Avete celebrato l'inizio dell'autunno con l'obbligatorio raffreddore? Io sì, puntuale! Questo aggiornamento si apre con una notizia molto in linea con l'anima più classica di Lucasdelirium: possiamo cominciare ad attendere un altro punta & clicca in terza persona tradizionalissimo, in stile The Curse of Monkey Island! Ciò non significa che non spaziamo anche in altri ambiti: c'è un dr. Jones che scalpita per tornare sui nostri schermi... in grandissimo spolvero!
Bill Tiller non aveva mai perso le speranze di proseguire la storia di Mona la vampira e della sua spalla, il pipistrello Froderick, cominciata nel punta & clicca cartoon A Vampyre Story dell'ormai lontanissimo 2008. Oltre dieci anni fa annunciò A Vampyre Story 2: A Bat's Tale, ma l'editore di allora, l'austriaca Crimson Cow, non era mai riuscita ad assicurarsi i fondi necessari per proseguire. Il tentativo di creare in autonomia un prequel (al quale Tiller non ha del tutto rinunciato) si era scontrato nel 2014 con una sfortunata campagna Kickstarter, finché pochi anni fa Bill non è riuscito a riacquistare dalla Crimson Cow i diritti totali del marchio, compresi quelli del primo capitolo e del suo eventuale seguito. Questo non significa che Tiller, ormai senza un suo team, fosse pronto a ripartire, ma si è mosso nell'ombra per trovare partner adatti a costruire il secondo atto... e oggi sappiamo che alla fine ce l'ha fatta. È stata già aperta una pagina Steam per A Vampyre Story: A Bat's Tale e scopriamo che l'Autumn Moon Entertainment di Bill ha deciso di fare squadra con i lituani Tag of Joy, già autori del punta & clicca Crowns & Pawns: Kingdom of Deceit, omaggio alla saga di Broken Sword. Tiller e Šarūnas Ledas, cofondatore dei Tag of Joy, hanno concesso una prima intervista ad Adventure Game Hotspot. Ne riassumo i punti salienti:
In parole povere, Indiana Jones e l'Antico Cerchio, dal 9 dicembre disponibile su Steam, Game Pass e Xbox Series X/S (in primavera su PS5), si prospetta MOLTO bello. Ho cercato con tutte le mie forze di non farmi fuorviare dall'hype per quella che è la prima seria produzione videoludica dedicata a Indy da 20 anni a questa parte, ma soprattutto dopo aver visto il video della prova su strada di The Games Machine (occhio agli spoiler se siete ipersensibili in materia), non vedo davvero l'ora di metterci le mani sopra. Punto. Vi segnalo anche la prova di IGN Italia. Spero davvero che la Bethesda e i Machine Games si siano rivelati all'altezza del mito, così come sembra. È un mito che ne ha un disperato bisogno.
Il mese scorso ho caricato sul mio canale YouTube un video dedicato ai 40 anni della scheda grafica EGA e... ha fatto il botto. Mentre scrivo vado verso le 8.400 visualizzazioni: per darvi delle coordinate, ho cominciato a postare video nell'estate 2023, molto di rado, e il lavoro più visto finora era quello sulle avventure LucasArts nella storia dei videogiochi, con 720 visualizzazioni fino alla fine di questo settembre, pubblicato però nel novembre 2023! Qui siamo su un altro pianeta. La cosa mi ha messo un po' in crisi: mi ha fatto piacere, però...
Come ho scritto altre volte, non ho mai avuto intenzione di trasformare Lucasdelirium in un canale YouTube: so bene che le persone preferiscono vedere/ascoltare e non leggere, ma continuo a pensare che la parola scritta sia meno invadente e consenta di trasmettere più contenuti con meno fatica, adattandosi meglio anche al tempo delle persone. Ho provato a realizzare video discorsivi, con la mia faccia in gioco, però assemblarli mi è costato parecchio sudore, tanto che ho concepito gli ultimi due in modo diverso: voce fuori campo su testo scritto e serrato, senza titubanze, durata compatta, copertura video e stop. Costringono a lavorare di più sulle coperture, però li ho trovati comunque più compatibili con le altre mie attività e con la gestione del sito.
Penso che continuerò su questa scia, ma il punto è: aumenterò il ritmo in funzione del successo e del feedback ottenuto con quest'ultimo video? La tentazione c'è, sull'onda del rilascio di dopamina. Istintivamente ho pensato: "Questo approfondimento sull'EGA è piaciuto, allora a questo punto potrei fare-"... però poi ho inchiodato.
Il punto è che tutti i video che ho realizzato finora sono frutto di riflessioni o ricerche costruite in mesi se non addirittura anni: forzarmi nel cavalcare l'onda per far fruttare le visualizzazioni mi spingerebbe a creare contenuti solo per assecondarla. E non sarebbe la stessa cosa. Temo questa deriva. Mi piace pensare che quello che ho registrato sia piaciuto perché ho avvertito io per primo la necessità di mettere ordine tra concetti storici, tecnici, artistici. Prima del boom inaspettato, avevo già in mente un altro video da pubblicare entro la fine dell'anno: ho deciso che questi piani non cambieranno. Mi sono però appuntato alcune idee suggerite da quest'entusiasmo: se diverranno video nei prossimi mesi, lo faranno con la dovuta calma. Nel frattempo, mi godo la moderata crescita dei video precedenti: il citato approfondimento sulla storia dei videogiochi sta raggiungendo le 1.000 visualizzazioni e mi fa tanto piacere. È stato il frutto di oltre vent'anni di elucubrazioni! E non è un'iperbole.
È forse il gioco di Tim Schafer meno amato dagli avventurieri, perché Brutal Legend (2009), action open-world in terza persona con innesti di RTS, è quello che si allontana di più nel gameplay dallo spirito che ha animato altre sue opere. L'epopea del roadie Eddie Riggs doppiato da Jack Black rimane tuttavia uno dei titoli più amati della Double Fine, specialmente quando in un fan o una fan batte un cuore metallaro. La sincerità dell'omaggio al mondo e alla storia dell'heavy metal è così palpabile che la sua scheda qui su Lucasdelirium è l'unica a presentare un contributo esterno, non scritto da me. Cinque anni fa, per il decennale del gioco, chiesi infatti a Giuseppe Puglisi, detto Joe Slap, bassista dei Karbonica nonché occasionalmente critico videoludico, di coprirne la sezione "MUSICA / SONORO": non ritenevo di poter capire di musica quant'era necessario per commentare quella sincerità metal. Questo per dire che, se Brutal Legend festeggia ora i suoi 15 anni ricordato con affetto, nonostante i limiti di cui pure ho scritto, ciò si deve a un'anomalia da puro Schafer: è una follia dall'anima indie e autoriale, in una produzione praticamente da tripla-A. Non succede spesso.
Harper Jay MacIntyre, community manager della DF, ha scritto per il loro sito ufficiale un interessante pezzo commemorativo, che riassumo:
Siamo in periodo Halloween, quindi è d'uopo ricordare che anche Costume Quest 2 della Double Fine ha compiuto 10 anni, mentre il primo capitolo è ancora a quota 14. Questi mini-jrpg per famiglie, inaugurati da Tasha Sounart e proseguiti da Gabe Cinquepalmi, si rivelarono così carini da conquistare il cuore di molti, e anche se penso di averli sviscerati parecchio nelle schede, ho realizzato quest'anno di non aver mai approfondito la serie animata ufficiale realizzata dai Frederator Studios per Amazon Prime Video (è ancora lì, integralmente doppiata anche in italiano): la sua unica stagione fu pubblicata cinque anni fa, ma ho superato una mia impasse solo nelle ultime settimane. A parte l'oscura Maniac Mansion, rimane il secondo caso di adattamenti "al contrario" nella storia dei titoli che tratto sul sito.
Premetto che io assolutamente NON credo che un videogioco, trasposto in forma lineare in un film o serie, debba essere al 100% fedele al suo materiale d'origine. Anzi, penso che questo discorso valga per qualsiasi adattamento da una forma creativa a un'altra, perché nei tradimenti c'è l'identità di un'operazione, altrimenti si fa merchandising. Ciò detto, bisognerebbe trovare un equilibrio tra il tradimento e la fedeltà, e il cartoon di Costume Quest non lo mantiene benissimo.
Le ragioni della mia frenata erano nell'impatto iniziale, relativo all'aspetto estetico. I Frederator Studios hanno sfornato cartoon di culto come Adventure Time e Due fantagenitori, ma lo stile deforme dei personaggi qui mi respinge, pensando al materiale d'origine. La direzione artistica dei Costume Quest è infatti sì stilizzata e contemporanea, non disneyana, però ha una dolcezza di movimenti e tratto che qui sono un po' soffocati da una tendenza al grottesco leggermente più adulta. La saga per me rimane tuttavia essenzialmente un'esperienza tenera, quindi ho avuto difficoltà ad adattarmi a un'animazione, pur buona per un prodotto seriale, tendente all'allucinato e al deforme.
L'aspetto estetico si riverbera nella narrazione... e qui il discorso si fa più complesso. Lo showrunner Will McRobb e gli altri sceneggiatori hanno dovuto approfondire personaggi solo accennati nei giochi, dove andavano "abitati" dalla propria immaginazione: è stato giusto creare un lore più complesso per la cittadina di Auburn Pines, insieme a nuovi comprimari. Nel caratterizzare tuttavia i quattro bambini, spostati verso l'anticamera dell'adolescenza nella trasposizione, hanno reso Reynold fifone e timido, Lucy delicata / stralunata, Emmett istintivo, ma soprattutto hanno reso Wren... insopportabile. Probabilmente il suo comportamento da "sorella maggiore cocciuta" è realistico, insieme a una litigata tra fratello e sorella delle più violente, ingiuste e aggressive che abbia mai visto, però si torna a bomba: con Wren dal fantasy dolce si passa al fantasy aggressivo.
Ignoro il tono preciso della graphic novel "Costume Quest: Invasion of Candy Snatchers" di Zac Gorman, pubblicata nel 2014 e ideale volano della serie: Gorman è tra gli sceneggiatori di alcuni episodi, però so che nel fumetto aveva assunto il punto di vista dei mostri... e quando la serie lo fa, recupera quella dolcezza di cui sopra, specialmente con Norm, il personaggio che fornisce i costumi magici ai piccoli eroi. Leggo che al pubblico di Costume Quest è venuto spontaneo ripensare al Gravity Falls disneyano, ma in ogni caso l'esperienza che ho avuto col bellissimo Hilda su Netflix mi ha fatto pensare che si può coniugare una fiaba fantasy intrigante e anche un po' nera con una protagonista sì cocciuta, ma non ottusa al limite dello spregevole. La serie di Costume Quest, come diverse proposte seriali animate contemporanee, cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, offrendo vicende comprensibili a bambini e bambine, "corrette" con uno sporadico umorismo metalinguistico o satirico alla Simpson, per intrattenere anche gli adulti. Non è molto diverso da quello che fanno i giochi, ma il lavoro originale della Double Fine ha - in poche parole - una sua leggerezza inimitabile che manca alla serie, dalla mano un po' più pesante.
Come feci due anni or sono, esco brevemente dal seminato lucasiano per una questione sentimentale, nonché di vicinanza al mondo dei punta & clicca che caratterizzò il periodo della "golden age" LucasArts ma non solo. Il ritorno del geniale grafico, sceneggiatore e game designer francese Pierre Gilhodes con Gobliiins 5: L'Invasion des Morglotons non ha deluso (trovate il mio parere sul forum di Oldgamesitalia). Il buon Pierre torna dunque alla carica con una raccolta fondi per Gobliins 6 - Le Prince Bouffon - Les Fous de L'An 1000, in arrivo l'anno prossimo.
Come le "i" del titolo suggeriscono, questo sesto capitolo è il sequel del secondo Gobliins 2: The Prince Buffoon (Coktel Vision, 1992), rimettendo in gioco i suoi protagonisti: il compassato Fingus e il burlone Winkle, due delle presenze più popolari nel mondo fantasy surreale, comico e cartoon ideato da Gilhodes e Muriel Tramis più di trent'anni fa. Rispetto al quinto atto, Pierre questa volta promette il 16:9 e un salvataggio libero, che comunque nel frattempo è tornato disponibile anche in Gobliiins 5, visto che Gilhodes lavora con l'Adventure Game Studio e che quell'engine è supportato dall'interprete ScummVM (basta avviare il gioco con ScummVM invece che con gli eseguibili originali).
Non è una di quelle campagne mediaticamente più spettacolari, va detto. I reward per esempio sono come al solito virtuali e riguardano produzioni fumettistiche in PDF. Noi backer del gioco precedente siamo poi stati avvisati con una mail che riportava in cc i nostri indirizzi in chiaro (mannaggia Pierre, ma che mi combini!). I fondi inoltre sono raccolti parallelamente anche su Ulule, una strana procedura che si verificò anche per Gobliiins 5, ma in quel caso Kickstarter fu un allargamento della campagna originale su Ulule, dopo qualche tempo, non partì in parallelo come in questo caso. Le cifre in ballo rimangono comunque molto, molto basse: di fatto parliamo sempre di un rimborso spese per un lavoro superindie di un paio d'anni, con fondi secondari per musicisti e tester, e forse un animatore aggiuntivo per dare una mano a Gilhodes, se i soldi basteranno.
Lo scrivo solo per bilanciare con un po' di realismo il mio svergognato fanboyismo per lo straordinario lavoro di Pierre Gilhodes: col gioco precedente ha già dimostrato di saper portare a termine in autonomia un buon prodotto, pur nel suo "genio & sregolatezza" e in una comunicazione in inglese poco sicura. Lunga vita per sempre ai Goblins!
Il kickstarter si chiude il 9 novembre.
Bene... e dire che a metà mese pensavo che non avrei avuto molto da scrivere in questo aggiornamento!
Alla prossima, gente!
Ciao,
Dom
Ora che la temperatura è tornata sufficientemente gestibile, tanto da spingerci a riattivare il forno per qualche sana pizza fatta in casa, anche Lucasdelirium boccheggia meno: accompagnato da un nuovo video, questo aggiornamento ha preso una strada molto tecnica suo malgrado. Cerco di evitare la prevalenza di questi discorsi, anche se mi piacciono molto, però una serie di coincidenze hanno spinto video e news in direzione più hardware. Se vi va, si parte!
Nell'ottobre del 1984 l'IBM presentava la scheda grafica EGA, cioè l'Enhanced Graphic Adapter: nell'anno in cui l'azienda tentò anche la carta fallimentare del PCjr (rilanciato però alla grande dalla Tandy negli USA), i 16 colori su schermo iniziarono lentamente a diffondersi anche nel mondo PC. In altre parole, i videogiochi DOS cominciavano ad avere un aspetto più decente. Le avventure lucasiane sono state legate a quelle cromìe da Maniac Mansion a The Secret of Monkey Island, prima che la VGA prendesse il sopravvento. In questo video di 12 minuti ho ricostruito storia e caratteristiche dell'EGA, provando anche a raccontare qualche dettaglio poco noto della sua reale palette di colori. Il suo look riconoscibile ha davvero segnato un'epoca, nonostante in quegli anni qui in Italia per molti di noi il gaming a 16bit viaggiasse sull'Amiga (quelle versioni erano tuttavia una filiazione degli originali EGA, perciò il discorso dovrebbe interessare anche i commodoriani). Buona visione!
A volte la corsa al click, combinata alla micidiale indicizzazione dei motori di ricerca, può far danni. Lo scorso dicembre alcuni fan di The Secret of Monkey Island ne realizzarono una "rilettura" per il Commodore 64. Qui e lì si gridò al miracolo tecnico, che non era affatto: si trattava di un'esperienza che ammiccava esteticamente al gioco originale, per riconfezionarne le dinamiche di gameplay in chiave di avventura semigrafica o semitestuale, che dir si voglia. Realizzata con l'editor D42 Adventure System di Protovision, era lentissima da giocare, con grafica statica e... parecchio scomoda.
Ora, dov'è il danno? Se in questo momento cercate "Monkey Island" e "Commodore 64" otterrete link a quel gioco... e non a qualcosa di assai più grosso che bolle in pentola. Il programmatore di demo Andreas Larsson (detto Jackasser) e il grafico Joachim Ljunggren (detto The Sarge) stanno sul serio convertendo la storica avventura grafica per il Biscottone! Dopo l'annuncio del 31 agosto, all'inizio di settembre TheSarge ne ha pubblicato un altro work in progress, dove cominciano ad apparire gli sprite dei personaggi.
Update on our Monkey Island on the #c64 project.
— Joachim Ljunggren (The Sarge) (@j_ljunggren) September 7, 2024
64 rooms of a total of 80 ish rooms now pixeled and done. 469 objects pixeled and done.
Still much left to do. #commodore64 #retro #pixelart #monkeyisland #game pic.twitter.com/oCTx66KSZu
Come spiegato dagli interessati, si è partiti proprio dalla conversione della versione 4 dell'engine SCUMM, quella che muoveva le prime avventure di Guybrush in EGA (1990). TheSarge si sta occupando di convertire tutta la grafica in Multicolor 160x200, dall'originale in 320x200, mentre Jackasser sta affrontando il complesso codice, che si appoggerà a una distribuzione su cartuccia (virtuale o sperano reale, nel caso convincano la Lucasfilm ad avallare un'edizione fisica ufficiale!). La cartuccia è indispensabile perché la grafica di Monkey su C64 funzionerà in modalità bitmap pura, non nel character mode che muoveva Maniac Mansion o Zak McKracken su C64. Solo la modalità bitmap infatti può reggere il livello di dettaglio richiesto, ma pesa come minimo quattro volte di più del character mode (che invece consiste nel ridefinire i 256 font testuali a disposizione, trasformandoli in "mattonelle" di grafica). I caricamenti da floppy sarebbero improponibili, mentre invece le ultime cartucce arrivano a stipare 1Mb di dati e oltre, con trasferimento dati quasi istantaneo: spauracchio all'epoca, al massimo relegata nelle schermate di intro, oggi nella scena del retrodeveloping la grafica bitmap sta sbocciando tardivamente su C64 grazie a queste più sofisticate cartucce, come dimostra A Pig Quest, programmato dal guru Antonio Savona.
Andreas e Joachim sostengono che non sarà sacrificato nulla del gioco (risoluzione grafica a parte), proprio perché puntano il più possibile a usare gli script SCUMM originali. Contano persino di non obbligare all'uso delle rare espansioni di memoria REU, sulle quali si è invece appoggiato un altro miracolo come il porting di Sonic da Master System. Sulla carta sarebbe dura crederci, così come si potrebbero avere dubbi sulla riuscita dell'impresa, senza date certe di completamento. Se mi permetto però di parlarne con ottimismo, è perché Jackasser ha già realizzato per il C64 una "conversione impossibile" un paio d'anni fa. Il suo Eye of the Beholder per Commodore 64 ha riproposto il titolo Westwood integralmente, comprensivo di supporto per il mouse 1351 e un'opzionale modalità C128, per un'esecuzione più veloce e una mappa visualizzata sullo schermo secondario. Questo tipo non scherza: se c'è qualcuno in grado di infilare nello spazio angusto degli 8bit un titolo a 16bit come Monkey 1, quello è proprio lui.
Cominciamo tutti a correggere l'indicizzazione: è previsto un video a breve, e quando lo condivideremo sui social ricordiamoci di condividere QUESTO progetto, non l'altro... il folle VERO porting C64 di Monkey 1 è reale, gente.
Si fa un gran parlare da qualche mese a questa parte di Lossless Scaling, un tool dal ridicolo prezzo di nemmeno 7 euro, ma molto intrigante. È stato inizialmente pensato solo per scalare l'immagine senza perdita di qualità (come indica il suo nome, dopotutto), poi si è espanso alla generazione di frame intermedi, raddoppiando, triplicando o quadruplicando i fotogrammi al secondo di una qualsiasi applicazione. È una sorta di versione generica (e quindi meno precisa) del DLSS Nvidia e dell'FSR AMD. In parole povere, se non lo sapete già, consentono di renderizzare un gioco alla risoluzione e agli FPS che il vostro PC è effettivamente in grado di garantire, per poi scalare e interpolare il tutto per avvicinarlo a performance che col vostro hardware potete solo sognarvi in modalità "liscia". Io per esempio con un'ormai vecchia Geforce RTX 2070 ho giocato la versione PC di The Last of Us a 1440p a 60fps quasi costanti col DLSS, perché in realtà era renderizzato a 1366x768, poi scalato alla mia risoluzione nativa (senza il DLSS i 60fps non sarebbero stati un'opzione per me, avrei dovuto ridurre di molto i dettagli e la qualità della grafica). E questo senza la generazione dei fotogrammi intermedi, non supportata dalla mia scheda.
Ora, queste sono tecnologie che devono essere integrate specificamente nel gioco in questione, quindi se un titolo non le supporta o è uscito molto prima che esistessero, non possono aiutarvi. Qui entra in gioco Lossless Scaling, che fa le stesse cose "esternamente" e persino con schede più antiche sprovviste di quelle tecnologie! Rientrando in zona pura Lucasdelirium, con LS sono riuscito a portare The Cave (2013) e Costume Quest (2011) della Double Fine a 60fps: teoricamente i PC odierni potrebbero benissimo farli girare anche meglio di così senza aiuti, però come forse ricorderete sono "lockati" a 30. Il che significa che, volendo esagerare, con LS potreste pure spingerli a 90 o 120fps, se il vostro monitor li regge. Utilissimo per vecchi giochi che non sono stati aggiornati, ma anche per prodotti appena usciti. Ho provato per esempio a lockare a 30fps la recente remaster di Sam & Max: The Devil's Playhouse della Skunkape, per poi portarla a 60fps con Lossless Scaling. S'intuiva il trucco guardando qualche incertezza del cursore, però il resto della grafica filava come nei veri 60 nativi, con la differenza che la ventola della scheda grafica non partiva nemmeno, nonostante LS la occupi in parte per generare i fotogrammi extra.
Naturalmente il rovescio della medaglia è che, non essendo Lossless Scaling integrato nei veri e propri giochi, non sempre "inventa" correttamente i fotogrammi aggiuntivi, e può non essere affidabile nella veloce responsività reale richiesta nei titoli action molto veloci e nelle competizioni, specie in modalità x3 e x4 (non sono esperto, però posso dirvi che non tutti sono d'accordo in merito). Come consiglio generale, disturbi e strappi (stile video in streaming) si riducono o spariscono se partite da una base di almeno 30fps costanti, non meno e non troppo ballerini. Lossless Scaling è anche molto utile per gli emulatori, quando dovete gestire titoli PAL a 50hz a 50fps, perché portarli a 100fps li rende più amichevoli con le schede e i monitor attuali, consentendo di avvicinarsi almeno all'antica originale fluidità dei CRT. Ricordatevi solo di: 1)Avviare LS prima di avviare il gioco, settandolo come vi aggrada e lasciandolo aperto; 2)Avviare il gioco in finestra o finestra senza bordi; 3)Attivare o disattivare LS premendo CTRL+ALT+S.
Non fa sempre miracoli, non è perfetto al 100%, ma è un programmino che sa sorprendere.
Fine della corsa settembrina. In chiusura vi segnalo che la Skunkape Games, dopo la pubblicazione della remaster di Sam & Max: The Devil's Playhouse, si sta guardando attorno per altri "restauri" della Telltale Games: in quest'intervista ammettono un interesse per Tales of Monkey Island (2009), ma non sembrano ancora certi di affrontare il percorso legale più complesso per avviare i lavori (tra Lucasfilm/Disney e Telltale). I fan comunque hanno parlato... e il messaggio è arrivato. Vedremo.
Ciao,
Dom
Velocissima segnalazione: la mia scheda della remaster di Sam & Max: The Devil's Playhouse è online. Buona lettura!