Schafer ha comunicato la cosa nel forum privato per i backer, ma la notizia è immediatamente rimbalzata sulla maggior parte dei siti videoludici mondiali, generando molte reazioni negative. Proviamo a ragionare sui vari argomenti.
Doveroso fare una premessa.
Diamo i numeri, manteniamo la calma
Nonostante l'originale campagna avesse raccolto 3.330.000 dollari (3.445.000 contando anche le donazioni tramite Paypal), il budget disponibile per Broken Age era in realtà di 2.230.000, al netto delle percentuali di Amazon e Kickstarter, della produzione e della spedizione dei gadget fisici, nonché del budget per il documentario della 2 Player Productions, quadruplicato (da 100.000 a 400.000 dollari) per l'ovvio protrarsi della lavorazione. Tali dati sono stati forniti ai backer dal producer Greg il 2 aprile del 2012, quindi pochissimo tempo dopo la fine del Kickstarter. Come fu chiarito prima che la campagna finisse, il gioco da sviluppare non sarebbe stato più uno da 300.000 dollari, ma uno di portata più ampia, diverso. Strano che molti commentatori e giornalisti, a favore o contro Schafer, abbiano ignorato (o deciso di ignorare) questi elementi.
Spezzare a metà significa che Schafer ha bisogno di più di 2.230.000, verosimilmente del doppio. Tim non è nuovo a questo tipo di situazione: come lui stesso ammette nella puntata 10 del documentario, anche durante la lavorazione di Grim Fandango si prospettò la divisione della storia in due giochi, perché aveva "overdesigned", per usare una sua espressione. Si optò poi per una pubblicazione unica tagliando un terzo del design. Dopo aver lasciato la LucasArts ed essersi messo in proprio, le sue produzioni hanno incontrato analoghe difficoltà: ricorderete che Psychonauts (12 milioni di costo) fu cominciato con la Microsoft nel 2000 e finito con la Majesco nel 2005, dopo un anno abbondante di produzione del tutto buttato alle ortiche e una ripartenza da zero. Brutal Legend (24 milioni) ritardò di un anno intero dopo essere stato scaricato dall'Activision e raccolto dall'Electronic Arts, avendo a quel che si dice mancato molte tappe del previsto ciclo produttivo.
Se al posto del solito editore esasperato ci siamo noi, questo ci impone di crearci un'opinione il più possibile informata, sia sulle problematiche di budget, sia sul senso che diamo a Kickstarter. È difficile farlo senza scadere nel fanboyismo o all'opposto nella demolizione a 360°, ma bisogna tentare. Altrimenti saremmo peggio dell'Electronic Arts e della LucasArts, che inspiegabilmente, a dispetto di tutto, sulle idee di Schafer hanno creduto lo stesso.
Le sponde
L'uso del crowdfunding con Kickstarter per produzioni videoludiche a medio budget è stato consacrato proprio da Schafer, quindi è normale che, con un'ammissione di questo tipo, l'alfa di una rivoluzione appaia ora come la sua omega. Tim vive del suo essere simbolo, da sempre, e deve ora fare i conti anche col lato oscuro di questa sua aura. Accecati dalla lettura apocalittica della schaferata, pochi hanno notato che Al Lowe, chiacchierando su reddit del suo fresco remake Leisure Suit Larry Reloaded, abbia dichiarato con tragicomica nonchalance quanto segue:
Creare giochi costa. Abbiamo fatto tanto per rimanere nel budget e risparmiare. L'intera produzione alla fine ci è costata più o meno 1.250.000 dollari. Abbiamo usato circa 750.000 dollari del Kickstarter e di donazioni successive arrivate tramite Paypal. Abbiamo dovuto investire dei soldi extra nel gioco.
Sostanzialmente sta dicendo che questa produzione (fatte le debite proporzioni, perché Al creava un remake) si è trovata nelle stesse condizioni di quella della Double Fine, dato che quella raccolta si era conclusa con 655.000 dollari, cioè... la metà di quanto Al dice di aver alla fine speso! Nel frattempo, preoccupati dell'onda di perplessità che ha investito la manna di Kickstarter, altri sviluppatori che lo hanno utilizzato si erano affrettati a prendere le parti di Tim. Alex Thomas del progetto The Banner Saga ha scritto:
[Con tanti soldi in più] tutto sommato stiamo ANCORA facendo tutto quello che vogliamo, ci vorrà più tempo. Non mi sento in colpa, in fin dei conti era quello l'obiettivo, no? Sognare in grande, il più possibile?
È interessante vedere la cosa dal punto di vista di altri. Per molti il fatto che uno sviluppatore miri alla luna non è l'obiettivo. Per molti la questione è: HO COMPRATO UN GIOCO, DOV'È? Vogliono il migliore e il più massiccio videogioco mai fatto, consegnato per tempo, per il loro contributo di 10 dollari. Capisco anche loro. Non sono proprio d'accordo, ma suppongo si parli di punti di vista.
Se non altro, penso che la comunità dei giocatori si stia finalmente facendo l'idea di come funzioni sul serio lo sviluppo dei videogiochi. La cosa che lascerebbe sotto shock la gente è che non c'è nulla di atipico in questo, tranne il fatto che finalmente lo state vedendo. Questa è la storia di ogni produzione videoludica mai esistita, a parte il fatto che questa volta non coinvolge un publisher, ma voi.
I giochi richiedono un anno di lavoro, se sono casual per iOS o un sequel annuale. I giochi di media grandezza richiedono due o tre anni. I giochi grandi quattro o cinque. Crediateci o no, tanti giochi cadono in quello spazio nebuloso tra la tripla-A e l'"indie", qualsiasi cosa significhi. [...] Non è fantastico seguire la produzione sin dall'inizio? No. È una noia. Non finisce mai. Ecco perché di solito non ne sapete nulla finché il gioco non è quasi sul punto di uscire.
Ritardi, tagli, date procrastinate, piani per incassare qualcosa prima: ecco come si fanno i giochi. Bioshock Infinite, il più grande gioco del 2013, è arrivato in ritardo di sei mesi, DOPO i pre-ordini. Ci son voluti tre anni per fare Journey che dura tre ore, e sono tornati a chiedere più fondi alla Sony DUE volte. È così che va. Non sapevano che avrebbero avuto bisogno di farlo. Gli esseri umani non sono bravi a stimare le imprese creative, non importa quanto possano essere "professionali".
Lavoro nei videogiochi da circa dieci anni. Alcune compagnie per cui ho lavorato se la cavavano meglio di altre. Alcuni titoli erano degli enormi incubi da centinaia di milioni, enormemente in ritardo. Ogni compagnia incorre in ritardi e sforamenti di budget. Sapete cos'è una data d'uscita? Una supposizione. Tiriamo a indovinare.
Gli fa eco Doug Tennapel, anni fa coautore di The Neverhood e recentemente nel team di Armikrog, che scrive:
Il ritardo è la norma nello sviluppo dei videogiochi. Anche se una data d'uscita presunta è una delusione, io non ho mai lavorato su niente di bello che, una volta consegnato in ritardo, sia stato ricordato perché era in ritardo. Se lo sarebbero ricordato se fosse stato brutto.
È difficile immaginare qualcosa di concreto all'inizio, e con 3.300.000 per sognare in grande, anch'io avrei potuto fare lo stesso errore: "Cosa NON posso fare con tutti questi soldi?" All'improvviso ogni decisione diventa un "sì" invece di un "no". Ma quando i fondi consentono all'artista di dire "sì" è una liberazione.
I sostenitori dei Kickstarter sono un diverso tipo di fan. Sono filantropici e più generosi del fan medio. Sono pieni di fiducia e speranza, investono il loro denaro nella fiducia. Come artista che lavora nei mass media, quella fiducia per noi è sacra. Presentiamo una cosa che non ha valore monetario, e loro ricambiano con denaro vero. Se un gruppo di sostenitori di Broken Age perdesse fiducia, o peggio si sentisse fregato dal sistema, questo danneggerebbe lo spirito di questa figura. Dobbiamo mantenere il loro entusiasmo, non solo per il gioco di Schafer ma per innumerevoli altri giochi che sono su Kickstarter proprio adesso. Proprio come incoraggio Schafer a combattere per il suo gioco, incoraggio i sostenitori a lottare per quello che Kickstarter significa per i videogiochi.
Ma l'improvvisazione, le virate in corsa, le pause di ripensamento, le emorragie di budget sono davvero una condicio sine qua non?
Esempi vicini
Guardando alla nostra tradizione lucasdelirante, com'è andata ai classici LucasArts? Quanti hanno avuto lavorazioni tribolate e quanti invece lisce come l'olio? In base alle testimonianze raccolte in vent'anni, sappiamo che rientrano nella prima categoria:
A quel che sappiamo hanno spaccato quasi il secondo:
Dei rimanenti giochi non abbiamo dichiarazioni univocamente interpretabili, quindi ho preferito non coinvolgerli nel ragionamento. La cosa che mi colpisce riflettendoci è che il tasso di tribolazione della produzione non ha avuto, per me utente, un legame diretto percepibile con la qualità dei titoli. Ne consegue che l'obbligo del caos creativo è arbitrario tanto quanto quello dell'ordine a tutti i costi. C'è quindi spazio anche per atteggiamenti come quello del buon Chuck Jordan, che non ha un progetto Kickstarter in ballo e che fu coprogrammatore sia di Monkey 3 sia di Grim Fandango, per non parlare delle sue full immersion nelle uscite mensili a mitraglia dei Telltale. Chuck è stato piuttosto drastico con questo e questo Twitter:
Ehi, a tutti quelli che dicono "TUTTI i giochi sforano il budget ed escono in ritardo. Così funziona la produzione dei videogiochi." No, in realtà no. Suggerire che vada così è un insulto a tutte le persone che sono impazzite a farsi il culo per mantenere i loro giochi negli argini.
Seguire il cinema non mi ha aiutato negli anni a dare una risposta univoca sulla questione: per artisti lenti e/o sforatori come Orson Welles e Stanley Kubrick, ci sono maniaci della puntualità, cronometri umani come Steven Spielberg (storica questa maglietta) e Clint Eastwood. Tutti hanno partorito gemme, come spettatore non vorrei fare a meno di nessuno.
L'insostenibile leggerezza delle alternative
Un interessante contributo alla discussione è venuto da una bomba sganciata via Facebook da Carsten Fichtelmann, boss della tedesca Daedalic Entertainment, casa sviluppatrice delle avventure punta & clicca più amate degli ultimi anni.
Sfortunatamente devo ammettere che il budget combinato di Edna & Harvey : The Breakout, Edna & Harvey : Harvey's New Eyes, 1.5 Knights, Fuga da Deponia, Caos a Deponia, Goodbye Deponia, A New Beginning, The Whispered World, Dark Eye, Memoria, 1954 : Alcatraz e The Night of the Rabbit è meno di 3 milioni di euro. Queste sono undici avventure con una lunghezza media di 10 ore. Nessuno di questi titoli è piccolo. Non ho idea di cosa faremmo con 3 milioni. Un Heavy Rain, forse. Dovrei essere depresso? Penso sia allarmante che Tim Schafer abbia voluto 300.000 dollari e che ora 3 milioni non bastino. Comunque, la trilogia di Deponia dura più di 40 ore (!) ed è competitiva a livello internazionale.
Qualcuno è stato preso dal panico leggendo queste righe. Sono molto significative, ma non di certo per capire se Tim sia un ladro o meno. Per intenderci, guardate questi budget (aggiornati all'inflazione tra parentesi):
Leggendo queste cifre i budget attuali di Schafer o di Lowe non sembrano affatto esagerati, specie tenendo presente che l'inflazione tra l'altro non copre la crescita della remunerazione di alcune mansioni specifiche (come la computer grafica, ambito "caldo" nella zona di San Francisco). Se l'intervento di Fichtelmann è quindi meno sconvolgente di quanto possa apparire a prima vista, ha un valore comunque pesante, anche se più indiretto.
Kickstarter per non morire
Il crowdfunding per le avventure grafiche e altri titoli meno commerciali è stato accolto con giubilio dagli sviluppatori americani. I costi delle lavorazioni audiovisive negli Stati Uniti sono sempre stati molto più alti che in Europa e nel resto del mondo, finendo per castrare la creatività americana nei mercati di nicchia. Non a caso, due delle altre case americane più attive in ambito adventure sono i Telltale, che però tengono sotto controllo il budget con le uscite episodiche e si coprono le spalle con licenze famose, e la Wadjet Eye Games, un editore "indie" al 100%. L'indipendente mette su un piccolo team da casa, al massimo coinvolge quattro-cinque altri membri fissi se non fa tutto da solo, e considera il budget un rimborso spese per campare, slegato dalle logiche di una retribuzione sindacale o parasindacale (le cifre di un Quest for Infamy sono un buon esempio).
Il filo sottile su cui Tim Schafer compie le sue acrobazie è quello di uno spirito indie portato avanti però da un'azienda vera e propria: stipendi, ferie, sede, manutenzione, personale secondario. La cosa porta questi studi a giocare al tavolo della roulette ogni volta che avviano un progetto minimamente più ampio. Il fatto che la Double Fine sia sopravvissuta alle vicissitudini di Psychonauts e Brutal Legend è un vero miracolo, tanto che Schafer consapevolmente ha poi convertito l'azienda ai titoli più "piccoli": sappiamo che Costume Quest e Stacking sono costati sui 2 milioni ciascuno. Il Kickstarter e il coinvolgimento diretto dei giocatori hanno riportato all'orizzonte l'illusione di liberarsi dello scoglio monetario, e quella roulette ha ripreso a girare.
Forse troppo.
I falsi problemi (per me)
In tutt'onestà, parlando mi auguro con oggettività e tenendo presente quanto detto, io non ho nulla in contrario con la decisione inerente Broken Age, né soprattutto potrei avere nulla in contrario. I detrattori pensano che noi fan di Schafer abbiamo il prosciutto sugli occhi, ma non ne ho tanto da non rendermi conto di una cosa: il primo Kickstarter della Double Fine era quanto di più generico si potesse immaginare, se ci concentriamo sul gioco in sé e non sull'offerta documentaristica, chiara, rispettata e consegnata. "Faremo un'avventura punta & clicca, vecchio stile". Come? Quanto lunga? Di che parla? Con quale interfaccia? Che s'intende con vecchio stile? Nel caso specifico di quella raccolta fondi, sembrava più che altro di essere di fronte a una onlus a difesa della creatività, in nome di un passato glorioso. Se io ora protestassi sui tempi, sui contenuti, sulla condotta, mi sentirei davvero di dare ragione a chi mi sfotte. Quali garanzie avevo, a parte la simpatia di Schafer e il curriculum della Double Fine? Nessuna.
Mi sarei comportato così al posto suo? Non credo. Sono un gran rompiscatole quando si tratta di decantare le lodi di Stacking (che peraltro è di Lee Petty, non di Tim), e personalmente non me ne importa nulla se, pur finendolo al 100%, non va oltre le otto ore. Forse invece di raddoppiare avrei preferito lasciare, fare un bel lavoro più breve, non chiedendo troppo alla mia buona stella. Ma se il gioco sarà d'alta qualità, penso che ragionamenti del genere lasceranno il tempo che trovano, specie perché, almeno finora, ai backer non sono stati richiesti soldi in più.
Sta rischiando? Molto, perché non è mica detto che la prima parte incassi tanto da garantire la seconda che è nei piani, anche se pare che il secondo atto sia stato già pensato più breve del primo. In un caso o nell'altro tuttavia giocheremo a qualcosa che ha una portata produttiva maggiore di Stacking o Costume Quest: facendo i calcoli, con 300.000 dollari a questo punto avremmo avuto un divertissement microscopico (o un adventure di media lunghezza parecchio più sciatto del ricamo tessuto davanti ai nostri occhi in questi mesi). È andata comunque alla grande.
Il nocciolo del problema (per me)
È stato avviato un altro Kickstarter, per Massive Chalice, prima di rivelare questa decisione.
Lo stupore con cui la Double Fine ha reagito all'ondata di scetticismo e demolizione, successiva all'annuncio della decisione, mi fa pensare che davvero considerassero i progetti indipendenti, se non nel metodo scelto per finanziarli. Malafede o disarmante ingenuità? Per affetto e fiducia verso il team, che a differenza dei detrattori non-backer seguo da un anno a questa parte, propendo per la seconda, anche perché Schafer è stato trasparente nel comunicare nel corso dei mesi i problemi di produzione e ora le ragioni del nuovo piano di uscita, cosa che, come abbiamo visto nel caso di Larry, non sempre accade. Quale che sia la molla dello scarto tra le due iniziative, il danno d'immagine e l'errore di comunicazione rimangono.
Come stupirsi se poi qualcuno insinua che il denaro di Massive Chalice sarà usato per Broken Age? È arrivata una doverosa smentita, ma non bisognava creare le condizioni per seminare l'atroce e parecchio legittimo dubbio. Sarebbe bastato non strafare, posticipare il secondo Kickstarter, e di ombre reali per me non ce ne sarebbero state. Sono del parere che il crowdfunding richieda estrema cautela da ambedue le parti, autori e finanziatori, perché la percezione reciproca viene totalmente modificata rispetto al normale rapporto produttore-cliente.
È fondamentale che il backer, per la natura romantica e folle del suo ruolo, accantoni le pretese del cliente: garanzie reali non ne avrà mai, le garanzie si hanno con i preordini, con i contratti legali, con l'accesso ai libri mastri. Ciò che si può fare ora, passata la sbornia di entusiasmo iniziale di un anno fa, è diventare più rigorosi e selettivi, accogliere almeno in piccola parte l'atteggiamento di un vero finanziatore: valutare chi si ha davanti, capire il progetto, informarsi sul conto degli autori, e perché no, lasciar perdere anche di fronte a grandi nomi, dando più fiducia a se stessi e ai propri gusti, senza sensi di colpa. La severità non metterà a repentaglio la poesia del Kickstarter, sul lungo termine lo rafforzerà, io la vedo così.
Dall'altra parte, è fondamentale che chi voglia affidarsi a Kickstarter con regolarità, come la Double Fine, faccia di tutto per evitare la sensazione che i fan siano rubinetti di denaro apribili in qualsiasi momento. Bella forza, direte voi, in fondo è sempre così. È sempre così quando si parla di clienti per prodotti finiti, ma il crowdfunding è un'altra cosa: è incognito, delicato, evanescente fino al momento in cui il prodotto non si concretizza. Non c'è posto per superficialità e comunicazioni incerte. Non bisogna candidamente credere, come sembra fare Schafer, che un fan finanziatore sia malleabile all'infinito: la sua resistenza è maggiore di un publisher, per ovvie ragioni, ma anche lui può avanzare perplessità su un modus operandi rischioso.
Con al centro dell'attenzione Broken Age e Massive Chalice finiti, mi auguro che internet torni a riflettere sulle qualità che i giochi Double Fine hanno sempre avuto e che sono sicuro avranno, anche a dispetto dei difetti. Per quanto riguarda un eventuale prossimo Kickstarter: è chiaro che si dovrà faticare molto di più, perché la corsia preferenziale si è chiusa, forse era inevitabile che prima o poi accadesse. Ora si richiede una maturazione da parte di tutti, perché con Kickstarter, lo vogliamo o no, siamo sulla stessa barca.