Aprendo le porte a un altro ex-Telltale, cioè l'Adam Esquenazi Douglas che aveva scritto The Walking Dead: A New Frontier e The Walking Dead: L'ultima stagione, Adam Hines gioca la carta di un sequel che cambia parzialmente protagonisti e teatro dell'azione: si cerca quindi la continuità nelle tematiche e nell'atmosfera, senza però dipendere troppo dallo stampo narrativo originale. Se vogliamo, è un "cambiare tutto perché nulla cambi", almeno fino al climax, dove i legami col titolo precedente si fanno via via più fitti (e richiedono che lo si conosca, checché ne dicano gli autori).
Si continua a parlare di famiglia e destini personali, però si mettono a fuoco degli adulti trentenni, in una fase della vita quindi successiva a quella di Alex e amici nel primo Oxenfree. Riley e Jacob hanno un piede in ciò che erano da ragazzi, la prima con una certa conflittualità, il secondo apparentemente con serenità e radici più tenaci. La sceneggiatura continua a usare l'horror e il fantastico come detonatore dei conflitti (soprattutto interiori), ma mi è sembrato che in The Lost Signals siano elementi più blandi: o meglio, è più evidente che siano una scusa necessaria a parlar d'altro, mentre nel prototipo la dimensione metafisica era più profonda e inquietante. Qualche jump scare rimane, ma è evidente che a Hines, Douglas, Cannon e agli altri interessino di più i bilanci esistenziali, che in chiave di commedia grottesco-satirica avevano già toccato in Afterparty, e che qui diventano base di riflessioni più malinconiche. Alex e gli amici erano costretti a crescere, metaforicamente, mentre Riley e Jacob possono decidere di non farlo, sono a metà strada. Non mi stupirei se questa diventasse una trilogia: a questo punto avverto la necessità di un terzo capitolo che tocchi la terza età.
Strutturalmente il gameplay è rimasto lo stesso di Oxenfree, con quella libertà di movimento costante, in un controllo diretto dei personaggi, attraversando i grandi e sospesi scenari, mentre realisticamente le conversazioni a scelta multipla procedono, senza pause. Accanto alla solita radio in grado di captare frequenze ectoplasmatiche e non, compare un walkie talkie che consente ai designer di spezzare la monotonia d'interazione tra Riley e Jacob: non sono di certo il gruppetto più numeroso e vario del precedente capitolo. È una buona idea per stimolare il giocatore a interagire in varie modalità, modificando a suo piacimento il ritmo dell'esplorazione. Le voci di personaggi che non vedremo mai innestano una dimensione ulteriore d'immaginazione che non dispiace (la vicenda del pescatore Nick sarebbe forse meno efficace se lo vedessimo), anche perché Lost Signals è un po' frettoloso nella caratterizzazione dei secondari in carne e ossa.
Torna un'ariosa mappa che garantisce ancora una volta quel desiderio di esplorazione che la saga di Oxenfree, pure ascrivendosi alle avventure narrative senza enigmi, condivide con i migliori punta & clicca del passato. Peccato che la libertà sia meno di quanto sembri, perché qualche accesso è momentaneamente precluso per ragioni di sceneggiatura, ma di certo la saga - a partire dalla sua visuale fissa laterale in campo lungo / lunghissimo - va controcorrente nel non voler imitare la grammatica cinematografica, molto spesso abbracciata da questo sottogenere. Essendoci infine meno personaggi principali, la dinamica logica delle scelte in Lost Signals è un po' più semplice, con il fulcro della riflessione e del messaggio concentrato nel pre-finale, con le altre sfumature legate a una manciata di sidequest.
Oxenfree II - Lost Signals porta a casa il risultato senza rischiare come fece Afterparty: non farà parlare di sé come il prototipo e probabilmente attirerà attenzione e affetto solo da parte dei fan della saga, però incuriosisce il modo in cui, usando Camena Coast ed Edwards Island come teatri delle fasi della vita umana, i Night School stiano costruendo un percorso coerente e personale. Come ho già scritto, non può finire qui. Bisognerà chiudere il cerchio.
Oxenfree II riesce a riproporre la stessa eleganza del prototipo, ma con più controllo e con un arricchimento del lavoro di Heather Gross, che già firmò i fondali del primo, con la professionalità di Beverly Chen, entrata nel team con Afterparty. Camena Coast suggestiona proprio come Edwards Island, forse persino di più: anche quando le strutture moderne fanno capolino nella natura, il sapore rinascimentale di alcune vedute panoramiche, la rappresentazione del verde e di un'atmosfera notturna quasi respirabile, profumata, danno una marcia in più all'immersione, oggi come e più di sette anni fa. Per quanto riguarda gli effetti visivi, come gli squarci di luce incongrui nel contesto e inquietanti, non c'era molto da migliorare. Complice la corsia separata che il mondo produttivo indie percorre, non si sente la necessità di un miglioramento negli elementi che per convincere non devono fare altro che reggersi sullo stile e sul gusto.
Ruel Pascual, ex della Double Fine, dopo Afterparty ha raccolto del tutto il reparto animazione dei Night School: il gioco propone ancora personaggi molto lontani, pure simbolicamente fagocitati dagli ambienti. Non per questo però i loro movimenti e il loro design perdono colpi: Pascual, Elior e Bien riescono a caratterizzarli bene, nei dettagli che dobbiamo essere in grado di scorgere e interpretare al volo, a quella distanza. Anzi, forse si perde persino qualcosa quando occasionalmente, com'è tipico nei giochi Night School, la camera si avvicina.
Elegante, precisa, coerente, calibrata: la presentazione di Oxenfree II fa quel che deve.
Ho avuto la sensazione che a questo giro il lavoro sulle musiche di SCNTFC (alias Andrew Rohrmann) sia stato ancora più rarefatto e meno melodico di quello prodotto nel primo capitolo. Non a caso nei credits viene indicato come coautore generale del sound design, con Chris Purse e Rachel Hartanto: quando penso a questa saga mi viene spesso in mente l'arte di Micheal Land e Clint Bajakian, rispettivamente su musiche e sonoro di The Dig. Qui come lì l'audio proietta chi gioca in una dimensione alternativa, che nelle sue sonorità sembra negare ogni realismo, anche quando scorgiamo elementi naturali come alberi e montagne, o concreti come case, moli, cancelli, ponti.
È l'idea che la realtà stia per cedere il passo all'immaginazione, e le composizioni di SCNTFC per Lost Signals non potrebbero essere qui più lontane dall'ironia crudele elettronica di Afterparty (che per certi versi rimane a mio parere tra le sue opere migliori). Siamo dalle parti di Netflix, e alcune orchestrazioni fanno giustamente pensare ai suoni sintetizzati e nostalgici di Stranger Things.
Il doppiaggio ripropone qualche voce nota per alcune rimpatriate (che non sveliamo causa spoiler), ma i due nuovi protagonisti sono ben interpretati da Elizabeth Seydah e Joe Bianco. I visi dei personaggi non si possono scorgere, perciò le loro voci hanno un compito più impegnativo, del quale si mostrano all'altezza.
Oxenfree II - Lost Signals è stato pubblicato il 12 luglio 2023 in digitale su Windows/Mac, Playstation 4/5, Nintendo Switch e mobile iOS/Android: quest'ultima incarnazione è volendo inclusa nel proprio abbonamento Netflix. La versione PC su Steam richiede i5 (PC) o Dual Core (Mac), Windows 10 o MacOS 13.10, 8Gb RAM e 1/2Gb di RAM video (GTX 650 o Radeon 7750). Appartenere a Netflix dà accesso a una quantità di localizzazioni da vertigine, qualcosa che nessuno sviluppatore del tutto indipendente potrebbe permettersi e alla quale non avevo mai assistito: Lost Signals è parlato solo in inglese ma è sottotitolato in altre 29 (!!!) lingue, naturalmente italiano incluso.
Il gioco, come il precedente, è realizzato in Unity e supporta ogni tipo di joypad, ma su Windows e Mac si può controllare interamente col mouse o interamente con la tastiera: in quest'ultimo caso le combinazioni WASD e IJKL sostituiscono i due stick. Molto versatile, in una confezione piuttosto sicura: su Windows dopo un paio di settimane dall'uscita non ho incontrato bug o glitch, e la performance è relativamente scalabile nella resa grafica, agendo su risoluzione, refresh e livello di dettaglio. Se lo si paragona agli esordi dei Night School Studio o alle condizioni zoppicanti di Afterparty all'uscita, si capisce quanto i capitali di una major come Netflix possano essere d'aiuto nel curare l'uscita come si deve.
Direzione del progetto: Bryant Cannon
Soggetto e testi: Adam Hines (sup.), Adam Esquenazi Douglas
Game-design: Dane Wheaton, Bryant Cannon, Henrik Petersson, David Zhu, Mark Aviles, Cameron Riach
Produzione: Davis Marriott (sup.)
Programmazione: Bryant Cannon, E. G. Blossey, Caleb Markley, Robert Spessard
Direzione grafica: Beverly Chen, Daniel Garcia
Grafica: Beverly Chen, Heather Gross (2D), Alex Chavez (modelli 3D)
Animazioni: Aharonit Elior, Wim Bien, Ruel Pascual
Musiche: SCNTFC (C. Andrew Rohrmann)
Sound design: Chris Purse, Rachel Hartanto, SCNTFC
Voci principali: Elizabeth Saydah (Riley), Joe Bianco (Jacob), Abigail Turner (Olivia)
Testing: Jaymie Baird, Eric Roxas (sup.)
Riley è un personaggio che mi ha messo un po' in crisi. Per principio avevo deciso di renderla gentile con tutti, a partire da Jacob, e ci sono riuscito... quasi sempre. Non sono riuscito a dare fiducia al futuro figlio Rex, scegliendo le risposte più pragmatiche e meno corrette dal punto di vista della morale. Ad ogni modo, la mia Riley dovrebbe diventare una madre affidabile ed è rimasta coi piedi per terra: col 39% degli utenti ho fatto amicizia con Violet e Charlie, lasciando col 73% che Olivia entrasse nel portale (quasi riversando su di lei quell'ancoraggio al passato che io invece avevo deciso di superare, mi rendo conto ora che subconsciamente è stato il mio ragionamento).
Curioso che il gioco mi punisca accusando l'8% dei giocatori che come me hanno "fatto amicizia con Jacob e poi l'hanno abbandonato". In realtà volevo proteggerlo, è per questo che non l'ho portato con me nel finale: faceva parte di quella gentilezza e generosità che avevo deciso di impostare.
Non mi stupisce che il 95% di noi abbia messo sul chi va là Shelley e le abbia salvato la vita: non c'era ambiguità nella costruzione di quel personaggio, perché non proteggerlo? Sarebbe stata cattiveria gratuita. Più sfumata la reazione al racconto del marinaio Nick: col 42% degli altri utenti l'ho spinto a entrare nel portale. Penso sia stata una scelta simile a quella più importante riguardante Olivia: per me Riley ha un figlio da proteggere, ma do valore allo spirito d'avventura altrui e alla loro visione della vita magari pure deresponsabilizzata.
Ripensandoci, la mia Riley potrebbe rivelarsi una madre un po' ambigua. Ma quale genitore non lo è? ;-)