzato, certo, ma non mi sento tradito. Al contrario se vogliamo sarebbe Murray a essere tradito in pixel art, essendo nato in epoca multimediale cartoon.
Eppure non avrei tanta fretta di prendere in giro chi si aspettava la pixel art. Non è solo questione di patetico passatismo lagnoso (oltretutto nel 2022 la pixel art è una forma grafica comunemente accettata nel mondo indie). Tutto è riconducibile a una data: 13 aprile 2013, quando Ron Gilbert pubblicò sul suo blog un'articolata dichiarazione d'intenti su quello che sarebbe potuto essere il suo terzo Monkey, incluse pixel art e cancellazione dei seguiti non suoi. A quel punto fui costretto a scrivere un pezzo sull'argomento: non presi quella lista come un annuncio, principalmente per il punto riguardante i diritti sul marchio. Mi appariva già da allora così assurdo da avermi spinto a esaminare l'intero pezzo come "amaro sfogo". Non tutti ebbero però il mio distacco: tanti andarono in iperventilazione. Forse consapevole di averlo sottovalutato, Ron ha inserito negli ultimi giorni un disclaimer prima di quell'articolo, suggerendo di non prenderlo sul serio, e ora fa ammenda nelle interviste:
Quell'articolo era un assurdo flusso di coscienza, non ricordo cosa esattamente lo attivò [azzardo: la chiusura della LucasArts pochi giorni prima? ndDiduz], ma ricordo che mi sentivo un po' depresso all'idea che non avrei mai fatto un altro Monkey Island, quell'articolo nacque da lì. [...] Penso che se potessi rifare quell'articolo, lo contestualizzerei in un modo un po' diverso, perché quelle non sono cose che accadranno per forza o cose che farei a tutti i costi. Chiunque conosca i processi creativi sa che non appena cominci a lavorare, tutto cambia. Arrivano idee, cambi la storia, cambi i personaggi, cambi gli enigmi. Nulla è scolpito nella pietra. [...] Quando cominci a pensare come può essere un gioco vero, la realtà s'intreccia con le tue fantasie.
Credo che abbia assolutamente ragione (ed è in buona compagnia col maestro Jordan Mechner, che tra l'altro sta festeggiando in questi giorni i 25 anni del mio amatissimo The Last Express). Il problema è che la pubblicazione nel 2017 di Thimbleweed Park non ha aiutato a sminuire la forza di quei diciassette punti, anzi! Né sono mai stati smentiti fino all'annuncio di Return. Io stesso ripresi in mano il mio articolo nel 2017 proprio perché cominciai a pensare che quelle regole, che avevo accolto con distacco un po' perplesso quattro anni prima, si stessero trasformando in qualcosa di concreto, provato, tangibile. Pensai di essermi sbagliato nel giudicarlo poco più di uno sfogo. Adesso Gilbert nelle interviste sostiene di essersi liberato di quelle necessità nostalgiche proprio con Thimbleweed, e quindi di essere pronto a ripartire in chiave moderna... proprio col suo titolo che più di tutti rappresenta un passato ideale per tantissimi fan! Questa cosa mi diverte parecchio perché ci rivedo la sua tipica rivendicazione di libertà senza compromessi (che dopotutto era anche il punto 17 della lista), però non arriverei a prendere in giro chi oggi si sente tradito, almeno non chi lo fa presente con garbo e senza passare la misura.
Non tutti i delusi si aspettavano la pixel art solo perché sono rimasti ancorati agli anni Novanta. Se l'aspettavano perché era stata promessa... e confermata con Thimbleweed Park! La morale qual è? È verissimo che un autore non deve nulla a nessuno, altrimenti non si può definire tale, ma è anche vero che la libertà di scrivere o dire quel che ti pare è inversamente proporzionale alla tua fama: penso che la momentanea chiusura del blog da parte di Gilbert (per stress: "Abbiamo tutti bisogno di una pausa") sia frutto di questa realizzazione. Ho già provato a consolare questi fan "traditi", in modo molto semplice ma non so quanto efficace: secondo me, una volta che inizieranno a giocare, smetteranno di pensare a pixel art ed elenchi utopistici. Dico sul serio.
Sperare in un tasto di "switch" per passare dall'HD alla pixel art in stile Special Edition mi sembra un po' disperato: lì si poteva fare perché la grafica antica già esisteva, qui significherebbe realizzare letteralmente due giochi diversi, quando peraltro la lavorazione è quasi al termine, visto che Return uscirà entro la fine dell'anno. In più, accettare di implementare una cosa del genere significherebbe negare tutto il ragionamento illustrato da Grossman più su, falsando la percezione di questo nuovo gioco, che non è un reboot né una remaster. Una calata di brache totale. Non parliamo di persone così. Almeno spero. Mi deluderebbe, onestamente.
Un altro discorso è il giudizio sullo stile specifico adottato, a cura di Rex Crowle: superdeforme, irrealistico nell'architettura, ai limiti dell'astratto, vicino a Day of the Tentacle. La mia principale perplessità è che, parlando di un titolo che si propone di attirare l'attenzione anche del pubblico che di Monkey Island non ha mai sentito parlare, in quel modo potrebbe non distinguersi abbastanza: quel taglio visivo "destrutturato" è assai diffuso oggi nel mondo del cartoon televisivo e anche nel mondo indie. Ron comunque in una delle interviste parla di zoom dentro e fuori l'immagine, ricordandoci che sarebbe bene vedere il tutto in movimento prima di liquidare la questione.
Ma è possibile un coinvolgimento emotivo in vicende raccontate con una grafica così allucinata? Se si pensa ai precedenti del citato Dott o di Curse, in effetti a una stilizzazione caricaturale marcata lì si è accompagnata un'atmosfera di totale sberleffo. Allo stesso tempo tuttavia non posso vedere barriere insormontabili dove so che non esistono: sono stato troppo commosso da diversi momenti di Psychonauts e Psychonauts 2 per poter dire che la stilizzazione grafica estrema sia un vero ostacolo alle volontà di una scrittura più profonda, se c'è quell'intenzione. A proposito di Schafer, vedo che non si spegne il desiderio subconscio di richiamare in causa Broken Age quando si pensa alla delusione di grandi aspettative: certamente lo stile di quello e di Return sono affini "filosoficamente" e tecnicamente, perché appunto molto stilizzati e con animazioni 2D vettorializzate, ma non penso proprio siano uguali. Lo stile di Bagel in Broken Age era lunare ma dolce, con forme e cromatismi morbidi, mentre quello di Crowle mi appare spigoloso, aggressivo, più contrastato e meno sfumato.
Il nocciolo della questione
La domanda finale con cui però vorrei momentaneamente congedarmi dall'argomento è questa: quando si dice che quello stile "non è adatto", stiamo dicendo che non è adatto al gioco Return to Monkey Island o alla nostra idea di Monkey Island? Non è mica detto che le due cose coincidano... e Return finora è stato giocato solo dal suo team di sviluppo! Io per esempio ho avuto l'imprinting di Monkey Island con i primi due, e già Curse mi apparve come un tradimento dell'idea che mi ero costruito dell'atmosfera originale. Eppure vi dico: se il "tradimento" di Return mi trasmetterà però la stessa sicurezza artistica di Curse nell'equilibrio tra forma e contenuto, se mi divertirà come fece Curse, l'accoglierò volentieri e darò alla cosa il peso che vi diedi allora: relativo.
Lucasfilm Games e i miei sogni proibiti
Ora che Return to Monkey Island è stato annunciato, è legittimo sperare che la Lucasfilm Games proceda col recupero di qualche altra vecchia gloria... ma quale? Già normalmente non riesco a condividere l'ossessione per i remaster, men che mai in questa circostanza, quando c'è in ballo la possibilità di recuperare qualche discorso più saporito. Quando ho visto Craig Derrick della Lucasfilm Games twittare immagini di Max, anche se è facile immaginare una remaster di Sam & Max Hit the Road, ho provato ad alzare la posta. Gli ho twittato che mi piacerebbero un restauro e una pubblicazione del cancellato Sam & Max Freelance Police (2004). Lo so, è durissima: si parla di un gioco mai completato, con un motore 3D vetusto... è difficile, ma non era forse difficile anche un nuovo Monkey di Ron Gilbert? Sarebbe una vera riscossa simbolica per tutto il fandom della fu-LucasArts.
Sempre mirando in alto, Brian Moriarty aveva sul serio impostato Forge e The Fold come seguiti di Loom, al punto che alla fine del suo meraviglioso e commovente post-mortem alla GDC lanciava un appello per realizzarli. Se non ci prova adesso...
I porting Windows e Mac delle avventure LucasArts: un'oscura storia raccontata da Aaron Giles
Abituati come siamo a far girare le classiche avventure grafiche LucasArts sui nostri moderni sistemi tramite ScummVM o DOSBox, spesso dimentichiamo che, teoricamente, alcuni porting prima Mac e poi Windows furono tentati ufficialmente. A far luce su queste attività "secondarie" di casa Lucas c'è una bella intervista di Mixnmojo al programmatore Aaron Giles: famoso anche per i suoi abbondanti contributi all'emulatore di arcade MAME, fu il responsabile di questi lavori, molti dei quali rimasti inediti... Riassumo quello che ha raccontato.
- Aaron giunse alla LucasArts da vero appassionato geek. Aveva acquistato una copia di Star Wars Rebel Assault per Mac e aveva scoperto che, anche sui nuovi PowerMac, girava col codice pensato per la vecchia famiglia dei Motorola 68000. Creò una patch gratuita per farlo girare nativamente su processori PowerPC, e la cosa attirò l'attenzione del management Lucas, perché Eric Johnston, il responsabile dei porting Apple, stava per spostarsi sul Nintendo 64. Fu assunto al volo.
- Il buon Giles ci rivela un'eccellente chicca tecnica: a partire da Full Throttle non era l'engine SCUMM a ospitare l'INSANE di Vince Lee, ma il contrario. Per chi non lo ricordasse, l'INSANE era un motore che gestiva i video in streaming da cd-rom, inaugurato appunto da Lee col suo Rebel Assault. A partire dal 1995, il primo engine a comunicare con l'hardware era l'INSANE, che a sua volta fungeva da "macchina virtuale" per lo SCUMM (in altre parole, era come se l'INSANE fungesse da interprete ScummVM dell'epoca). Quando Aaron realizzò la cosa, avendo convertito l'INSANE per il Mac, capì che fare porting Mac delle avventure grafiche lucasiane pubblicate solo per DOS sarebbe stato molto veloce. Per questo, tra le conversioni affidategli di Star Wars Dark Forces e Full Throttle, convertì al volo per Mac e sponte sua, in pochissimo tempo, anche Day of the Tentacle e Sam & Max Hit the Road (che in realtà non riproducevano alcun filmato!), mettendo la LucasArts di fronte al fatto compiuto, e convincendoli a pubblicarle.
- Poco tempo dopo aver dato il suo contributo da capo-programmatore a Star Wars: Jedi Knight - Mysteries of the Sith (1998), Aaron lasciò la LucasArts, non trovando molto stimolante lavorare su progetti di ampio respiro che non gli garantissero quel grado di smanettamento che ama da sempre. Tornò da collaboratore esterno a partire dai primi anni Duemila, offrendosi per portare le vecchie avventure su Windows (ScummVM non era ancora così diffuso e completo). Confessa che la cosa non entusiasmava poi tutti alla LucasArts, tanto che - nonostante avesse completato il porting di tutte le avventure DOS (!!!) - solo alcune di queste nuove versioni furono commercializzate, in rare compilation europee [alcune sono finite su Steam, ma sono superate in duttilità da ScummVM, ndDiduz].
Innamorato della storia videoludica nel periodo pionieristico 1979-1984, ha dedicato una buona parte della sua vita agli emulatori, sia open source sia a pagamento, per la Connectix prima e poi per la Microsoft: MAME, del quale è stato uno dei più accaniti autori, poi Virtual PC, Virtual Server e Connectix Virtual GameStation (l'emulatore commerciale di PSOne). Si è ritirato dalla professione nel dicembre 2021, ora la sua vocazione è solo un hobby.
- Cosa comportava trasferire i giochi SCUMM da Dos a Windows? La sua risposta è molto tecnica (spero di riassumerla bene): 1) Assicurarsi che le variabili integer del codice C fossero interpretate correttamente a 32 bit e non, come succedeva di default sotto DOS, a 16 bit [il lettore Dario Scarpa mi spiega meglio: un'eventuale dichiarazione di più variabili in una zona di memoria, implicitamente riferita a quelle meno ingombranti a 16bit, avrebbe potuto mandare il crash il gioco con variabili a 32]. 2) Assicurarsi che il sonoro e il gameplay funzionassero su un unico processore, come avveniva sotto DOS, "dandosi il cambio" a ogni interrupt: una procedura antiquata, ma necessaria per la compatibilità con quei titoli più anziani. Se si fossero utilizzati i processori multipli e il multitasking dei sistemi operativi moderni, si sarebbe rischiato di eseguire il codice del sonoro contemporaneamente a quello del gameplay, con disastrose conseguenze nell'ambiente SCUMM antico.
Per quanto riguarda la risoluzione, sia su Mac sia su Windows c'era il problema dell'assenza dell'originale modalità 320x200, quindi la grafica era scalata a 640x400, visualizzata in letterbox nel quadro della standard 640x480 [quindi con le proporzioni un po' compromesse, ndDiduz]. La procedura era resa più morbida dall'opzionale uso del filtro "epx" di Eric Johnston [ora noto come "AdvMame2x", ndDiduz].
Il suo porting Windows di Indiana Jones and the Last Crusade (ora su Steam) propone l'audio Tandy tramite un emulatore scritto da lui stesso: aveva pensato di creare un'emulazione del migliore sonoro AdLib [presente sotto ScummVM e DOSBox, ndDiduz], ma non aveva tempo di dedicarvisi ed era legalmente complicato implementare un codice open source preesistente. - Primo colpo di scena: prima che la LucasArts valutasse (per poi scartarla) la distribuzione episodica online del cancellato Sam & Max Freelance Police, si voleva avviare un servizio di videogaming on-line, e uno dei progetti per il lancio doveva essere una versione episodica dell'originale Full Throttle. Aaron fu incaricato di dividerlo in sezioni e di comprimere grafica e sonoro in modo tale che ogni "episodio" fosse di una grandezza compatibile con le connessioni di allora. Era il periodo della lavorazione di Full Throttle: Hell on Wheels. Quando quest'ultimo gioco fu cestinato, il Full Throttle scaricabile e l'intero progetto del portale evaporarono.
Secondo colpo di scena: scavando nei sorgenti delle avventure lucasiane (con il grande aiuto di Aric Wilmunder), Aaron scoprì che una versione a 256 colori di Zak McKracken and the Alien Mindbenders per DOS era stata in effetti avviata, come filiazione diretta di quella FM-Towns, ma fu evidentemente abbandonata. - Aaron Giles sopporta poco l'idea dei classici lucasiani venduti su GOG e altri portali, impacchettati con ScummVM. Trova inaccettabile l'idea che la Lucasfilm, pur avendo i codici sorgenti dei giochi, si appoggi sul reverse-engineering esterno di un interprete come ScummVM o sugli emulatori tipo DOSBox. Rivela di avere un progetto su cui sta lavorando a tempo perso: DREAMM, un emulatore DOS personalizzato, con un'interfaccia molto semplice stile ScummVM, che avvii ogni avventura LucasArts con la configurazione migliore, sottilmente cucita addosso alle esigenze di ciascun titolo. Sul suo account Twitter potete seguirne i progressi.
Le sorprese del Maniac Mansion per NES
Ho preso una cantonata! È amaro scriverlo solo nel 2022, ma leggendo l'intrigante speciale di Mixnmojo sulle musiche nella versione NES di Maniac Mansion, ho realizzato che sono state realizzate due diverse versioni del gioco per la macchina Nintendo. La prima nel 1988 fu convertita e pubblicata dalla Jaleco giapponese, solo per il Giappone e su floppy, in esclusiva per l'espansione Famicom Disk System. La seconda nacque nel 1990 su cartuccia ed è la conversione più nota e curata effettivamente dalla Lucasfilm Games, per conto della Jaleco USA. Naturalmente ho provveduto ad aggiornare la scheda per chiarire la confusione. Colgo l'occasione per riassumervi qualcosa delle due interviste in quell'articolo, a David Govett e George Alistair "The Fat Man" Sanger.
I due spiegano che furono entrambi coinvolti nelle musiche di Maniac Mansion per NES tramite Dave Warhol, responsabile dell'audio di quella versione. Per essere precisi, Warhol era amico di Sanger, che a sua volta tirò in ballo Govett, in quel periodo in bolletta e anche un po' fiero di poter dire di aver lavorato "per George Lucas".
I pezzi si componevano in formato MIDI con una Roland MT-32, nel caso di Govett tramite un Atari ST e un software di sequencing chiamato Dr. T. Bisognava ricordarsi di limitarsi a quattro voci ("tre musicisti monofonici più un batterista con una sola mano"!), in funzione del chip audio NES, per il quale i brani MIDI venivano poi riconvertiti da Dave Warhol. Quest'ultimo nello speciale spiega di aver adoperato per la conversione una speciale routine che gli consentiva di comprimere le informazioni di ogni nota in un solo byte (l'effetto eco che amava molto occupava da solo un canale, ergo non si poteva inserire quando un brano utilizzava tutti e quattro i canali a disposizione).
Sanger ricorda con piacere questo ingaggio, pur veloce, che mantiene echi dalla scena punk che lo influenzò tantissimo da giovane, prima che creasse la sua band specializzata nelle colonne sonore videoludiche, il Team Fat (poi molto attivo collaboratore di Ron Gilbert alla Humongous).
Lucasdelirium potrebbe essere un libro?
Voglio ringraziare il lettore Francesco Nicolosi per avermi mostrato un libro dedicato ai Monkey Island, ricavato stampando le mie schede di Lucasdelirium dedicate ai cinque giochi! L'ha creato così, solo per la soddisfazione di avere quel materiale in forma cartacea. Queste cose mi commuovono e mi fanno immensamente piacere. Mi fanno anche ricordare che più di una persona negli anni mi ha chiesto se non avessi sul serio pensato a trasformare parte del sito in un libro. Se fosse un libro vero e proprio, legalmente parlando, non potendo rinunciare alle immagini, dovrei chiedere il permesso per usarle, una cosa non da poco. Ma anche se decidessi di creare qualcosa di non ufficiale, le schede sono scritte e concepite come pagine web, con link ad altre pagine che espandono il discorso. I link andrebbero sostituiti da ragionamenti, per una corretta lettura lineare. Un lavoro immane, temo. Senza contare che spesso, ancora oggi, saltano fuori curiosità su questo o quell'aspetto, subito implementabili in una pagina web. Sarebbe relativamente più facile scrivere da zero un testo concepito dall'inizio come un libro tradizionale. Molto relativamente!
Varie, eventuali ma importanti!
L'aprile 2022 è stato incandescente anche per una serie di notizie importanti, sulle quali non c'è molto da elaborare, ma che vi invito a inserire nel vostro radar, perché alcune di esse porteranno frutti in futuro, ne sono certo!
- Sono in straritardo nel segnalarvelo, ma oggi è l'ultimo giorno in cui su Amazon Prime Gaming potete riscattare fino al 1° maggio gratis la Monkey Island 2 Special Edition: LeChuck's Revenge. Dal 2 sarà gratis The Curse of Monkey Island, per un mese: abbiamo scoperto che tra i suoi fan annovera Amir Satvat, producer su Prime Gaming. Ha salutato l'arrivo di Curse addirittura con un video.
- Ricordate quando Mark Darin, coautore tra i tanti di Tales of Monkey Island e The Walking Dead alla Telltale, aveva annunciato di volersi ritirare dal mondo dei videogiochi, per problemi di salute e malinconia generale? Sono arcicontento che proprio il team italiano Little Sewing Machine di Chris Darrill lo abbia fatto desistere dai suoi propositi, chiamandolo come narrative designer del loro prossimo Bye Sweet Carole. Sono stato troppo felice per questa notizia.
- A quanto pare il vociferato sequel di Tales from the Borderlands diverrà realtà entro il 2022! Si sa pochissimo, se non che seguirà protagonisti diversi (peccato!) e se ne sta occupando direttamente la Gearbox, senza coinvolgere la nuova Telltale, almeno non come azienda. Non escluderei infatti il coinvolgimento di ex della casa, ora freelance.
- Continua il viaggio di Sam & Max: Beyond Time and Space, la remaster a cura della Skunkape Games della Sam & Max Season Two realizzata un tempo dalla "Telltale 1.0". Su YouTube sono stati caricati rimasterizzati tutti i video extra del 2007-2008, mentre Limited Run Games ha annunciato per il 6 maggio l'apertura dei preordini per una spettacolare edizione scatolata. Una situazione che mette in imbarazzo il mio braccino corto collezionistico, perché sono nei credits dei manuali come "Italian consultant"! Tragico dilemma.
- Sembra che Bill Tiller abbia ripreso in mano il suo narrativamente necessario sequel di A Vampyre Story: mentre come fa spesso fantasticava su Instagram di una remaster di The Curse of Monkey Island, del quale fu autore dei fondali, si è lasciato scappare che sta lavorando su una demo di A Vampyre Story 2, onde usarla come presentazione per finanziatori. Bravo, Bill! Ora che Monkey è tornato dal suo papà, è venuto il momento di pensare alla sua creazione più autonoma da quell'universo e a mio parere più riuscita, difetti o meno.
- Psychonauts 2 ha vinto ai BAFTA solo un premio "minore", andato a Kimberly Brooks per la voce del nuovo personaggio Hollis Forsythe. Il gioco di Tim Schafer e della Double Fine era candidato nelle categorie di traguardo artistico, traguardo tecnico, narrazione, musica, animazione e "Game Beyond Entertainment", immagino sottolineandone le importanti tematiche trattate. Tanta concorrenza quest'anno, ma pazienza: nel mio cuore ha già vinto tutta quella roba lì.
- Proprio la direttrice artistica di Psychonauts 2, Lisette Titre-Montgomery, ha comunicato di aver lasciato l'azienda all'inizio di aprile. Nei suoi tweet di saluti e ringraziamenti al team, ci rivela anche che le nuove avventure di Raz si sono rivelate il gioco più venduto nella storia della Double Fine. Una notizia bellissima, anche se penso ci si riferisca alle vendite a prezzo pieno o poco scontato. Alla scorsa GDC ha tenuto un panel sul design del gioco: qui le slide.
- Ricorderete che qualche mese fa la Lucasfilm Games aveva riesumato due arcade non starwarsiani realizzati dalla LucasArts nei primi anni Novanta per SNES/Megadrive: vi comunico che Zombies Ate My Neighbors e Ghoul Patrol sono stati resi disponibili sul servizio di Antstream da pochi giorni. Un buon modo di provarli senz'impegno (a pagamento sono anche su GOG e Steam, a quanto capisco contestati per un sistema di controllo che compromette l'originale).
E ce l'abbiamo fatta, siamo arrivati alla fine di quest'aggiornamento, per un mese che ha "pesato" per due o tre di quelli normali!
A risentirci il mese prossimo. Forse prima. Ma senza esagerare.
Ciao,
Dom
10-4-2022: AGGIORNAMENTO STRAORDINARIO
Non ho molto da dire qui, perché con le tante cose che avevo da dirvi ho riempito un articolo enorme, che non sarà epocale quanto il gioco di cui tratta, ma almeno ci prova! Buona lettura di "Return to Monkey Island - Uno shock potenzialmente salutare".
Un abbraccio a tutti e a risentirci per la fine del mese, per il solito aggiornamento mensile.
Ciao,
Dom
4-4-2022
E infatti... Return to Monkey Island.
Rileggete per bene quanto ho scritto due giorni fa, specie la sezione sui consigli per il viaggio che stiamo per intraprendere.
A risentirci molto presto, ma senza una fretta fuori luogo in un'occasione del genere.
In fondo, dopo 30 anni... giorno più giorno meno...
1°-4-2022
"Per 18 anni il blog di Grumpy Gamer non ha conosciuto Pesci d'Aprile, perché è una tradizione stupida.
Per rimescolare un po' le carte, colgo quest'opportunità per annunciare che ho deciso di fare un altro Monkey Island".
Così scrive oggi Ron Gilbert sul suo blog. Sono quasi vent'anni che ogni 1° aprile non scherza mai e lo fa notare. Se questo è uno scherzo, non è un granché (pure risaputo e quasi tradizionale, grazie ad Alessio Formenti per il remake di una storica pagina!).
Il mio consiglio però è quello di allenare il vostro respiro, perché potreste doverlo trattenere per più di dieci minuti.
Occhio all'onda d'urto di ricordi, speranze, perplessità, aspettative, curiosità, utopie, sindromi di Stendhal, senso di straniamento, commozione, gioia, stupore puro, incredulità, scetticismi.
È il comandante Diduz che vi parla: siate freddi o siate in iperventilazione, allacciate le cinture, perché siamo comunque tutti sullo stesso aereo e tutto continua a farmi pensare che potremmo incontrare una certa... turbolenza.
27-3-2022
Che mese difficile. Se già non bastasse quello che sta accadendo (o che continua ad accadere: sto parlando con te, virus!), le ultime settimane sono state piuttosto pesanti dal punto di vista lavorativo e dello stress generale. Per un colpo di fortuna, sono riuscito comunque a rispettare i tempi che mi ero prefissato per quest'aggiornamento, perché ci sono state poche notizie significative e ho avuto così il tempo di aprire una nuova scheda di un gioco vintage. [Log degli aggiornamenti 2022]
Outlaws, i 25 anni di un titolo non tanto dimenticato
Già qualche mese fa avevo deciso che i 25 anni dell'FPS spaghetti western Outlaws, la cui prima edizione uscì nel marzo 1997, sarebbero stati una buona occasione per giocare finalmente questo pezzo "dimenticato" della storia LucasArts. Era da tempo immemore che non creavo ex novo una scheda per un titolo vintage della Lucas... e con Outlaws ho avuto un rapporto particolare. Lo comprai scatolato usato uno o due anni dopo l'uscita, nell'edizione italiana della CTO persino doppiata in italiano, ma non l'avevo mai realmente affrontato sino ad ora. Lo installavo, ci facevo un giro, poi - complici pareri più o meno negativi e una veste grafica già vecchia alla pubblicazione - lo disinstallavo senza dargli una seconda chance.
Come avrete notato dall'uso delle virgolette in "dimenticato", sono contento di essermi dato un mese per capire un titolo che in realtà in rete è molto più amato di quanto si possa pensare: si trascina difetti endemici innegabili, ma non è tanto famoso da attivare un apprezzamento a scatola chiusa nostalgico, come un Monkey Island. La verità è che tanti lo amano perché funziona, se gli si dà una chance. Funziona nel gameplay, perché avviarlo decentemente sui Windows moderni è un'impresa davvero titanica, come leggerete nella scheda, ospitata naturalmente nella sezione "Altri generi".
Se poi non riuscirò a convincervi, la consolazione che trarrete dall'ascolto della stupefacente colonna sonora di Clint Bajakian, omaggio a Ennio Morricone, dovrebbe più che bastarvi!
Segnali d'avventura: il ritorno di Roberta & Ken Williams, il nuovo Syberia
Questo mese sono successe due cose molto importanti nel mondo delle avventure grafiche: non sono direttamente collegate alla LucasArts o ai suoi transfughi, però meritano una segnalazione per i nomi coinvolti.
Roberta Williams e suo marito Ken Williams hanno svelato il titolo per il quale hanno momentaneamente lasciato la pensione: Colossal Cave 3D Adventure uscirà tra l'estate e l'autunno ed è una rilettura in prima persona, in un ambiente 3D realtime opzionalmente visitabile anche con Oculus Quest 2 in VR, della classica avventura testuale Colossal Cave Adventure (1976, mia coetanea!). No, "classica" è limitativo. Parliamo di uno dei primi videogiochi della storia, nonché del primo adventure game mai creato sulla faccia della Terra. Roberta & Ken stanno lavorando con un piccolo team, riunito sotto il nome di Cygnus Entertainment, realtà che potrebbe o meno sopravvivere al progetto (non hanno ancora preso decisioni univoche in merito). Stando alle prime immagini, esteticamente appare molto blando, però l'idea è troppo significativa per poter essere liquidata solo in base al suo aspetto.
Un decennio or sono ebbi modo di elucubrare sui "gradi di narrazione" nelle avventure grafiche, con l'articolo "Storie vissute e storie narrate". Colossal Cave Adventure è un'esperienza ormai del tutto dimenticata, nell'approccio simulativo (e punitivo!), nell'ambito delle avventure medie contemporanee. Trovo affascinante che veterani come Roberta e Ken tornino sulla scena con un titolo che è anche una riflessione umile sull'essenza e le radici stesse del genere: non citano se stessi, scavano nelle motivazioni che li spinsero verso un certo tipo di gameplay. Magari il gioco non sarà nulla di particolare, però è un ritorno intelligente, "nostalgico" non tanto come lo intendono i fan Sierra, quanto come l'intendono Roberta e Ken! Se poi avete dei dubbi sul nesso tra questi autori e Lucasdelirum, vi ricordo che se Ron Gilbert non avesse visto suo nipote giocare a King's Quest, non avrebbe mai creato Maniac Mansion. Esatto: io e voi non saremmo qui!
Il fumettista e illustratore Benoît Sokal, venuto a mancare all'improvviso nel maggio del 2021, non è in realtà mai stato un vero game designer, eppure dalle sue idee narrative, dal suo approccio grafico e dal suo immaginario di grande stile è nata una delle saghe che nei primi Duemila fu nodale nel mantenere a galla le avventure grafiche in terza persona, declinanti con un certo budget dopo la voltata di spalle della LucasArts e la morte della Sierra. Parlo ovviamente delle storie che ruotano sull'avvocatessa Kate Walker, che in una terra lontana scopre la possibilità di una vita diversa e di uno sguardo del tutto diverso sul mondo, grazie al contatto con le invenzioni dello scienziato-artista Hans Voralberg, visionario pioniere di un'incantevole poetica steampunk.
Dopo Syberia (2002) e Syberia II (2004), la serie si è fermata per molto tempo, con un rilancio sostanzialmente fallito nel 2017 col criticatissimo Syberia 3 (che sinceramente ho saltato: non solo per la fama che aveva, ma anche perché penso di essere tra i pochi ad aver giudicato conclusa la storia già al primo capitolo, con quel meraviglioso finale aperto). Ad ogni modo, sempre la Microids, realtà francese responsabile della carriera videoludica di Sokal sin da Amerzone, ha da poco pubblicato postumo il titolo su cui l'autore stava lavorando quando è scomparso: Syberia: The World Before. Sembra sia imperdibile per chi amò la saga degli esordi. Non può che farmi piacere.
Psychonauts 2: altri riconoscimenti e i paradossi della guerra
Negli ultimi giorni riflettevo sui tweet di Anna Kipnis, ex-programmatrice della Double Fine di Tim Schafer, attiva comunque anche su Psychonauts 2. La famiglia di Anna si trasferì negli Usa nei primi anni Ottanta (da rifugiata), da quella che era allora l'URSS (raccontò la sua storia in uno dei tanti extra preziosi della Double Fine Adventure). Prima della partenza aveva vissuto l'infanzia a Kyiv, quindi come immaginerete il suo account Twitter nelle ultime settimane non parla più di videogiochi. Mi sono ricordato con tenerezza di questo video del 2015, quando pensavo anch'io ingenuamente che l'idea di "russian speaking territories" chiudesse un discorso.
Ecco, ho trovato toccante che proprio in questi giorni la premiazione dei Game Developers Choice Awards abbia riconosciuto Psychonauts 2 per la "migliore narrazione" (come accadde al primo Psychonauts). Assolutamente sì. A maggior ragione in queste allucinanti settimane, sì. Cento, mille volte sì. Chi ha giocato fino in fondo capirà e ricorderà come abbia puntato in alto Tim nei temi toccati. Se avete terminato di giocare, vi ribadisco che avevo approfondito tali questioni in un articolo con spoiler intitolato "Meno male che c'è Raz".
Meno male, perché da due anni a questa parte le arti ci aiutano a resistere alle cattive notizie. Ora la stagione dei premi per le seconde avventure dello psiconauta Raz proseguirà ai BAFTA Game Awards il 7 aprile: in quella sede Tim già col primo atto ottenne il premio per la migliore sceneggiatura, condiviso allora con Erik Wolpaw. Bisserà?
Inganniamo l'attesa con la pubblicazione del secondo volume della magistrale colonna sonora di Peter McConnell (se siete backer del progetto, dovreste aver già ricevuto la notifica per scaricarlo). Il ritardo delle versioni Mac e Linux è sensibile ormai, ma non sono state abbandonate, com'è stato assicurato. Non so invece se in tempi brevi vedranno la luce le due localizzazioni aggiuntive promesse: una era quella russa... Renderla disponibile adesso, mentre la Microsoft e tante altre aziende hanno bloccato le vendite in Russia, suonerebbe immagino piuttosto contraddittorio. Viviamo strani giorni, come cantava uno che se n'è andato non molto tempo fa.
Fine di questo breve ma tutto sommato denso aggiornamento.
Alla prossima, gente!
Ciao,
Dom
27-2-2022
Mentre scrivo l'inverno sta osteggiando il desiderio di archiviare i cappotti più pesanti, ma non è l'unico "inverno" che si respira in queste ore, purtroppo. Non ho la pretesa di pensare che l'aggiornamento mensile del sito abbia su chi lo legge il potere di distrarre più di tanto da quello che succede, ma di certo ha il potere di distrarre me, per fortuna! Almeno, da un paio d'anni per me ha acquisito anche quella funzione. Si comincia con un vecchio amico da riabbracciare (quando non è arrabbiato). [Log degli aggiornamenti 2022]
The Wolf Among Us 2: il ritorno di Bigby e della Telltale!
Finalmente, con un video speciale e un articolo di Gameinformer, la nuova Telltale Games diretta da James Ottilie ha raccontato se stessa e il ritorno dell'irascibile Bigby in The Wolf Among Us 2, con qualche riferimento ancora vago all'altra serie di avventure episodiche narrative in lavorazione, The Expanse (tratta dall'omonima serie tv). Ci sono diverse cose da evidenziare, sia dall'articolo sia dal video, quindi le fondo insieme nel riassunto qui in basso. Hanno parlato Ottilie stesso, Nick Herman e Denis Lenart dell'AdHoc Studio (dietro a Wolf 2) e i doppiatori di Bigby e Snow, cioè Adam Harrington e Erin Yvette. C'è un bel fermento intorno al sequel di The Wolf Among Us (2013-2014), basato sul fumetto Fables della Dark Horse. Il titolo riuscì lentamente a diventare un piccolo cult. Il seguito, stando allo spettacolare trailer diffuso, promette non solo di alimentare l'affetto dei fan, ma anche forse di alzare stilisticamente la posta in gioco. Nel trailer Bigby racconta in un gruppo di autoaiuto una sua giornata-tipo finita male: uno scontro con i personaggi del Mondo di Oz e una trasformazione che forse ha portato a una rottura col suo capo Snow...
- La nuova stagione è realizzata con l'Unreal Engine, a differenza dell'originale che girava col proprietario Telltale Tool. Sono state create espansioni ad hoc per l'Unreal, onde gestire il particolare rendering cartoon/noir di Fables, oltre ad applicazioni per velocizzare la creazione dei contenuti necessari a questo tipo di gioco.
- La serie si ambienta sei mesi dopo la prima, pur mantenendosi un prequel dei fumetti di Bill Willingham. Siamo in pieno inverno. Bigby non è più lo sceriffo di Fabletown, dopo uno scontro con Snow, che si trova a capo di tutto e non approva i suoi metodi. Lontano da Fabletown, Bigby conosce una detective di New York (Fey Leung) e comincia a lavorare con lei su un caso, mentre cerca di risolvere la sua sofferta e spesso fallimentare gestione della rabbia...
- Quali altri personaggi incontreremo? Ci sarà di nuovo Bufkin (molto amato dai fan della prima serie), ma tra le nuove apparizioni si segnalano quelle dal mondo di Oz viste nel trailer.
- Quale tipo di gameplay ci si deve aspettare? Più o meno quello dell'originale, anche se l'uso dell'Unreal, come spiega Herman, fa sempre venire la voglia di proporre piccole cose in più. Si sono particolarmente concentrati sull'espandere dinamiche che avrebbero voluto proporre all'epoca, ma alle quali per limiti tecnici avevano dovuto rinunciare.
- Adam Harrington sostiene che, nonostante siano passati quasi dieci anni, per lui e Erin Yvette è stato molto facile rientrare nell'atmosfera di Fables. Adam in più ci dice che la seconda stagione ci farà conoscere meglio Bigby: cos'è per lui giusto o sbagliato? Cos'è giusto o sbagliato per Snow? Anche Snow sta cambiando... eppure, come si vide nel teaser del 2019, dovranno giocoforza collaborare ancora...
- Perché tanto tempo ancora che ci separa dall'uscita nel 2023? Ottilie spiega: in due anni hanno dovuto rimettere in piedi l'azienda, capire come interfacciarsi con gli studi esterni (gli AdHoc, i Deck Nine) e soprattutto prendersi tutto il tempo possibile in preproduzione per non tirar via nulla. Herman è soddisfatto per esempio all'idea che ora siano in produzione, attivi sulla registrazione del motion capture, ma già con i cinque episodi interamente scritti e progettati (cosa che non succedeva alla vecchia Telltale). C'è troppo in ballo per sbagliare The Wolf Among Us 2.
- A proposito dell'uscita episodica: sarà a cadenza stretta (forse una volta alla settimana od ogni due, in stile serie tv) e sarà usata più che altro per stimolare l'attenzione, la discussione e le aspettative dei giocatori. Il feedback non sarà implementato come ai vecchi tempi [quando ci si riusciva, ndDiduz], semplicemente perché gli episodi saranno tutti e cinque già pronti prima della partenza. Il playtesting si svolge tuttora ed è stato già svolto sui soli semplici copioni (la struttura narrativa e ludica delle "Telltale Stories" non richiede per un playtesting un primo giocabile complesso). Secondo Lenart, la pianificazione accurata di tutte le puntate allo stesso tempo permette di bilanciare meglio il ritmo del gameplay, con la ramificazione delle scelte.
- Il coinvolgimento dei Deck Nine per il progetto tratto dalla serie The Expanse rientra nella strategia della nuova Telltale: aprire il concetto di "Telltale Story" agli apporti creativi esterni, che vogliano dire la loro in quel solco. Inizialmente si era pensato di coinvolgere i Deck Nine in Wolf 2, ma poi Ottilie ha pensato che fossero sprecati ed è nato quest'altro progetto, molto diverso, che ha per protagonista la Cinturiana Camina Drummer: è un personaggio nato per la popolare serie tv sci-fi, ma non esiste nei romanzi originali di Daniel James Abraham e Ty Corey Franck. Costruire su di lei un prequel, per capire da dove arrivi la sua personalità da "o bianco o nero", era un'idea intrigante e un tipico modo alla Telltale per intrufolarsi in un universo narrativo preesistente.
- Come evitare il crunch time che ha distrutto la vecchia Telltale? Innanzitutto, secondo Ottilie, si tratta di non raggiungere mai un organico-monstre di 400 persone, come accadde poco prima della bancarotta. L'80% della grafica per esempio ora viene fatto in outsourcing, con team esterni chiamati in causa solo quando sai esattamente cosa richieder loro: questo consente di non vivere nell'ansia di vendere qualcosa per pagare centinaia di stipendi, dando tutto il tempo alle menti creative di scrivere e pensare i contenuti al meglio.
Oxenfree II è dietro l'angolo, ma ha un colpo di coda anche Afterparty
A questo punto è evidente come la voce riguardante una pubblicazione di Oxenfree II: Lost Signals all'inizio di febbraio fosse infondata, ma in compenso il seguito di Oxenfree (2016), a oggi il miglior lavoro del Night School Studio dove sono confluiti alcuni degli ex-Telltale, è stato introdotto molto atmosfericamente in uno speciale di IGN. Il capo-sceneggiatore Adam Hines ha discusso un po' del titolo, lasciando spazio agli attori Liz Saydah e Joe Blanco, interpreti dei protagonisti Riley Poverly e Jacob Summers, in una lettura di una parte del copione. Seguono concetti chiave dall'incontro...
- La premessa narrativa di Oxenfree II è che gli eventi del primo Oxenfree, messi inavvertitamente in moto dal gruppo di ragazzi, abbiano avviato una reazione a catena. La cittadina di Camena è disturbata da strane manifestazioni, come interferenze inspiegabili. Due ricercatori ambientalisti vengono così mandati a investigare la cosa, e sono i nuovi protagonisti di questo seguito: Riley torna appositamente nella sua città natale, incontrando Jacob che non vede dal liceo. Lo scopo della loro missione è piazzare segnalatori sulla costa di Camena, per individuare la fonte primaria dei segnali, ma ci sono degli impedimenti: è sorto un culto che idolatra i portali aperti nel primo capitolo...
- Dopo la lettura del copione (affascinante assistervi, il doppiaggio nostrano è diverso dalla lettura "al nero" del voice acting puro, come in questo caso), gli attori si dicono sul serio curiosi di comprendere l'intera vicenda: sentono di non avere tutti gli indizi per capirla nemmeno ora, nonostante abbiano studiato il necessario sui loro personaggi per interpretarli.
- Hines spiega che sono stati molto felici di tornare nel mondo di Oxenfree per espanderlo: sul fronte del game design, hanno fatto il possibile per non incanalare i giocatori in un percorso troppo lineare [ma nemmeno il primo capitolo era tanto lineare, se paragonato al tipico walking simulator, ndDiduz], dando loro la possibilità di divertirsi con i vari elementi dell'ambiente e con i personaggi.
Fa onore al Night School Studio che, a più di due anni di distanza dall'uscita, non si siano dimenticati di Afterparty: non è stato un gran successo, ha deluso sotto alcuni aspetti (che illustrai nella scheda), eppure all'inizio di febbraio il gioco è stato aggiornato. Non solo sono stati corretti ulteriori bug, ma soprattutto sono state implementate un bel mucchio di localizzazioni ufficiali, tra cui quella italiana! Afterparty era molto complesso da seguire, per l'alta difficoltà dell'inglese utilizzato, per cui questa è un'aggiunta preziosa per consentire a tutti di dare una seconda chance al bizzarro titolo.
Fandelirium: doverosi ringraziamenti, tempestivi o tardivi
Qualche settimana fa uno dei fan più assidui del sito, Luca "Puccio" De Rosa, mi ha spedito due fanart realizzate da lui stesso e incorniciate. Sì, avete capito bene: me le ha spedite fisicamente via corriere, cioè ha deciso di ringraziarmi tangibilmente, regalandomi una fetta del suo tempo. Le immagini che vi mostro qui in basso sono rispettivamente la riproduzione di una vecchia pubblicità ufficiale della LucasArts per Day of the Tentacle (una parodia del manifesto originale di Guerre stellari) e un'altra cosa che non avrebbe bisogno di spiegazioni, ma lascio solo un link nel caso remoto che leggano queste pagine anche dei giovani non edotti.
Il gesto di Luca mi ha riportato alla mente quando ormai tanti anni fa un'altra bella presenza come Federico Maggiore mi spedì dei fumetti che si era fatto autografare dagli autori a Lucca. Federico intorno al 2007 fu fra i tester della nostra traduzione di Psychonauts, ma seguiva Lucasdelirium già da tempo (alla fine incontrai lui e altri alla Milan Games Week nel 2017). Forte col senno di poi che, tra i fumetti che Federico mi inviò, ce ne fosse uno ispirato anche a Grim Fandango, "A Skeleton Story", scritto e disegnato da Alessandro Rak, quando non era ancora diventato uno dei più importanti registi d'animazione in Italia. Ripensandoci, realizzo tutti i 20 anni di Lucasdelirium, al di là delle celebrazioni. Li sento proprio!
Luca e Federico sono solo alcuni dei lettori di Lucasdelirium che nel corso degli anni hanno battuto un colpo contattandomi direttamente, dandomi una grande soddisfazione per quello che faccio. Tutte persone diverse, tutti preziosi nell'affetto e anche nel confronto. Sicuramente dimentico qualcuno, ma mi vengono in mente alcune persone. Gabriele, che con una lunga mail mi fece capire come fossi riuscito a diventare negli anni un tramite tra i giocatori e i percorsi degli autori. Mik, una delle poche persone davvero "severe ma giuste" sul web. Thomas Zanelli, innamorato (e ha pure ragione) di Indiana Jones e la macchina infernale. Danilo "Festuceto" Giardino, che sponte sua fa da editor del sito e mi manda refusi e correzioni inestimabili per me che amo (e devo) scrivere molto. Gaetano Crisafulli, che considera evidentemente i videogiochi un tassello importante della sua contemplazione dell'arte in tutte le sue forme. E come dimenticare Cristiano "Gnupick" Caliendo (ora anche game designer, ospitai un suo pezzo in un momento drammatico del 2004), Giuseppe "Joe Slap" Puglisi (l'unico ad avere compilato una porzione di una scheda del sito, su mia richiesta), Paolo "Giocherellone" (così attento alla scena delle traduzioni amatoriali), Adelmo (che ama Ron Gilbert al punto da rimetterci quasi la salute!) e i tanti altri che ora non si vedranno citare qui e spero non si offendano: ho la piacevole sensazione che i vostri "like" su Facebook non siano mai dati a cuor leggero.
E vi ringrazio tutti! :-)
Star Trek Resurgence raccontato ancora dai Dramatic Labs
A dicembre avevamo saputo dell'esistenza di Star Trek Resurgence, avventura narrativa del neonato studio Dramatic Labs, composto da veterani LucasArts e Telltale, creato dal cofondatore di quest'ultimi, Kevin Bruner. Il gioco dovrebbe essere pubblicato già in primavera, quindi il capo-sceneggiatore Dan Martin e il regista responsabile, Kent Mudle, sono tornati a parlare del loro lavoro in un'intervista con ComicBook.com. Riassumo cos'è stato detto.
- I protagonisti, inediti nella serie avviata oltre cinquant'anni fa da Gene Roddenberry, sono il primo ufficiale Jara Rydek (sul ponte di comando) e l'ingegnere Carter Diaz (sul ponte inferiore). Due diversi punti di vista che porteranno a dover abbracciare scelte morali differenti (e forse in contrasto?).
- Anche se hanno fatto ricerche estese sui videogiochi di Star Trek realizzati negli ultimi trent'anni, senza dimenticare gli storici punta & clicca dell'Interplay nei primi anni Novanta, sentono di poter dire qualcosa di originale facendo leva puramente sulle capacità che aveva l'ex-team dei Telltale nell'impostare questo tipo di esperienza.
- Non siamo di fronte a una pubblicazione episodica: Star Trek Resurgence va inteso come un film della saga, collocato temporalmente dopo The Next Generation. Gli autori stanno cercando di condensare nella storia tutti i vari approcci stilistici e narrativi che il marchio ha attraversato nei decenni. Ci sono molte maniere di raccontare una storia di Star Trek, ma per loro non bisogna perdere il fulcro dell'esperienza: "Si parla di persone con un senso del dovere e dell'onore, che cercano di prendere decisioni giuste in un mondo complesso che cambia."
- Stilisticamente, i Dramatic Labs hanno guardato all'impatto sospeso tra antico-televisivo e contemporaneo-cinematografico di Star Trek: Primo Contatto (1996), senza dimenticare di cercare un proprio look: un esempio è nel design della nave teatro delle vicende, la U.S.S. Resolute: "Doveva sembrare progettata dalla Starfleet, ma doveva avere un aspetto riconoscibile, peculiare, in grado di non sfigurare al fianco dell'Enterprise D o della Voyager".
- Usare personaggi inediti in questo caso è fondamentale: un mito come Kirk, in un gioco che si basa sulle scelte morali, potrebbe far sentire l'utente limitato a comportarsi seguendo il canone di un personaggio più che definito. Ciò non significa che non possa fare capolino un volto come Spock (apparso nel trailer), ma bisogna bilanciare il fanservice con le necessità narrative.
- Rispetto alle classiche "Telltale Stories", si è cercato nel design di andare oltre la centralità dei dialoghi con le scelte: saranno sempre fondamentali, ma il mondo di Star Trek e l'Unreal Engine usato per costruire il gioco hanno permesso di estendere il gameplay a modalità differenti (come l'uso dei gadget e una maggiore esplorazione degli ambienti).
- Il modo migliore di prepararsi all'uscita, per non perdersi nello sterminato materiale di Star Trek prodotto in mezzo secolo? Martin consiglia eventualmente la visione di alcuni episodi di The Next Generation, non perché abbiano legami narrativi con Resurgence (niente spoiler!), ma perché coerenti con le situazioni e le atmosfere che stanno cercando di riprodurre. Martin segnala alcune sue puntate preferite: "Giustizia sommaria", "Giovani carriere", "La Pegasus", "L'Enterprise del passato" e il dittico di "L'attacco dei Borg".
Jonathan Ackley scatenato su Twitter
Nelle ultime settimane è sbarcato su Twitter il buon Jonathan Ackley, recentemente autore di un romanzo e ricordato come coautore con Larry Ahern nel 1997 di The Curse of Monkey Island. Anche per celebrare più in là i 25 anni del titolo, Jonathan ha postato una foto di una reunion con Larry, oltre a snocciolare diverse curiosità sulle avventure lucasiane alle quali contribuì. Non sono tutte inedite, ma quelle nuove ho provveduto a implementarle nelle varie schede. Usate come bussola il neonato log.
Chiudo con una legge di game design molto utile a chi sviluppa avventure, un concetto che Jonathan aveva espresso già in altra sede e che ha riaffidato a Twitter: "Nella narrazione interattiva, la necessità di narrazione lineare è inversamente proporzionale alla quantità di interattività nel mondo di gioco."
C'è poco da aggiungere.
Gli immarcescibili Gobliiins di Pierre Gilhodes
Non c'entra nulla con la LucasArts e suoi gruppi di sviluppo spin-off, ma i punta & clicca di Pierre Gilhodes e Muriel Tramis alla Coktel Vision caratterizzarono gli anni Novanta, con titoli come Gobliiins, Gobliins 2, Goblins 3 e Woodruff and the Schnibble of Azimuth. Il solo Gilhodes ha avviato un crowdfunding per dare vita a Gobliiins 5. Diversamente dal tentativo di revival in un 3D troppo spartano nel 2009 (Gobliiins 4, che comunque a me non dispiacque affatto!), questa volta si torna al 2D, però in 640x480, usando l'engine Adventure Game Studio. Pierre chiede pochi soldi, sostanzialmente per pagare i musicisti, perché sta facendo per il resto tutto da solo.
Ammetto che diverse cose non mi convincono della campagna: la sua presentazione in francese anziché in un più universale inglese (comunque garantito tra le lingue del gioco finito), la sua nebulosità sulle modalità di disponibilità del titolo (rimandate al suo completamento), la risoluzione bassa (ma nemmeno "pixel-art") in 4:3, un motore meno flessibile di altri, l'assenza di appetibili ricompense per i sostenitori, che vadano oltre materiale fumettistico pre-esistente di Gilhodes, per giunta solo in PDF e solo in francese. I 3.000 euro sono stati prevedibilmente raggiunti in due-tre giorni. Io ve lo segnalo per puro affetto, non ho ancora deciso se sarò un backer o un semplice acquirente. Magari fino alla fine di marzo qualcosa nella campagna cambierà...
Quel che si vede comunque nei filmati è puro Gilhodes, 100%: demenzialità, surrealismo e belle animazioni. In un modo o nell'altro non me lo lascerò scappare.
Varie ed eventuali
- È in arrivo un'altra edizione fisica, già preordinabile, del Grim Fandango Remastered targato Double Fine. Se ne occupa iam8bit, solo per Nintendo Switch. Inclusi vari gadget, simili a quelli visti in una precedente edizione a tiratura limitata per PS4.
- Ricordate che nelle scorse news avevo parlato di Peter McConnell e del suo impegno sulle musiche di due avventure grafiche non ancora svelate? Ebbene, la prima è stata svelata qualche giorno fa ed è in uscita il 18 aprile: si tratta di Voodoo Detective degli indipendenti Short Sleeve Studios, al loro esordio. È un ultra-classico punta & clicca, che darà sicuramente modo a Peter di abbandonarsi al suo amato jazz, data l'ambientazione vagamente neworleansiana (ricordo ancora i suoi riusciti pezzi per una sezione di Costume Quest 2). Quale sarà quindi la seconda avventura?
- Quando la LucasArts fu smantellata dalla Disney nell'aprile 2013, il team interno stava lavorando su un gioco alla Uncharted intitolato Star Wars 1313, ambientato nella Coruscant malfamata. Non è in programma di recuperarlo, ma dopo ormai dieci anni l'animatore James Zachary ha deciso di condividere alcuni dei suoi lavori di preproduzione (ed effettiva produzione) sul gioco cancellato: guardateli, se la cosa vi incuriosisce e non vi fa soffrire troppo. C'è lo spettacolare demo che stupì l'E3, ma ci sono anche differenti frammenti di gameplay in stato di prototipo più o meno chiaro. A pelle, direi che avrebbe funzionato.
Prima di chiudere, non sapendo quanti di voi siano acquirenti dello Steam Deck in fase di decollo, vi segnalo che la Double Fine ha pubblicato una lista di compatibilità dei suoi titoli con l'esperimento della Valve: l'incompatibilità con Stacking e il primo Psychonauts dispiace. Speriamo la cosa si possa risolvere!
Ciao,
Dom
29-1-2022
Come un pile posato sulle nostre stanche membra, adagiate su accoglienti divani, un delicato aggiornamento di Lucasdelirium arriva a corroborarvi il giusto. Questo mese è successo poco e ho colto l'occasione per riposarmi un po', dopo i precedenti due frenetici e strabordanti mesi. Nella calma ho deciso di inagurare un nuovo "servizio" che qualcuno mi aveva chiesto (Ivan Braidi, se non ricordo male): un log che elenca tutti i ritocchi e le aggiunte al sito, apportate nel mese corrente. Non è da confondersi con le classiche approfondite news che vedete qui in basso, ma può essere a loro complementare, a mo' di bussola. Se vi interessa, piazzatevelo tra i preferiti.
Renato Cecchetto, Grim Fandango e il doppiaggio italiano
Qualche giorno fa per le conseguenze di un incidente si è spento a 70 anni a Roma Renato Cecchetto, voce italiana ufficiale di Shrek ma anche di Manny Calavera nel Grim Fandango (1998) di Tim Schafer, dove sostituì la voce originale americana Tony Plana (vi ricordo che tramite la Grim Fandango Remastered potete ascoltarli e apprezzarli entrambi!). Con la combinazione Shrek-Manny, Cecchetto ha segnato suo malgrado una generazione ed è stato bello vederlo ricordato in così tanti post in giro per la rete. La triste circostanza mi ha fatto venire in mente un bell'articolo scritto dal Damiano Gerli di The Genesis Temple, ma non per il suo blog che ultimamente mi trovo con piacere a citare.
Il pezzo di Damiano s'intitola "L'inedita storia del doppiaggio italiano dei videogiochi", pubblicato su DoppiaggiItalioti e ricco d'informazioni e dichiarazioni che ci riguardano anche da vicino, visto che la CTO S.p.a., collaborando con la LucasArts, fu una delle apripista di quelle localizzazioni italiane complete. La versione "parlata in italiano" di Sam & Max Hit the Road fu un fiore all'occhiello di questo pionierismo. Pescando dal suo articolo, ho aggiunto qualche commento nella sezione "altre versioni" di quest'ultima scheda, ma anche nelle sezioni "SONORO" per Full Throttle, Grim, Fuga da Monkey Island e Indiana Jones e la macchina infernale.
Full Throttle, Duncan Jones ribadisce il suo amore, io lo inseguo in podcast!
All'inizio del mese si è tornato a parlare del Full Throttle di Tim Schafer, perché il regista Duncan Jones (figlio di David Bowie, per la cronaca), ha ribadito via Twitter il suo affetto sperticato per quell'avventura grafica, invitando la Lucasfilm / Disney ad affidargliene un adattamento, magari per lo streaming di Disney+. Se avete buona memoria, non è la prima volta che Duncan affronta la questione: l'anno scorso rivelò di aver scritto durante il lockdown una sceneggiatura (tuttora scaricabile!) per un film tratto dal gioco.
Per una pura coincidenza, a dicembre il mitico Simone "Omone" Guidi del Podcast Atariteca mi aveva già invitato a parlare proprio del gioco, per un'ospitata bis dopo l'apprezzamento per la puntata che l'anno scorso dedicammo a The Dig. Abbiamo registrato qualche giorno fa: Simone mi dice che la puntata sarà online il 10 febbraio, quindi buon ascolto, anche se volete sapere cosa penso della sceneggiatura di Jones (che ho letto prima del podcast, per l'occasione!).
Rimanendo in tema di Atariteca, vi segnalo una recente puntata a tema pirati e Monkey Island, con l'esperto in materia Danilo Puce, di recente autore del fan-audiolibro LeChuck - The Rise of the Evil Pirate, che già vi segnalai. L'episodio è interessante perché ci si concentra sui legami tra Monkey Island, la reale storia piratesca e la letteratura che la riguarda: un punto di vista inedito su un argomento apparentemente risaputo.
Law & Order: Legacies, ricordi dei Telltale di transizione
Dieci anni fa, a cavallo tra il 2011 e il 2012, i Telltale firmarono l'ultimo atto di quella loro crisi d'identità tra avventura grafica e avventura narrativa, pochi mesi prima della svolta di The Walking Dead. In realtà, almeno coreograficamente, Law & Order: Legacies era peggiore del criticatissimo precedente Jurassic Park - The Game, però a quest'ultimo rimase il primato dell'onta, perché in molti nemmeno notarono l'uscita di Law & Order: gli stessi Telltale lo concepirono come un'esperienza mobile, con un porting di servizio per Windows e Mac.
Io però sono un completista, per cui non solo lo giocai e ne scrissi all'epoca, ma nell'ultimo mese l'ho anche riattraversato e ne ho rivisto la scheda, testando inoltre più a fondo l'edizione retail inglese, che rimane l'unico modo di procurarsi oggi il gioco nell'usato.
L'LCG Entertainment infatti, attuale proprietaria degli asset Telltale dopo la chiusura della prima versione dell'azienda nel 2018, non ha rinnovato la licenza della serie con la NBC Universal, quindi il gioco al momento non è più in vendita. A volte mi capita di rigiocare qualcosa dopo un decennio e trovare mille diversi spunti, tanto che riscrivo una scheda quasi del tutto. Altre volte, come in questo caso, mi limito a ritocchi, minima ricontestualizzazione storica, qualche arricchimento e la sostituzione degli screenshot, perché nella sostanza non ho cambiato idea sull'esperienza. Rimane un titolo curioso, perché è stato l'unico tentativo dei Telltale di ibridare l'avventura con l'approccio alla Phoenix Wright della Capcom.
Mi sono poi involontariamente scoperto sul pezzo, vista l'imminente partenza della ventunesima stagione revival del telefilm di Dick Wolf!
Sam & Max Beyond Time and Space, la remaster anche su GOG
Come ho anticipato su Facebook, la remaster di Sam & Max Beyond Time and Space è arrivata da poco anche su Good Old Games senza DRM. Tra gli extra è inclusa la vecchia versione della Sam & Max Season Two dei fu-Telltale. La Skunkape Games ha implementato inoltre le mie ultime correzioni alla traduzione italiana, tramite la patch 1.03, quindi se stavate aspettando queste circostanze per attraversare o riattraversare il secondo giro delle avventure moderne di Sam & Max, potete partire!
Nota doverosa: nella pagina di GOG è partito un review bombing (ora contenuto dai moderatori), relativo alla censura del gioco. Non so più come scriverlo: l'UNICA modifica all'originale, in QUESTO caso, è il riconfermato cambio di doppiatore per Bosco: attore nero per personaggio nero. Chi linka a elenchi di modifiche, sta linkando a quelle relative alla remaster della prima stagione. Per giunta sono elenchi che mischiarono bug agli effettivi tagli (che consistettero, lo ripeto per l'ennesima volta, in cinque battute modificate e un dialogo ad albero tagliato, nulla più).
Come scrissi già in una news più elaborata un anno fa, comprendo il disappunto per queste mosse politicamente corrette, ma non mi piace la manipolazione senza scrupoli degli indecisi: gridando a un presunto copione "massacrato" e a un gioco "irriconoscibile" si sta oggettivamente scrivendo un'esagerazione. È bene che ognuno decida comunque in base alle proprie idee, ma penso convenga prendere una decisione in base a premesse corrette.
Su una nota più solare, nel caso rimanga in noi un fondo di dolcezza, c'è di nuovo la possibilità di ordinare un peluche ufficiale di Max da Uncute, accompagnato da una nuova vignetta di Steve Purcell. Testo: "SAM: Wow, questo Max artificiale non morde, non grida minacce di morte nel sonno e non scoreggia pesantemente senza sosta! È meglio di quello vero! - MAX: Persino IO lo preferisco al vero me stesso! È un dannato peccato che alle persone normali non sia concesso di acquistarlo... - SAM: Vacci piano, testa di piombo!".
Lucasfilm Games, tra presente starwarsiano e reliquie del passato
La Lucasfilm Games ha annunciato ben tre nuovi giochi di Star Wars. In effetti, tenendo presente la presentazione il mese corso di Star Wars Eclipse, per non parlare dei titoli annunciati l'anno scorso (come l'open-world della Ubisoft, remaster, roba LEGO e così via), sembra un monte di roba, ma bisogna ricordare un concetto: la neo-Lucasfilm Games non è uno sviluppatore e non è un publisher, è solo un'azienda che gestisce le licenze che passa a editori e developer, non fa alcun "lavoro sporco", può non fermarsi mai. Ad ogni modo, i tre titoli starwarsiani annunciati, tutti pubblicati dall'Electronic Arts e sviluppati dalla Respawn Entertainment, sono il seguito dell'apprezzato action-adventure Star Wars Jedi Fallen Order, un FPS supervisionato da Peter Hirschmann (che per un periodo fu alla LucasArts) e un gioco di strategia realizzato in collaborazione con un nuovo studio, Bit Reactor, costituito da veterani della Firaxis.
Tornando indietro nei decenni alla vera Lucasfilm Games degli anni Ottanta-Novanta, qualcuno ha rinvenuto delle foto di un modellino di creta usato per pubblicizzare all'epoca Maniac Mansion! Fu realizzato per la copertina di un Nintendo Power, quindi per promuovere la versione NES dell'avventura grafica di Ron Gilbert e Gary Winnick. Pare che questi scatti siano l'unica cosa sopravvissuta dell'opera: un peccato soprattutto per i collezionisti che sarebbero stati disposti a svenarsi per portarselo a casa.
Prima di chiudere, volevo segnalarvi che il nostro amato compositore Peter McConnell ha concesso un'altra intervista che spazia tra il passato e il presente della sua carriera. Ho estrapolato qualche curiosità musicale che ho sparso per varie schede (buon motivo per cominciare a usare il Log attivamente!), però mi ha colpito una rivelazione finale: "Sto lavorando su diversi progetti, incluso un paio di avventure grafiche." Un paio? Addirittura? Di cosa si tratterà? Double Fine? Terrible Toybox di Ron Gilbert? In effetti Peter di recente non si è fatto nemmeno mancare un singolo tema musicale per un'avventura grafica polacca (simpatica, l'ho terminata da poco), quindi in realtà tutto è possibile, pure al di là del mondo lucasiano.
Ciao,
Dom