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31-12-2024

Un Natale piuttoso spietato sul piano climatico testa già la nostra resistenza per tonificanti gite tra le nevi: per prepararmi ho deciso di riscaldarmi a dovere nell'ultimo mese, riabbracciando un vecchio amico archeologo che ha dimostrato, grazie all'aiuto di un team di intrepidi svedesi, di non essere affatto invecchiato. Riuscite a sentire le note della Raiders March?

Indiana Jones e l'Antico Cerchio, un evento che si è fatto attendere 25 anni

Da fan di Indy, come tanti ero curiosissimo ma allo stesso tempo cauto, nell'attesa dell'Indiana Jones e l'Antico Cerchio targato Bethesda, realizzato dai MachineGames su licenza Lucasfilm Games. Era infatti dalla fine degli anni Novanta che nessuno aveva davvero voglia di rilanciare il marchio. Volenterosi ma troppo deboli i tentativi videoludici degli ultimi vent'anni (l'ultimo più dimenticabile del 2009!). Due i film realizzati in quindici anni, imperdibili comunque per chi è affezionato a Harrison Ford, ma trascinati tra mille ripensamenti e innegabilmente privi dell'equilibrio magico della trilogia cinematografica originale. Mancava un'offerta realmente contemporanea, non solo nostalgica, in grado di incapsulare l'essenza del prof. Jones, con un racconto nuovo coinvolgente. Per il pubblico di ieri e di oggi. Alla fine ce l'abbiamo fatta.

La mia scheda dell'Antico Cerchio è pronta, dopo quasi quarantacinque ore trascorse col monumentale sforzo dei MachineGames, una proposta che proprio non è "Wolfenstein con Indy", come qualcuno aveva temuto, per il curriculum dello studio e l'inedita visuale in prima persona. Paragonarlo ai punta & clicca storici LucasArts ha senso? Non vi anticipo nulla, però prima che voliate verso la scheda ho una piccola sorpresa di fine anno.
Avevo già deciso che avrei integrato la scheda dell'Antico Cerchio con un video, ma non volevo che fosse una "traduzione" audiovisuale del pezzo: il nuovo video di Lucasdelirium s'intitola "Indiana Jones e il TEMPO maledetto" e dietro la freddura (alla quale purtroppo per voi non ho saputo resistere) ragiona sullo stato di salute di Henry Jones Jr.: cosa gli è successo negli ultimi trent'anni? È possibile che un mito nato in una forma d'arte possa essere salvato da un'altra, non solo in termini di qualità, ma proprio perché lo potenzia? Spunti di riflessione, considerazioni libere che hanno uno scopo principale:
FESTEGGIAMENTI SPERTICATI!

10 anni del Game of Thrones dei Telltale

Sarà dura attirare la vostra attenzione indy-centrica su un anniversario secondario, però ho fatto di tutto per completare la mia nuova run sul Game of Thrones dei fu-Telltale, prima di tuffarmi nell'Antico Cerchio. Questa serie di avventure narrative episodiche basata sulla serie tv del Trono di Spade, un decennio or sono tra le tendenze televisive più ossessive, viaggiò parallela al Tales From the Borderlands di cui ho riparlato il mese scorso, però è stata paradossalmente meno popolare. Sulla carta il mondo di George R. R. Martin si adattava assai meglio di Borderlands al taglio delle "scelte terribili" stile visual novel dei Telltale... e in fondo è così! Ritoccando la scheda con nuovi screenshot e qualche aggiornamento al testo, ho però ripensato a una verità che un approccio critico più tecnico fa fatica ad ammettere: c'è uno "spirito" impalbabile in alcune produzioni che dà un senso anche a una resa sgangherata, mentre un'esecuzione più corretta e precisa, quando manca di quel "quid", non riesce a compensarlo con la sola professionalità.

Ecco, Tales From the Borderlands aveva quello spirito, mentre Game of Thrones no, ed è forse per quel motivo che dieci anni fa non fu altrettanto amato visceralmente. Non ha nemmeno aiutato che, dalla chiusura della Telltale originale nel settembre 2018, sia stato rimosso dal commercio, perché nessuno finora ha rinnovato la licenza per rimetterlo in vendita. Troppo costosa rispetto alla popolarità del titolo? Probabile. In ogni caso, rigiocarlo con l'eccellente traduzione amatoriale in italiano del Team Super Game è stato un passatempo piacevole.

ScummVM 2.9.0. mi sblocca un ricordo

ScummVM più che un tool è una rivendicazione culturale: raccontai la storia dell'interprete che fa girare su mille piattaforme le avventure punta & clicca storiche, LucasArts e non. Un recupero dell'esperienza attraverso lo studio e la reimplementazione del codice: magari l'utente normale non se ne rende conto, però è un processo molto speciale, diverso dall'emulazione, che si concentra sulle macchine. Mesi se non addirittura anni, trascorsi da uno o più coder volontari che vogliono capire dal di dentro un'opera.
Ormai ogni aggiornamento del software, appena giunto alla v. 2.9.0 dopo 23 anni, è anche un'occasione per riscoprire lavori passati. A questo giro segnalo il supporto a Rise of the Dragon (prima e più equilibrata avventura della Dynamix, omaggio a Blade Runner), The Space Bar di quel pazzo genio di Steve Meretzky, Moonbase Commander (ultimo gioco scritto in SCUMM... ed è uno strategico in tempo reale!). Curioso l'abbraccio di Thimbleweed Park, retrò ma recentissimo: bell'occasione per allargarne ulteriormente le piattaforme. Per quanto riguarda le avventure LucasArts, si segnalano solo miglioramenti grafici e sonori ad alcune versioni Mac.

Al di là di tutto, mi ha emozionato il supporto a Orion Burger della Sanctuary Woods: lo comprai originale nel 1996, ce l'ho ancora, ed è un punta & clicca davvero poco noto, a causa di una mancata localizzazione e dell'assenza di sottotitoli. Consiglio però davvero a chi mastica l'inglese di provarlo. Con una premessa che ricorda il Bad Taste di Peter Jackson, ha però un trattamento leggero comico cartoon alla Day of the Tentacle (ma in 640x480!), con un sistema di paradossi temporali in realtime: azzardo di game design che però funziona alla grande, stimola, impegna parecchio e diverte. Prima e unica opera firmata dall'altrove coder Robert Aitken: chissà che fine ha fatto, si sono perse le sue tracce da vent'anni... Nell'internet 1.0 ne scrissi la soluzione e la mandai al fu-Ludus.it. Lucasdelirium non esisteva ancora. Echi dal passato.

Ron Gilbert cambia idea ma non si ferma

Avviso ai naviganti: Ron Gilbert ha fatto sapere su Mastodon che ha deciso di sospendere i lavori sul suo action-gdr in stile Zelda a 16bit: troppo lavoro per sole tre persone: lui, Elissa Black e un imprecisato artista. Entro il prossimo anno conta invece di pubblicare un titolo più piccolo realizzato con gli stessi collaboratori, un'altra idea che aveva da tempo e che si è da poco sbloccata, più alla portata di una produzione ultra-indie. Ci farà sapere.

E si chiude quest'altro anno di Lucasdelirium. Ci rivedremo nel prossimo.
Ciao,
Dom

28-11-2024

L'arrivo delle feste ci impone di incastrare biglietti, impegni, pause e riprese del tran tran, cercando di trovare un equilibrio tra le derive più nerdiche e la necessità umana di uscire di casa e respirare un po' d'aria. In questo contesto, spero di barcamenarmi bene!
E sono molto lieto di aprire l'aggiornamento con una scheda piuttosto sui generis...

The Booze of Monkey Island, il fangame fuori parametro

Se n'era parlato già durante il Lucca Comics & Games dell'anno scorso, quando la Bean Adventure Agency presentò un demo del fangame The Booze of Monkey Island. Quest'anno il piccolo (solo per la durata) punta & clicca, ideato e realizzato da fan monkeyislandiani italiani di lunga data, in ben sei anni di lavoro nei ritagli di tempo, ha visto finalmente la luce. Dopo una prima run mi sono reso conto di essere di fronte a qualcosa di veramente speciale: una produzione di fatto professionale, che se non fosse per l'esigua durata e l'assenza di doppiaggio potrebbe tranquillamente diventare un minicapitolo ufficiale della saga, previa licenza. Il fenomeno è scoppiato a tal punto che ho accettato volentieri l'invito di Simone Guidi a partecipare a una puntata speciale del podcast Atariteca, per parlarne con gli autori (che peraltro conoscevo da una vita, seppur non direttamente).

L'evento mi ha obbligato moralmente a creare una scheda apposita per Booze, comprensiva di soluzione! Era dai tempi di Thimbleweed Park che non ne scrivevo una, mi sembrava divertente farlo, considerando che il gioco (comunque non difficile) non ha un sistema di aiuto integrato. Penso che tra scheda e chiacchierata nel podcast la natura e le intenzioni di questa produzione possano essere più chiare. Aggiungo solo che Booze dimostra chiaramente quanto la passione per i titoli LucasArts abbia inciso sulla sensibilità di chi li ha giocati: alcuni hanno abbracciato la carriera artistica anche perché suggestionati da quello che si trovarono davanti. Booze ha il sapore poetico di una riconoscente restituzione. Guybrush Threepwood può esserne fiero... e confesso che ne sono fiero anch'io: mi trovo vicino allo spirito che lo anima (non di certo alle capacità artistiche dei suoi autori!).
Emanuele Baronti, motore organizzativo e tecnico dell'operazione, titolare della Bean Adventure Agency, ha contestualmente avviato un Kickstarter per la sua prima avventura grafica, The Adventures of Tango Rio, per la quale è disponibile un demo. Se volete ricompensare questa ciurma degnamente, dando vita a un sogno già che ci siete, questa è l'occasione.

I primi 10 anni di Tales From the Borderlands (pure regalato)

Non sapevo che Amazon Prime Gaming avrebbe reso Tales From the Borderlands gratuito fino all'11 dicembre (via Epic Games Store), quando mi sono dedicato a rigiocare la serie dei fu-Telltale per ritoccarne la scheda, in occasione del suo decimo anniversario. In ogni caso, ho riattraversato col senno di poi i cinque episodi della loro avventura narrativa, ambientata nel mondo del Borderlands dei Gearbox, ma con personaggi tutti made in Telltale. Questa serie fece collidere le "scelte terribili" in stile The Walking Dead con l'umorismo grottesco e splatter dell'FPS: il design risentì dell'impatto, le coordinate della storia faticarono un po' a ingranare... ma dopo dieci anni confermo l'efficacia del suo crescendo, il fascino irresistibile che questo sgangherato esperimento suscita su di me. Tuttora la sceneggiatura di TFTB rimane una delle più originali e mature che abbia incontrato qui su Lucasdelirium. Dove per "maturo" non indico la triade "violenza, sesso & volgarità" (quello è il concetto di "maturo" per un quindicenne), ma mi riferisco alla capacità di fondere due registri diversi per ottenerne un terzo che spiazza, usandoli alternativamente... e alla fine potenziandoli entrambi, per dire qualcosa di significativo sull'esistenza e sui falsi miti sociali. Considerando pure che è una delle poche serie Telltale storiche ad aver ricevuto successivamente una localizzazione italiana ufficiale (ottima, peraltro), continuo a consigliarla vivamente. A meno che la violenza alla Tarantino e l'assenza dei classici enigmi del punta & clicca non vi diano proprio l'orticaria. ;-)

Indiana Jones e l'Antico Cerchio: conto alla rovescia

La data è il 9 dicembre per il Game Pass e il preordine base, il 6 per l'edizione Premium e la Collector's Edition. In quei giorni potremmo mettere le mani su Indiana Jones e l'Antico Cerchio dei Machine Games, edito dalla Bethesda, su licenza e supervisione Lucasfilm Games. Che dire di più? Da un lato ha un passato ingombrante che lo guarda dall'alto: la vetta di Indiana Jones and the Fate of Atlantis (1992), seguito a ruota dal sottovalutato Indiana Jones e la macchina infernale (1999). D'altro canto arriva a vent'anni di distanza dal solido ma non epocale Indiana Jones e la Tomba dell'Imperatore (2003) e quindici anni dopo la semicancellazione del dimenticabile Indiana Jones e il Bastone dei Re (2009). A giudicare da quel che si è visto, è alla sua portata avere facilmente la meglio degli ultimi due, ma gli antichi lavori di Hal Barwood hanno un valore davvero inestimabile. Dalle dichiarazioni della Lucasfilm Games, la lezione di Fate of Atlantis non sembra ignorata, per cui l'Antico Cerchio non vuole volare basso... e mi fa piacere! Teniamoci pronti a capire se c'è ancora vita in Indy.
Nel frattempo, sono stati pubblicati altri due videoapprofondimenti, se a questo punto vi interessano ancora e non preferite evitare anche il minimo spoiler: li trovate qui e qui.

Una critica a Grim Fandango (non sorprendente)

Trovo sempre molto stimolante leggere o ascoltare un giudizio meno religioso di un classico d'antan: non perché mi piacciano i bastian contrari, quanto perché confrontandomi con le critiche posso anche rendere più solidi i miei apprezzamenti. Il Digital Antiquarian ha pubblicato un ridimensionamento del Grim Fandango di Tim Schafer. Sottolineo: ridimensionamento, non "in realtà fa cagare e nessuno ha mai avuto il coraggio di dirlo e lo dico io". È un'opinione ragionata di uno che se ne intende, e lo si capisce dal livello dell'articolo. La cosa divertente è che Jimmy Maher articola un pensiero su molti dei pregi e difetti che elaboro io stesso nella mia scheda, solo che io ho deliberatamente deciso di ridimensionare quest'ultimi, mettendo sull'altro piatto della bilancia le innovazioni tecniche e creative di un'opera preziosa. Le analisi storiche sono belle anche per questo: è una delle ragioni per cui le amo più delle recensioni.
Riassumendo, Maher insinua che l'introduzione del 3D nell'avventura grafica non fosse solo dettata dalla volontà innovatrice di Schafer, ma anche dalle necessità del mercato a fine anni Novanta, tenendo pure in conto le difficoltà economiche di un genere recepito come antico: è vero, ma non mi sembra una scoperta sensazionale, l'avevamo capito tutti, penso. Non mi piace la tendenza a individuare delle spiegazioni e sceglierne solo una a dispetto di un'altra: mi piace sempre essere la dannazione dei complottisti, quando suggerisco che a volte alcune scelte sono frutto di più ragioni, magari di - orrore - compromessi (in questo caso peraltro MOLTO intelligenti).
Maher ricorda anche che la lavorazione fu sgangherata e molto pesante, con crunch massacranti per tutti: verissimo, infatti lui cita l'ultima fonte recente e chiara sulla questione, il capo-programmatore Bret Mogilefsky, ancora scottato e traumatizzato dall'esperienza. Ricordo però che non solo Schafer ha ammesso la pratica tossica alla LucasArts, ma continua anche a chiedere scusa e a cercare disperatamente di evitarla alla Double Fine. Tim non l'ha mai nascosta sotto il tappeto.

Maher capisce bene chi ama alla follia il gioco, perché ammette che sceneggiatura, atmosfera, stile estetico (tra design grafico e musiche) sono di livello altissimo, però lui antepone la riuscita interattiva di un titolo sopra ogni altra cosa, condicio sine qua non che lui pone per scomodare la parola "capolavoro": non vuole passare sopra i difetti in merito, tra poco chiare azioni da compiere per proseguire, enigmi contorti e interfaccia scomoda, paragonando questa approssimazione alla pulizia assoluta di game design e interfaccia dell'appena precedente The Curse of Monkey Island (1997). Quest'ultimo da giocare è meno frustrante di Grim? Ha perfettamente ragione! Ma Curse non prova a reinventare la ruota per mandare avanti il genere, è una sua eccellente rifinitura. Grim ci prova: in territori inesplorati si può incespicare, pazienza.
La sua migliore considerazione, quella che condivido di più, riguarda il secondo atto su Rubacava: per lui è così coinvolgente e riuscito, da far (relativamente) sfigurare al confronto il terzo e quarto atto. Io ho sempre creduto addirittura che sia proprio il capitolo su Rubacava, spudorata rivisitazione di Casablanca, a trascinare verso la nomea di "capolavoro" l'intero Grim Fandango. Però, anche se gli altri atti non gli sono all'altezza... comunque c'è. Ed è indimenticabile. In un gioco solo "ok" forse non esisterebbe nemmeno quel mitico secondo atto.
Questa rivisitazione critica mi ha ricordato una questione sorta sui social tre anni fa, quando si riesumò una stroncatura italiana di The Secret of Monkey Island: molto meno ragionata e condivisibile di questa su Grim, però assai utile per avere un'idea di cosa significò quel gioco nel panorama delle avventure di quegli anni. Senza il filtro deformante della nostalgia.

Fine del giro novembrino... spero vivamente di fare in tempo a darvi una scheda di Indiana Jones e l'Antico Cerchio nel prossimo aggiornamento: il gioco si prospetta piuttosto lungo. Resisterò alla tentazione della full immersion? Ai posteri l'ardua sentenza.
Ciao,
Dom

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