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Rescue on Fractalus!

(1985, Lucasfilm Games - David Fox)

Il pianeta Fractalus nel sistema Kalamari, per quanto inospitale, è diventato il rifugio dei coriacei alieni Jaggie. La Terra li combatte da sempre grazie ai piloti spaziali esperti della Ethercorp. Purtroppo anche quest'ultimi stanno avendo difficoltà a gestire l'atmosfera di Fractalus, così molti combattimenti terminano con le astronavi inutilizzabili e gli eroi in disperata attesa di recupero sull'ostile pianetoide. E qui entriamo in gioco noi, piloti di normali aerei terrestri, un tempo derisi perché inadeguati al futuro. Ora invece, alla guida del nostro fiammante Valkyrie Fighter, ci faremo strada tra i canyon di Fractalus e la contraerea dei Jaggie, per riportare gli indomiti a casa, sani e salvi.

Analisi

DESIGN / SCENEGGIATURA

Il 9 maggio del 1984 la Lucasfilm indice una conferenza stampa per mostrare al mondo i primi due titoli che la sua divisione giochi, la "Lucasfilm Games", ha cucinato nei suoi primi due anni di vita, su finanziamento dell'Atari. Uno è lo sportivo futuristico "alla TRON" Ballblazer, l'altro è Rescue on Fractalus!, primo titolo lucasiano firmato da David Fox, che avrebbe poi creato o collaborato ad altri classici del gruppo. Il video promozionale sovrappone epiche voci fuori campo su grafica in-game all'avanguardia: la sua visuale in volo e in prima persona, attraverso montagne tridimensionali in tempo reale, sloga qualche mascella. Ma soprattutto è intrattenimento puro, che contamina gli ancora imberbi videogiochi con la consapevolezza cinematografica.

L'anima ludica di Rescue on Fractalus! vive di alcune suggestioni contemporanee alla sua creazione. Fox ha dichiarato che le battaglie spaziali in prima persona di Star Raiders (1979, Atari, Doug Neubauer) hanno avuto un'influenza sull'impostazione: Fox si era imbattuto in quel gioco e nel suo evidente successo mentre gestiva il suo pionieristico Marin Computer Center in California, prima di unirsi alla Lucasfilm Games. Non bisogna dimenticare peraltro che nel 1983 fa furore l'arcade in wireframe Star Wars, Atari su licenza ufficiale Lucasfilm, mentre sugli homecomputer Bruce Hardwick ha iniziato i suoi decolli realistici (ultraspartani) con le prime due versioni di Flight Simulator per gli 8bit, pre-Microsoft, tra il 1979 e il 1983. Anche se non l'ho visto mai citato, parlando di Rescue, io però ho pensato d'istinto a un altro classico degli anni Ottanta.

Lo scopo ultimo della missione in Rescue non consiste infatti solo nel volare senza schiantarsi, o nell'abbattere i nemici, ma nel salvataggio dei piloti abbattuti, perciò lo considero un Choplifter (1982, Broderbund, Dan Gorlin) tradotto in prima persona 3D. In ogni caso credo che il game design cucinato da Fox con il primissimo responsabile della divisione, Peter Langston, sia per il periodo bilanciato con una personale originalità: rimane immediato pur non lesinando su una discreta quantità di controlli. Gli home computer a 8bit, dotati di joystick a singolo pulsante di fuoco, richiedono l'uso parallelo della tastiera, con comandi per atterrare, accelerare o rallentare, nonché spegnere l'alimentazione per aprire gli scudi e far entrare i piloti, quando si atterra in una zona dove sono segnalati dal radar. Un altro tasto avvia il ritorno all'Astronave Madre, quando ricompare (di solito dopo che abbiamo recuperato un numero discreto di piloti). Il ritmo di Rescue è molto elegante, perché alterna i momenti più concitati, quando si tenta di centrare e abbattere le torrette e le navette suicide dei Jaggie, con le pause a terra, in attesa di caricare i sopravvissuti. Non è complesso come un simulatore ma ne mantiene il gusto del realismo. Non è ossessivo come un arcade dell'epoca, però ha un punteggio e coinvolge subito.

L'anima cinematografica dà a Rescue un sapore inimitabile. L'idea nasce dalla suggestione della prima sequenza interamente digitale mai inserita in un lungometraggio: in Star Trek II: L'ira di Khan (1982) si mostra una simulazione del progetto Genesi, nella rigenerazione della vita naturale su un pianeta. La "sorella" Industrial Light & Magic si era occupata degli effetti del film, e quegli scenari erano generati proceduralmente (proprio come accade nel gioco) da una routine del geniale programmatore Loren Carpenter, parte del sottogruppo "Lucasfilm Computer Division", poi nel 1986 venduto a Steve Jobs e ribattezzato Pixar (sì, proprio quella di Toy Story). Allo Skywalker Ranch non c'è una barriera tra la Lucasfilm Games e la Computer Division, per cui Carpenter diventa coautore di Rescue per portarvi la stessa tecnologia, spronato da una conversazione con Fox e i suoi.
Il cinema non si respira solo nella tecnica. David vorrebbe ambientare il gioco nel mondo di Star Wars, ma quella licenza videoludica ha già un'altra destinazione, perciò inventa un mondo sì epico ma anche spiritoso: gli alieni si chiamano "Jaggie", perché i tecnici della Computer Division ritengono rozzi i grossi pixel delle piattaforme ludiche del periodo, appunto "jagged", "seghettati"! E allo stesso tempo il legame con la casa madre Lucasfilm consente al team di attingere a quei talenti, che realizzano miniature e abitacoli dal vero per tutti gli elementi da fotografare per il materiale cartaceo. Evidentemente entusiasti dalla cosa, Carpenter, Langston, Kellner, Winnick e gli altri si divertono come pazzi a farsi fotografare come piloti abbattuti, nel manuale di gioco. Fox va persino oltre, perché finisce in quei panni direttamente sulla copertina, fronte e retro! Osservate le foto di backstage in questo prezioso articolo, fornite dallo stesso David.

Dulcis in fundo, l'esperienza narrativa esplode grazie a George Lucas in persona. Invitato a provare di persona cosa stia combinando la combriccola che ha piazzato alla Lucasfilm Games, guarda una versione incompleta di Rescue e per prima cosa rimprovera Fox, che non ha previsto si possa sparare, per personale visione pacifista del mondo. Forse per George non è violenza fine a sé stessa, quanto necessità di rendere il nemico più presente, che deve diventare più di un contesto. E qui Lucas ha il suo primo e ultimo colpo di genio che lascerà ai videogiochi (mai stato un giocatore): "Perché non fate in modo che uno dei piloti si riveli ogni tanto un alieno travestito?" Non solo David e i suoi accolgono il suggerimento, ma non denunciano questo rischio a chi gioca da nessuna parte sul manuale (eccezion fatta per un ambiguo log che s'interrompe giunto al dunque). La leggenda narra di giocatori che lanciano i joystick in preda al terrore, alcuni scappano disperati dalla mamma, se a portata. Il dibattito è aperto: potrebbe essere il primo "jumpscare" della storia dei videogiochi.
Rivisto oggi, Rescue è naturalmente figlio del suo tempo: non ha un finale, ma solo un livello di difficoltà che si alza a oltranza fino all'insostenibilità umana, in nome di un punteggio da confrontare (io sono crollato dopo il 28° stage). Alla lunga, diventa anche inevitabilmente ripetitivo. Ma non si può negare che funzioni ancora, forse perché oltre all'innovazione tecnica inaugura la leggenda della Lucasfilm Games incarnando benissimo la sua voglia di entrare nell'immaginario narrativo ed emotivo.

GRAFICA

Per la prima volta vediamo sullo schermo il logo della Lucasfilm Games... e lo vediamo nello splendore dei gradienti, garantiti dai chip grafici della serie di computer Atari 8-bit, dove i primi progetti del team furono sviluppati. Quelle macchine mettevano a disposizione una palette totale di ben 128 colori (16 con 8 luminosità diverse), e Rescue usa la frequentata modalità in risoluzione 160×192, con massimo 4 colori visualizzabili per linea di scansione. Nel logo e nell'intro animata, dove la nostra navicella abbandona la Nave Madre, si cambia il valore di un colore ogni tot linee, per ottenere appunto gradienti e ombreggiature. Nelle sezioni di gameplay mancano effetti del genere, immagino perché i chip sono già abbastanza impegnati col resto dell'esperienza. Quel che c'è comunque basta a rendere l'immagine sempre efficace, anche quando calano il crespucolo e la notte di Fractalus, e il paesaggio è illuminato solo dai proiettili!
L'unica persona che ricopra nel team il ruolo specializzato di "grafico" è al momento solo Gary Winnick, che crea gli alieni e li anima, oltre a tradurre sul monitor l'abitacolo del Valkyrie Fighter, progettato in carta e penna da Fox stesso. David aveva già studiato a fondo le capacità grafiche di quella linea Atari, avendo scritto nel 1983 il saggio "Computer Animation Primer", che gli ha garantito l'ingaggio alla Lucasfilm Games: alcuni effetti visivi come il tunnel multicolore del decollo nascono da velocissimi scambi di palette, descritti nel saggio. Le realisticamente irregolari cime di Fractalus, disegnate e mosse in tempo reale, non sono invece frutto di elaborazioni grafiche, ma matematiche e procedurali, come spiego più in basso.

MUSICHE E SONORO

Epica spaziale in casa Lucasfilm? Non può mancare un tema trionfale e "orchestrale" alla John Williams! Se ne occupano i programmatori Peter Langston e Charlie Kellner (in particolare il primo è sempre stato un musicista nell'anima, tanto che oggigiorno ha abbracciato solo il mondo delle note). Il chip sonoro degli Atari 8-bit, il POKEY, si comporta piuttosto bene, con quattro canali in onda quadra o rumore bianco: la fanfara è un po' metallica, ma il retrogusto campanaro nel contesto si apprezza. Dove Rescue stupisce è nel rudimentale sound design, inteso come uso narrativo del suono: i rumori del combattimento profumano degli arcade anni Ottanta e il rombo della Valkyrie è scontato, però la sequenza in cui si raccolgono i piloti entra nel cervello. I passi si avvicinano, qualcuno bussa... sperando che bussi, perché potremmo avere un'amara sorpresa! L'alternanza di quei suoni cadenzati e del silenzio sarà pure semplice per forza di cose, ma crea una notevole suspense.

Revisione: 4/2024

NOTE TECNICHE SULL'EDIZIONE ORIGINALE (Atari 400/800/5200)

Loren Carpenter aveva generato digitalmente il terreno, in quella citata scena di L'ira di Khan, con un algoritmo basato sui frattali, lasciando in rendering i singoli fotogrammi su workstation impensabili per le utenze casalinghe. L'acrobazia tecnica di Rescue on Fractalus nasce da una provocazione: Fox e gli altri chiedono a Loren se quell'effetto si possa ottenere su un computer Atari, in tempo reale! Loren prima ride, poi si porta a casa un Atari 800 e un manuale di Assembly per i processori 6502. Dopo un weekend torna con un prototipo funzionante... e il miracolo è a portata di mano. Rispetto a un Flight Simulator, la velocità di rendering è circa tre-quattro volte superiore, almeno sulla CPU a 1.79Mhz di quegli home computer... e non si parla di poligoni vuoti, non si parla del nudo wireframe del 3D primigenio! Nei limiti, le montagne sembrano "vere", spigolose e realisticamente irregolari.

Pur completato nel 1984, Rescue! come Ballblazer vede la luce solo nel 1985. Il ritardo si deve a dinamiche aziendali e contrattuali tra la Lucasfilm Games e l'Atari, che nel luglio 1984, dopo il crack del 1983, la proprietaria Warner scorpora tra Atari Corporation (vendendola a Jack Tramiel, ex-guru Commodore) e Atari Games per gli arcade. I nostri eroi lucasiani perdono il contratto originale e sono costretti a trovare un nuovo publisher: rispondono Epyx negli USA e Activision in Europa (con manuali multilingua, italiano incluso), però chiedono un allargamento delle piattaforme. Il team coglie l'occasione per avvantagiarsi di supporti più capienti della cartuccia, come dischi e cassette, così sugli home computer Atari 400 e 800 con 48Kb di RAM aggiungono la sequenza iniziale qui nello screenshot in basso, assente su cartuccia per la console Atari 5200 (per il resto il gioco è identico su tutti gli Atari). Naturalmente bisogna andare oltre quelle macchine, così vengono coinvolti sviluppatori esterni per dar man forte con le altre piattaforme...

Credits (Atari 400/800/5200)

Direzione del progetto e ideazione: David Fox
Design: David Fox, Loren Carpenter, Peter Langston
Fractal Engine: Loren Carpenter
Programmazione: David Fox, Charlie Kellner, David Levine, Peter Langston
Grafica: Gary Winnick, David Fox, Charlie Kellner
Musiche ed effetti sonori: Charlie Kellner e Peter Langston
Collaboratori: Jim St. Louis e Douglas Crockford (sequenza iniziale), George Lucas (un paio di consigli chiave)

Altre edizioni e porting

Commodore 64 (1985)
Programmazione: Jack Thornton (Softalent)
Quanto fa male a un commodoriano dover scrivere che una versione C64 di qualsiasi titolo non è la migliore? Bisogna essere obiettivi. L'assenza di gradienti, per via della rigida palette a 16 colori del Biscottone, non peserebbe più di tanto, dato che la grafica durante il gameplay è più o meno identica alla controparte Atari. Il problema è che C64 e Atari 8-bit, pur condividendo la stessa storica CPU, hanno un divario di velocità, con il Commodore che viaggia al 57% del cuore atariano. E si sente. Non conta qui la velocità nella gestione della grafica 2D dell'ottimo chip VIC-II del C64: per generare i frattali delle montagne in tempo reale serve potenza di calcolo... e semplicemente la concorrenza ne ha di più. Il C64 non è solo in questo divario: a parte una, tutte le altre conversioni di Rescue! non riescono a raggiungere la responsività Atari, pur rimanendo giocabili, posto che ci si adatti a un ritmo leggermente più meditato. Forse c'è un leggero vantaggio nelle macchine NTSC, appena più rapide delle PAL, ma parliamo quasi di effetto placebo. Distribuita su cassetta e disco 5.25", questa conversione presenta un'atmosferica schermata con titolo solo nell'edizione floppy. Più morbido e meno metallico l'arrangiamento del tema musicale.

Apple II (1985)
Programmazione: Craig Seastrom (TMO Software)
Dal momento che si richiedono 64Kb di RAM, non si può giocare con meno di un Apple IIe, che ha il vantaggio di garantire 6 colori su schermo. Rimangono pochi, però un dithering crea le mezze tinte nel cockpit. Il sonoro è sofferto e la CPU è la stessa del C64, quindi la velocità di gioco è simile. Distribuito su floppy 5.25".

ZX Sinclair Spectrum 48k - Amstrad CPC (1986)
Programmazione: Dalali Software Limited
Per sistemi così cari all'Europa, ci si affida a un team inglese specializzato sul processore Zilog Z80, cuore dello Spectrum (a 3.5Mhz) e della linea Amstrad CPC (4Mhz). Maggiore velocità? Magari: lo Z80 ha bisogno in media di un numero maggiore di cicli del 6502 per portare a termine alcune delle stesse operazioni, perciò anche il Rescue di queste macchine cede il passo agli Atari. Sonoro discreto in entrambi i casi, grafica nitida anche nella versione "monocromatica a zone" dello Speccy. Come al solito molto vivi e convincenti i colori Amstrad, sul quale il titolo è distribuito in cassetta o su floppy 3". Lo Spectrum si accontenta della sola cassetta.

TRS-80 CoCo (1987)
Programmazione: Ken Rogoway
La Tandy non aveva ancora gettato la spugna sugli 8-bit, per cui Rescue un po' tardivamente fa capolino sulla terza e ultima generazione del TRS-80 Color Computer (128Kb di RAM richiesti, supporto floppy). Si tratta della conversione migliore, grazie alla velocità della CPU Motorola 68B09E a 1.79Mhz e a una grafica a 16 colori liberi, più ricca anche nell'abitacolo. L'audio in stile cicalino PC Speaker lascia però molto a desiderare, quindi non mi azzarderei a dire che questo porting superi l'originale (oltretutto le animazioni dei piloti mi sembrano diverse e meno fluide).

Atari 7800 (cancellato)
Un piccolo mistero, tutto in casa Atari. È affiorata in rete la ROM non ufficiale, in beta, del porting per console Atari 7800 mai pubblicato. Un peccato, perché si avverte un salto generazionale nel dettaglio dell'abitacolo e nel framerate, che già era buono su 400/800/5200.

Fractalus (remake per Windows con VR opzionale, Mac e Linux, 2020)
Grafica, sonoro e programmazione: Luke Arnold
Commovente: un programmatore australiano ha mantenuto un ricordo così dolce della sua esperienza sul gioco, da aver lavorato per dieci anni a un remake con grafica e tecnologia moderne, interamente realizzato da lui in Unity, pubblicato nel 2020, ma aggiornato e rifinito ancora alla fine del 2023. Se non fosse così fedele al gameplay un po' datato e avesse animazioni dei piloti meno rigide, potrebbe essere un titolo commerciale. Supporta sotto Windows persino la VR tramite Oculus Rift, HTC Vive e OpenVR/SteamVR: considerando che Fox ha sempre dichiarato la sua fascinazione per questa tecnologia, Arnold ha dimostrato di conoscere il titolo e il suo autore davvero nel profondo. Sulle schede grafiche contemporanee e i monitor consoni, sfreccia a 144hz a una fludità totale, comprensivo della regolamentare generazione procedurale dei frattali. Fox non solo ha benedetto l'operazione, ma ha aggiunto: "È così che Rescue è sempre stato nella mia testa!" Impossibile che in quattro anni la Lucasfilm non si sia mai accorta di questo remake non ufficiale, lo considererei ormai tollerato.

Consigli per giocare oggi

Dritte veloci per giocare a Rescue on Fractalus
Per quanto riguarda la versione da scegliere, direi che se vi interessa solo il concept e non cercate l'esperienza filologica, potete puntare sul remake Fractalus descritto sopra. Se volete affrontare l'originale vintage, puntate direttamente sulla versione Atari 8-bit in formato floppy, tramite un emulatore tipo Altirra. Purtroppo il gioco non è venduto ufficialmente su alcuno store digitale. Leggete attentamente il manuale, in particolare le pagine 5 e 6, che spiegano tutti i comandi e le spie nel cockpit.

Copertine

Vi ricordo che per avere una panoramica sulle copertine e sui materiali delle confezioni, la vostra meta dev'essere Mobygames. Le copertine mostrate in questa pagina non hanno valore esaustivo, ma indicativo e affettivo, provenendo dalla mia collezione personale.

Commodore 64 cassetta (edizione Activision UK)
Un vero gioiellino in discrete condizioni, recuperato a fine 2018 da Retrogames UK, pre-applicazione della Brexit. Peccato che avessi incontrato David a settembre, mancando l'occasione per farglielo firmare. Il piccolo contenitore ospita un'elegante cassetta bianca e un enorme (schiacciatissimo) foglio/manuale multilingua (italiano incluso, persino accettabile!). È l'edizione inglese Activision, piuttosto diffusa e non troppo rara, tanto che anche il prezzo, rimosso dalla mia memoria, fu abbordabile.