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Indiana Jones e l'Antico Cerchio

(2024, Indiana Jones and the Great Circle, MachineGames / Bethesda -
Gustaffson, Torvenius, Andersson, Howard)

1937. Indiana Jones sorprende un ladro nella sala del museo del Marshall College, in piena notte. L'enorme individuo non ha sottratto un reperto di particolare valore, ma la curiosità di Indy si attiva: cosa c'è sotto questo furto così mirato? Il reperto aveva un valore maggiore del previsto? Basandosi su un indizio, Indiana comincia la sua indagine dal Vaticano. Da lì il destino lo metterà in competizione con il mefistofelico nazista Voss, alla ricerca di pietre legate a una leggenda. Sulla strada, Indy viaggerà tra Europa, Egitto e Asia in compagnia della reporter Gina Lombardi, interessata a salvare sua sorella, un'esperta linguista nelle mani dei nazisti.

Analisi

DESIGN / SCENEGGIATURA

Corre voce che intorno al 2008-2009, quando ancora la Lucasfilm non era stata venduta alla Disney ed esisteva la LucasArts, Todd Howard avesse proposto all'azienda un nuovo gioco con protagonista Indiana Jones: era stato suggestionato dalla Teoria del Grande Cerchio, che vuole particolari luoghi di grande interesse storico disposti nel mondo lungo una stessa circonferenza che taglia il nostro pianeta. Howard significava Bethesda Softworks: forse alla LucasArts non c'era la volontà commerciale e creativa di condividere un progetto del genere con un colosso. O forse ancora, le partnership importanti erano più utili se applicate a Star Wars. Flash forward al 2024... e sull'hard disk ci troviamo Indiana Jones e l'Antico Cerchio: della LucasArts non ci è rimasto che l'ufficio licenze Lucasfilm Games, che nel 2020 ha risposto positivamente alla rinnovata proposta di Howard, il quale a sua volta ha deciso di affidare la realizzazione del gioco agli svedesi MachineGames. Quando a inizio 2021 è stato rivelato al mondo questo progetto, prevalse la cautela.

 

 

I MachineGames si sono occupati dalla loro fondazione del marchio Wolfenstein, a partire da The New Order del 2014 a Youngblood del 2019: il genere era puro FPS, e la rivelazione di una visuale in prima persona applicata a Indy, per giunta a firma di un team che si era votato a tempo pieno a falcidiare nazisti, suggeriva un approccio simile. Per un eroe che aveva glorificato i nostri schermi con un punta & clicca ragionato come Indiana Jones and the Fate of Atlantis (1992), poteva essere la resa definitiva al genere che secondo molti contribuì a "uccidere" l'avventura grafica. Posso con serenità affermare che nessuno si è fatto male, anzi l'approccio dei MachineGames poggia con orgoglio sulle spalle dei giganti... e mai metafora sembra più consona: giocando capirete!

 

 

L'Antico Cerchio non appartiene infatti a un genere preciso, o meglio il suo genere è "Indiana Jones". Partendo dalla natura del personaggio, dalle sue peculiarità e prerogative, il team ha infatti pescato dai precedenti videogiochi dedicati a Jones (e non solo da quelli) porzioni di design che si adattassero a raccontare una monumentale storia avventurosa in giro per il globo. Non è un concetto nuovo, ma nessuno l'aveva mai concretizzato così bene. Da Fate of Atlantis e da Indiana Jones and the Last Crusade - The Graphic Adventure arrivano la consultazione di documenti, un'interazione con ambienti che non siano soltanto "livelli" e con personaggi che non siano soltanto "nemici", oltre alle sezioni stealth, con o senza travestimenti. Da Indiana Jones e la Macchina Infernale l'esplorazione tridimensionale e "tattile" di evocativi siti millenari. Da Indiana Jones e la Tomba dell'Imperatore l'approccio viscerale ai combattimenti corpo a corpo, con gusto dell'improvvisazione. Da molti dei citati viene la proposta di enigmi meccanici legati a trappole o macchinari dal valore simbolico: sono di piacevole non frustrante impegno, a livello "avventura" senza aiuti. Il gameplay quindi già vario è potenziato dall'implementazione di un open world ragionato: Indiana può intraprendere missioni secondarie, ma solo negli scenari in cui ha tempo di farlo. Se la sceneggiatura impone un attraversamento rapido per cause di forza maggiore, l'esperienza si fa più lineare e cambia ritmo, come in un film: al di là infatti dell'enorme quantità di sequenze non interattive che mettono in scena la vicenda con ripresa e montaggio cinematografici, in alcuni casi in modo spiritoso e creativo, è proprio l'anima del gioco a calzare in modo stupefacente sull'Indy doc.

 

 

Ho trascorso la stragrande maggioranza del tempo a disfarmi delle guardie con padelle, bastoni, spatole, vanghe, martelloni, però mai con un arsenale stabile: sparare nemmeno conviene, perché si allertano troppi nemici. Indiana non è Rambo con la passione per la storia dell'arte: è più un Alessandro Barbero palestrato, e tutto il gioco è costruito per ricordarcelo. Persino i potenziamenti avvengono leggendo manuali su tecniche di combattimento e sopravvivenza, rinvenuti o acquistati: Indiana è uno che studia. La macchina fotografica in inventario funziona come il comando "esamina" di un'avventura grafica: il prof. Jones osserva e riflette, e quello dell'Antico Cerchio non smette mai di essere un viaggio nella cultura e nella storia, seppur nelle modalità rocambolesche e funamboliche di Indy. È una sensazione bellissima, specie quando ti arriva sottopelle la ricostruzione di Castel Sant'Angelo, Città del Vaticano o Giza: d'altronde, l'open world è stato portato alla fama non solo dal fantasy o dalla delinquenza di GTA, ma anche dai viaggi nella storia di Assassin's Creed. In particolare, le missioni "Attività sul campo" sono molto consigliate per solidificare il proprio legame con i protagonisti e alcuni comprimari. La visuale in prima persona non compromette la resa del protagonista, che appare in terza persona quando il dinamismo cresce, per esempio dondolandosi con la frusta, ma anzi diventa un filtro attraverso cui osserviamo il mondo che Indiana affronta con curiosità e coraggio. Nessun pericolo: L'Antico Cerchio non è diventato un FPS, e anzi la prima persona contiene la tentazione di enfatizzare troppo l'elemento platform a scapito di altri. Questa centrata complessa tessitura di gameplay non è comunque a maglie strettissime.

 

 

Se i MachineGames hanno dimostrato un coraggio notevole nell'abbandonare la propria comfort zone dell'FPS, va detto che c'è un rovescio della medaglia. L'IA delle guardie è deficitaria, con una certa ritrosìa ad allarmarsi per la nostra presenza, magari anche rumorosa. La magagna si nota meno in zone ristrette, ma diventa piuttosto marchiana in aree e stanze più ampie. Cresce la tentazione di darsi alle percosse, invece di lavorare sullo stealth o sulle distrazioni: preso singolarmente ciascun avversario è quasi sempre gestibile, specie se si ha spazio e tempo di rimuoverlo dall'area di movimento di un altro. Nelle missioni con Gina, la ragazza non attiva mai le guardie, che "non la vedono" finché non le attiviamo noi: succedeva anche in The Last of Us ed è funzionale, se non si vogliono implementare comandi appositi per i partner, però può compromettere l'immersione. Accade anche quando ci lanciamo in evoluzioni similcircensi in aree in cui dovremmo destare un minimo di stupore, ma veniamo ignorati.

 

 

Come succede poi negli open world, è un po' forzata la disponibilità di quest secondarie dello stesso tipo in aree geografiche diverse, perché gli sviluppatori vogliono sfruttare una meccanica più di una volta. Sono ottime scuse per visitare a fondo degli ambienti molto belli, o per potenziare equipaggiamento e prestazioni fisiche, ma possono venire a noia. Meglio ancora è usare elementi dello scenario per facilitare gli scontri: si consumano, ma anche se sono disponibili dei ridondanti kit di riparazione per questi oggetti, è più facile cambiarli con altri invece di ripararli.
A onor del vero, alzando il livello di difficoltà dell'azione oltre il "normale", alcune di queste crepe si notano meno: i nemici in quel caso infliggono più danno e si viene meno tentati dall'approfittarsi della loro scarsa intelligenza. E se a livello "normale" un sano button mashing può sostituire le tattiche di schivate, parate e pugni caricati, il corpo a corpo non è più da sottovalutare, se s'impostano combattimenti più impegnativi. Di riflesso, anche le quest meno importanti o i bonus meno utili finiscono per contare di più, per la necessità di affrontare il nemico con un Indy più potenziato.

 

 

L'antico cerchio può però farsi perdonare le approssimazioni, proprio perché come spiegavo non insiste su nessun aspetto in particolare, se non sulla "simulazione di Indiana Jones", cioè sulla somma di queste parti in funzione dell'atmosfera. E quest'amalgama è troppo ben pensata per deludere il fandom, entusiasta anche della sceneggiatura, che non definirei geniale ma molto intelligente. Il copione usa la struttura dei Predatori come modello, parte direttamente con un fanservice spudorato nel prologo / tutorial, però poi se ne affranca il giusto, giocandosi ogni elemento con cura, per esempio la caratterizzazione di Voss, inquietante specie quando si fa a sorpresa meno minaccioso. O come per esempio la gestione fuori campo di Marion, che non c'è ma è "immanente" nel cuore di Indiana. È un fattore venuto a galla nel quarto e quinto lungometraggio, ed è un buon volano per dare un pizzico di profondità in più a Indy, eroico ma anche fallace quando si tratta di costruire affetti e definire le proprie priorità: il rapporto con Gina risulta un po' meno scontato. Come ulteriore lavoro ai fianchi, i Nazisti sono sì riproposti come nemici, ma dividono il ruolo con i Fascisti italiani, alleggerendo il già visto e approfondendo il contesto storico. Buona idea. Di rado si vede nel trattamento di un marchio un equilibrismo così sottile tra novità e obblighi di tradizione. E alcune scene sembrano arrivare dritte dallo spirito della trilogia storica, umorismo compreso.

 

 

Bastano le qualità dell'Antico Cerchio a scalzare Fate of Atlantis dal trono di miglior gioco di Indiana Jones? Direi che Fate nella sua epoca faceva bene tutto quello che si proponeva di fare, e Atlantide rimane un argomento più evocativo (senza contare che trovo Sophia più simpatica di Gina, ma questo è soggettivo). Il fatto stesso però che mi senta in obbligo di pormi la domanda sottolinea quanto in alto siano arrivati i MachineGames: non si tratta di "essere migliori" di qualcos'altro, si tratta di raccoglierne l'eredità e la missione, senza risultare velleitari. Da venticinque anni, dai tempi della Macchina infernale, nessuno riusciva a proporre un videogioco su Indy che se la giocasse alla pari con la bilogia di Hal Barwood, un titolo cioè che nobilitasse proprio l'anima videoludica di Indiana. Con la tecnologia e il budget che hanno avuto a disposizione, i MachineGames sono andati oltre e hanno ibridato questa volontà con un'estetica cinematografica. Semplicemente, d'ora in poi sarà difficile pensare a un gioco di Indiana Jones che non segua la direzione indicata dall'Antico Cerchio. E questo traguardo è appena sotto quello di "capolavoro".

 

 

GRAFICA

Un allestimento tripla-A per un gioco di Indiana Jones non è solo motivo di vanto per un fan, per una questione di puro prestigio: ha ripercussioni dirette sull'immedesimazione, perché il nostro eroe vive avventure mirabolanti nel mondo reale e riconoscibile. La scelta di imporre l'illuminazione in ray tracing, abbinata all'altissima qualità delle texture (anche a livello di dettaglio medio-basso) genera un mondo suggestivo e sempre credibile. È una direzione artistica sottile, perché cerca lo stile in un leggero iperrealismo che non diventa mai caricatura, alla ricerca della concretezza dei materiali e del comportamento naturale della luce. Non è solo fumo negli occhi, perché visitare catacombe o tombe antiche, mentre poche fonti di illuminazione si riverberano realisticamente su corpi e suppellettili abbandonate, è puro Indiana Jones. Ricordate quando in Fate of Atlantis in una scena "abituavate" lo sguardo al buio, con gli oggetti via via più chiari? O quando nella Macchina Infernale si inseguiva l'atmosfera di anfratti abbandonati, nei limiti del 3D di allora? È lo stesso percorso verso la plausibilità della nostra presenza in un luogo virtuale, che per necessità narrativa qui deve guardare alla realtà. Oltretutto su PC le schede più performanti possono attivare un'evoluzione del ray tracing chiamata path tracing: un modo di migliorare ulteriormente l'interazione delle fonti di luce anche indirette. Forse gli interni rendono ancora meglio degli esterni, che per esempio sulle acque del Siam cedono un po' al popping, ma la cura estetica generale rimane altissima. Specialmente per chi se li può permettere al massimo dettaglio, ombre, effetti di distorsione e affini sono esaltanti.

 

 

Le animazioni sono fuse con una vera e propria performance capture per un risultato buono, però devo ammettere che ho qualche piccola remora: continuo ad avvertire un residuo di rigidità nei modelli dei personaggi e nella loro recitazione. Non credo che quella dell'Antico Cerchio sia la migliore performance capture in circolazione, perché trovai un Detroit: Become Human della Quantic Dream nel 2018, nella passata generazione, più convincente da questo punto di vista. In-game c'è a volte qualche titubanza nella collocazione di animazioni o pose in scenari differenti, per esempio ho notato qualche (non grave) inciampo di posizionamento o compenetrazione in Gina o alcune guardie. Fortunatamente, quando la narrazione viene sottolineata dalle scene d'intermezzo, la regia compensa con inquadrature e montaggio molto indovinati.

 

 

Discorso a parte merita Indiana di per sé: diversamente dagli altri personaggi, ha delle sembianze che non corrispondono all'attore che lo interpreta. Di fatto Troy Baker ha mosso corpo e viso di Harrison Ford, e nessuno mi toglie dalla testa che quel leggero effetto di straniamento che mi coglie, quando guardo Jones in questo gioco, dipenda dalla "fusione" dei due: il viso di Indiana nell'Antico Cerchio è leggermente più sottile di quello di Ford e più vicino ai lineamenti di Baker, per cui azzardo l'ipotesi che siano stati operati ritocchi al modello per renderlo più compatibile con il buon Troy. In tempi di IA, è comunque bellissimo che la verosimiglianza di un personaggio sia stata cercata soprattutto nelle artigianali capacità attoriali, in una studiata imitazione del mito.
Calibrato a mio parere il bilanciamento tra l'inevitabile ripetitività dei modelli dei personaggi secondari, tra comparse e guardie, e la loro distribuzione sul campo, per non rendere la cosa troppo evidente. Spettacolare l'implementazione di quadri e opere d'arte reali negli scenari: se avrete la pazienza di guardare tutti i titoli di coda, sarete premiati con una "bibliografia" minuziosa.

 

 

MUSICHE E SONORO

Il compositore Gordy Haab non è nuovo al mondo di Indiana Jones, perché si occupò nel 2009 di Indiana Jones e il Bastone dei Re, incocciando un progetto sfortunato non in grado di valorizzare alcun apporto del suo team. Prima di tornare su Indy, Gordy ha avuto modo di farsi le ossa con svariati recenti titoli di Star Wars, tra i quali Jedi Fallen Order, Jedi Survivor e Squadrons, interiorizzando sempre meglio lo stile di John Williams. Si presenta in formissima per L'Antico Cerchio, a tal punto che in un ascolto distratto si potrebbero scambiare le sue partiture per una riproposta dei brani di Williams dai film: in realtà, a parte le doverose citazioni della Raiders March e del tema di Marion, Haab ha partorito quasi due ore di musiche originali, eseguite a Londra dalla London Session Orchestra e a Vienna dalla Synchron Stage Orchestra. Non bisogna dimenticare che Clint Bajakian vent'anni prima ha impostato l'accompagnamento di un gioco di Indy su questi altissimi standard, con La tomba dell'imperatore, e Haab non poteva essere da meno.

 

 

C'è tutto, dall'usuale potenza di ottoni e archi nei momenti d'azione epica, all'ironia dei legni. Ho avuto persino la sensazione di ascoltare una suggestione alla Fate of Atlantis (se ascoltate la parte finale del brano "One Stormy Night"). Certo non mi sembra che il mimetismo di Haab produca lo stesso carisma particolare della LucasArts d'antan, aiutata anche dalla necessità di privilegiare le melodie per la semplicità delle schede audio di allora, però anche imitare un mito è medaglia d'onore: la suggestione è garantita in "The Great Circle" e nel "Gina's Theme" (a livello subliminale mi ha ricordato un celebre "Scherzo" williamsiano). Gordy, da appassionato di jazz, si è rifiutato di scegliere pezzi di repertorio, così le quattro "hit" che l'amico Antonio ascolta nel gioco sono state scritte da Haab stesso, eseguite dalla Nashville Scoring Big Band.

 

 

Il doppiaggio originale non è solo un doppiaggio: come ho spiegato, il lavoro di attori e attrici si è diviso tra la performance capture delle sequenze e di alcuni movimenti specifici in-game, più la classica recitazione al leggìo a integrazione. Todd Howard ha ammesso che la sola idea di assumere il citato duttile Troy Baker per Indiana lo annoiava: in effetti Baker è diventato il prezzemolo delle produzioni videoludiche di rilievo, specie dopo il suo Joel dei Last of Us. D'altronde qui su Lucasdelirium l'ho incocciato già un decennio or sono nei Tales From the Borderlands e Batman di epoca Telltale. Sostenuto il provino, Baker ha dimostrato perché è un prezzemolo: è bravissimo. Dall'intonazione bofonchiata alla mimica, Troy canalizza Harrison Ford in modo pressocché perfetto. Siamo stati fortunati anche nella versione italiana: la nostalgia per Michele Gammino non dura più di un paio di minuti, perché Alessandro D'Errico ha il timbro giusto e ne segue l'impostazione perfettamente.

 

 

Credo che nessuno di noi si sarebbe aspettato di ritrovare l'Eva dei Cesaroni in un Indiana Jones: Alessandra Mastronardi veste i panni di Gina, portandosi in inglese un leggero accento coerente col suo personaggio, con una resa sicura. Impegnata su un altro set, Mastronardi ha dovuto a malincuore cedere la voce italiana di Gina a Gaia Bolognesi. Lo stesso processo di casting oriundo è stato applicato ad altri personaggi come Voss, che è il tedesco Marios Gavrilis, sostituito nell'edizione nostrana da Maurizio Merluzzo. L'italiano dei comprimari italiani è uguale in tutte le lingue implementate: ogni idioma "straniero", parlato o scritto su manifesti o libri, viene infatti in quel caso tradotto al volo via testo o sottotitoli, una giusta scelta d'atmosfera: d'altronde Jones è poliglotta!
Se i dietro le quinte vi affascinano, dopo aver completato il gioco (per evitare spoiler), potete divertirvi guardando belle riprese dal set della performance capture, e leggendo il racconto dell'esperienza di Alessandra.

Revisione: 12/2024

 

 

NOTE TECNICHE SULLA PRIMA EDIZIONE (Xbox Series X/S, Windows)

Indiana Jones e l'Antico Cerchio è stato pubblicato in digitale all'inizio del dicembre 2024 per Windows e Xbox Series S/X, sullo store dedicato e su su Steam, oltre che in abbonamento via Game Pass, anche in cloud gaming. Il titolo gira con l'engine Motor, che i Machine Games hanno ricavato dalla settima incarnazione dell'Id Tech. Sì, proprio così: Indy percorre un sentiero glorioso tracciato dal 1993, da Doom in poi. La commozione nerdica ha lasciato il passo in me a una dovuta ammirazione. Il citato obbligo del ray tracing hardware su PC richiede una configurazione minima massiccia: Intel Core i7-10700K a 3.8 GHz o AMD Ryzen 5 3600 a 3.6 GHz, 16Gb di RAM e schede video NVIDIA GeForce RTX 2060 SUPER, AMD Radeon RX 6600 oppure Intel Arc A580, con un minimo di 8Gb di RAM video, oltre a 120Gb di spazio su un obbligatorio hard disk SSD. Capirete bene che, possessore di un i7-9700K a 3.6GHz con Geforce RTX 2070 da 8Gb, un Omen vecchio di cinque anni, temevo il peggio, aggirandomi più o meno su tale configurazione minima, avvantaggiato giusto da 32Gb di RAM.

 

 

Ebbene, complice l'uso del venerabile DLSS in modalità "bilanciato", ho potuto ignorare i settaggi "Low" 1080p consigliati, spingendomi a "Medium" in 1440p, cappando il gioco intorno a 60 godibilissimi fps, giusto torchiando un po' la CPU... e naturalmente accettando la fisiologica perdita di nitidezza del DLSS. Certo, l'asticella in entrata è regolata in alto - e sono d'accordo con chi sperava in una maggiore scalabilità, per godere del gioco per esempio su una per ora non supportata Steam Deck - però l'ottimizzazione mi è parsa lodevole già al Day 1, anzi al Day -3, in accesso anticipato!
Ci sono problemi secondari di frame rate, si spera ritoccabili in futuro, nelle sequenze non interattive (attualmente risolti da una patch amatoriale), nonché quando la partita viene salvata in automatico: personalmente mi sono limitato a fermarmi aspettando che il salvataggio fosse completato, ma non tutti hanno questa pazienza. Attenti a questi save slot: verso la fine della partita possono occupare fino a 200Mb, comprendendo anche le foto che scattate durante il viaggio. Pazientate per l'aggiornamento del cloud, prima di spegnere PC o console!

 

 

L'ottimizzazione ha brillato pure su console Xbox, dove Indiana più o meno mantiene i 60fps persino su Xbox Series S a risoluzione dinamica tra 900 e 1080p, anche se degli occhi di lince hanno notato che il dettaglio grafico è più basso di quello "Low" del PC, con 40Gb in meno di download (ma l'impatto ottimo rimane, la differenza pesa di più se si confrontano le rese una accanto all'altra).
Peccato che la sbandierata sponsorizzazione NVIDIA, con tanto di logo nell'intro, abbia spinto Machine Games e Bethesda a supportare su PC all'esordio solo il DLSS e non le analoghe tecnologie FSR e XeSS per le schede AMD e Intel. Chi ha poi acquistato il gioco con accesso anticipato e non vedeva l'ora di mettere le sue GeForce serie 4000 alla prova con il path tracing, se l'è trovato disattivato fino alla prima patch. Oltretutto la disponibilità del path tracing nell'Antico Cerchio sembra dipendere dalla quantità di RAM video (12Gb minimi) e non dalla potenza della scheda: in rete c'è chi ha scoperto che si può attivare con una 3060, diversamente da quanto dichiarato.
Nonostante si consigli vivamente l'uso di un joypad, non ho avuto alcun problema a controllare la partita agevolmente con mouse più tastiera. Criticabile invece l'assenza di un menu per la gestione del doppiaggio: per ascoltare l'inglese bisogna addirittura modificare la lingua del gioco dal launcher di Steam (!), e per combinare i sottitoli di una lingua con l'audio di un'altra bisognerebbe darsi al trasloco fai-da-te manuale dei file. Anacronistico.
Nei prossimi mesi L'antico cerchio sarà espanso con un DLC intitolato L'Ordine dei Giganti, mentre arriverà su PS5 verso giugno, quando scadrà l'esclusiva a tempo per i sistemi Microsoft.

 

 

Credits
(Xbox Series X/S, Windows)

Direzione del progetto: Jerk Gustafsson, Axel Torvenius, Jens Andersson
Produzione: John Jennings (sup.)
Executive producer: Todd Howard (Bethesda), Craig Derrick (Lucasfilm Games)
Soggetto: Tommy Tordson Björk, Jerk Gustafsson, Todd Howard, Jens Matthies, Ed Curtis-Sivess
Sceneggiatura e testi: Tommy Tordson Björk (principale), Ed Curtis-Sivess
Design: Zeke Virant (sup. gioco), Andrew Yoder (sup. livelli)
Regia delle sequenze: Markus Söderqvist (sup.)
Direzione artistica: Mattias Astenvald
Ideazione grafica: Per Gullarp (principale), Christoffer Lovéus
Ambienti: Erik Starander (sup.)
Modelli dei personaggi: Nicholas Sirén (sup.)
Animazioni: Henrik Håkansson (sup.)
Programmazione: Magnus Auvinen (sup. generale)
Luci: Damian Stempniewski (sup.)
Musiche: Gordy Haab, eseguite dal vivo a Londra (Abbey Road Studios), Vienna (Synchron Stages), Nashville
Sound design: Pete Ward (sup.)
Direzione della performance capture e delle voci originali: Tom Keegan
Interpreti originali principali: Troy Baker (Indiana Jones), Alessandra Mastronardi (Gina), Marios Gavrilis (Voss), Tony Todd (Locus)
Voci italiane: Alessandro D'Errico (Indiana Jones), Gaia Bolognesi (Gina), Maurizio Merluzzo (Voss), Renzo Ferrini (Locus)
Testing: Pierre Wilbo (sup.)

 

 

Altre edizioni e porting

Collector's Edition (2024)
Per un non modico costo di quasi 200 euro, la Microsoft e la Bethesda hanno reso disponibile un'edizione da collezione (qui un unboxing), comprendente un mappamondo da 28cm di diametro con scomparto segreto e modellino magnetico di aereo, oltre a una steelbook formato maxi con la replica di una reliquia fondamentale nella vicenda. Su quest'ultimo gadget è stampato il codice per il riscatto della versione digitale Premium su Steam: dà diritto al gioco, al DLC L'Ordine dei Giganti, all'artbook digitale e agli abiti del Tempio Maledetto. Per la cronaca, il preordine digitale standard includeva già gli abiti da viaggio e l'opzionale frusta da domatore di leoni.