La galassia della produzione amatoriale lucasiana è sconfinata: giocare, valutare e inserire in questa pagina i titoli relativi e meritevoli sarebbe un lavoro a sé stante, quasi come gestire un altro sito per intero. Non me la sento e non ci riuscirei mai. Questa sezione su Lucasdelirium si propone solo di segnalare dei casi davvero particolari, che si sono distinti per tre requisiti: l'esistenza almeno di un demo giocabile, una realizzazione che non faccia affidamento sui rip di grafica e sonoro preesistenti (con una consistente rielaborazione, meglio se si parte da zero) e un risultato paragonabile ad alcuni titoli indie a pagamento. Se vi accontentate invece di rivedere i vostri beniamini in azione a prescindere, anche in esperienze meno rifinite, la pagina dei link vi indicherà un paio di ricche fonti.
L'ambizioso Forge si propone di riportare in vita l'originale progetto che Brian Moriarty aveva, quello di una trilogia dedicata all'universo delle Gilde di Loom. Forge doveva essere appunto il secondo atto, come da me raccontato qui. La storia cucinata dal team di fan internazionale (è rappresentata anche l'Italia!) vede protagonista il giovane fabbro Rusty Nailbender della Gilda dei Blacksmiths. Ora che il Chaos ha occupato la Forgia, dopo gli eventi narrati in Loom, spetta a lui salvare la sua famiglia e la sua Gilda. Realizzato con il sempreverde Adventuregamestudio, Forge fa tesoro dell'originalità dell'interfaccia di Loom, rispettandone lo spirito di fondo ma rivisitandola per riflettere la natura del diverso protagonista.
In sostanza Rusty interagisce con l'ambiente grazie a dei guanti magici, che "forgiano" gli oggetti: gli incantesimi si portano a termine unendo i punti di alcuni pattern visualizzati in una griglia, pattern ovviamente anche reversibili, come lo furono le melodie di Loom. Fondali e animazioni professionali, doppiaggio completo in inglese di alta qualità, game design logico e non frustrante, caratterizzazione simpatica dei personaggi, respiro epico: i Quill O' the Wisp non hanno lasciato nulla al caso, fidatevi. Per capire come il tutto funzioni e quanto impegno professionale sia stato investito in questo gioiello del panorama free, vi rimando al completo primo capitolo.
Di questo monumentale sforzo, realizzato nel corso di 15 (!) anni dopo un reboot del progetto intorno al 2010, è per ora disponibile soltanto un "Prologo" pubblicato nell'estate del 2018. Return of the Tentacle si propone come un sequel diretto di Day of the Tentacle, dove Bernard riceve una lettera di garantita vendetta dal Tentacolo Viola. Decide insieme a Laverne e Hoagie di farsi aiutare dal dr.Fred, che come al solito li sbatacchia avanti e dietro nel tempo con l'evoluzione dei Cron-o-binetti, la Cron-o-vatrice. Una volta tanto il modello non è lontano: le gag e i dialoghi sono ben scritti e non si sente troppo la distanza tra l'originale e il fansequel. Colpisce il lavoro di fino operato su fondali, interfaccia, sonoro (con doppiaggio inglese volenteroso) e soprattutto animazioni: è rispettato lo stile del prototipo, ma scrolling e movimenti sono tutti a 60fps, grazie al motore Unity.
C'è parecchia interpolazione digitale, ma si avverte anche un affettuoso intervento manuale per dare vita ai personaggi, ovviamente usando come trampolino gli sprite del 1993. Staticamente è molto simile come impatto alla Day of the Tentacle Remastered della Double Fine, ma quest'ultima è meno fluida nelle animazioni (per scelta e budget). Peccato che né l'intro né le successive brevi missioni del trio presenti nel Prologue si siano avvalse dell'interazione intratemporale del Dott originale, in fondo suo elemento caratterizzante. Gli enigmi presenti sono comunque simpatici, seppur molto abbordabili per un avventuriero navigato (che troverà una maggiore sfida, se lo vorrà, nello spulciare gli achievement). Azzardato l'inserimento di Sam & Max: funzionano abbastanza però, anche se nel contesto delirante di un fanservice allargato non sono poi così fuori luogo, io mi sarei mantenuto più rigoroso e li avrei evitati.
I Death Star Games poi Hexence (Davide "Boba Fonts" Canavero, Dario "Dusk" Scarpa, Professor Epic, V-Twins), gruppo di sviluppo amatoriale italiano con grandi ambizioni e uno stile ben definito, s'imbarcarono nei primi anni Duemila nel solenne progetto di creare la prima avventura grafica della storia dedicata al mondo di Star Wars. La storia di questo titolo prendeva le mosse dal materiale narrativo che la LucasArts creò intorno al 1996 per riempire i buchi di racconto tra L'impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi: i Ribelli hanno provato altre volte a salvare Han Solo? Con quante e quali difficoltà Luke è diventato cavaliere Jedi, dopo aver saputo del suo agghiacciante legame con Darth Vader? Compariva anche un nuovo villain, il Principe Xizor, boss della mala galattica, chiamata "Il Sole Nero".
L'avventura grafica sarebbe stato un ottimo mezzo per veicolare queste informazioni in un prodotto molto "cinematografico", sopperendo alle mancanze della Lucasfilm, che non ne realizzò un film, inserendo invece questo racconto - in modo disorganico - in fumetti, videogioco arcade (realizzato nel 1997 dalla Factor 5 per PC e N64) e un romanzo. Scaricate il tech demo 1.1 dalla loro pagina: chiuso nel 2005, era impostato in maniera molto umoristica (quasi parodistica), perché aveva più che altro la funzione di illustrare al pubblico il "look & feel" che avrebbe avuto il gioco completo. Per questa ragione rimane però allo stesso tempo godibile quasi come un gioco a sé stante, divertente sia per i fan di Star Wars, sia per quelli che adorano le avventure LucasArts, data la gran quantità di citazioni, all'epoca meno inflazionate. Anche questo titolo fu scritto con l' Adventure Game Studio.
Dato il peso di questo progetto e le aspettative che ha creato nel corso degli anni, vi ho in via del tutto eccezionale dedicato una scheda vera e propria
Come per Fountain of Youth (vedi più in basso), anche da Raiders of the Seven Cities saranno rimossi riferimenti espliciti a Indiana Jones per evitare "cease & desist" da parte della Disney e della Lucasfilm. Nella storia l'avventura si svolge nel 1940. Appena tornato da un viaggio in Oriente, Indy cerca Marcus al College, ma non lo trova. Al suo posto, un telegramma che gli chiede di raggiungerlo in Arizona, dove lo attende un'importante scoperta archeologica... Il fangame in questione è un altro progetto in AGS, d'impostazione grafica nostalgica. Dal 2010 a oggi il titolo ha preso una direzione diversa e più sicura, in grafica, sonoro e design, rappresentata da una miniavventura autoconclusiva completata all'inzio del 2020 e slegata dalla narrazione originale, dal titolo Indiana Jones and the Relic of the Viking: qui Indy cerca una misteriosa reliquia di un santo, ma il primo tentativo in una cripta va a vuoto. Riesce comunque ad avere un indizio del luogo in cui potrebbe trovarsi ciò che cerca: Norvegia. Lì lo aspettano macchinari ed enigmi, in una chiesa medievale che ha legami con i culti pagani e i Vichinghi...
A parte l'intoppo di un'interfaccia che permette di usare gli oggetti dell'inventario solo dopo averli esaminati almeno una volta, la piccola esperienza è molto rifinita. I puzzle citano e rielaborano non soltanto le atmosfere di Fate of Atlantis, ma specialmente nell'introduzione è evidente l'ammiccamento agli enigmi randomici di Indiana Jones and the Last Crusade. Il feedback sui tentativi del giocatore è buono, la grafica generalmente curata, il sonoro discreto, i dialoghi spigliati e divertenti senza essere appesantiti da mille citazioni. Il finale poteva dare più soddisfazione in merito alla quest principale, anche perché doveva essere teoricamente collegato alle festività, ma in seguito a vari ritardi la miniavventura è stata pubblicata a gennaio. Globalmente, fa ben sperare per il "prodotto finito", che però appunto non avrà come protagonista Indiana. Il vecchio demo del 2010 viene sbloccato come bonus una volta terminato The Relic of the Viking.
La grafica 320x200 in simil-256 colori dovrebbe suggerirvi che gli Screen 7 mirano a sfidare Indiana Jones and the Fate of Atlantis su un terreno nostalgico-retrò, ma con storia, grafica e sonoro originali. Dopo una battuta d'arresto all'inizio del 2005, la lavorazione di Fountain of Youth riprese e fu pubblicato un intrigante demo nel 2006, al quale hanno fatto seguito miniavventure natalizie o simili nel decennio successivo, giusto per ricordare che il progetto è misteriosamente ancora vivo. Alla fine del 2019 sono spariti i riferimenti espliciti a Indiana Jones, per anticipare eventuali mosse legali della Disney - Lucasfilm: il protagonista sarà differente seppur non lontano nello spirito da Indy.
La trama originale era la seguente: la Seconda Guerra Mondiale sta per scoppiare e il dr. John Burton, un famoso scienziato, è svanito dalla circolazione. Sulle sue tracce finiscono Indy, la sua alunna Shelly e Marcus: cosa aveva scoperto il dottore? Impostazione classica, il tema è intrigante. Gli Screen 7 stanno lavorando in modo decisamente professionale: la qualità del titolo vorrebbe essere indistinguibile da quella di un regolare prodotto commerciale del 1992-1994 e, previe cospicue donazioni, progettavano anche una versione doppiata con Doug Lee nel ruolo di Indy, ruolo che l'attore già ricoprì nell'edizione cd-rom di Indiana Jones and the Fate of Atlantis e nella versione originale di Indiana Jones e la Macchina Infernale.
Questo team di fan era composto da Sascha Borisow, Andreas Vogel, Till Weingärtner, Rodrigo Steinmann, Leandro Raúl Tami, Nacho Ayala Rico, Nacho Lucia, Neil Cicierega e Jason Harang. Era opinione comune che il gruppo avesse ricevuto una minaccia legale dalla LucasArts (mai confermata), da qui la loro sparizione dal web. Individui vicini al team negarono la cosa e accennarono ad una "sparizione preventiva" per lavorare a porte chiuse e al riparo dai clamori. Non sembra sia stato questo il caso. Realizzarono un modesto The New Adventures of Zak McKracken, ma li ricordo qui per un'altra impresa, che non mi risulta abbia eguali tra i progetti amatoriali portati a termine..
MANIAC MANSION DELUXE
Il lavoro più meritevole dei Lucasfangame per me infatti non è propriamente un fangame, ma una versione dell'originale Maniac Mansion convertito ai 256 colori, con interfaccia più snella. Ne parlo più diffusamente nella sezione conversioni della scheda. Potete ancora rintracciarlo online cercando il nome del suo eseguibile, "mmd14setup.exe".
Al momento si può giocare solo una demo di questo progetto che si trascina da diversi anni. Si tratta del remake in HD di Indiana Jones and the Fate of Atlantis. Gli autori miravano a ottenere una licenza ufficiale dalla Disney per lavorarci, arrivando ad aprire una petizione. A dir il vero, una risposta ufficiale c'è stata ed è stata negativa: non c'era interesse. Una maniera molto dolce di minacciare un'azione legale se il progetto fosse proseguito. Di fatto, è proseguito sul serio, perché la demo 2.0 scaricabile dal luglio del 2018 arriva fino al ritrovamento del Dialogo Perduto di Platone, ed è giocabile anche con i sottotitoli in italiano (aprite il file config.ini e scrivete "Language = Italian").
Devo dire che sono perplesso: a parte le scarsissime prospettive di riuscita, la qualità non mi sembra all'altezza di mire così "ufficiali". I fondali, nonostante manchino di una direzione artistica decisa, sono buoni. Non mi convincono invece affatto il design e le animazioni dei personaggi. L'implementazione delle musiche inoltre è incompleta: la colonna sonora interattiva dell'originale mi sembra garantita nelle sequenze, ma in-game non c'è traccia dell'iMUSE e i brani, pur riarrangiati, vanno semplicemente in loop. La gestione dell'iMUSE nella Monkey Island 2 Special Edition e nella Day of the Tentacle Remastered è stata MOLTO complessa, e a mia precisa domanda in merito, gli autori del remake di Fate sono stati evasivi. È realizzato con l'engine Visionaire Studio e adotta un'interfaccia radiale a scomparsa in stile Monkey 3.